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Da diversi decenni il silicio è il materiale più usato in elettronica ed in generale nella realizzazione di microsistemi, per le sue notevoli proprietà elettriche e meccaniche. Tuttavia, il suo utilizzo in dispositivi che operino in ambienti ostili? come quelli costituiti da alti flussi di radiazione, alte temperature o agenti chimici, presenta molte limitazioni e per questo motivo si stanno ricercando nuovi materiali.
Tra i vari materiali proposti in alternativa per la realizzazione di dispositivi adatti alle condizioni più severe, il diamante sintetico ed in particolare quello monocristallino SCD (Single Crystal Diamond), cresciuto per epitassia con tecnica CVD (Chemical Vapour Deposition) è senz'altro uno dei più promettenti. Infatti grazie alle sue notevoli proprietà , come l'alto punto di fusione, la bassa reattività chimica e l'estrema robustezza, sembra essere il candidato ideale per essere utilizzato senza danneggiamenti negli ambienti più ostili; per l'ampia gap tra banda di valenza e di conduzione è particolarmente adatto ad operare anche ad alta temperatura e in presenza di intensa luce visibile. Per la realizzazione di rivelatori a stato solido per radiazione e particelle ionizzanti, il diamante presenta quindi caratteristiche ottimali soprattutto per la sua resistenza al danno da radiazione. Possiede inoltre una elevata risoluzione dosimetrica, fondamentale in presenza di fasci incidenti di piccole dimensioni come, ad esempio, quelli della radioterapia ad intensità modulata (IMRT); i rivelatori attualmente disponibili, generalmente al silicio, sono spesso inadatti a rivelare campi di radiazione caratterizzati da elevati gradienti.
Da qualche anno sono in commercio rivelatori a diamante monocristallino naturale con ottime caratteristiche: piccole dimensioni, elevata sensibilità , alta resistenza al danno da radiazione, risposta equivalente a quella del tessuto umano, indipendenza dall'energia dei fotoni o delle particelle incidenti e linearità rispetto all'intensità della radiazione incidente. I rivelatori a diamante monocristallino naturale tuttavia, oltre ad essere molto costosi, necessitano di un trattamento di priming prima dell'uso e mostrano una non trascurabile dipendenza dal tasso di fotogenerazione. È poi usuale riscontrare un diverso comportamento tra vari rivelatori. Per superare questi limiti è in corso in vari istituti di ricerca il tentativo di sviluppare rivelatori per alte energie basati su diamante sintetico.
Il lavoro riportato nella tesi segue questa linea di attività . Esso riguarda sostanzialmente la caratterizzazione fotoelettrica di film di diamante CVD. Nella prima parte sono state studiate le caratteristiche di materiali policristallini. I campioni di diamante policristallino hanno però mostrato limiti di riproducibilità ed evidenti effetti memoria, apparentemente ineliminabili. Per questi motivi l'attenzione è stata successivamente rivolta al diamante sintetico monocristallo. La scelta di cambiare il materiale d'indagine è stata giustificata sulla base delle seguenti considerazioni. In questi ultimi anni sono stati sviluppati, presso l'università di Tor Vergata, dispositivi basati su film monocristallini SCD per la rivelazione di particelle pesanti e neutroni, sia termici che veloci; questi dispositivi hanno ottime prestazioni in termini di linearità , stabilità , affidabilità e mancanza di effetti di memoria. D'altra parte, già dagli anni novanta veniva dimostrata per il diamante la sostanziale indipendenza del meccanismo di trasporto di carica dal tipo di radiazioni e/o particelle incidenti e dal loro intervallo energetico. C'erano quindi buone possibilità che dispositivi simili a quelli per la rivelazione di particelle pesanti e neutroni potessero funzionare bene anche per elettroni e fotoni alle energie radioterapiche.
La seconda parte del lavoro è stata quindi svolta utilizzando otto prototipi di rivelatori in diamante sintetico monocristallino SCD. I dispositivi, realizzati presso i Laboratori del Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell'Università di Roma Tor Vergata, sono costituiti da una innovativa struttura a film sottile: diamante drogato p/ diamante intrinseco/ metallo. La caratterizzazione dosimetrica è stata eseguita presso le strutture radioterapiche dell'ospedale San Filippo Neri di Roma. I dispositivi in SCD hanno mostrato prestazioni confrontabili e addirittura superiori a quelle di dosimetri commerciali in diamante naturale in termini di ripetibilità , stabilità , affidabilità e linearità della fotorisposta. I campioni di monocristallo, inoltre, non hanno evidenziato i fastidiosissimi effetti di memoria riscontrati nei materiali policristallini e sono risultati indipendenti dall'energia e dal tasso di fotogenerazione.
La tesi si articola in cinque capitoli.
Nel primo sono descritti i modelli teorici di generazione e trasporto di carica elettrica che sono alla base del meccanismo di rivelazione dei rivelatori in studio.
Nel secondo capitolo sono analizzate le proprietà del diamante, con particolare riferimento a quelle caratteristiche che ne fanno un candidato naturale per la realizzazione di rivelatori per radiazioni e particelle ionizzanti. Sempre nel secondo capitolo sono poi descritti i principali metodi di crescita del diamante sintetico, con particolare riguardo alla tecnica CVD (Chemical Vapour Deposition), che è la tecnica che viene utilizzata presso i Laboratori di Tor Vergata? per la crescita di diamante monocristallino di ottima qualità per la realizzazione di dispositivi optoelettronici.
Nel terzo capitolo viene descritto il lavoro di caratterizzazione su rivelatori in diamante policristallino con misure di fotoconducibilità in funzione dell'intensità di radiazione incidente, effettuate con una sorgente laser Argon-Fluoro ad eccimeri nell'ultravioletto profondo, a 193nm e confrontate con misure analoghe con una sorgente di raggi X molli a 8 KeV, per cercare di mettere in correlazione i difetti presenti nel materiale con le proprietà fotoconduttive. I modelli teorici utilizzati per l'interpretazione delle misure sono quelli già descritti nel primo capitolo, in particolare i modelli di generazionericombinazione di Shockley Read Hall, sviluppati tra gli anni cinquanta e sessanta. Le misure effettuate possono essere interpretate con questi modelli, ma è evidente la difficoltà di costruire rivelatori affidabili in diamante sintetico policristallino.
I capitoli quattro e cinque descrivono il lavoro di realizzazione e di caratterizzazione di nuovi rivelatori in diamante sintetico monocristallino per radioterapia effettuato tra Tor Vergata e il S. Filippo. In particolare nel quarto capitolo viene delineato il percorso sperimentale che ha portato ai risultati principali del presente lavoro di dottorato; viene poi descritta la sorgente di particelle e radiazioni ionizzanti costituita dall'acceleratore per radioterapia del San Filippo e i dosimetri a stato solido per alte energie di uso clinico, sottolineando le problematiche che spingono allo sviluppo di nuovi dispositivi. Nel quinto capitolo vengono riportate e discusse le misure di caratterizzazione dei nuovi dosimetri in diamante sintetico monocristallino per elettroni e fotoni alle energie radioterapiche (6-18 MeV). Vengono infine riassunte le conclusioni del presente lavoro con lo sguardo rivolto alle prospettive di sviluppo nell'ambito del progetto DIARAD della matrice di dosimetri in diamante sintetico monocristallino per imaging dosimetrico di fondamentale utilità ad esempio nelle tecniche di radioterapia ad intensità modulata IMRT.
5.4 Setup sperimentale………………………………………………. 67
............................
5.5 Preirraggiamento e stabilità dei dispositivi SCD………………........................... 70
5.6 Tempi di risposta dei rivelatori SCD..…………………………. .......................... 71
5.7 Dipendenza dei rivelatori SCD dal rateo di dose………………........................... 73
5.8 Linearità in funzione della dose dei rivelatori SCD…………………………….. 76
5.9 Curve di assorbimento in profondità dei rivelatori SCD………... ........................ 78
5.10 Dipendenza dal campo di irraggiamento………………………… ....................... 80
5.11 Misure con gli elettroni………………………………………….......................... 81
5.12 Discussione………………………………………………………. ....................... 83
CONCLUSIONI ............................................................................................................. 86
BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................ 90
RINGRAZIAMENTI…………………………………………………………………...97
- 4 -
INTRODUZIONE
Da diversi decenni il silicio è il materiale più usato in elettronica ed in generale nella
realizzazione di microsistemi, per le sue notevoli proprietà elettriche e meccaniche.
Tuttavia, il suo utilizzo in dispositivi che operino in ambienti “ostili” come quelli costituiti
da alti flussi di radiazione, alte temperature o agenti chimici, presenta molte limitazioni e
per questo motivo si stanno ricercando nuovi materiali.
Tra i vari materiali proposti in alternativa per la realizzazione di dispositivi adatti alle
condizioni più severe, il sintetico ed in particolare quello SCD
diamante monocristallino
(Single cresciuto per epitassia con tecnica
Crystal Diamond), CVD (Chemical Vapour
è senz’altro uno dei più promettenti. Infatti grazie alle sue notevoli proprietà,
Deposition)
come l’alto punto di fusione, la bassa reattività chimica e l’estrema robustezza, sembra
essere il candidato ideale per essere utilizzato senza danneggiamenti negli ambienti più
ostili; per l’ampia gap tra banda di valenza e di conduzione è particolarmente adatto ad
operare anche ad alta temperatura e in presenza di intensa luce visibile.
Per la realizzazione di rivelatori a stato solido per radiazione e particelle ionizzanti, il
diamante presenta quindi caratteristiche ottimali soprattutto per la sua resistenza al danno
da radiazione. Possiede inoltre una elevata risoluzione dosimetrica, fondamentale in
presenza di fasci incidenti di piccole dimensioni come, ad esempio, quelli della
radioterapia ad intensità modulata (IMRT); i rivelatori attualmente disponibili,
generalmente al silicio, sono spesso inadatti a rivelare campi di radiazione caratterizzati da
elevati gradienti.
Da qualche anno sono in commercio con
rivelatori a diamante monocristallino naturale
ottime caratteristiche: piccole dimensioni, elevata sensibilità, alta resistenza al danno da
radiazione, risposta equivalente a quella del tessuto umano, indipendenza dall’energia dei
fotoni o delle particelle incidenti e linearità rispetto all’intensità della radiazione incidente.
I rivelatori a diamante monocristallino naturale tuttavia, oltre ad essere molto costosi,
necessitano di un trattamento di priming prima dell’uso e mostrano una non trascurabile
dipendenza dal tasso di fotogenerazione. È poi usuale riscontrare un diverso
comportamento tra vari rivelatori. Per superare questi limiti è in corso in vari istituti di
ricerca il tentativo di sviluppare rivelatori per alte energie basati su diamante sintetico.
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Il lavoro riportato nella tesi segue questa linea di attività. Esso riguarda sostanzialmente la
caratterizzazione fotoelettrica di film di diamante CVD. Nella prima parte sono state
studiate le caratteristiche di materiali policristallini. I campioni di diamante policristallino
hanno però mostrato limiti di riproducibilità ed evidenti effetti memoria, apparentemente
ineliminabili. Per questi motivi l’attenzione è stata successivamente rivolta al diamante
sintetico monocristallo. La scelta di cambiare il materiale d’indagine è stata giustificata
sulla base delle seguenti considerazioni. In questi ultimi anni sono stati sviluppati, presso
l’università di Tor Vergata, dispositivi basati su film monocristallini SCD per la
rivelazione di particelle pesanti e neutroni, sia termici che veloci; questi dispositivi hanno
ottime prestazioni in termini di linearità, stabilità, affidabilità e mancanza di effetti di
memoria. D’altra parte, già dagli anni novanta veniva dimostrata per il diamante la
sostanziale indipendenza del meccanismo di trasporto di carica dal tipo di radiazioni e/o
particelle incidenti e dal loro intervallo energetico. C’erano quindi buone possibilità che
dispositivi simili a quelli per la rivelazione di particelle pesanti e neutroni potessero
funzionare bene anche per elettroni e fotoni alle energie radioterapiche.
La seconda parte del lavoro è stata quindi svolta utilizzando otto prototipi di rivelatori in
SCD. I dispositivi, realizzati presso i Laboratori del
diamante sintetico monocristallino
Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università di Roma sono
Tor Vergata,
costituiti da una innovativa struttura a film sottile: diamante drogato p/ diamante
intrinseco/ metallo. La caratterizzazione dosimetrica è stata eseguita presso le strutture
radioterapiche dell’ospedale di Roma. I dispositivi in SCD hanno
San Filippo Neri
mostrato prestazioni confrontabili e addirittura superiori a quelle di dosimetri commerciali
in diamante naturale in termini di ripetibilità, stabilità, affidabilità e linearità della
fotorisposta. I campioni di monocristallo, inoltre, non hanno evidenziato i fastidiosissimi
effetti di memoria riscontrati nei materiali policristallini e sono risultati indipendenti
dall’energia e dal tasso di fotogenerazione.
La tesi si articola in cinque capitoli.
Nel primo sono descritti i modelli teorici di generazione e trasporto di carica elettrica che
sono alla base del meccanismo di rivelazione dei rivelatori in studio.
Nel secondo capitolo sono analizzate le proprietà del diamante, con particolare riferimento
a quelle caratteristiche che ne fanno un candidato naturale per la realizzazione di rivelatori
per radiazioni e particelle ionizzanti. Sempre nel secondo capitolo sono poi descritti i
principali metodi di crescita del diamante sintetico, con particolare riguardo alla tecnica
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CVD (Chemical Vapour Deposition), che è la tecnica che viene utilizzata presso i
Laboratori di “Tor Vergata” per la crescita di diamante monocristallino di ottima qualità
per la realizzazione di dispositivi optoelettronici.
Nel terzo capitolo viene descritto il lavoro di caratterizzazione su rivelatori in diamante
policristallino con misure di fotoconducibilità in funzione dell’intensità di radiazione
incidente, effettuate con una sorgente laser Argon-Fluoro ad eccimeri nell’ultravioletto
profondo, a 193nm e confrontate con misure analoghe con una sorgente di raggi X molli a
8 KeV, per cercare di mettere in correlazione i difetti presenti nel materiale con le proprietà
fotoconduttive. I modelli teorici utilizzati per l’interpretazione delle misure sono quelli già
descritti nel primo capitolo, in particolare i modelli di generazione–ricombinazione di
Shockley – Read – Hall, sviluppati tra gli anni cinquanta e sessanta. Le misure effettuate
possono essere interpretate con questi modelli, ma è evidente la difficoltà di costruire
rivelatori affidabili in diamante sintetico policristallino.
I capitoli quattro e cinque descrivono il lavoro di realizzazione e di caratterizzazione di
nuovi rivelatori in diamante sintetico monocristallino per radioterapia effettuato tra Tor
Vergata e il S. Filippo. In particolare nel quarto capitolo viene delineato il percorso
sperimentale che ha portato ai risultati principali del presente lavoro di dottorato; viene poi
descritta la sorgente di particelle e radiazioni ionizzanti costituita dall’acceleratore per
radioterapia del San Filippo e i dosimetri a stato solido per alte energie di uso clinico,
sottolineando le problematiche che spingono allo sviluppo di nuovi dispositivi.
Nel quinto capitolo vengono riportate e discusse le misure di caratterizzazione dei nuovi
dosimetri in diamante sintetico monocristallino per elettroni e fotoni alle energie
radioterapiche (6-18 MeV).
Vengono infine riassunte le conclusioni del presente lavoro con lo sguardo rivolto alle
prospettive di sviluppo nell’ambito del progetto DIARAD della matrice di dosimetri in
diamante sintetico monocristallino per imaging dosimetrico di fondamentale utilità ad
esempio nelle tecniche di radioterapia ad intensità modulata IMRT.
- 7 -
CAPITOLO 1
MODELLI DI GENERAZIONE E TRASPORTO DI CARICA
1.1 Sommario
In questo capitolo verranno descritti i modelli di generazione e trasporto di carica che sono
alla base dei principi di rivelazione dei fotorivelatori a stato solido, in particolare in
diamante, studiati in questo lavoro. Per costruire modelli che descrivano la
fotogenerazione e il trasporto di carica elettrica è necessario esaminare l’assorbimento
radiativo, mediante il quale i portatori sono creati, ed i meccanismi di trasporto e di cattura
di tali portatori. Alcuni modelli di trasporto, che permettono di definire un parametro
chiave del trasporto elettrico,la lunghezza di raccolta, e di schematizzare gli effetti dei
difetti del materiale, risalgono agli anni trenta dello scorso secolo [Ramo32], [Hetch39].
Tali modelli, insieme alla teoria classica del trasporto di Drude ed alle leggi
dell’assorbimento radiativo, costituiscono gli argomenti base per la descrizione dei
fenomeni fotoconduttivi. Modelli più articolati, che trattano in grande dettaglio la casistica
dei possibili tipi di difetti che possono intrappolare e far ricombinare i portatori
fotogenerati e quindi denominati di “generazione-ricombinazione” sono stati poi sviluppati
negli anni cinquanta, in particolare da Shockley- Read-Hall [Bube92].
Dopo la descrizione della legge di Lambert-Beer per l’assorbimento della radiazione,
vengono trattate la teoria classica di Drude, la lunghezza di raccolta e l’equazione di
continuità in relazione al trasporto di carica. Successivamente, viene trattato il ruolo di
cattura dei difetti nei fenomeni di fotogenerazione e trasporto ed infine vengono descritti
per grandi linee alcuni semplici modelli di generazione- ricombinazione.
1.2 Assorbimento della radiazione
L’effetto fotoelettrico costituisce il fenomeno fisico alla base dei rivelatori per radiazioni
ionizzanti. Dall’effetto fotoelettrico dipende la fotoconducibilità che consiste nell’aumento
di conducibilità elettrica di un semiconduttore causato da una radiazione incidente su di
esso. L’effetto della radiazione incidente è quello di aumentare il numero dei portatori
mobili di carica nel materiale. Ogni fotone incidente con energia maggiore di un minimo
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ha la possibilità di creare nel materiale una coppia elettrone–lacuna. L’elettrone
inizialmente in banda di valenza assorbe l’energia del fotone e “salta” in una banda di
conduzione, “lasciando” una lacuna nella banda di partenza. Entrambi i portatori
contribuiscono alla conduzione. In questi ultimi anni, i semiconduttori tradizionali per la
costruzione di rivelatori, come silicio o germanio, sono stati affiancati da quelli con un più
ampio intervallo energetico tra banda di valenza e di conduzione, cosiddetti “a larga gap”,
come il diamante (5,5 eV ) o il carburo di silicio (3 eV).
L’interazione tra un elettrone all'interno del semiconduttore ed un fotone incidente può
essere trattata come un urto elastico per il quale valgono la conservazione dell'energia e
della quantità di moto [Kittel86]. Possiamo quindi scrivere, tenendo anche conto delle