Ciò che segue è una riflessione un po' confusa, scusatemi per la prolissità.
Sia quando si trattano i conduttori, sia quando si trattano i dielettrici, si parte da una relazione costitutiva macroscopica che lega la grandezza di interesse (in un caso la densità di corrente \(\mathbf{J}\), nell'altro la polarizzione \(\mathbf{P}\)) con la "causa", ovvero con il campo elettrico \(\mathbf{E}\), nel seguente modo:
\[\mathbf{J} = f(\mathbf{E}) \quad \quad \text{o} \quad \quad \mathbf{P} = f(\mathbf{E})\]
Questa relazione funzionale è incompleta in quanto spesso vi sono numerose altre variabili, ma sorvoliamo su ciò.
Chiaramente, se poi il mezzo in questione ha particolari proprietà le suddette relazioni si semplificano molto.
Fino a qui tutto ok.
Spesso però (magari sempre negli stessi testi in cui si partiva dalle relazioni costitutive di cui sopra) si arriva a dire invece che la relazione più generale possibile è una cosa del genere:
\[\mathbf{J} = \sigma \ \mathbf{E} \quad \quad \text{o} \quad \quad \mathbf{P} = \chi \ \mathbf{E}\]
dove i coefficienti \(\sigma\) e \(\chi\) sono tensori (matrici) le cui componenti sono però dipendenti dal campo.
Che senso ha passare da una relazione funzionale come la prima, nella quale è sufficiente trovare una funzione $RR^3 \to RR^3$ (se preferiamo tre funzioni $RR^3 \to RR$), con la relazione pseudo matriciale che involve nove funzioni $RR^3 \to RR$ (una per ogni componente della matrice)?
L'unica risposta che mi viene in mente è che magari nella relazione matriciale si intende la dipendenza solamente dal modulo del campo, allora già avrebbe un senso. Non so... mi sembra tutto confuso.
Qualcuno sa illuminarmi?