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Tutti noi possediamo almeno un cellulare. Lo si usa per fare chiamate, inviare messaggi, consultare internet, fare fotografie, ascoltare musica, girare video… Non c’è dubbio che l’invenzione del cellulare ha modificato sostanzialmente le nostre abitudini: tramite esso, infatti, è possibile telefonare a qualcuno in qualunque posto ci si trovi, a patto che ci sia campo. Il giornalista Daniele Marini in un articolo pubblicato su La Stampa il 9/2/2015, Con smartphone e social è amore (ma dopo i 60 anni), riporta una definizione di Bauman che afferma che la nostra è una società permeabile in quanto «l’uso (e talvolta l’abuso) dei nuovi strumenti di comunicazione travalica i confini delle sfere di vita, li penetra rendendoli più labili».
Le nuove tecnologie, e soprattutto il cellulare, infatti, hanno dato vita anche ad alcuni comportamenti che si avvicinano molto alla maleducazione. Oggi non si riesce più a fare a meno del cellulare, lo si porta dovunque (perfino in bagno) e lo si consulta sempre, anche mentre si è con gli ospiti o si sta mangiando a tavola. Ascoltare una persona che parla al telefono in luoghi pubblici, come treni o metropolitane, utilizzando un tono di voce alto è ormai diventata un’abitudine, così come mandare messaggi o parlare al cellulare con qualcuno mentre si guida (atteggiamento quest’ultimo che mette in serio pericolo sia chi guida l’auto sia chi è vittima di un incidente perché non si è prestata la sufficiente attenzione). In più il telefonino ha confuso la sfera familiare e quella lavorativa: mentre si è con i propri cari si è sempre reperibili in ambito lavorativo tramite mail o messaggi anche durante i weekend e le vacanze; mentre si è al lavoro si sente la necessità di rimanere in contatto con i propri cari messaggiandoli, telefonandoli o consultando i social network. Insomma, oggi siamo diventati dipendenti da un piccolo aggeggio tecnologico senza il quale ci sentiremmo totalmente persi. Basti pensare a quanto sostiene giustamente Maurizio Ferraris in Dove sei? Ontologia del telefonino. Egli afferma che ci sentiamo totalmente persi quando non si riesce a prendere la linea del cellulare: assumiamo strani comportamenti, ci facciamo prendere dall’ansia e ci calmiamo solo quando vediamo una tacchetta sul nostro cellulare. Inoltre veniamo presi dal panico anche quando sentiamo la frase “Il cliente non è al momento raggiungibile” ad una persona a cui stiamo telefonando. Quindi, quando non c’è campo ci sentiamo soli, ma dovremmo pensare che fino a pochi anni fa era così perché i cellulari non esistevano ancora. Il cellulare, quindi, è diventato un oggetto molto indispensabile per tutti noi e non possederne almeno uno significa non essere al passo coi tempi e soprattutto rimanere fuori dal mondo. Oggi esistono sul mercato numerosissimi tipi di telefonini: si è passati da quelli che semplicemente effettuavano una chiamata o inviavano messaggi a quelli di ultima generazione, in grado di andare su internet e scaricare ogni tipo di applicazione. Oggi con un semplice touch si possono caricare foto e video on line, ascoltare musica, essere sempre connessi ai social network, giocare ad ogni tipo di gioco. Il mercato tecnologico corre sempre più, non si fa in tempo a comprare l’ultimo modello di cellulare che già le case di produzione ne hanno inventato un altro contenenti migliorie. Sono soprattutto i ragazzi a utilizzare il cellulare, non se ne distaccano mai. Però a mio avviso bisogna fare attenzione a come lo si usa. Si rischia, infatti, una forte dipendenza da esso e questo non è un bene. Inoltre oggi sembra si siano persi quelle sane abitudini di una volta, come parlare a quattr’occhi con un amico magari all’aria aperta mentre si fa una passeggiata insieme o si prende un caffè. Il cellulare, infatti, permette un continuo contatto coi nostri amici, anche stando semplicemente seduti a casa. Io, dunque, ritengo che il cellulare abbia migliorato in alcuni ambiti la nostra vita, ma che abbia causato anche dei peggioramenti che rischiano di limitare la nostra libertà facendoci diventare schiavi.