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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: Le Galassie a Spirale

Autore: Moretto Daniele

Descrizione: approfondimento sulle galassie a spirale a partire da un lavoro svolto nei mesi precedenti in seguito ad uno stage di astrofisica

Materie trattate: Astronomia, Fisica

Area: scientifica

Sommario: Astronomia, le galassie a spirale Fisica, concetti generali e basilari sul moto sugli atomi e sulle radiazioni elettomagnetiche

Estratto del documento

dell’Universo oltre la Via Lattea

La scoperta

La concezione moderna dell’Universo come uno spazio in cui sono distribuite miliardi di galassie

separate tra loro da distanze ben maggiori di quelle interstellari, è frutto di scoperte relativamente

recenti. Prima del 1922 le galassie erano state osservate solo come nebulose, termine generico per

indicare corpi celesti extrastellari, e non si sapeva nemmeno se queste nebulose si trovassero

all’interno o all’esterno della Via Lattea.

Thomas Wright nel 1750 ipotizzò che la Via Lattea fosse un grande aggregato di stelle a forma di

disco, di cui dalla Terra si osserva la sezione traversa; Kant propose che molti altri simili sistemi

di Kant era priva di basi osservative, ma segnava l’affermarsi del

esistessero nello spazio. L’ipotesi

concetto di un Universo molto più grande di quanto sostenuto fino ad allora.

Si iniziò a studiare le galassie (che non erano ancora state identificate come tali) nel 1781, quando

Charles Messier pubblicò un catalogo di 110 oggetti nebulari.

Figura 1: gli oggetti del catalogo di Messier

Oggi sappiamo che questo conteneva regioni di formazione stellare, resti di esplosioni di supernova,

nebulose planetarie, ammassi stellari ma soprattutto galassie esterne. Nel 1845 William Parsons

(Lord Rosse) completò in Irlanda la costruzione di un telescopio riflettore da 1.8 metri di diametro, 4

un gigante a quell’epoca, e con questo fu in grado di riconoscere la caratteristica struttura a spirale

in alcune delle nebulose di Messier. Successivamente, John Dreyer, assistente di Lord Rosse,

continuò ad usare il Leviatano (così fu soprannominato il telescopio di Parsons) per scoprire un

altro migliaio di nebulose; integrando altri cataloghi tra il 1888 e il 1908 pubblicò nel New General

Catalog oltre 13'000 oggetti, in gran parte di origine allora ignota.

Intorno al 1912 l’americano Vesto Slipher iniziò lo studio spettroscopico delle nebulose con

strutture a spirale. In particolare misurò significativi spostamenti Doppler delle righe spettrali che

gli permisero di concludere che quelle nebulose si muovevano con grandi velocità radiali e

l’esistenza

ruotavano su se stesse. Slipher fu anche in grado di rivelare spettroscopicamente del gas

interstellare e delle polveri. Nel 1920 si erano consolidate due linee di interpretazione:

• una teoria extragalattica, secondo la quale le nebulose erano strutture

separate dalla Via Lattea, teoria sostenuta soprattutto da Heber Curtis;

questa teoria si basava in gran parte sull’osservazione che nelle nebulose

si rivelavano stelle novae con incidenza statistica superiore a quelle della

nostra Galassia stessa;

• una teoria galattica, che vedeva tutte le nebulose come associate alla Via

Lattea, teoria sostenuta soprattutto da Shapley; Shapley e van

Maanen portavano come evidenza proprio le enormi distanze a cui tali

strutture avrebbero dovuto trovarsi per avere le piccole dimensioni

apparenti osservate; in particolare le osservazioni (rivelatesi in

seguito errate) di elevate velocità di rotazione delle nebulose avrebbero a

quelle distanze portato a velocità superiori a quella della luce.

Il dibattito poté essere risolto solo con l’acquisizione di ulteriori dati osservativi. È così nel 1922

che Edwin Hubble con il telescopio 100 inch di Mt. Wilson (circa 2,5m di diametro) fu in grado di

a

risolvere molte nebulose in aggregati di stelle. Inoltre individuò alcune variabili Cefeidi nella

nebulosa nella costellazione di Andromeda e la relazione periodo-luminosità predisse distanze

100 volte superiori alle dimensioni della Via Lattea ricavate da Shapley. Si trattava quindi di

aggregati di stelle totalmente separati e molto distanti dalla nostra Galassia.

Al giorno d’oggi, mentre l'astrofisica delle stelle ha raggiunto una fase di piena maturità ed esiste un

modello standard che riproduce bene le principali regolarità delle popolazioni stellari, al contrario,

l'astrofisica delle galassie è in piena fase d'espansione: le galassie sono sistemi molto più complessi

e strutturati delle stelle. Inoltre, la storia di formazione ed evoluzione delle galassie risente in modo

diretto dell'evoluzione dell'Universo; è impossibile capire pienamente le galassie senza avere prima

ribaltare: per la cosmologia è impossibile capire l’origine e

capito l'Universo. L'argomento si può

l’evoluzione dell’Universo senza avere una profonda conoscenza delle galassie, il “mattone

fondamentale'' osservativo; a distanze cosmologiche infatti, le stelle (supernove a parte), non sono

visibili singolarmente.

a) Una variabile Cefeide è una stella variabile caratterizzata da una stretta correlazione tra il periodo di variabilità e

la luminosità assoluta. Grazie a questa correlazione, e alla grande precisione con cui viene misurato il periodo di

pulsazione, le variabili Cefeidi possono essere usate per determinare la distanza degli ammassi globulari e delle

galassie in cui sono contenute. Poiché la relazione periodo-luminosità può essere calibrata con grande precisione

usando le stelle Cefeidi vicine, le distanze trovate con questo metodo sono tra le più accurate disponibili. 5

ultraprofondo dell’Hubble Space Telescope è l’immagine dell’Universo più profonda

Il campo lunghezze d’onda del

mai raccolta nelle visibile. Realizzata dal telescopio in una serie di

esposizioni tra Settembre 2003 e Gennaio 2004, essa visualizza una parte dello Spazio così

distante che tutti gli oggetti visibili, eccetto una decina di stelle di campo, non possono essere

che galassie. Con un’attenta analisi se ne possono contare fino a 10'000. La gran parte di queste

un’infinitesima

distano dalla terra oltre 13 miliardi di anni luce e tutte sono contenute in area

pari ad una parte su tredici milioni della sfera celeste. Fino a 90 anni fa si pensava che la Via

Lattea fosse l’unico aggregato di stelle esistente e completante il Cosmo… 6

Classificazione delle Galassie

Hubble stesso operò la prima classificazione delle galassie. La sua classificazione è di tipo

morfologico e tutt'oggi è ancora largamente basata sull'analisi visiva di immagini da parte di esperti

del settore. Classificazioni quantitative sono ancora in via di sviluppo e vengono applicate

soprattutto alle galassie molto lontane.

Hubble suddivise quindi le galassie in:

 galassie ellittiche che appaiono come ellissoidi privi di struttura. Si presentano in diverse

combinazioni di ellitticità, e vengono sottocatalogate a seconda del loro rapporto tra i

b

semiassi delle isofote . Si indicano con la lettera E affiancata dal numero n calcolato come

 

   dove a e b sono i semiassi. Le sottocategorie vanno quindi da 0 (forma

n 10 a b / a

sferica) a 7 (non sono state osservate galassie con ellitticità superiore a 7)

 galassie a spirale che sono formate da un disco e da un bulge (un rigonfiamento centrale),

nonché da un alone sferoidale. Vengono sottocatalogate in spirali Sa, Sb, Sc ed Sd. Le

spirali dei primi tipi (Sa, Sb) hanno bulge prominenti e bracci di spirale molto avvolti,

mentre quelle degli ultimi tipi (Sc, Sd) hanno bulge piccoli e bracci di spirale diffusi. Per

tutti i sottotipi morfologici, circa metà delle spirali presentano una vistosa struttura lineare,

detta barra, che attraversa il bulge, e dalla quale si dipartono poi i bracci a spirale. La Via

Lattea è una spirale Sbc, ma è molto probabilmente barrata, quindi SBbc

 galassie lenticolari ( S0 ) che sono intermedie tra le spirali e le ellittiche, e sono tanto

numerose quanto le ellittiche. Presentano un disco, il quale non mostra alcuna struttura a

spirale. Il bulge è molto grande

 Infine galassie irregolari ( Irr ). Queste possono essere divise in due categorie: le irregolari

di tipo I, per le quali un'analisi cinematica mostra una rotazione simile a quella delle spirali

(come le nubi di Magellano), e quelle di tipo II, per le quali anche la cinematica è irregolare.

b) Isofota: linea che collega in un'immagine tutti i punti a pari luminosità o che sono colpiti da un'uguale luminosità;

si tracciano linee isofote per tutte le onde elettromagnetiche. 7

Le galassie a spirale

Le galassie a spirale sono strutture a disco appiattito in cui vi è una forte presenza di gas e polveri

interstellari e in conseguenza una continua formazione di nuove stelle. Nel disco si distinguono

c

anche dei bracci di spirale più luminosi. Il disco si sviluppa attorno ad un bulge centrale, un

rigonfiamento contenente in gran parte stelle più vecchie e più fredde, di quelle che costituiscono il

disco. Il nucleo centrale è infatti ricco di stelle di popolazione II, mentre la spirale di stelle di

una piccola galassia ellittica e nell’ordine dei sottotipi di

popolazione I. Il bulge è assimilabile ad

galassie Sa, Sb, Sc (e quindi SBa, SBb, SBc) decresce di luminosità. Sempre andando da a verso c la

distribuzione delle stelle nei bracci del disco diventa meno regolare, ovvero le stelle tendono ad

essere raggruppate, e soprattutto le spirali sono meno avvolte attorno il bulge.

Figura 2: la galassia a spirale NGC253 ( Sa )

c) Il Bulge nelle galassie a spirale e lenticolari è un rigonfiamento centrale della struttura che contiene un gruppo

molto numeroso di stelle per lo più piccole, rosse e vecchie. Si pensa che la maggior parte dei bulge delle galassie

comprenda al centro un buco nero supermassiccio (super massive black hole, SMBH). 8

Figura 3: Immagine agli infrarossi di M81 ( Sb ) presa dal Telescopio Spaziale Spitzer. Il colore blu

μm. Il rosso indica le emissioni a 24 μm

rappresenta le emissioni di origine stellare a 3.6 della polvere

riscaldata nel mezzo interstellare. NASA/JPL-Caltech/K. Gordon/S. Willner/N.A. Sharp.

Figura 4: la galassia a spirale barrata NGC1300 ( SBbc ) 9

Figura 5: la galassia a spirale M100 ( Sc )

Le caratteristiche generali delle galassie a spirale sono riportate nella seguente tabella:

da -16 a -23

Magnitudine totale M B 9 12

da 10 M a 10 M

Massa M  

da 5kpc a 100kpc

Diametro del disco tipicamente circa 1,2kpc

Spessore del disco da 2 a 6

Rapporto M / L

Vedere la nota d) per il rapporto M/L

Hubble inizialmente aveva dato un’interpretazione evolutiva nella sua catalogazione delle galassie,

presupponendo che prima, per contrazioni gravitazionali di gigantesche nubi dotate di momento

all’aumentare della forza centrifuga,

angolare, si formassero le galassie ellittiche, poi, le strutture

maggiormente all’esterno, fino a portare alla formazione dei bracci

ellittiche si appiattissero di

La sua ipotesi sull’evoluzione delle galassie non poteva però spiegare come mai erano le

spirale.

galassie a spirale e non quelle ellittiche a contenere una maggiore quantità di materia interstellare ed

un grande numero si stelle giovani.

d) Il rapporto M/L viene calcolato per mezzo di due dati osservativi indipendenti: la massa M, che proviene dallo

studio della dinamica, e la luminosità L, che proviene dalla radiazione emessa dalle componenti della galassia.

M / L 1

Tale rapporto vale, nel caso del Sole e in unità CGS, . Le galassie presentano spesso valori maggiori

dell’unità; dunque la massa ricavata dalla dinamica risulta maggiore della massa che produce la radiazione, fatto

che viene appunto indicato come il problema della massa mancante ("mancante" nella luminosità) e che richiede

la presenza di materia oscura (non interagente con la radiazione). 10

La rotazione delle galassie a spirale

La rotazione dei dischi delle spirali è una caratteristica fisica ben osservabile e che probabilmente

ha influenzato maggiormente la formazione di queste galassie, determinandone la forma a disco

piuttosto che ellittica.

Si possono ricavare delle curve di rotazione, ovvero dei grafici della velocità di rotazione, attraverso

spettroscopi a fenditura che permettono di misurare gli spostamenti Doppler delle righe in funzione

si posiziona una fessura lungo l’immagine della galassia,

della distanza dal centro. Operativamente,

tipicamente lungo il suo asse maggiore, e la luce proveniente dalla fessura viene analizzata dallo

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