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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: 21esimo secolo in bilico... tra essere e apparire
Autore: Bezzi Silvia
Descrizione: i disturbi del comportamento alimentare come reazione alla miscela esplosiva di male di vivere montaliano ed estetismo dannunziano (portati all'eccesso - e a i nostri giorni)
Materie trattate: Italiano, Attualità , Inglese, Francese, Diritto, Educazione Fisica
Area: umanistica
Sommario: Attualità : la dipendenza dall'apparire, ciò che ci rende schiavi delle maschere che ci è imposto indossare ( e che portato all'eccesso sfocia tra i fattori scatenanti dei disturbi alimentari) Educazione fisica: i disturbi del comportamento alimentare (cause, fattori di mantenimento, tipologie della malattia, sintomi etc...) Italiano: Pirandello e il concetto della maschera (uno nessuno centomila; il fu mattia pascal), D'annunzio (estetismo, ricerca esasperata della bellezza ad ogni costo), Montale e il male di vivere (il dolore di vivere, di accettarsi, di essere...anche della società odierna - altro fattore scatenante dei D.c.a.) Inglese: Oscar Wilde and "The picture of Dorian Gray" (dorian sacrifica la sua anima e la sua vita affinchè il ritratto invecchi al posto suo, le persone ammalate di anoressia fanno a grandi linee la stessa cosa, sacrificano la propria vita per la "bellezza" - ammesso che così la si possa chiamare) Francese: i siti PRo-ana e il provvedimento governativo della Bachelot per dichiararli illegali (primo passo per aiutare a sconfiggere il dilagarsi di questa malattia) Diritto: il fallimento (dopo aver trattato il "fallimento interiore" inteso come scacco esistenziale, cè una piccola parentesi riguardo al fallimento economico-giuridico e in particolare sugli effetti che questo ha sulla persona fallita)
La perfezione di questo mondo è essere vincitori ad ogni costo, è essere bellissimi con
ogni ritocco chirurgico necessario, è essere potenti con ogni (illecito) mezzo, è essere
ricchi senza (giusta) misura, è essere rispettati tra gli uomini con ogni sottomissione
possibile.
Questo tipo di perfezione è ciò che rende gli uomini di questo tempo (e di ogni tempo)
assolutamente infelici, depressi, schiavi.
Il perché è facilmente constatabile: questo
tipo di perfezione non esiste e non esisterà
mai, di conseguenza la sua ricerca è un
inseguire una folle illusione che ci porterà
soltanto a continui insuccessi o frustrazioni.
Serve solo a farci sentire mancanti, difettosi,
sbagliati, così da cercare le soluzioni che la
società stessa desidera venderci.
Inoltre per raggiungere una delle perfezioni
sopra citate, il più delle volte è necessario
screditare la propria dignità attraverso
compromessi molto bassi e meschini, che schiavizzano la nostra coscienza oltre che la
nostra felicità.
E che dire degli abiti che indossiamo e dei personaggi che interpretiamo per piacere a chi
ci sta intorno ? Che sia per essere accettati o per affermarci, che sia per piacere o per
dovere, ogni giorno impersoniamo il nostro pseudo - ruolo che possa sopravvivere in
questa società; sopravvivere al giudizio degli altri, sopravvivere alle regole degli altri,
sopravvivere ai nostri desideri sbagliati che ci spingono verso la ricerca di ciò che non ci fa
bene, sopravvivere e non vivere.
Forse dovremmo mettere in discussione chi ci vuole in un’altra maniera e non come siamo
realmente, forse dovremmo cominciare a contestare chi ci vuole adeguare al sistema, chi
ci giudica male quando non siamo di suo gradimento, chi ci abbandona quando non siamo
perfetti o quando commettiamo degli errori, chi in pratica, anche inconsapevolmente, ci
costringe ad una sorta di dipendenza che ci danneggia.
“Ogni uom o m ente, m a dategli una m aschera e sarà sincero.”
Oscar Wilde
9
Un velo di apparenza sulla realtà
Il contrasto tra ciò che appare all'uomo e ciò che l'individuo realmente è si può già intuire
dall'etimologia della parola persona, "persona" significa in latino "maschera d'attore", e
indica il ruolo recitato sulla scena.
Oggi "persona" indica l'individuo visto come unità intellettuale, morale e psicologica.
La psicanalisi ha poi messo in crisi questo concetto, mostrando come il soggetto è
sempre, nel profondo, diviso e contraddittorio.
Questa scissione è evidente nella realtà che è, a parere di Pirandello, inconoscibile, in
quanto ogni essere ha la propria, che non coincide mai con quella degli altri.
Chi attribuisce al proprio punto di vista il carattere di una verità assoluta, si chiude nel
cerchio della propria limitatezza, precludendosi così ogni vera conoscenza.
Le mille sfaccettature di una realtà che mai potrà essere unica e oggettiva, si riflettono
anche sulla personalità del singolo individuo;
Pirandello sostiene infatti che ogni uomo indossa
delle maschere, talmente tante e talmente varie da
non sapere chi sia in realtà, se una di queste o ciò
che dietro vi si cela.
La molteplicità della realtà, così come quella delle
maschere che dobbiamo indossare, porta
inevitabilmente l'uomo ad interrogarsi sul problema
della distanza tra realtà e apparenza.
E' nella maschera che troviamo il contrasto più
profondo tra illusorio e reale, tra l'illusione che la propria realtà sia uguale per tutti e la
vita che ci obbliga a una forma dalla quale non potremo mai liberarci.
La maschera è la rappresentazione più evidente della condanna dell'individuo a recitare
una parte sulla base delle condizioni che reggono l'esistenza della massa, e il
mantenimento di essa è l'unico modo per evitare l'isolamento.
Quando un personaggio cerca di rompere la forma, o quando "capisce il gioco", viene
inevitabilmente allontanato, rifiutato, non trova più posto nella massa perché ad essa si è
"ribellato". 10
Secondo Pirandello, l'uomo vive da sempre in un mondo privo di senso e, cercando di
dare un significato alla propria esistenza, si crea una serie di autoinganni e illusioni,
individuali e sociali, che l'autore siciliano chiama "forma" dell'esistenza. Ciò che invece
chiama "vita", e che è bloccata e paralizzata dalla forma, è una forza profonda che
fermenta sotto la forma, e che riesce ad erompere solo saltuariamente, nei momenti di
sosta o di follia.
Il soggetto, costretto a vivere nella forma, non è più persona integra, coerente e
compatta, fondata sulla corrispondenza armonica tra desideri e realizzazione, passione e
ragione, ma si riduce ad una maschera (o personaggio) che recita la parte che la società
esige da lui e che egli stesso si impone attraverso i propri valori morali.
Il personaggio ha davanti a sé due strade: o sceglie l'ipocrisia, l'adeguamento passivo alle
forme, oppure vive consapevolmente, amaramente e autoironicamente la scissione tra
forma e vita.
Nel primo caso è quindi solo una maschera,
mentre nel secondo diventa una "maschera
nuda", dolorosamente consapevole degli
autoinganni propri e altrui, ma comunque
impotente nel risolvere la contraddizione che
pure individua. In questo caso la riflessione
interviene continuamente a porre una
distanza tra il soggetto e la propria vita: più
che vivere, il personaggio si "guarda vivere",
estraniandosi da sé e dagli altri.
Pirandello scrive il romanzo "Uno, Nessuno e
Centomila", in cui il protagonista si trova impegnato nel disperato esperimento di
ricostruirsi un'esistenza svincolata dai condizionamenti imposti dalla natura e dalle
convenzioni. Come in tanti romanzi di Pirandello, l'inizio della vicenda scaturisce da un
fatto tanto imprevedibile quanto banale, un'affermazione riguardante il proprio naso che
avrà l'effetto di un cerino acceso caduto in un deposito di esplosivo. La sua esistenza
verrà sconvolta; vita familiare, interessi, posizione sociale, amicizie, tutta la realtà in
mezzo a cui aveva comodamente vissuto per ventotto anni si dissolverà come per
sortilegio.
Sarà l'inizio di un processo faticoso ma salutare, al termine del quale il protagonista
acquisirà piena consapevolezza dell'assurdità della vita.
Moscarda, protagonista del libro, arriverà alla conclusione che ci sono tanti "se stesso"
quanti sono quelli che lo vedono, quante sono le possibilità di conoscere, le relazione, i
casi e le circostanze, i momenti psicologici, le realtà mentali di ciascuno. 11
Cercare di cogliere se stessi nella propria spontaneità, in una prima espressione genuina
risulta quindi una ricerca allucinante, un'impresa disperata quanto quella di voler
scavalcare la propria ombra.
L'"io" è essenzialmente un "essere per l'altro" e il rischio è quello di non essere più se
stessi, bensì una "volgare" somma delle opinioni altrui.
Questa concezione è evidente anche nel romanzo "Il fu Mattia Pascal", nel quale
Pirandello afferma che, perché l'essere viva, bisognerebbe che "uccidesse" di continuo
ogni forma (Mattia Pascal diventa Adriano Meis); tuttavia è consapevole che senza forma
l'essere non può vivere (infatti Adriano Meis è un "fu Mattia Pascal"), per questo motivo
all'uomo non restano che la follia e l'umorismo, capace di mettere in luce le falsità del
contrasto tra vita e forma.
L'umorista è infatti colui che ormai guarda la propria vita
osservando la realtà da fuori; ha capito il gioco e
smascherato la forma, per questo ne ride, facendosi
beffa dello stupore altrui.
Tra le opere teatrali, invece, la più rappresentativa di
questa tematica pirandelliana è "Sei personaggi in cerca
d'autore". La tecnica pirandelliana del "teatro nel teatro",
che sta alla base di quest'opera, fa capire come per
Pirandello il teatro sia il luogo-simbolo della falsità e delle
apparenze sociali, luogo la cui funzione è quella di
testimoniare il dramma della persona, della "vita nuda"
che pulsa dietro l'illusorio schermo della finzione. Le sei
creature, abbandonate dal proprio autore, bussano alla porta di un teatro reclamando la
"scrittura", la "forma"; tuttavia il risultato che ottengono dal Capocomico è deludente, in
quanto le battute non riescono a rappresentare con dignità i loro personaggi, ennesima
testimonianza del fatto che la vita non tollera di essere irrigidita e falsificata da qualche
forma, né schiacciata dal peso di una maschera che non le appartiene. 12
Con il termine Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) si fa abitualmente
riferimento a un disturbo o disagio caratterizzato da un alterato rapporto con il cibo e con
il proprio corpo. Nei D.c.a. l’alimentazione può assumere
caratteristiche disordinate, caotiche, ossessive e
ritualistiche tali da compromettere la possibilità di
consumare un pasto in modo sufficientemente
normale da mantenere attitudini regolari nei
confronti del cibo e del momento del pasto.
Tutti possiamo avere nel nostro stile alimentare
aspetti singolari, ma quando questi elementi
divengono tali da compromettere la qualità della
nostra vita e dei nostri rapporti sociali dobbiamo
pensare ad un disturbo alimentare.
Accanto all’alterazione del comportamento
alimentare vi è una alterata valutazione delle forme del corpo e la sensazione di essere
quindi “socialmente non accettabili”, condizione che influenza notevolmente la propria
autostima e di conseguenza la capacità di rapportarsi con gli altri.
Quando le caratteristiche del disturbo alimentare divengono rilevanti e coincidono con
criteri diagnostici di uno specifico stato disfunzionale, allora si può parlare di vera e
propria malattia.
Tra questi disturbi, classificati come ben precise patologie, troviamo:
Anoressia nervosa
Bulimia nervosa
I disturbi non altrimenti specificati (EDNOS: Eating Disorders Not Otherwise
Specified). 13
L’anoressia nervosa è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da
una restrizione dell’alimentazione dovuta ad un’eccessiva preoccupazione per il peso e le
forme corporee, che si esprime in una continua e ossessiva paura di ingrassare e nella
ricerca della magrezza.
I pensieri nei riguardi del cibo e del suo controllo divengono così “pervasivi”, così
fortemente presenti nella nostra mente, da assumere la forma di una sorta di rimuginìo
instancabile che non lascia spazio ad altro.
Possiamo diagnosticare questa specifica patologia attraverso 4 indicatori:
1) Rifiuto di mantenere il peso corporeo al livello minimo considerato normale in
rapporto all’età e alla statura o al di sopra di esso (per esempio perdita di peso
che porta a mantenere un peso corporeo al di sotto dell’85% di quello stesso, o, in
età evolutiva, mancanza dell’aumento di peso previsto, che porta a un peso
corporeo inferiore all’85% di quello atteso).
2) Intensa paura di aumentare di peso o di ingrassare, anche se sottopeso.
3) Disturbi nel modo di sentire il peso e le forme del proprio corpo, influenza indebita
del peso e delle forme del corpo sulla valutazione di sé o diniego della gravitò della
perdita di peso attuale.
4) Amenorrea, cioè assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi (ovviamente si
tratta di un criterio riconoscitivo valido solo per le donne). 14
Possiamo ulteriormente suddividere l’anoressia in due tipi:
tipo restrittivo:
Anoressia nervosa di il soggetto non presenta frequenti
episodi di abbuffate compulsive o comportamenti purgativi (come vomito
auto-indotto o abuso-uso di lassativi o diuretici).
tipo bulimico-purgativo
Anoressia nervosa di (o senza restrizioni) il
soggetto presenta frequenti abbuffate compulsive o comportamenti
purgativi (come vomito auto-indotto o abuso-uso di lassativi o diuretici).
Questo tipo si avvicina molto ad un’altra patologia quale la bulimia in senso
stretto, tuttavia si differenzia da quest’ultima in quanto l’individuo affetto
da anoressia di tipo bulimico-purgativo presenta saltuariamente sintomi da
anoressico nervoso quali il rifiuto del cibo, mentre la persona affetta da
bulimia in senso stretto manca della forza di volontà per presentare, anche
solo saltuariamente, il controllo ferreo tipico dell’anoressico.