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La presente tesi mostra che in epoca ellenistica era di uso il metodo di definizione implicita degli enti di una teoria nei postulati della teoria stessa. Questo tipo di definizioni sostituiscono quelle standard (esplicite) almeno in due casi:
quando gli enti da definire sono fondamentali, ossia gli enti base della teoria per cui il loro significato non può richiamare altri enti ancora pi semplici (come nel caso della retta negli Elementi di Euclide); quando la parola utilizzata per definire l'ente una parola della lingua ordinaria per cui i postulati attuano uno sfrondamento del suo significato per adattarla a descrivere l'ente della teoria (come nel caso dei raggi visuali nell'Ottica di Euclide).
Successivamente studieremo la definizione di centro di gravità, assente esplicitamente nell'opera di Archimede sull' Equilibrio dei piani, ma presente in diversi autori successivi. Vedremo che si possono avanzare due ipotesi a riguardo:
si può pensare che la definizione esplicita data da Archimede sia andata perduta;
si può pensare che Archimede avesse definito implicitamente il centro di gravità attraverso i postulati.
Infine porteremo argomenti a favore di entrambe le ipotesi e vedremo che la questione ancora aperta.
Indice
1 Formulazione del problema 1
1.1 Definizioni implicite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.1.1 Euclide . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.1.2 Archimede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.2 Centro di gravità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.3 Possibili risposte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2 Alla ricerca dell'opera perduta 13
2.1 Cronologia delle opere di Archimede . . . . . . . . . . . . . . 13
2.2 Opera perduta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.3 Autori successivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.3.1 Erone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2.3.2 Pappo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
3 Definizione implicita 22
3.1 Proposizione IV . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
3.2 La legge della leva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.3 Critica di Mach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
3.4 Risposta alla critica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
3.5 Archimede nel terzo millennio . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
Conclusioni 35
A Ottica di Euclide: i postulati 39
B Quadratura della parabola: proposizione VI 40
4
CAPITOLO 1. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA
1.1.2 Archimede
Un altro esempio di denizione implicita nei postulati lo possiamo trovare
sulla sfera e sul cilindro
in Archimede, più precisamente nell trattato . In
quest'opera Archimede denisce implicitamente il concetto di lunghezza di
una curva, almeno nel caso della circonferenza, attraverso i postulati, vediamo
quali sono quelli che ci interessano:
Post. 1: vi sono nel piano linee curve terminate, le quali si trovano com-
pletamente dalla stessa parte delle rette congiungenti i loro estremi,
ovvero non hanno nessun punto nella parte opposta;
Post. 2: chiamo concava dalla stessa parte una linea tale che, presi due
punti qualunque su di essa, i segmenti di retta che li congiungono, o
cadono tutti nella stessa parte rispetto alla linea, o alcuni di essi cadono
nella stessa parte, altri sulla linea stessa, senza però che nessuno cada
dall'altra parte;
Post. 3: la minima fra tutte le linee aventi gli stessi estremi è la linea retta;
Post. 4: tra tutte le linee che sono sullo stesso piano e hanno gli stessi
estremi, sono disuguali quelle che, essendo ambedue concave dalla stes-
sa parte, o una è tutta compresa dall'altra linea e dalla retta avente gli
stessi estremi, o ha una parte compresa [dall'altra linea] ed una parte
in comune [con essa]: ed è minore la [linea che è] compresa.
Subito dopo Archimede dimostra due proposizioni che sono la banale conse-
guenza dei postulati:
Prop. 1: se si inscrive un poligono in un cerchio, il perimetro del poligono
inscritto è minore della circonferenza del cerchio (per il post.3); 5
CAPITOLO 1. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA
Prop. 2: se si circoscrive un poligono ad un cerchio, il perimetro del po-
ligono circoscritto è maggiore della circonferenza del cerchio (per il
5
post.4).
Di conseguenza i postulati di Archimede deniscono implicitamente la lun-
ghezza di una circonferenza come l'elemento di separazione (usando la termi-
nologia moderna) tra le lunghezze dei poligoni inscritti e circoscritti; nei libri
attuali di geometria questa aermazione si dà per scontata senza ricordare il
postulato di Archimede.
In eetti in epoca moderna si denisce la lunghezza di una curva almeno in
due modi (equivalenti) e di conseguenza il postulato di Archimede diventa
un teorema facilmente dimostrabile. n
R
curva
Usando un linguaggio estremamente formale, si denisce una in
come un'applicazione n
: [a; 7−→
γ b] R
∞
[a; b] C
che sia continua su tutto e .
∆ [a; [a;
b] b]
Ora, sia una partizione dell'intervallo . Questo signica che
{[t ; ]; [t ; ]; ; [t ; ]} =
t t . . . t t a
è suddiviso in sottointervallini , con e
0 1 1 2 k−1 k 0
=
t b . Si denisce
k k
X
(γ) = ||γ(t ) − )||
l γ(t
∆ i i−1
i=1 (t ; ))
γ(t
che è ovviamente la lunghezza della poligonale (i cui punti sono con
i i
= 1, 2,
i . . . , k γ
). A questo punto si può denire la lunghezza della curva in
due modi diversi, ma equivalenti:
1: b
Z 0
= ||γ (t)||
l(γ) dt,
a
5 [Arc88b], pp. 73-80 6
CAPITOLO 1. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA
0
γ γ
dove è il vettore che si ottiene derivando tutte le componenti di .
Questa espressione equivale ad aermare che la lunghezza di una curva
è il prodotto tra la velocità con cui la si percorre e il tempo impiegato
a percorrerla, aermazione familiare a qualsiasi studente di sica.
2: = (l (γ))
l(γ) sup ∆ ∆
l'estremo superiore è calcolato sull'insieme di tutte le possibili partizioni
[a; b]
nite dell'intervallo . Questa espressione equivale ad aermare che
la lunghezza di una curva è l'estremo superiore delle lunghezze delle
poligonali inscritte.
Le due espressioni sono equivalenti nel senso che si può accettare come de-
nizione una delle due e di conseguenza si dimostra che è vera l'altra.
Assumendo per denizione la prima espressione si può dimostrare la seconda
nel modo seguente:
innanzitutto si osservi che se una partizione viene ranata in una nuova
0
∆
partizione ottenuta aggiungendo ulteriori suddivisioni di ciascun inter-
(γ) ≥ (γ)
l l
vallino, allora . Tale osservazione è analoga al fatto che la
0
∆ ∆
lunghezza di una circonferenza viene approssimata per difetto dalla lunghez-
za di un poligono inscritto e l'approssimazione migliora all'aumentare del
numero dei suoi lati. [t ; ]
t
Ora, su ciascun intervallino , si ha, per il teorema di Lagrange:
i−1 i
) − )
γ(t γ(t
i i−1 0
= (ξ )
γ i
−
t t
i i−1
[t ; ]
ξ t
dove è un punto di . Per cui:
i i−1 i
k k k
) − )
γ(t γ(t
X X X
i i−1 0
(γ) = ||γ(t )−γ(t )|| = || |||t −t | = ||γ (ξ )||(t −t )
l
∆ i i−1 i i−1 i i i−1
−
t t
i i−1 i=1
i=1 i=1 7
CAPITOLO 1. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA
Al ranarsi della partizione questa quantità si avvicina sempre di più all'area
0 (t)
γ
del sottograco della funzione ad una variabile reale e la somma tende
all'integrale corrispondente. Quindi b
Z 0
(l (γ)) = ||γ (t)||
sup dt.
∆ ∆ a
Partendo dalla denizione molto formale della lunghezza della curva come
b 0
R ||γ (t)|| dt, si può quindi dimostrare che la lunghezza della cur-
l'integrale a 6
va è l'estremo superiore delle lunghezze delle poligonali inscritte; ovviamente
ciò vale per ogni curva, in particolare per la circonferenza. Come conseguenza
la lunghezza di un arco di corconferenza è l'estremo superiore delle poligonali
inscritte in esso ed è quindi maggiore della lunghezza della poligonale; vice-
versa è anche vero che una poligonale circoscritta all'arco di circonferenza
sarà più lunga di esso; questo continua ad essere vero anche quando si mo-
dicano le poligonali inscritte e circoscritte aggiungendo una suddivisione in
più (per esempio se si passa da poligonali formate da 3 segmenti a poligonali
formate da 4 segmenti). In denitiva, quindi, sarà vero che la lunghezza della
circonferenza è l'elemento di separazione tra le lunghezze dei perimetri dei
poligoni inscritti e circoscritti al cerchio; questo mostra come i postulati di
Archimede bastino a denire implicitamente la lunghezza della circonferenza.
1.2 Centro di gravità
Arontiamo in questo paragrafo il problema fondamentale di questa tesi.
Esaminiamo il trattato sull'equilibrio delle gure piane di Archimede; esso
è diviso in due libri, di cui il primo è probabilmente la prima opera scritta
6 Si può dimostrare anche l'inverso, ossia partendo dalla denizione della lunghezza di
una curva come l'estremo superiore della lunghezza di tutte le poligonali inscritte, si può
dimostrare che essa risulta uguale all'intergrale visto sopra. 8
CAPITOLO 1. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA
dal matematico siracusano (vedi paragrafo 2.1). Al primo libro sono premessi
sette postulati :
Post. 1: pesi uguali [sospesi] a distanze uguali [dal fulcro] sono in equili-
brio e pesi uguali [sospesi] a distanze diseguali [dal fulcro] non sono in
equilibrio, ma pendono verso il peso che si trova a distanza maggiore.
Post. 2: Quando pesi [sospesi] a determinate distanze sono in equilibrio,
se qualcosa viene aggiunto ad uno solo dei pesi, essi non sono più in
equilibrio, ma pendono verso il peso a cui è stato aggiunto qualcosa.
Post. 3: Allo stesso modo, se qualcosa viene tolto ad uno solo dei due pesi,
essi non sono più in equilibrio, ma pendono verso quel peso da cui non
è stato tolto niente.
Post. 4: Quando gure uguali e simili vengono fatte coincidere, i loro centri
di gravità parimenti coincidono.
Post. 5: In gure diseguali ma simili i centri di gravità saranno similmente
posti.
Post. 6: Se grandezze [sospese] a certe distanze [dal fulcro] sono in equili-
brio, anche altre grandezze uguali ad esse [sospese] alle stesse distanze
[dal fulcro] saranno in equilibrio.
Post. 7: In ogni gura il cui perimetro è concavo nella stessa direzione, il
7
centro di gravità è interno alla gura.
Mancano in questo libro tutte le denizioni, sicchè si comincia a parlare nei
pesi essere in equilibrio centro di gravità
postulati di , di e di . In particolar
modo ci interesseremo di quest'ultimo concetto, fondamentale nella statica.
7 [Arc88c], pp. 397-399 9
CAPITOLO 1. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA
Esso viene introdotto per la prima volta nel IV postulato e poi usato in tutto
il resto dell'opera ed in altre opere successive (in particolare nella Quadra-
tura della parabola e nel II libro di Equilibrio dei piani) senza alcuna
denizione. Non sappiamo quindi se Archimede avesse eettivamente deni-
to il centro di gravità o meno ed anche se l'avesse denito, non sappiamo in
che modo.
Conosciamo però alcune denizioni di centro di gravità successiva ad Archi-
mede, poichè diversi autori se ne sono occupati nelle rispettive opere.
Erone: su Erone di Alessandria si sa ben poco, anche il periodo in cui visse
non è ben denito, probabilmente è vissuto durante il primo secolo.
Il libro di meccanica di Erone ci è pervenuto interamente solo nella
sua traduzione araba, mentre dell'edizione greca rimangono solo pochi
frammenti; esiste anche una versione francese, tradotta dall'arabo nel
1893.
Erone denisce il centro di gravità in questo modo:
Il centro di gravità o di inclinazione è un punto tale che quando il
peso è sospeso per tale punto, esso (il peso) è diviso in due parti
uguali.
Erone continua dicendo:
Il punto di supporto è il punto di un corpo tale che quando il corpo
è sospeso per tale punto, le sue parti sono in equilibrio. Questo
signica che il corpo non si inclina, nè si eleva.
Inne si legge: 10
CAPITOLO 1. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA
Il centro di inclinazione di ogni corpo è il punto nel quale conver-
gono tutte le linee verticali passanti per i punti di sospensione. Il
centro di gravità in alcuni corpi è fuori dal corpo; questo è ciò che
8
accade, per esempio, negli anelli o nelle ruote.
Pappo: anche di Pappo di Alessandria si sa ben poco, si pensa sia vissuto
intorno al 320, anno in cui avrebbe steso un commento dell'almagesto
Collectio
di Tolomeo. Nella sua , a proposito del centro di gravità scrive:
Che cosa sia e che cosa signichi il centro di gravità di ciascun
corpo, che è il principio e l'elemento della dottrina centrobarica,
da cui sono derivate anche le altre parti della meccanica, certo è
da spiegare. Da ciò infatti, suppongo, seguiranno con chiarezza
anche le restanti proposizioni della medesima disciplina. Diciamo,
ora, essere il centro di gravità di ciascun corpo un certo punto
situato internamente, dal quale se immaginiamo tale corpo essere
sospeso, [esso] è fermo in equilibrio e conserva la posizione che ha
9
all'inizio.
Eutocio: Eutocio di Ascalona, vissuto a cavallo tra il V e il VI secolo, è stato
un commentarore di Archimede e di Apollonio. Nei suoi commenti
all'Equilibrio dei piani Eutocio scrive:
8 [Ero88], pp. 93-95
9 Centrum gravitatis cuiusque corporis
Questa è una mia traduzione dal testo latino.
quid sit quidque valeat, id quod doctrinae centrobaricae principium est et elementum, un-
de etiam reliquae artis mechanicae partes derivantur, iam explicandum est. Hinc enim,
opinor, etiam reliqua eiusdem disciplinae theoremata perspicua ent. Dicimus autem gra-
vitatis centrum cuiusque corporis esse punctum quoddam intus positum, a quo si id corpus
suspensum esse guratur, aeque pondere quiescit et, quam ab inizio habuit positionem, eam
servat. ,[Pap78], p. 1031 11
CAPITOLO 1. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA
Introduzione al libro I. [. . .] In quest'opera Archimede denisce il
centro di gravità di una gura piana come il punto tale che, quan-
do si sospende la gura per questo punto, essa rimane parallela
10
all'orizzontale.
Simplicio: anche in Simplicio, contemporaneo di Eutocio, troviamo notizie
sulla dottrina centrobarica. Nei suoi commenti ad Aristotele, Simplicio
aerma:
[. . .] [Aristotele], avendo dedotto dalla formazione della Terra
secondo l'ipotesi [fatta] la sua sfericità e che il suo centro dista
in ogni direzione allo stesso modo dalla supercie, aggiunge una
dicoltà che sorge da quella che è detta dai meccanici teoria dei
baricentri. Questa teoria, sulla quale Archimede e altri hanno
scritto molti ed elegantissimi trattati, ha lo scopo di trovare il
centro di un dato peso, cioè un punto nel corpo tale che, se il
corpo viene sollevato attaccandovi una corda, esso resta [nella
11
sua posizione] senza inclinarsi.
1.3 Possibili risposte