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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: Il sogno di un'ombra

Autore: Di noto Giorgio

Descrizione: le varie concezioni dell'ombra nel pensiero letterario, filosofico e scientifico.

Materie trattate: Italiano, Latino, Greco, Filosofia, Inglese, Scienze Della Terra

Area: umanistica

Sommario: Italiano, A. von Chamisso, La meravigliosa storia di Peter Schlemihl, la perdita dell'ombra, Luigi Pirandello, Il Fu Mattia Pascal, l'ombra come identità  Latino, Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, l'ombra come ispirazione per la nascita della pittura, Apuleio, Le Metamorfosi, l'ombra su Cupido come garante di un legame Greco, Luciano di Samosata, Menippo o la Negromanzia, le ombra come testimoni della nostra vita e accusatrici nell'Ade Filosofia, Platone, il Mito della caverna, le ombra come realtà  apparente, F.W. Nietzsche, Il Viandante e la sua ombra, l'ombra come menzongna millenaria e tramonto del platonismo Inglese, J. Conrad, Heart of darkness, shadow like evil, horror, The Shadow line, shadow like step that needs to be overcome Scienze della terra, Aristarco di Samo e Eratostene di Cirene, ombra come strumento di conoscenza per misurare distanza terra-sole-luna e circonferenza terrestre.

Estratto del documento

Introduzione

L’ombra e la sua presenza nelle rappresentazioni artistiche e letterarie, nonché nella

riflessione filosofica, costringe a confrontarsi con concetti quali il doppio, il male, il

rapporto tra realtà e apparenza e tra presenza spirituale e corporea. L'idea di ombra inoltre

si caratterizza fin da subito di una dualità, di una contraddizione: se da una parte, infatti,

rappresenta l'assenza, dall'altra testimonia una presenza. L'ombra è anche una presenza

necessaria senza la quale l'uomo sembra non riconoscersi nella sua corporeità.

Sono così partito dal Mito della caverna di Platone, che ha senza dubbio influenzato la

storia dell'arte, della letteratura e della filosofia, fino ad arrivare al Viandante di Nietzsche.

Da qui ho inseguito l'idea del doppio dall'opera romantica di Chamisso al Fu Mattia Pascal

di Pirandello. L'ombra è qui dunque sicuramente una presenza necessaria senza la quale

l'uomo non è più uomo. Nel primo caso infatti la sua assenza rende la vita impossibile a

Peter Schlemihl che farà di tutto per ricomprarla; nel secondo invece rappresenta il passato

perché il “fu” che Mattia Pascal aveva fatto morire resta inesorabilmente sempre presente

attraverso l'ombra.

Nella cultura greca l'ombra rappresentava ciò che restava di una persona dopo la morte,

ossia dopo l’istante in cui corpo e anima si dividevano. Dal concetto quindi di skià nel

Menippo o la Negromanzia di Luciano di Samosata, in cui le ombre diventano addirittura

accusatrici delle malefatte degli uomini di fronte al tribunale dell'Ade, sono passato a J.

Conrad che in “Heart of darkness” rappresenta l'ombra come simbolo del male. Anche in

“Apocalypse now” l'ombra taglia continuamente il volto dei personaggi, proprio a

rappresentare questo male, questo orrore radicato ormai negli uomini. E’ stato interessante

vedere come lo stesso autore in un altro romanzo, “The shadow line”, abbia rappresentato

l'ombra piuttosto come ostacolo, come scalino tra l'adolescenza e l'età adulta, come quindi

una presenza da lasciarsi alle spalle.

Una simile rappresentazione si può individuare nelle Metamorfosi di Apuleio, in cui

l'interpretazione della storia sembra proprio voler suggerire che è meglio non indagare,

non sapere, non svelare ciò che è in ombra, dimostrando le conseguenze dell'eccessiva

curiositas dei personaggi. L'ombra, l'oscurità, ciò che non si deve vedere sono infatti alcuni

tra i temi centrali della favola di Amore e Psiche, in cui Psiche non resiste alla sua insaziabile

curiosità e di nascosto spia il volto dell’amante Cupido, avvolto nell'oscurità.

Se in tale vicenda gli amanti non si devono vedere e l'ombra sembra essere garante di un

rapporto, Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia descrive invece la storia di Butade e di

sua figlia, la quale tratteggiò con una linea il volto dell'amante su una parete pur di averlo

sempre vicino a sé anche dopo la sua partenza. Tale vicenda è meglio nota come

l'invenzione della pittura, in quanto per la prima volta si ha una rappresentazione pittorica

della realtà. L'ombra diventa quindi anche testimonianza di un qualcosa che c'è o che c'è

stato. Proprio in questo senso essa è anche stata un valido strumento di conoscenza. Grazie

all'ombra, ad esempio, Eratostene di Cirene e Aristarco di Samo sono riusciti a calcolare

approssimativamente la circonferenza della terra e la distanza Terra-Luna-Sole, così come

l'ombra delle piramidi ha posto le basi per il Teorema di Talete.

Dopo questo sommario excursus è giunto il momento di confessare l’origine di questa

investigazione. Il punto di partenza è stata la fotografia e in particolare una lezione seguita

presso il Centro Sperimentale, in cui si parlava dell'importanza di creare una dialettica tra

luci ed ombre nella composizione delle foto. Mi ha incuriosito il discorso della

presenza/assenza e della rappresentazione della realtà. Nella fotografia l'ombra ha infatti

un ruolo importantissimo; anzi potremmo dire che in una fotografia sono presenti solo

ombre e che, quando si stampa un negativo, la carta viene impressionata dall'ombra

proiettata degli alogenuri d'argento che hanno reagito alla luce.

Agli occhi di un fotografo la realtà sembra costituita di sole ombre, tanto che l’uomo può

essere ancora cantato con Pindaro come il “sogno di un'ombra”. Giorgio Di Noto, III D

Letteratura Latina: Plinio il Vecchio - Apuleio

Nella “Naturalis Historia” di Plinio il Vecchio troviamo la prima testimonianza dell'uso

dell'ombra: essa sarebbe stata, infatti, l'elemento che ispirò la nascita della pittura. Proprio

Plinio infatti scrive: “omnes umbra hominis lineis cicumducta”. Poco

(Naturalis Historia XXXV, 15)

più avanti l'autore torna di nuovo sull'argomento, attribuendo ora questo “contornare

l'ombra umana con una linea” come il principio anche della scultura. Introduce quindi la

storia della figlia del vasaio Butade, la quale si dice abbia tracciato sulla parete le linee del

viso del suo amato, in partenza, per averne sempre il ricordo; e proprio su queste linee

Butade avrebbe impresso l'argilla creando un modello plastico dell'amato. Riporto il testo

in latino: “ De pictura satis superque. Contexuisse his et plasticen conveniat. Eiusdem opere terrae

fingere ex argilla similitudines Butades Sicyonius figulus primus invenit Corinthi filiae opera quae

capta amore iuvenis, abeunte illo peregre, umbram ex facie eius ad lucernam in pariete lineis

cicumscripsit, quibus pater eius impressa argilla typum fecit et cum ceteris fictilibus induratum

igni proposuit, eumque servatum in Nymphaeo, donec Mummius Corinthum everterit, tradunt”.

(Naturalis Historia XXXV, 151)

Per quanto riguarda il primo brano, Plinio vuole, sotto le righe, dimostrare come i greci

non ebbero la rivelazione della pittura guardando l'arte egizia, ma guardando le ombre

degli esseri umani. In effetti sia nelle proiezioni delle ombre che nelle figure umane egizie

emerge quella bidimensionalità caratteristica della pittura più antica.

Circa il secondo brano, riporto quanto ha scritto Victor Stoichita in Breve storia dell'ombra:

“ Emerge abbastanza chiaramente dai due testi che la prima funzione possibile della

rappresentazione basata sull'ombra è quella di supporto mnemonico: essa rende presente l'assente.

In questo caso è la rassomiglianza (similitudo) dell'ombra ad avere i ruolo principale.” Nel

racconto di Plinio ritroviamo inoltre anche quella concezione platonica di

rappresentazione della rappresentazione: la figlia del vasaio cerca di raffigurare sulla

parete il contorno della proiezione del suo amato, creando in questo senso un doppio del

doppio, a cui si aggiunge ancora la scultura di argilla che Butade successivamente

eseguirà. Emerge quindi, prima col circoscrivere l'ombra e poi col darle plasticità,

l'esigenza di rendere concreto questo doppio dell'amato. E' noto infatti come l'ombra nella

mitologia greca rappresenti l'anima dell'uomo dopo la morte: il racconto può essere quindi

letto come un atto propiziatorio in vista della partenza dell'amato.

Nel racconto di Plinio inoltre l'ombra diventa come il simbolo di un legame, è quel

simbolo che unisce per sempre l'amore tra i due amanti.

Nella letteratura latina il tema dell'ombra, se da una parte continua ad essere metafora di

morte e regno degli inferi, dall'altra si evolve fino a diventare garante di un rapporto

amoroso e figura opposta alla curiositas. Proprio nella favola di Amore e Psiche nelle

Metamorfosi di Apuleio, l'ombra ha il compito di oscurare il volto di Cupido affinché

Psiche non lo veda: è questa infatti la condizione che Cupido stesso ha imposto all'amata a

causa dell'invidia della madre Venere. Ma quello che viene chiamato “insatiabili animo

Psyche, satis et curiosa” porta Psiche ad illuminare il volto di Cupido mentre egli dorme, ma

tuttavia lo sveglia bruciandolo con una goccia di cera; il rapporto così si interrompe e

Cupido fugge.

Questa favola, che è speculare alla favola di Lucio, protagonista delle Metamorfosi, è una

condanna verso la curiositas “insaziabile” che porta Lucio a diventare Asino e Psiche a far

fuggire Cupido. Apuleio in un certo senso ci suggerisce che è meglio non sapere e l'ombra

e la luce sono proprio i simboli della conoscenza e della “non-conoscenza”. In tutta la

favola infatti il tema del vedere è davvero centrale: vedere significa conoscere e la

conoscenza spesso è una causa dell'eccessiva curiositas. L'ombra invece nasconde qualcosa

che non vale la pena di essere scoperta e mantiene in equilibrio la storia. “Tunc Psyche et

corporis et animi alioquin infirma fati tamen saeuitia subministrante uiribus roboratur, et prolata

lucerna et adrepta nouacula sexum audacia mutatur. Sed cum primum luminis oblatione tori

secreta claruerunt, uidet omnium ferarum mitissimam dulcissimamque bestiam, ipsum illum

Cupidinem formonsum deum formonse cubantem, cuius aspectu lucernae quoque lumen hilaratum

increbruit et acuminis sacrilegi nouaculam paenitebat.” (Metamorfosi, Liber V, XXII)

L'ombra è quindi una metafora per indicare quella fiducia necessaria nella coscienza,

nell'irrazionalità che istintivamente porta Amore e Psiche a consumare il loro amore ogni

notte nell'oscurità. La luce invece rompe l'incantesimo e contrappone al cieco amore la

razionalità, la curiositas che viene condannata da un Apuleio curiosus per eccellenza.

Letteratura Greca: Luciano di Samosata

Nella letteratura greca, l'ombra è nota per essere simbolo delle anime dei morti, che alcune

volte si ripresentano anche tra i mortali o nei loro sogni: sono infatti innumerevoli gli

esempi nell'Iliade e nell'Odissea di Omero. Ma più che su questo aspetto, ciò che mi ha

colpito e interessato è il ruolo che l'ombra ha in un racconto, un dialogo di Luciano di

Samosata. Nel “Menippo, o la Negromanzia”, infatti, Luciano descrive un dialogo tra

Menippo e Filonide: il primo racconta al secondo di un viaggio compiuto nell'Ade per

andare a trovare l'indovino Tiresia e chiedergli consiglio; Menippo vuole avere un

indicazione sul comportamento che un uomo deve tenere in vita: egli non sa se credere ed

affidarsi ai racconti di Omero, in cui si trovano adulteri, rapine, violenze ecc., o alle leggi

che dicono tutto il contrario. A questo punto Menippo inizia a chiedere consiglio ai filosofi,

ma da questi ha continuamente risposte vaghe e contrapposte: si legge tra le righe infatti

una critica alla poca attendibilità e concretezza delle filosofia, che fa venire il mal di testa

al protagonista; egli infatti riassume questo concetto con una frase: “Ogni giorno

m'empievano d'idee, d'incorporei, di atomi, di vuoto, e di tanti altri maledetti nomi che mi facevan

venire la nausea.” Così Menippo, ancora dubbioso, andò da un mago che diceva di poter

aprire le porte dell'inferno, pensando di iniziare un viaggio nell'Ade dove avrebbe trovato

l'indovino Tiresia. Ecco che Menippo si ritrova nel mondo degli inferi e giunge al tribunale

di Minosse, dove si giudicano le azioni dei morti. Proprio qui compare l'ombra: Menippo

infatti racconta a Filonide di aver visto dappertutto “pigolanti ombre” che si presentavano

come degli strani accusatori. Menippo infatti dice: “Ebbene quelle, poiché siam morti, sono gli

accusatori, i testimoni, le prove di ciò che abbiamo fatto in vita; e ad alcune di esse si dà pena fede,

perché sono sempre con noi e non abbandonano mai i corpi.” L'ombra quindi, ancora come

inscindibile doppio dell'uomo, addirittura in una ideale resa dei conti di ciò che si è fatto

in vita, diventa nostra accusatrice, in quanto testimone di tutta la nostra vita; come se ad

ognuno di noi ne fosse accoppiata una alla nascita per aver poi certa prova della nostra

condotta.

Dopo altri incontri per la vie dell'inferno, Menippo incontra finalmente Tiresia.

L'indovino, in pratica, consiglia a Menippo di restare ignorante, perché la vita

dell'ignorante è la migliore, la più saggia. Tiresia infatti suggerisce sottovoce di mandare

alla malora tutti i filosofi e di vivere giorno per giorno senza preoccuparsi di “strolagare sui

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20 pagine