Nella notte tra il 25 e il 26 Luglio 1956, il transatlantico italiano Andrea Doria, orgoglio italiano, fu speronato dal mercantile svedese Stockolm, e affondò a poche miglia dall'isola di Nantucket, mentre era diretto a New York, da cui il mercantile proveniva.
C'era nebbia . L'urto fu tremendo . Lo Stockolm entrò nella pancia del Doria quasi a 90° sul lato destro, e lo squarcio aumentò poi in lunghezza poiché il Doria era in moto, sicché la prua del mercantile , rinforzata per la navigazione tra i ghiacci, aprì il fianco del nostro transatlantico come una scatola di sardine. Morirono una cinquantina di persone, di cui alcune anche dello Stockolm.
Il Doria cominciò a imbarcare acqua dalla falla, che la fece inclinare sul fianco destro quasi subito di parecchi gradi, quasi una ventina, il che rese impossibile la messa in mare delle lance di salvataggio situate sul lato sinistro. Ma fortunatamente quelle sul lato destro erano ammainabili senza grossi problemi, e grazie anche alle navi intervenute in soccorso , tra cui principalmente il transatlantico Ile de France, si poterono salvare tutti i sopravvissuti alla collisione.
Molto si discusse , in vari processi, sulle responsabilità dei rispettivi equipaggi. Furono riconosciuti vari errori, fatti sia dagli italiani che dagli svedesi. Gli italiani , e soprattutto il comandante, furono accusati di non aver ottemperato alle norme di navigazione contro gli "abbordi in mare" , perché all'ultimo momento il comandante ordinò di virare tutta a sinistra (le norme prescrivono di virare a destra in determinati casi) . Ma dopo tanti processi, accuse, infamie e calunnie, si è riconosciuto in tempi recenti che in sostanza buona parte della colpa fu del terzo ufficiale di coperta svedese, il quale aveva male interpretato l'indicazione datagli dal radar, ritenendo che la scala delle distanze fosse impostata su valori molti più grandi di quella effettiva : sembra che la scarsa illuminazione del ponte comando gli avesse impedito di rendersi conto della posizione della manopola della scala delle distanze.
Poi i processi terminarono, e ci furono accordi economici tra le parti. Rimase la coscienza turbata di molti galantuomini, tra cui in particolare quella del comandante italiano.
Non metto link, su internet si trovano quanti siti si vuole , dove è documentato il naufragio. Mi limito a segnalare una questa trasmissione televisiva di Alberto Angela.
A quell'epoca, i mezzi di informazione erano scarsi. Una sola rete televisiva in Italia trasmise la notizia e qualche servizio con riprese della nave che affondava. Io non avevo la televisione in casa, ero un bambino di 11 anni.
Ma lessi con dolore tutti i giornali che ne parlarono. E piansi, come solo un bambino può fare.
L'avevo vista in porto da vicino, qualche tempo prima. Era un divertimento andare al porto e passeggiare in banchina accanto alle grandi navi.
La fiancata ti sembra vicina, sembra che puoi toccarla ….ma è distante dalla banchina. È alta fino al cielo, e fino al cielo arriva il fumaiolo. LA muraglia si estende enorme, avanti e indietro, esclude buona parte dell'orizzonte, ti sembra una eternità percorrere la banchina per tutta la lunghezza….
E fu allora che decisi che avrei fatto ciò che poi ho fatto . Volevo costruire , da grande, una nave inaffondabile. Ma purtroppo mi sono successivamente reso conto che la nave inaffondabile non esiste, pur rispettando tutte le norme tecniche, anzi pur andando molto al di là delle richieste minime di progetto e costruzione dettate dalle norme.
Il ricordo in me si è affievolito, ma non cancellato. Ci sarà sempre, finchè campo.