_stan
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Negli ultimi anni i nostri istituti scolastici sono oggetto di una vera e propria innovazione. Nelle aule, infatti, si cominciano a vedere nuovi strumenti tecnologici, come la lavagna interattiva multimediale, i tablet, gli e-book, i registri elettronici on line. Il pubblico della scuola, infatti, è cambiato notevolmente. Oggi gli studenti sono sempre più interattivi: sono nati, infatti, in un’epoca in cui la tecnologia la fa da padrone e, quindi, il tradizionale metodo di insegnamento non li soddisfa più.
Gli studenti di oggi utilizzano strumenti diversi dal solito libro cartaceo, si pongono delle domande, ma vogliono subito delle risposte. Questo perché utilizzano molto internet che mette a loro disposizione una quantità infinita di informazioni: tutte le loro curiosità, quindi, possono essere soddisfatte in breve tempo consultando un sito web. Oggi, dunque, gli studenti ne sanno più degli insegnanti per il semplice fatto che riescono a stare dietro allo sviluppo tecnologico. Bisogna, però, che tutti siano in grado di utilizzare le nuove metodologie tecnologiche, anche e soprattutto gli insegnanti. È importante, quindi, quanto definito dalla Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente (2006/962/CE): è necessario definire le nuove competenze di base da utilizzare per l’apprendimento permanente. In altre parole, bisogna investire sulle persone e sul loro apprendimento permanente perché investendo sulle risorse (cioè i singoli individui) si sviluppa ancor di più l’economia basata sulla conoscenza. Dunque nel mondo di oggi, in cui la tecnologia corre sempre più, bisogna possedere nuove competenze. Sono quelle che Ignazio Visco, in Investire in conoscenza. Crescita economica e competenze per il XXI secolo, definisce “competenze del XXI secolo” e cioè «l’esercizio del pensiero critico, l’attitudine alla risoluzione dei problemi, la creatività e la disponibilità positiva nei confronti dell’innovazione, la capacità di comunicare in modo efficace, l’apertura alla collaborazione e al lavoro di gruppo». È necessario che tutti accettino l’utilizzo di queste nuove tecnologie. Purtroppo, però, non è così. Nella scuola sono soprattutto gli insegnanti di vecchia generazione ad essere riluttanti nell’uso di queste nuove apparecchiature in quanto non riescono a capirne il senso e l’utilità. Questo avviene perché non possiedono le competenze necessarie e non sono disposti a investire sulla loro formazione. Per garantire un apprendimento tecnologico è necessario innanzitutto che anche gli insegnanti diventino nuovamente alunni per imparare come si usano questi nuovi strumenti. Del resto tablet, e-book, lim e registri elettronici sono le nuove metodologie da utilizzare per l’insegnamento. La formazione personale, però, da sola non basta. A nulla valgono i corsi di formazione degli insegnanti se poi nelle aule non ci sono le nuove tecnologie da utilizzare. Poche, infatti, sono le scuole che mettono a disposizione di insegnanti e studenti questi nuovi mezzi. Ciò accade perché non si hanno fondi a sufficienza per comprare tali strumenti. Si rischia, quindi, che la tecnologia vada sempre più avanti, mentre la scuola rimane sempre più indietro. La tecnologia corre veloce come un fulmine e c’è il pericolo di non poter neanche utilizzare quelle poche apparecchiature che si posseggono perché intanto sono diventate “vecchie”. È necessario, quindi, che lo stato investa di più sulle scuole, sia in ambito di strumenti per l’insegnamento sia in ambito del personale. Bisogna, però, fare attenzione. Se è vero che la tecnologia ha migliorato il nostro tenore di vita e migliorerà il sistema di apprendimento, è altrettanto vero che essa metterà a rischio la sopravvivenza di altre capacità utili per lo sviluppo della democrazia. Come sostiene Martha C. Nussbaum, in Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, rischiano di scomparire le capacità legate agli studi umanistici e letterari, cioè «la capacità di pensare criticamente; la capacità di trascendere i localismi e di affrontare i problemi mondiali come “cittadini del mondo”; e, infine, la capacità di raffigurarsi simpateticamente la categoria dell’altro». Io ritengo che sia necessario trovare un giusto equilibrio tra tutte le capacità che possediamo: non dobbiamo fare in modo che la tecnologia abbia la meglio sulle nostre innate capacità, altrimenti si rischia di creare un mondo dominato dalle macchine e non più dalla mente umana. Ben venga, dunque, l’utilizzo degli strumenti tecnologici per il nostro apprendimento a patto che non si perdano le sane abitudini, come, ad esempio, la lettura di un buon libro che sviluppa la nostra capacità di critica e di pensiero.