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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: La maschera - Tra realtà ed apparenza
Autore: Nelli Elena
Descrizione: ho impostato questo mio lavoro da un punto di vista cronologico, per rendere evidente come la tematica trattata (la maschera) coinvolga ogni epoca. attraverso la trattazione di materie diverse, poi, emerge il fatto che sia oggetto da affrontare da divers
Materie trattate: Latino, Filosofia, Storia Dell'arte, Italiano
Area: umanistica
Sommario: Latino: Petronio, Satyricon, ambivalenza del personaggio Filosofia: Nietzsche/Vattimo, La nascita della tragedia dallo spirito della musica/Il soggetto e la maschera, interpretazione di Gianni Vattimo alla filosofia di Nietzsche come filosofia della maschera Storia dell'arte: Ensor, Entrata di Cristo a Bruxelles, tema della maschera nella sua pittura Italiano: Pirandello, Enrico IV, relativismo e moltiplicazione/annullamento della personalità
Introduzione
Ciò che ha ispirato la mia tesina sono stati due film: Big Fish, del creativo Tim Burton e Don
di Jeremy Leven. Dal momento che ho visto questi film a breve distanza l’uno
Juan De Marco,
dall’altro, non ho potuto fare a meno di notare alcune somiglianze. Entrambi i film vedono
come protagonisti due uomini che, attraverso flashback
scatenati in un caso da una terapia, nell’altro dal ricordo
della vita in punto di morte, raccontano le loro storie ai
limiti del credibile. Nel primo caso un ragazzo di Quinte,
per i traumi subiti, si finge Don Juan De Marco, ovvero
Don Giovanni, raccontando le sue avventure allo
psichiatra. Nel secondo Edward Bloom racconta le mille
situazioni, alle quali si è trovato di fronte, sul letto di
morte.
Per quanto siano poco probabili le storie di entrambi, alla
fine dei film lo spettatore non può fare a meno di avere il
dubbio che ci sia comunque una base di verità in ciò che è
stato raccontato.
Quello che ha catturato la mia attenzione è stato un
particolare scambio di battute in Don Juan de Marco, tra il
ragazzo e lo psichiatra:
“La vostra gente ha preso la mia maschera, Don Octavio. Non avevano alcun diritto di farlo. Non
mi tolgo mai la maschera in pubblico. Vi rendete conto delle conseguenze di ciò?”
“Non del tutto ma…”
“Verrò maledetto!”
“Certo, capisco perfettamente che la cosa possa turbarvi”
“Pensate come vi sentireste se doveste togliere la maschera che indossate”
“Oh….le nostre maschere ci cacciano in un ginepraio, eh?! Da quanto portate la vostra?”
“Dall’età di 16 anni. Mi misi la maschera sul volto e feci voto di non toglierla mai più il giorno in
cui persi mia madre, la bellezza bruna, donna Ines”
“Qui ho delle pillole e vorrei che le prendeste, vi saranno d’aiuto”
“Per bloccare il delirio, forse? Bene allora temo che queste pillole dovremo prenderle insieme, poiché
soffrite di una gravissima forma di delirio”
“Di quale delirio soffro?”
“Questa fantasia che siete un certo dottor Mickler. Sono rimasto deluso da voi, Don Octavio,
profondamente deluso”; “A furia di raccontare storie, un uomo diventa quelle storie.”
e una frase di Big Fish:
Credo che la realtà non possa prescindere dall’infinità di maschere che si trovano in essa: basti
pensare all’esempio più eclatante, ovvero i nickname in internet, dei veri e propri alter ego,
oppure ai limiti che ci poniamo da soli al momento del confronto con le altre persone in ambiti
diversi; non possiamo fare a meno di essere diversi a seconda che stiamo parlando con un
amico, con il datore di lavoro o con un familiare. Tutti questi cambiamenti di atteggiamento
sono diverse maschere che condizionano noi e gli altri. 2
I protagonisti dei due film portano una maschera; in Don Juan De Marco è quella reale che il
ragazzo ha giurato di indossare per la vergogna, simbolo di una finzione che coinvolge il suo
modo di essere, in Big Fish la maschera è ideale, infatti ormai Edward Bloom è conosciuto non
come vecchio commesso viaggiatore, ma come un uomo che nella sua vita ne ha affrontate di
tutti i colori. “Avete bisogno di me, per una trasfusione. Perché il
sangue é diventato polvere e vi ha occluso il cuore. Il
vostro bisogno di realtà, il vostro bisogno di un mondo
dove l'amore é incrinato continuerà a soffocarvi le vene,
finché in voi non ci sarà più vita. Ma il mio mondo
perfetto non é meno reale del vostro mondo. E' solo nel
mio mondo, che voi potete respirare..." (Don Juan de
Marco riferendosi allo psichiatra)
Ritengo questa una delle frasi più belle ed
emblematiche del film. Ognuno di noi si aggrappa
con tutte le forze a quella che crede la realtà, si
aggrappa al mondo circostante e non a se stesso, ai
suoi istinti. In realtà, forse, il vero mondo è quello
creato da noi, quello in cui sentiamo di liberare la nostra vera essenza. Per questo non può
esistere un vero ed un falso, un mascherato e un rivelato, perché anche la maschera è creata da
noi. E solo in quel mondo, comunemente visto come maschera, che possiamo respirare, essere
vivi, essere, paradossalmente, noi stessi. di verità c’è alla base di entrambe le storie,
Il finale dei due film, poi fa capire che un fondo
portando in un vorticoso gioco di intrecci ed influenze tra realtà esterna, noi e ciò che ci
creiamo intorno. La maschera indossata dai protagonisti altro non è che parte della personalità
di entrambi. Se un uomo, infatti è costituito dalle sensazioni, se la sua essenza non è che
l’insieme dei caratteri che lui stesso ha stabilito, qualsiasi tipo di maschera, poiché voluta e
generata dall’uomo, non sussiste più in quanto tale, ma è la manifestazione di ciò che vogliamo
essere, quindi di ciò che siamo, in quanto è espressione di noi stessi. 3
Sintesi
Ho impostato questo mio lavoro da un punto di vista cronologico, per rendere evidente come la
tematica trattata coinvolga ogni epoca. Attraverso la trattazione di materie diverse, poi,
emerge il fatto che sia oggetto da affrontare da diversi punti di vista.
Ho iniziato dalla cultura latina del periodo di Nerone e ho portato come esempio la figura di
Petronio, allo stesso tempo puntuale funzionario dello stato e amante del lusso e della
trasgressione; inoltre, ho trovato interessante il rapporto tra Petronio e il protagonista del suo
Satyricon, Encolpio, il quale può essere considerato un suo alter ego, una sua maschera.
Passando al campo filosofico, Gianni Vattimo, nel saggio Il soggetto e la maschera - Nietzsche
interpreta il principio apollineo come una maschera; l’ordine,
e il problema della liberazione,
la razionalità, gli schemi nascondono l’istintività, vera essenza del mondo. Un percorso simile
del ruolo dell’arte e dell’artista, come colui che riesce a sottrarsi alla
porta alla valutazione
classificazione stereotipata della vita e che più si avvicina alla figura dell’oltreuomo.
che più corrisponde a questa
L’artista illusoria del mondo che ci circonda e nella
descrizione è Ensor, che si maggior parte delle sue opere i
estraniava dalla realtà protagonisti non hanno una
circostante e si faceva identità ben definita, anzi sono
interprete della natura essi stessi a rinunciarvi,
illusoria che vedeva attorno ritenendo impossibile vivere
a sé; non a caso le sue se non fingendo.
rappresentazioni ruotano Questo percorso tra le più
intorno alla maschera e al limpide intelligenze del
travestimento. panorama culturale mi ha
Nel panorama italiano, un quindi portato a dire che è
autore non troppo distante impossibile sfuggire al mondo
da noi che tratta della finzione e delle
ampiamente il tema della maschere: sono proprio le
maschera è Luigi maschere, di ogni tipo, a
Pirandello. costituire il mondo e, di
Come Nietzsche, Pirandello conseguenza, anche la sua
parla di una conoscenza essenza.
Ogni maschera è solo una sfaccettatura dell’io. 4
Petronio
Tra vizi ed eleganza
Prendendo un’impostazione di tipo cronologico, il primo personaggio che ho voluto analizzare
è l’autore del Satyricon.
Petronio si inserisce tra gli autori anticlassici del periodo di Nerone, coloro che ruppero con la
tradizionale forma espressiva (insieme a Seneca e Lucano). Tacito lo racconta come una
persona estremamente ambigua, che, pur dimostrandosi console ligio al proprio dovere e
carico di energie, di notte mutava completamente volto, facendosi amante della ricchezza e
della lussuria, volto che gli procurò la fama di arbiter elegantiae presso la corte di Nerone.
Per questo motivo è un autore interessante dal punto di vista della maschera: di notte rivela la
sua natura di dandy, ma alla luce del giorno affronta con energia e con successo i suoi incarichi
come perfetto funzionario dello stato.
“Infatti costui passava il giorno a dormire e di notte si dedicava ai propri impegni ed ai piaceri; e se
altri erano stati elevati alla fama grazie alla propria laboriosità, costui vi era giunto grazie
all'indolenza e non era considerato nè un crapulone nè un dissipatore, come accade per la maggior
parte di coloro che dissipano la propria fortuna, ma un raffinato gaudente. E le sue parole ed i suoi
gesti, quanto più erano liberi e mostravano per così dire indifferenza, tanto più favorevolmente
erano accolti come espressione di semplicità. Tuttavia come proconsole in Bitinia e più tardi come
console si mostrò pieno di energie ed all'altezza dei suoi incarichi. In seguito, ricaduto nei vizi,
oppure atteggiatosi ad uomo vizioso, fu ammesso nella cerchia dei pochi intimi di Nerone, come
arbitro nelle questioni di raffinatezza, al punto che l'imperatore riteneva che nulla fosse dolce o
piacevole se non quello che era stato approvato da Petronio.“ Liber XVI,18
Ovviamente non si vuole relegare ad una
semplice duplicità la complessità di questo
personaggio, sicuramente unico e fuori dagli
schemi, come evidenziato anche dalla sua
morte, tutt’altro che stoica, anch’essa
riportata da Tacito nei suoi Annales.
“Tuttavia non si precipitò a suicidarsi, ma,
dopo essersi tagliato le vene, come decise,
fasciatele le apriva di nuovo e parlava con gli
amici non di argomenti seri o tali da cercarvi
gloria di stoico. E li ascoltava mentre
parlavano non dell'immortalità e delle decisioni
dei saggi, ma di poesie non impegnate e versi
divertenti. Ad alcuni servi consegnò delle
somme di denaro, altri li fece frustare. Andò a
pranzo, si abbandonò al sonno, perchè quella
morte - che pure era obbligata - risultasse simile
ad una accidentale. Nemmeno nelle postille
testamentarie -cosa abituale per la maggior
parte di coloro che cadono in disgrazia - volle
adulare Nerone, Tigellino o qualche altro
potente, anzi descrisse, nascondendole sotto i nomi di amasi e prostitute, le malefatte
dell'imperatore, le violenze da lui inventate e, dopo aver apposto il suo sigillo, consegnò le sue carte a
Nerone. Poi spezzò l'anello, perchè non servisse in futuro a creare pericoli.” Liber XVI,19
Un’altra caratteristica per la quale questo autore ha suscitato il mio interesse è la sua relazione
con il protagonista della sua opera, il Satyricon, ovvero il fatto che Encolpio sia ora portavoce
dell’autore, ora il suo alibi, ovvero la scusa e, se vogliamo, la maschera per esporre le sue idee
senza mettersi troppo a rischio. Se si ha davanti un’autobiografia fittizia inevitabilmente si
pone una questione: se il narratore assumerà i suoi tratti caratteristici o immedesimerà quelli
dell’autore. Invece di utilizzare un punto di vista fisso, “Petronio introduce un io che non
ricopre esattamente né l’autore stesso né il narratore immaginario (Encolpio)” (Auerbach).
Così il protagonista incarna ora il suo personaggio, nella maggior parte degli episodi ai limiti
del comico, ora l’autore. Un esempio dell’incarnazione dell’autore in Encolpio è la cena di
Trimalcione, dove il protagonista guarda in disparte le sgraziate risate dei commensali
facendosi beffa di tutti, estraniato da un contesto che ritiene volgare. Ed è proprio in questa
occasione che ritroviamo il volto di Petronio, lui che è arbiter elegantiae, superiore agli altri,
un po’ distaccato dagli altri, che spesso guarda con disdegno così come Encolpio i suoi
compagni immersi nelle risate grossolane.
Nietzsche
–
Il soggetto e la maschera Gianni Vattimo
La riflessione sul rapporto tra essere e apparire è oggetto di buona parte della filosofia e
Nietzsche è il pensatore che, più di altri, è riuscito ad affrontare con uno sguardo nuovo e
profondo questo problema.
Rapportandosi alla visione classica, egli non la intende più come modello o come esemplare
coincidenza tra interno ed esterno, ma, invece, come divergenza tra essere e apparire, come
una forma di maschera. Tuttavia non considera negativamente questa maschera, come se fosse
un nascondiglio della realtà, bensì come l’unica verità.
Perché nasce la maschera.
Secondo Nietzsche l’uomo del suo tempo non riesce a creare un equilibrio coerente tra forma e
contenuto e quindi, inevitabilmente, la forma appare come una sorta di travestimento, assunto
solo per necessità, senza che gli appartenga veramente..