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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: Le donne: una rivoluzione incompiuta

Autore: Carenini Sara

Descrizione: la tesina analizza le conquiste più importanti delle donne italiane e successivamente verifica fino a che punto le leggi sono state applicate nella realtà .

Materie trattate: Italiano, Diritto, Storia

Area: umanistica

Sommario: Italiano, Maria Letizia Pruna, Donne al lavoro, articoli di giornale, Diritto, Costituzione, Legge 903/1977, Legge 125/1991, Storia, Trasmissione televisiva, Libri di testo.

Estratto del documento

Conquiste giuridiche ed economico-sociali delle donne

Il mondo femminile avrebbe potuto giungere a un’uguaglianza con il mondo maschile solo a

determinate condizioni: l’acquisizione del diritto di voto; la promulgazione di leggi capaci di

garantire la parità sul piano giuridico; una crescita della scolarizzazione femminile che permette

alle donne di svolgere lavori prevalentemente maschili e giungere inoltre all’autonomia economica

senza dover più dipendere dal marito o dal padre; la libertà di decidere come e quando sposarsi e

quando e quanti figli avere.

L’acquisizione del diritto di voto, è stata la prima battaglia compiuta dalle donne per ottenere la

parità tra maschi e femmine iniziata in Europa con il movimento delle suffragette ad opera di

Emmeline Pankhurst in Gran Bretagna. In Italia il diritto di voto venne esteso alle donne solo dopo

la fine della seconda guerra mondiale, più precisamente le donne votarono per la prima volta il 2

giugno 1946 per la scelta tra monarchia e repubblica e per l’elezione dell’Assemblea Costituente.

La prima legge in assoluto che garantisse parità sul piano giuridico fu l’articolo 3 della nostra

costituzione, voluto dalle 21 donne che facevano parte dell’Assemblea Costituente:

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali di fronte alla legge, senza distinzione di

sesso, di razza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Questo articolo riporta due tipi di uguaglianza, quella formale e quella sostanziale.

L’uguaglianza formale consiste nel fatto che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge.

L’uguaglianza sostanziale indica che lo Stato deve rimuovere gli ostacoli di ordine sociale ed

economico che di fatto limitano l'uguaglianza e la libertà dei cittadini, e che impediscono la

realizzazione della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione

politica, economica e sociale della nazione.

Sono poi state approvate e promulgate altre leggi che garantissero pari dignità come la legge che

permette alle donne di fare qualsiasi professione anche quelle convenzionalmente maschili (1963),

la riforma del diritto di famiglia (1975) che aboliva ogni gerarchia e ogni diritto di superiorità

dell’uomo nel quadro famigliare. Vi furono poi delle riforme sulla tutela della maternità (dal 1971

al 1977) la legge del 1991 che indicava ambiti e strumenti per fornire “pari opportunità” a tutti i

cittadini e quella del 1996 che attribuiva alla violenza sessuale il carattere di reato contro la

persona.

L’aumento del reddito disponibile delle famiglie dovuto alla ripresa economica post-bellica ha

permesso a molte famiglie di investire più denaro per l’istruzione delle ragazze. Nel secondo

dopoguerra aumentarono le ragazze che compirono gli studi superiori e frequentarono le

università, queste ragazze rappresentavano il 30% degli studenti totali e questa percentuale andrà

sempre più aumentando. Oggi il 57% degli iscritti all’università sono donne. Rispetto al passato

queste donne erano per lo più di provenienza borghese e colte, esse non lavoravano per necessità

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ma per trovare nel lavoro realizzazioni e soddisfazioni. Prima erano le donne povere a dover

lavorare per garantire alla famiglia la sopravvivenza.

Il lavoro permise alla donna di diventare una figura indipendente dotata di personalità e capacità

decisionale, e di non essere più appendice del marito.

L’incremento del livello di scolarizzazione femminile permise a un maggior numero di donne di

entrare nei processi lavorativi e di ricoprire cariche sempre più importanti. Inoltre, permise alle

donne di essere più consapevoli della loro condizione e consentì loro di sensibilizzare l’opinione

pubblica denunciando i fattori che ancora ne ostacolavano una piena emancipazione e

valorizzazione.

Nel 1960 negli Stati Uniti iniziò la commercializzazione della pillola anticoncezionale, e

successivamente di altri anticoncezionali anche meno invasivi, che ebbero un duplice effetto: le

famiglie e soprattutto le donne poterono controllare la loro fecondità e quindi decidere quanti figli

avere e quando averli, evitando che gravidanze indesiderate compromettessero la loro carriera. La

riduzione del numero dei figli per coppia ha contribuito anche a ridurre il peso del lavoro

domestico a carico delle donne, che è stato ancor più ridotto dalla creazione ad opera dello stato

sociale, dopo numerose battaglie, di asili d’infanzia e scuole materne. Il peso del lavoro domestico

fu alleggerito anche dalla rivoluzione dei consumi che immise sul mercato un numero sempre

crescente di elettrodomestici che permettevano di ridurre il tempo da dedicare alle “faccende

domestiche”.

Durante gli anni Sessanta entra in crisi la differenziazione dei ruoli sessuali. Gli uomini iniziano a

dare una mano in casa occupandosi delle faccende domestiche e dei bambini. Agli inizi degli anni

Settanta nacque poi il movimento femminista negli Stati Uniti che lottava contro il dominio dei

maschi sulle donne. Nascono dei gruppi in cui le donne si trovano per discutere della loro

posizione all’interno della famiglia e della società, nel mondo in cui vivevano e il rapporto con il

proprio corpo e la propria sessualità.

Nel frattempo vengono “organizzate” manifestazioni ed altre forme di pressione perché i

Parlamenti approvassero nuove leggi sui temi del divorzio, dell’aborto e degli anticoncezionali, che

furono intesi come altrettanti strumenti capaci di liberare la donna dalla tradizionale tirannia del

matrimonio, della violenza sessuale, della procreazione non desiderata. In effetti le legislazioni dei

vari stati seguirono il mutamento dei consumi. La maggior parte dei paesi cambiò il diritto di

famiglia, in modo da riconoscere pari dignità alla moglie, il divorzio, l’aborto.

La legge sul divorzio venne introdotta in Italia nel 1970 e confermata poi da un referendum nel

1974 che spaccò in due l’opinione pubblica, anche l’aborto fece molto scalpore la legge venne

introdotta nel 1978 e confermata da un referendum popolare nel 1981 destando una violenta

discussione, entrambi questi argomenti vedono una parte della popolazione contraria a queste

leggi ed è per lo più la componente cattolica. 5

Nel 1984 veniva istituita la Commissione Nazionale per la parità e la pari opportunità tra uomo e

donna presso la Presidenza del Consiglio. Sulla base di questi organismi vengono create le

Commissioni Regionali di Parità, costituite con leggi regionali e le commissioni di parità provinciali

e comunali.

Conferenza di Pechino

Dal 4 al 15 settembre 1995 si è tenuta a Pechino la Conferenza Mondiale sulle donne a cui hanno

partecipato quindicimila delegate provenienti da 189 paesi membri delle Nazioni Unite, affiancate

dalle rappresentanti degli organismi internazionali e degli Stati osservatori. Inoltre, sono

intervenute al Forum delle ONG trentaseimila donne appartenenti a movimenti, associazioni,

all'imprenditoria, al mondo della scienza, dell'arte e della cultura.

Per la prima volta i diritti delle donne vengono definiti diritti umani ed universali con la

conseguenza che nessuna ragione di fede, cultura o estremismo religioso possa giustificarne la

violazione.

In questa conferenza furono proclamati due principi guida:

L’empowerment implica l'attribuzione di potere alle donne, ma non limitata ai processi politici di

decision-making; c'è bisogno di una loro partecipazione attiva a tutti i livelli e questo potere

costituisce uno stimolo ad accrescere le proprie abilità e competenze.

Il mainstreaming, invece, si riferisce alla necessità di inserire nelle politiche generali tematiche

propriamente femminili.

Questi due concetti hanno spostato il dibatto dalla donna alla società intesa come relazioni tra

uomini e donne; durante la Conferenza di Pechino è stata sottolineata anche l’importanza di

includere la parità fra i sessi in tutte le istituzioni e le politiche degli Stati membri delle Nazioni

Unite, accrescendo e rafforzando la presenza delle donne nelle posizioni di rilievo all’interno dei

governi e della società.

La quarta Conferenza mondiale si è chiusa con l’adozione della Dichiarazione di Pechino e la

Piattaforma d’Azione. Quest’ultimo documento contiene gli obiettivi strategici e le azioni da

intraprendere per favorire la promozione dello sviluppo delle donne e, parallelamente, individua

12 ambiti che rappresentano, invece, gli ostacoli a tale promozione. Queste 12 aree critiche sono:

donne e povertà; istruzione e formazione delle donne; donne e salute; la violenza contro le donne;

donne e conflitti armati; donne ed economia; donne, potere e processi decisionali; meccanismi

istituzionali per favorire il progresso delle donne; i diritti umani delle donne e donne e media.

Nell’ottobre 1999 è stato approvato un protocollo facoltativo con il quale viene riconosciuto il

diritto delle donne di inviare comunicazioni scritte al Comitato sui Diritti Umani delle Nazioni Unite

riguardanti le discriminazioni subite dalle donne, in ogni campo, a partire dalla famiglia sino ad

arrivare al lavoro. Questo organismo si è posto a tutela di tutti i diritti civili e politici delle donne.

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Riforma Costituzionale del 2003

La riforma costituzionale del 5 maggio 2003 ha modificato l’articolo 51 della Costituzione, in realtà

non si tratta di una vera e propria modificazione ma dell’aggiunta di un comma :

i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche

“Tutti A tale fine la

elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.

Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. La

legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani

non appartenenti alla Repubblica. Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre

del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.”

Questa modifica è da considerarsi un’integrazione sulla base dei provvedimenti europei. La

modifica ha l’obbiettivo principale di garantire le pari opportunità tra uomini e donne, in

particolare nelle cariche elettive, in quanto la presenza delle donne nelle istituzioni politiche

elettive è molto rara.

Anche in passato sono stati fatti dei tentativi volti a consentire una maggiore presenza delle donne

nelle assemblee elettive. Alcune norme contenute nella legge n.81 del 1993 - relativa all'elezione

diretta del sindaco - introducevano un criterio di proporzione tra i due sessi nella composizione

delle liste dei candidati alle elezioni dei consigli comunali, stabilendo che nei comuni con

popolazione fino ed oltre i 15.000 abitanti nessuno dei due sessi potesse essere rappresentato in

misura superiore ai tre quarti (nel primo caso) ed ai due terzi (nel secondo caso) dei consiglieri

assegnati. Una norma della legge n.277 del 1993, relativa all'elezione della Camera dei deputati,

disponeva che le liste presentate ai fini dell'attribuzione dei seggi in ragione proporzionale, ove

recassero più di un nome, fossero formate da candidati e candidate in ordine alternato.

Parità e pari opportunità

I concetti di parità e di pari opportunità non sono sinonimi. Il concetto di parità si riferisce ad

un’uguaglianza formale che si basa principalmente sul divieto di discriminazione e trova il proprio

fondamento nella legge n. 903/1977 sulla “Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di

lavoro” e nell’art. 3 della Costituzione.

Il concetto di pari opportunità si richiama a un’uguaglianza sostanziale e vuole promuovere una

discriminazione positiva e ha come riferimento la legge n.125/1991 sulle “Azioni positive per la

realizzazione della parità tra uomo-donna nel lavoro”.

L’aumento delle donne nel mondo del lavoro non coincide con il raggiungimento di pari

opportunità di accesso, permanenza e progressione nel lavoro tra uomini e donne.

Dettagli
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