Che cosa si intende innanzi tutto per Buona Scuola? La Buona Scuola è un meccanismo permanente di innovazione, sviluppo e qualità della democrazia, un investimento che l’Italia può (e deve) decidere di fare su se stessa, l’unica leva efficace per tornare a crescere, la soluzione strutturale alla disoccupazione, la risposta alla nuova domanda di competenze espresse dai mutamenti economici e sociali. In altre parole, la Buona Scuola è un progetto ambizioso, che va oltre le mura dell’edificio scolastico.

Nel primo capitolo, si affronta subito l’annoso e spinoso problema legato alle graduatorie a esaurimento. La scuola ha alcune emergenze da affrontare: il numero di docenti attualmente in ruolo non è sufficiente per coprire tutte le esigenze e ogni anno vengono stipulati 14.000 contratti di supplenze annuali e restano così tantissimi docenti “in sospeso”, raggruppati in graduatorie che potranno esaurirsi solo nell’arco di quindici o vent’anni. È quindi necessario un piano straordinario di assunzioni per ampliare l’offerta formativa e svolgere attività didattiche complementari, abolire le supplenze annuali ed eliminare, finalmente, la piaga del precariato. Così, a settembre 2015 verranno assunti circa 150 mila docenti, dopodiché l’assunzione avverrà solo per concorso, con 40 mila nuovi insegnanti ogni tre anni. L’assunzione dei 150.000 consentirà di ringiovanire il corpo docente e l’organizzazione più flessibile dell’orario scolastico consentirà a questi docenti di restare a disposizione di reti di scuole, per l’ampliamento dell’offerta formativa.

Sarà possibile attuare questo piano straordinario di assunzioni a condizione che ci possa essere maggiore mobilità da parte dei neo assunti, vista la possibilità di lavorare in una provincia diversa da quella di appartenenza e di insegnare su classi di concorso di materie affini alle proprie.

In futuro, il numero dei docenti verrà mantenuto pressoché costante e i concorsi serviranno solo per sostituire gli insegnanti che andranno in pensione: il concorso punterà a selezionare i docenti più bravi a insegnare, dando meno peso ai titoli.

“Il concorso ci permetterà di selezionare una massa critica di migliaia di giovani, preparati, sintonizzati sul mondo globale di oggi, che hanno scelto l’insegnamento e la scuola non per il posto fisso, o perché lo vedono come un lavoro meglio di tanti altri, ma perché credono nel valore della formazione e hanno deciso di scommettere sul contributo che ciascuno di loro può dare per aiutare a crescere una nuova generazione di ragazzi che ridiano fiducia e futuro al nostro Paese.”

L’università sarà a numero chiuso, con un biennio specialistico improntato alla didattica, con corsi di pedagogia e lo studio di materie mirate sul lavoro di formazione e crescita dei ragazzi. Al termine, si affronterà un semestre di tirocinio a scuola, con la possibilità di ripeterlo in un’altra scuola nel caso in cui la valutazione sia negativa.

Nel secondo capitolo, viene delineato il nuovo profilo del docente: “oggi ci si aspetta che i docenti gestiscano classi sempre più multiculturali, integrino gli studenti con bisogni speciali, utilizzino efficacemente le tecnologie per la didattica, coinvolgano i genitori, e siano valutati e responsabilizzati pubblicamente.” Il docente non deve più insegnare un sapere codificato, in questa società in continua evoluzione, ma deve aiutare gli studenti a far proprio un modo di pensare, per interpretare e affrontare la realtà con la quale dovranno interagire. Verrà formulato un quadro di competenze per i docenti, nei diversi stadi della loro carriera.

La formazione non sarà più vista come un intralcio burocratico e verrà premiato l’impegno: i docenti verranno considerati “come persone e come professionisti disposti ad assumersi impegni diversi, e a cui lo Stato chiede oggi di mettersi al servizio della scuola e dei colleghi.”

Verranno dati incentivi economici sulla base della qualità della didattica, della formazione in servizio e del lavoro svolto per sviluppare e migliorare il progetto formativo della propria scuola. I dirigenti avranno la possibilità di scegliere le migliori professionalità per potenziare la propria scuola: ogni docente sarà dotato di un portfolio, in formato elettronico, certificato e pubblico, vagliato dal Nucleo di Valutazione all’interno di ogni scuola. Gli scatti stipendiali avverranno ogni tre anni e saranno legati all’impegno e alla qualità del lavoro. Saranno inoltre destinati solo ai 2/3 dei docenti di ogni scuola. Questo potrebbe portare a favorire la mobilità dell’insegnante, sempre nel rispetto della continuità didattica, e a ridurre la disparità tra le scuole.

Nel terzo capitolo, vengono affrontati il discorso dell’autonomia scolastica e la spinosa questione della burocrazia. Sarà necessaria la trasparenza per capire e amministrare la scuola, verrà creato un registro nazionale dei docenti della scuola, che offrirà informazioni sulla professionalità di tutto il personale della scuola. Anche i dirigenti scolastici verranno valutati in base alle proprie prestazioni, legate al coordinamento della progettazione educativa. “Una buona scuola ha bisogno di presidi selezionati con cura, che dimostrino di disporre al tempo stesso di esperienza diretta e approfondita dei processi educativi, ma anche delle competenze necessarie per gestire una organizzazione complessa.”

I Dirigenti verranno quindi selezionati tramite il corso-concorso della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, la stessa istituzione che seleziona e forma tutti i dirigenti dello Stato.

Verranno ridisegnati gli organi collegiali della scuola e si libererà finalmente la scuola dai numerosi adempimenti datati che appesantiscono la burocrazia, per potersi concentrare sull’offerta formativa e sui bisogni reali dei ragazzi. Una ricognizione dettagliata delle cento misure “più fastidiose, vincolanti e inutili che l’amministrazione scolastica ha adottato nel corso dei decenni” permetterà di abrogarle tutte insieme con un unico provvedimento “Sblocca Scuola”.

Un ruolo di primo piano è dato, inoltre, all’apertura della scuola, oltre l’orario curricolare: serve rinnovare i tempi e gli spazi della scuola, per rendere le persone protagoniste attive all’interno della comunità. La digitalizzazione permette di aumentare l’efficienza e quindi di migliorare la scuola, sia a livello di risorse per la didattica, sia per smaterializzare alcuni processi amministrativi e risparmiare sugli acquisti. Non manca inoltre la puntualizzazione sull’inclusività, vista la particolare attenzione alle politiche di sostegno ai ragazzi che presentano delle disabilità.

Il quarto capitolo mette al centro la cultura, in particolare la musica, la storia dell’arte e lo sport. “La conoscenza dell’arte e della cultura, così come la pratica della musica, devono essere più presenti tra gli insegnamenti che la scuola fornisce ai nostri giovani.” Bisogna chiedere ai musicisti di entrare in classe, per due ore a settimana, nelle classi quarta e quinta della scuola primaria, bisogna rafforzare lo studio della storia dell’arte nel biennio dei licei e degli istituti turistici, è necessario introdurre educazione motoria alla primaria, con un’ora a settimana dalla seconda alla quinta classe.

Un ruolo di primo piano viene inoltre riservato all’alfabetizzazione delle lingue straniere, alla programmazione e all’economia. Il CLIL, già obbligatorio per il quinto anno dei licei e degli istituti tecnici da questo anno scolastico, va esteso alla scuola primaria e alla secondaria di primo grado, per portare ad un apprendimento di livello B2 per la lingua straniera principale. Non si può dimenticare l’alfabetizzazione digitale, attraverso la soluzione di problemi complessi con l’applicazione della logica del paradigma informatico. Notando infine che “l’analfabetismo finanziario dei nostri ragazzi tocca livelli preoccupanti”, bisogna puntare anche sull’insegnamento dell’economia.

Il quinto capitolo affronta il tema dell’alternanza scuola-lavoro, colmando il “disallineamento tra la domanda di competenze che il mondo esterno chiede alla scuola di sviluppare e ciò che la nostra scuola effettivamente offre”. Bisogna quindi rafforzare l’apprendimento basato su esperienze concrete di lavoro, rendendo sistematica per tutte le scuole secondarie di secondo grado l’esperienza dell’alternanza, arrivando a un totale di 200 ore l’anno per gli ultimi tre anni degli istituti tecnici e estendendola di un anno per i professionali.

L’importanza del “saper fare” coinvolge anche la didattica: i laboratori verranno potenziati e trasformati, diventando “palestre di innovazione”, stimolando le capacità creative e di problem solving degli studenti.

Nel sesto capitolo si affronta il discorso dei finanziamenti: le risorse pubbliche devono essere stabilizzate in modo da consentire un’adeguata programmazione di investimento, mentre per quanto riguarda le risorse private verranno incentivati gli investimenti.

Il documento si conclude con un riassunto in dodici punti dell’intero programma, con la richiesta di consultazione, in quanto questo progetto viene offerto “perché sia oggetto di dibattito e confronto fino a novembre, nel quadro di quella che” si auspica “diventi la più grande consultazione – trasparente, pubblica, diffusa, online e offline – che l’Italia abbia mai conosciuto finora.” Consapevoli che “non esistono soluzioni semplici a problemi così complessi”, viene richiesto un aiuto “a migliorare le proposte, a capire cosa manca, a decidere cosa sia più urgente cambiare e attuare.”

Comincio quindi con il mio suggerimento: mi pare che in questo complesso piano di miglioramento della scuola manchi una cosa decisamente importante, la numerosità delle classi. Un effettivo miglioramento dell’offerta formativa potrebbe avvenire anche grazie a classi meno numerose…

Daniela Molinari



Fino al 15 novembre 2014 su www.labuonascuola.gov.it  ogni cittadino potrà dare il suo contributo per disegnare la scuola del futuro attraverso gli strumenti di partecipazione messi a disposizione dal Ministero dell’Istruzione.

I 12 punti del piano di Governo>>>

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