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Il significato più comune del nome “Mediterraneo” è “mare in mezzo alle terre”. Infatti il mar Mediterraneo è compreso tra Europa, Asia e Africa. È un mare interno, cioè chiuso: si collega all’Oceano Atlantico grazie allo Stretto di Gibilterra, al Mar Nero tramite lo stretto dei Dardanelli, il Mar di Marmara e il Bosforo e all’Oceano Indiano e al Mar Rosso grazie al canale di Suez, aperto nel XIX secolo. L’importanza del Mediterraneo risale ai tempi più antichi: esso, infatti, è stato culla delle grandi civiltà e il luogo in cui per secoli diversi popoli hanno continuato a mescolarsi.
Come afferma Predrag Matvejević in Breviario mediterraneo, sul Mediterraneo è stata concepita l’Europa. I più grandi popoli si sono sviluppati lungo le coste di questo mare a partire dai regni dell’Antico Egitto e da popoli come Fenici e Greci. Questi ultimi, anche grazie ai loro empori, sono riusciti a diffondere, oltre ai fiorenti commerci, la dialettica greca, l’arte e la democrazia. Dopo i Greci si è sviluppato il potente impero romano che conquistò tutte le terre bagnate dal Mare Nostrum diffondendo così il diritto romano e la repubblica. Si è assistito poi alla divulgazione di nuove religioni, come il Cristianesimo e l’Islamismo e successivamente allo sviluppo delle repubbliche marinare. Insomma «lungo le coste di questo mare passava la via della seta, s’incrociavano le vie del sale e delle spezie, degli olii e dei profumi, dell’ambra e degli ornamenti, degli attrezzi e delle armi, della sapienza e della conoscenza, dell’arte e della scienza». Il Mediterraneo, dunque, appartiene a diversi popoli e non è possibile stabilirne i confini. Purtroppo, però, le diverse popolazioni che vi si affacciano non sono unite, ma continuano a guardarsi con diffidenza. Come sostiene Paolo Frascani in Il mare, il Mediterraneo è un mare che non unisce, ma alza altre barriere tra la nostra e le altre civiltà. Basti pensare, infatti, a quanto sta avvenendo recentemente: il Mediterraneo viene attraversato quasi quotidianamente da fatue imbarcazioni con a bordo centinaia di migranti che fuggono dai loro paesi per cercare condizioni di vita migliore in Europa. Sono zone in cui si continuano a combattere logoranti guerre interne e in cui regnano fame e povertà. Alcune persone, così, decidono di cambiare vita e rischiano il tutto e per tutto pur di arrivare sulle coste europee. Purtroppo non tutti ce la fanno, il Mediterraneo è diventato un cimitero per persone destinate a rimanere senza nome perché le condizioni del viaggio sono disumane. Quei profughi che riescono ad arrivare sulle coste europee sono visti con diffidenza, spesso vengono scacciati e rimandati ai loro paesi d’origine e non ricevono la giusta accoglienza da parte delle nazioni. L’Italia si è trovata per molto tempo a dover affrontare da sola il dramma immigrazione, mettendo a disposizione di questa povera gente tutto ciò che poteva offrire: centri di accoglienza, visite mediche, permessi di soggiorno. Ma da sola l’Italia non ce la può fare. Fortunatamente anche l’Europa si è accorta del dramma immigrazione e oggi quasi tutti gli stati stanno offrendo la loro disponibilità nell’accogliere queste persone in cerca di un futuro migliore. Ancora oggi, quindi, il Mediterraneo non riesce a fare da tramite tra noi e chi abita le stesse sponde in quanto continua a mancare la comunicazione di esperienze, di culture e di idee. Eppure ci sarebbero dei vantaggi nell’integrazione tra i diversi paesi del Mediterraneo. Un esempio può essere costituito dal Maghreb, come affermato in una Comunicazione congiunta della Commissione Europea e dell’Alto Rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza del 17 dicembre 2012. Il Maghreb è una regione dell’Africa settentrionale delimitata dall’oceano Atlantico a ovest, dal mar Mediterraneo a nord, dall’Egitto a est e dal deserto del Sahara a sud. La regione comprende tre paesi dell’Africa nordoccidentale, Marocco, Algeria e Tunisia, a cui si aggiungono, rispettivamente all’estremità orientale e sudoccidentale, la Libia e la Mauritania. Possiede grandi potenzialità di sviluppo che, però, non è in grado di mostrare agli altri paesi perché è una delle regioni meno integrate nel mondo. Eppure tutti, anche e soprattutto i paesi dell’Unione Europea, beneficerebbero di ciò che il Maghreb ha da offrire. Io penso che ancora oggi esistano delle barriere: esse, però, non sono naturali, ma sono insite nel nostro modo di pensare. Guardiamo sempre con diffidenza chi proviene da una cultura diversa dalla nostra e non siamo disposti a confrontarci con l’altro. Questo secondo il mio parere è un grave errore perché dovremmo essere disposti al confronto con tutti. Solo così si creerebbero condizioni di vita adeguate per tutti.