Tempi duri per la Scuola italiana, costretta a fronteggiare con risorse sempre più limitate bisogni che richiedono fondi e investimenti specifici, di cui non vede l’ombra. Da alcuni anni molte scuole hanno dovuto rinunciare o diminuire i corsi di recupero per gli studenti per carenza di soldi.

Il Mof, cioè i fondi a disposizione per migliorare l’offerta formativa delle scuole, è sempre più scarno e le famiglie non sempre possono permettersi di versare il contributo volontario richiesto dai singoli istituti.

Questo quadro mette alle luce la necessità delle scuole di reperire fondi anche fuori dal contesto pubblico tradizionale e sperimentare nuove soluzioni per permettere agli studenti di recuperare le insufficienze maturate durante l’anno scolastico. Così dalle scuole del bellunese arrivano due strategie innovative in grado di fornire nuova linfa alle scuole del territorio, ovvero la ricerca di sponsor privati (sul modello americano) e la diffusione della peer education.

Patron del progetto è Luxottica, gigante dell’industria mondiale, che dallo scorso anno porta avanti una collaborazione con la provincia di Belluno, dove l’azienda ha i suoi stabilimenti e dove risiedono i suoi lavoratori. Grazie ai fondi messi a disposizione da Luxottica, in oltre 10 istituti sono stati attivati corsi di recupero, i cui risultati positivi sono già stati riscontrati, attivati alla fine di ogni trimestre o quadrimestre, in modo da garantire un intervento formativo immediato.

Sempre in una scuola bellunese, il liceo Giustina Renier, sta dando i suoi frutti un altro intervento volto a colmare le lacune dei ragazzi meno preparati in matematica: la peer education. Si tratta di un metodo che vede gli studenti più bravi impegnati ad aiutare i compagni in difficoltà. L’efficacia del metodo si basa sul rapporto paritario tra compagni, sia sul piano della relazione che del lessico, e sul fatto che anche il compagno-docente ha la possibilità di fare proprie le nozioni che ha acquisito da poco, insegnandole all’altro.

Il progetto pilota, che ha visto coinvolti quasi 50 coppie di ragazzi, prevedeva incontri in orari extrascolastici, monitorati da docenti nelle vesti di tutor. Al momento l’esperimento sembra promettere bene. Sicuramente un ottimo modello a cui ispirarsi!

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