_antoniobernardo
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Diciamo spesso che la matematica è bella. Ma pochi ci credono più dell'artista inglese Justin Mullins, che incornicia formule come fossero quadri e ce le fa percepire come solitamente si fruiscono le opere d'arte figurativa. Il suo pezzo più convincente è per me Beauty, riprodotto qui (courtesy Justin Mullins): un quadro che ferma, con perentoria efficacia fotografica, l'identità di Eulero

[math]e^{i\pi}+1=0[/math]
per la nostra incondizionata e imperitura ammirazione.

A metà Settecento, Leonhard Euler scrisse 500 lavori fondamentali che riempivano 70 volumi e posero le basi della matematica moderna. Quando nel 1988 la rivista Mathematical Intelligencer fece un sondaggio tra i propri lettori per scegliere le più belle formule di sempre, ben tre delle sue occuparono i primi cinque posti, e in testa c'era proprio quella riprodotta qui.

Si tratta del caso speciale di una relazione più ampia, sempre di Eulero, che unì per la prima volta il mondo dell'algebra e quello della geometria (

[math]e^{ix} = \\cosx + isenx[/math]
) definita «la più notevole formula della matematica» dal premio Nobel per la fisica Richard Feynman, padre dell'elettrodinamica quantistica, percussionista nei night club di Los Angeles e autore di un indimenticabile testo didattico sul quale si sono formate generazioni di fisici.

Tutti i buoni professori di liceo non mancano di far notare ai ragazzi le numerose e scoppiettanti, incredibili ramificazioni di quell'equazione. Nel breve volgere di sette simboli, essa incastona l'addizione e il suo elemento unitario (il numero “0”), la moltiplicazione e il suo elemento unitario (“1”), la relazione di uguaglianza, l'esponenziale, la costante “e” (base dei logaritmi naturali), pi greco, e il simbolo “i” (l'unità immaginaria). E' affascinante e misterioso che questi elementi così importanti per la scienza e per il pensiero, interpreti di ruoli tanto diversi in branche della matematica lontanissime fra loro, possano comparire legati tutti assieme in una sola, semplice espressione.

Pare che un giorno Benjamin Peirce, matematico e professore a Harvard, appena dopo aver dimostrato l'identità di Eulero durante una lezione sbottasse: «Questo è proprio un bel paradosso: non possiamo comprendere questa formula e non abbiamo idea di cosa significhi. Ma l'abbiamo dimostrata, perciò sappiamo che dev'essere vera». Justin Mullins dice che contemplare l'identità di Eulero è come camminare in un paesaggio desertico e imbattersi all'improvviso nella bellezza naturale dell'Everest; poi, mentre ancora ci rallegriamo e ci commuoviamo per la scoperta, ecco che ci si para innanzi il Grand Canyon; e pochi passi più in là, maestose e torreggianti, le cascate del Niagara!

Anche chi non comprende la formula perché i ricordi scolastici non lo soccorrono più resta catturato da questa incursione, per mano di Mullins, del linguaggio matematico nel contesto artistico, fondata sulla semplice ma geniale idea di incorniciare in cm 100x70 la relazione di Eulero e per questo stesso fatto proporcela come opera d'arte (dentro di noi, forse sapevamo che lo era, ma non ci avevamo mai pensato consciamente). matematica-incorniciata.pngLa cornice è il paesaggio lunare nel quale ci muoviamo sperduti e inconsapevoli, finché, d'un tratto, ecco le meraviglie che ci attendevano segrete, sciorinate una dopo l'altra, vicine come nella realtà non immaginavamo potessero essere, unite da qualche sortilegio inaccessibile.

«Bellezza è verità; verità, bellezza» dice il poeta romantico John Keats, morto ventiseienne a Roma, nella sua Ode su un'urna greca. Le stesse parole sgorgano anche guardando Beauty di Justin Mullins: la verità della matematica che si fa bella.

Da quattromila anni i babilonesi avevano inaugurato l'algebra, e duemila anni prima di Eulero i greci avevano posto le basi della geometria. Durante quei millenni, le due scienze si erano mosse separate, intente a perseguire obiettivi ritenuti diversi: lo spazio e la misura per l'una, i simboli e i problemi esprimibili come equazioni per l'altra. Poi l'irruzione del genio di Basilea. Attraverso il futile trascorrere dei secoli, si dipana il legame indissolubile tra gli oscuri computisti di Babilonia, il sublime geometra Euclide, il grande matematico svizzero che bisticciava con il connazionale Voltaire alla corte di San Pietroburgo, e il giovane poeta tisico che riposa nel Cimitero degli Inglesi.

Centocinquanta anni dopo John Keats, il filosofo Bertrand Russell usò queste parole: «La matematica, se guardata nel modo giusto, possiede non solo verità, ma anche suprema bellezza». Poi, con una strana e mistica assonanza con l'urna greca del poeta romantico, soggiunse «Una bellezza fredda e austera, come quella di una scultura.»

Guardavano oggetti diversi. Il giovane Keats, una decorazione greca. L'anziano accademico, i gioielli raccolti nei suoi Principia Mathematica. Ma videro la stessa cosa: il bello.

Paolo Magrassi

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