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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: L'ombra: idee per immagini

Autore: Caporale Francesco

Descrizione: ogni disegno fa rifermento alle varie sfaccettature dell'argomento della tesina: l'ombra. i disegni sono da me realizzati tranne quelli in riferimento ai primi due punti(perché la scelta del disegno; perché la scelta dell'ombra);è importante precisa

Materie trattate: Arte, Italiano, Filosofia, Latino, Inglese, Storia, Geografia Astronomica

Area: umanistica

Sommario: Arte: la corrente metafisica, De Chirico: la figura dell'uomo-automa, sostituita dalla donna-ombra, entrambi privi di espressione facciale. Italiano: Pirandello e la poetica dell'Umorismo: l'ombra in relazione al contrasto tra forma e vita che investe soprattutto il romanzo "Il fu Mattia Pascal" Italiano: Montale, "Non chiederci la parola" da Ossi di seppia": l'uomo che non si cura della sua ombra, ovvero della sua collocazione nella realtà . Filosofia: l'introspezione psicoanalitica di Freud opposta a quella etica di Seneca. Entrambi, come ostetrici, fanno partorire la parte più nascosta dell'uomo. Ecco spiegato il disegno. Filosofia:Netzsche, "Il viandante e la sua ombra" da "Umano, troppo umano": l'ombra come dialogo con sè stessi. Inglese:Oscar Wilde, "Il ritratto di Dorian Gray": l'ombra come specchio dell'anima. Inglese: Stevenson, "Doctor Jekyll and Mr. Hyde": l'ombra come realtà  nascosta; essa è strettamente collegata al tema del doppio. Storia: il Nazismo, Hitler e la propaganda: l'ombra come burattinaia di un sogno. Geografia Astronomica: l'eclissi di sole: l'ombra come fenomeno naturale.

Estratto del documento

pag. 1

Perché la scelta del “disegno”?

Navigavo fra le pagine dell’enciclopedia virtuale “wikipedia”, alla ricerca di un’idea

originale per la mia tesina, quando gli occhi mi sono caduti sulla voce “disegno”; è

stato come far affiorare, a livello conscio, la consapevolezza del mio amore e del mio

interesse per il disegno che covavo ormai da anni come brace sotto la cenere.

Premetto che posseggo una certa esperienza in campo artistico, che coltivo, con

grande amore e passione, sin da bambino, eppure mai avrei immaginato che un

giorno sarebbe diventato l’argomento della tesina del mio esame di Stato. Wikipedia

dava del disegno pressappoco questa definizione: “è il processo di tracciare dei segni

su una superficie tramite l'applicazione di una pressione o il trascinamento di un

apposito strumento sulla superficie … Gli strumenti usuali sono le matite in grafite o

colorate, la penna ad inchiostro, pennelli fini, pastelli a cera o carboncini, mentre i

supporti sono tipicamente carta e cartoncino, ma anche molti altri”. Non contento

della definizione datami, clicco nuovamente alla ricerca di una ulteriore definizione,

che fosse più profonda, ma la parola successiva aveva già cancellato la ragione del

mio qui presente lavoro. Quella definizione, però, mi ritornava continuamente in

mente e constatavo con rammarico che ne rendeva in generale il concetto, soprattutto

se lo si considerava in riferimento al disegno tecnico, ma che comunque gli mancava

un elemento imprescindibile che fa del disegno la rappresentazione, ma soprattutto

l’interpretazione, del nostro vivere quotidiano: il cuore! Il cuore, credo sia la vera

essenza che da sempre accompagna ogni manifestazione culturale artistica, che si

palesa attraverso l’immaginazione, nata dal connubio fra mente e cuore, fra ragione e

sentimento, sempre più rarefatti nelle’uomo moderno. La scelta del disegno, dunque,

nasce come forma di riscatto nei confronti di quest’ultimo (il disegno), che vedrà la

sua realizzazione nel percorso che mi accingo a mostrarvi: “L’ombra: idee per

immagini”. pag. 2

pag. 3

Perché la scelta dell’ombra?

Fin da piccolo mi ha sempre incuriosito quella “macchia nera” che mi seguiva

ovunque andassi. Tale condizione a volte mi metteva in imbarazzo, e pertanto ho

cercato più volte di disfarmene, ovviamente senza alcun successo. Mi resi conto

allora che non avrei mai potuto scindere la mia dal mio corpo, il mio buio

ombra

dalla mia luce, il mio inconscio dalla mia conscienza. E forse,come me, partendo da

questa “banale” esperienza quotidiana, grandi autori del ‘900, come Pirandello,

Montale, Freud, Jung , hanno visto nell’ombra qualcosa di più che “un’area scura

proiettata su una superficie da un corpo”. E sulla scia di questi grandi nomi, ma

soprattutto partendo dal concetto di che ha influito su quella che è la pittura

ombra,

metafisica, voglio anch’io, nei miei limiti e soprattutto attraverso le mie illustrazioni,

dare un contributo alla comprensione di tale concetto. pag. 4

La pittura Metafisica: inizio di un percorso

La pittura Metafisica è una corrente pittorica del XX secolo che vuole rappresentare

ciò che è oltre l’apparenza fisica della realtà, al di là dell’esperienza dei sensi (la

mano in alto a sinistra, che posiziona il sole, indica il superamento di tale limite). Il

termine “metafisica” venne coniato dal filosofo Andronico da Rodi per trattare le

“cause prime” della realtà collocate “dopo” (metà) quelle che trattano le “cose

naturali” (physicà). Essa vede in Giorgio de Chirico il suo fondatore, che la qualificò

in primo luogo per l’effetto di spaesamento e sorpresa generato nello spettatore,

dovuto alle immagini irreali (la mano-conchiglia) e alle atmosfere fantastiche delle

composizioni. Il mio “esperimento metafisico” sarà infatti incomprensibile se non

viene ben spiegato. Altra caratteristica è l’organizzazione dello spazio, nitidissimo e

semplificato, attorno ad oggetti (la sfera in basso a sinistra) e presenze solitarie

(l’ombra nera in primo piano e l’omino bianco sullo sfondo in alto a destra). Un ruolo

notevole viene assunto dalla figura del manichino, simbolo dell’uomo-automa,

dell’uomo senza volto. Da qui la scelta e l’innovazione della donna-ombra,

anch’essa priva di espressione facciale. Ma l’ombra nella metafisica assume un ruolo

più importante. Essa viene usata per esprimere il concetto che sta alla base della

corrente pittorica, ovvero rappresentare qualcosa che va oltre la realtà. Ciò, nella mia

rappresentazione, è espresso dall’ombra “quadrata” proiettata dalla “sfera”.

Da qui la scelta di far partire il mio percorso proprio dalla pittura Metafisica: l’ombra

di cui parlerò non sarà mai quella che è solita seguirci ovunque imitando alla

perfezione i nostri movimenti, ma sarà indipendente da quest’ultimi. pag. 5

pag. 6

Pirandello: “La poetica dell’Umorismo” e

“Il fu Mattia Pascal”

L’ombra assume un ruolo importante nella produzione dello scrittore italiano del

‘900 più famoso del mondo: Pirandello. L’ombra viene strettamente collegata al tema

del doppio e in particolare al contrasto tra “forma e vita” che investe la “Poetica

dell’Umorismo”. Pirandello oscilla sempre fra una visione storica dell’Umorismo e

una eterna, la quale tende a svelare quella contraddizione che vede gli uomini

costruirsi una serie di autoinganni e di illusioni per dare un significato al mondo e

all’esistenza privi di senso. Tali autoinganni costituiscono la forma. Essa è fatta di

valori, ideali, convenzioni sociali, leggi che nel disegno formano l’ombra dell’uomo;

un’ombra, infatti, non di certo “naturale”: testimoniano ciò la “mano artista” a destra

che la sta disegnando, “formandola”, e il lanternino che emette luce artificiale

(abbiamo la lampadina di Edison, non l’antica candela romana). La forma blocca la

spinta anarchica delle pulsioni vitali, la tendenza a vivere fuori dalle illusioni: essa

cristallizza e paralizza la vita (l’omino bianco infatti non è in movimento, ma ben

posizionato, composto, paralizzato), la quale riesce a emergere solo nei momenti di

“malattia”, in cui non siamo coinvolti nel meccanismo dell’esistenza. L’esempio

pirandelliano più eclatante è il protagonista del “Il fu Mattia Pascal”. Egli

approfittando della falsa notizia della sua morte, decide di cambiare identità, sceglie

di vivere. Ma è impossibile disfarsi della propria di quello che siamo per la

ombra,

società: un nome, un numero, una data di nascita. Ed è l’inevitabile meccanismo

dell’esistenza a farlo tornare indietro, ma oramai è troppo tardi. La sua vita non c’è

più: “…Io sono il fu Mattia Pascal”. Il “lanternino” a sinistra rappresenta inoltre il

relativismo filosofico, espresso da Anselmo Paleari, secondo la quale ogni uomo è

proiezione di se stesso. pag. 7

pag. 8

“Non chiederci la parola”, tanto, cara ombra,

non ti rispondiamo!

“Non chiederci la parola” è il primo componimento della sezione “Ossi di seppia. È

una sorta di manifesto o di dichiarazione di poetica rivolta al lettore. Il poeta non ha

alcun messaggio positivo da rivolgere agli uomini: la sua anima divisa e informe può

comunicare solo messaggi negativi, di denuncia del male di vivere e

dell’insignificanza del mondo. Montale parla di un uomo che va in giro sicuro di sé.

Egli si pone con la sua stessa mano al di sopra del mondo e, sicuro di sé, non bada

alla sua che il sole di mezzogiorno disegna rannicchiata sul muro scalcinato.

ombra,

In particolare fare o non fare attenzione alla propria vuol dire interrogarsi o

ombra

meno nei confronti della propria identità e della propria collocazione nella realtà,

percepire o meno, anche la paura di un altro se stesso, cioè la minaccia della

“scissione”. Il muro frammentato richiama, invece, una condizione di limite e di

chiusura, quasi fosse una prigione. Montale parla, dunque, di un’ombra sconfitta.

Infatti, non a caso (penso), nell’ultima sezione di “Ossi di seppia” intitolata proprio

“Meriggi e l’io lirico del poeta accetta il proprio destino di sconfitta e di

ombre”,

discesa verso il nulla, chiedendo però di poterlo almeno affrontare con dignità e

“senza viltà”. pag. 9

pag. 10

Introspezione psicoanalitica (Freud) e …

“Ognuno di noi è seguito da un’ombra”. Fu questa la constatazione che spinse Jung,

allievo eretico di Freud, a fare dell’ombra l’oggetto dal quale far partire la sua ricerca

psicologica. Jung parte dall’affermare che l’ombra rappresenta quella parte di noi

tanto primitiva e infantile (che tanto ricorda l’ombra di Peter Pan) la quale, nel

momento in cui urta contro le regole della società, si trasforma sfuggendo proprio dal

controllo dell’uomo il quale, timoroso dell’incontro con se stesso e della scoperta che

non è l’io il vero padrone di casa, tenta a proiettarla sugli altri, incosciente del fatto

che solo integrando la sua “proiezione oscura” (l’ombra) potrebbe disporre

dell’energia che essa esercita e nasconde. “Talvolta si deve essere indegni, per

riuscire a vivere pienamente”, così afferma Jung, arrivando alla conclusione che vi

siano due tipi di una conscia che consiste nella consapevolezza dei propri

ombre:

limiti e del proprio essere, l’altra inconscia che corrisponde all’“Es” di Freud e

dunque all’inconscio vero e proprio, principale oggetto della ricerca psicoanalitica. E

Freud, come un “ostetrico”, fa partorire dal suo paziente tale entità. Da qui la scelta di

rappresentare l’inconscio come una “neonata ombra”. pag. 11

pag. 12

… introspezione etica (Seneca)

“…Nemo potest personam diu ferre”, “nessuno può portare a lungo una maschera”.

Così scrive Seneca nel “De brevitate vitae”, dove è già riassunto tutto l’umorismo

pirandelliano. Seneca parla di “Maschere Nude” e in particolare definisce “occupati”

coloro che indossano tali maschere. Da qui il concetto di alienazione, ma, al contrario

di Marx, Seneca non si rivolge agli “operai” ma a uomini “liberi” (molto spesso

impegnati in ambito pubblico) che si “occupano” per propria scelta: “per poter vivere

meglio, organizzano la vita a spese della vita”, così dice il filosofo. Seneca, per uscire

da tale condizione, propone una libertà interiore dalla quale deriva l’altro aspetto che

fa del filosofo l’anticipatore di Freud, sebbene grandi siano le differenze fra i due:

l’introspezione. O meglio l’analisi psicologica che lo porta a dare un rilievo al

concetto di “coscienza”. Fonte di ispirazione di Seneca su questo punto fu la stessa

etica popolare romana la quale proponeva come medicina quotidiana l’esame della

coscienza. Per Seneca “la coscienza è l’interiore consapevolezza del bene e del male;

in particolare alla coscienza, come se fosse un’ombra, nessuno può nascondersi,

perché nessuno può nascondersi a se stesso (proprio come i “pazzi” protagonisti in

Pirandello, che non si pentono di essere tali), nemmeno i cosiddetti “sani di mente”.

Oltre alla “coscienza”, Seneca pone un accento martellante anche su un’altra

componente: la volontà della quale ne fa la molla che dà lo slancio verso la virtù

suprema, ovvero la conoscenza; la dignità dell’uomo si realizza allora dalla volontà di

scegliere. In Seneca si parlerà infatti di introspezione psicologica in chiave etica, non

psicanalitica, anche per il fatto che Seneca non poteva conoscere il significato di

quest’ultimo, ma se così fosse stato di certo non l’avrebbe condivisa in quanto

antimorale e antietica per la mentalità del tempo. Inoltre in Seneca, focalizzando

l’attenzione sull’introspezione dell’io umano, ha creato, nel campo del linguaggio, lo

“stile umano”, asimmetrico e sentenzioso, caratterizzato dai “flosculi”. con il

tentativo di creare nel lettore un’immagine duratura.

pag. 13

Anch’egli dunque si occupa dell’uomo, facendone partorire la sua parte più remota e

nascosta. pag. 14

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