_antoniobernardo
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Il positivismo nasce nella prima metà  dell'Ottocento in Francia come movimento filosofico e culturale, caratterizzato da un'esaltazione della scienza. Esso s'impone, a livello europeo e mondiale, verso la seconda parte del secolo.

Il termine «positivo», nella filosofia ottocentesca assume due significati fondamentali:

1) «positivo» è innanzitutto ciò che è reale, effettivo, quello che è fecondo e sperimentale, che, si contrappone a tutte quelle cose che invece si presentano come astratte e metafisiche;

2) «positivo» è anche ciò che si presenta come efficace, pratico, produttivo in opposizione a tutto quello che nella società  è considerato futile ed improduttivo.

Il termine appare per la prima volta nell'opera Catechismo degli industriali (1822) di Saint Simon, che in seguito sarà  messo appunto da August Comte, che lo utilizza per la sua dottrina, consacrandone l'uso nella terminologia filosofica europea.

Anche se alcuni pensatori si differenziano tra loro sia per formazione intellettuale, sia per temi specifici di cui si occuperanno, il Positivismo appare caratterizzato, fin dall'avvio, da una celebrazione della scienza, che si concreta in una serie di persuasioni di fondo:

1) La scienza è la sola forma di conoscenza possibile ed il suo metodo è l'unico valido: pertanto, il ricorso a cause ed a principi che non siano accostabili al metodo della scienza non dà  origine a conoscenza;

2) non avendo oggetti suoi propri, o campi privilegiati di investigazione sottratti alle scienze, la filosofia tende a collimare con la totalità  del positivo, infatti, la sua funzione consiste nel mettere insieme e nell'organizzare i risultati delle singole scienze, perché si possa conseguire una conoscenza unificata ed universale.

3) Il metodo della scienza, poiché è l'unico valido, va allargato a tutti gli ambiti, compresi quelli che concernono l'uomo e la società . Infatti, la sociologia sarà  la materia preferita dei pensatori positivisti.

4) Il progresso della scienza costituisce la base per lo sviluppo dell'individuo, esso è lo strumento attraverso cui riorganizzare globalmente la vita all'interno di qualunque ambiente sociale, in grado di attraversare la «crisi» del mondo moderno.

Quest'ultimo punto è fondamentale per comprendere la genesi stessa del movimento. Infatti, a tal proposito, Pietro Rossi afferma: «ciò che caratterizza il positivismo ottocentesco è, in primo luogo, la consapevolezza di una profonda crisi storica che ha investito la società  europea e che comporta una rottura irreparabile con il passato e le istituzioni tradizionali».

Parlando del Positivismo in generale, è tuttavia indispensabile discernere tra un «primo» ed un «secondo» stadio di esso.

Infatti, mentre all'avvio, nel corso dell'età  della Restaurazione e durante la prima metà  dell'Ottocento, il Positivismo, con Auguste Comte, si pone innanzitutto come proposta di superamento di una «crisi» socio-politica e culturale (quella post-illuministica e post-rivoluzionaria). Il take-off del sistema industriale, della scienza, della tecnologia, dei traffici commerciali e dell'estensione della cultura su larga scala, costituiscono le principali determinanti che contribuiscono nel creare un «clima» generale di fiducia entusiastica nelle forze dell'individuo e nelle potenzialità  della scienza e della tecnica.

A testimonianza di quanto dichiarato qualche riga sopra, proponiamo i versi della poesia Inno a Satana di Giosuè Carducci che celebra le «grandezze» della vaporiera. () . Il testo pur essendo modesto sul piano artistico, tuttavia, rende molto evidente l'euforia che si registra nella società  del tempo per l'avvento di una nuova era: Un bello e orribile mostro si sferra corre gli Oceani come la terra”¦ come di turbine alito spande: ei passa, o popoli, Satana il grande.

Quest'ottimismo, presente principalmente nelle classi dirigenti e capitalistiche, ma anche nel basso ceto, che possono condurre una vita sul piano qualitativo migliore rispetto al passato, si trasforma in un vero e proprio credo religioso per il pensiero scientifico e tecnico. Per questo, possiamo dichiarare che il Positivismo è l'esaltazione soprattutto dello scienziato, di cui è incarnazione massima quel Newton per quanto concerne la fisica, Darwin per quanto riguarda la biologia.

Se rivisto nel suo complesso, il Positivismo della seconda metà  del secolo appare quindi come la filosofia della moderna società  industriale e tecnico-scientifica e come l'espressione culturale delle speranze, degli ideali e degli entusiasmi ottimistici che hanno contrassegnato la storia della società  moderna del tempo. Non per nulla esso si sviluppa principalmente in quelle nazioni (come l'Inghilterra, la Francia e la Germania) che appaiono all'avanguardia del progresso industriale e tecnico-scientifico, mentre impiega più tempo ad affermarsi nei paesi (come ad esempio l'Italia) che versano in condizione di maggiore arretratezza economica.

Dall'altro lato, il Positivismo della seconda metà  dell'Ottocento appare come l'ideologia tipica della classe media dei paesi dell'Occidente.

Positivismo e Illuminismo Per comprendere in modo adeguato il Positivismo è di fondamentale rilevanza cogliere le correlazioni con l'Illuminismo. Infatti, il collegamento tra questi due movimenti culturali è molto più stretto di quanto si possa pensare. Il Positivismo si configura come una ripresa originale del programma illuministico all'interno della nuova situazione storica - sociale post-rivoluzionaria, caratterizzata dall'avvento del capitalismo industriale e dallo sviluppo delle scienze e della tecnica.

Proviamo ad esaminare le differenze nel confronto con l'Illuminismo, che ci consentono di tracciare meglio la specificità  storica del movimento in esame. In primo luogo, occorre affermare che il Positivismo e l'Illuminismo presentano degli schemi generali di pensiero verificabilmente simili:

1) la speranza nella ragione e nel sapere, considerati come strumenti di sviluppo a servizio dell'individuo e della «pubblica felicità Â».

2) l'esaltazione della scienza a discapito della metafisica e di qualunque tipo di sapere non-verificabile;

3) la concezione tendenzialmente laica ed immanentistica della vita.

Nello stesso tempo, positivisti e illuministi differiscono fra loro per alcuni atteggiamenti di fondo:

1) Sebbene gli idoli polemici siano in parte identici a quelli contro cui si era battuto l'Illuminismo (per esempio la tradizione metafisica e religiosa o il parassitismo di una parte della nobiltà  agraria, ritenuta ostacolo al progresso), il momento storico in cui vivono i positivisti della seconda metà  del secolo è decisamente differente. Mentre gli illuministi hanno lottato contro forze culturali e sociali ancora dominanti, facendosi portatori oggettivi degli interessi culturali e sociali di una classe media in ascesa, i positivisti operano in una situazione intellettuale trasformata, che vede, da un lato, uno sviluppo sempre più accentuato del pensiero scientifico e della mentalità  laica, e, dall'altro, l'ormai consolidato potere della classe media.

2) L'Illuminismo si configurava come un riformismo tendenzialmente gravido di rivoluzionarismo, invece il Positivismo si presenta come un movimento sostanzialmente anti-rivoluzionario, vale a dire con un atteggiamento politico che, pur lottando contro la vecchia tradizione politica e culturale, appare contrario alle nuove forze rivoluzionarie rappresentate dalla classe proletaria e dalle dottrine socialiste.

3) Le due correnti di pensiero si differenziano anche per un modo diverso di intendere il ruolo della filosofia verso la scienza. Infatti, mentre nell'Illuminismo l'appello al sapere sperimentale funge per la maggior parte da dissoluzione delle antiche credenze della metafisica e della religione, nel positivismo il richiamo alla scienza si concretizza talora in una riedificazione di certezze assolute, esplicitamente presentate come la «forma» moderna e «positiva» delle antiche religioni metafisiche. Inoltre, mentre l'Illuminismo, discendente della gnoseologia empiristico-lockiana e della metodologia di Newton, appare distante da una dogmatizzazione dei poteri della scienza, il Positivismo si alimenta invece, specialmente all'inizio, ma anche in seguito, di un'esplicita assolutizzazione della scienza, che rappresenta, l'analogo, con riferimento al sapere positivo, dell'assolutizzazione romantica del sentimento e dell'arte.

Il positivismo in Europa Come abbiamo visto, il Positivismo è un movimento sorto in Francia intorno alla metà  del XIX secolo come progressiva reazione all'Idealismo, infatti, esso oppone alle astrattezze metafisiche la positività  concreta della scienza, arrivata a risultati sorprendenti in virtù del metodo sperimentale.

Con il Positivismo si ha una rivalutazione dell'esperienza come fonte della conoscenza; rileva le leggi soltanto dai fatti positivi, ossia verificati e stimati nell'ambito del concreto e del controllabile, con l'esclusione di fini, di essenze e di origini. E poiché i fatti sono naturali, quindi soggetti a leggi analoghe, ogni indagine positiva stabilisce relazioni tra i fatti, tralasciando ogni ricerca intorno all'Assoluto.

Espressione della civiltà  industriale, di cui condivideva lo speranzoso ottimismo nelle possibilità  del progresso e della tecnica ai fini della felicità  e del benessere, il positivismo si diffuse in tutto il mondo occidentale, differenziandosi secondo le tradizioni culturali dei vari Paesi.

Il concetto filosofico di positivismo era definito dallo stesso fondatore, A. Comte (1798-1857), che attribuiva al termine più di un significato. Positivo è certezza scientifica in contrapposizione alla mancanza di rigore della metafisica, è concretezza reale rispetto all'astrazione, è opposizione al negativo, cioè alla critica demolitrice. Basilare, nella concezione comtiana, è la cosiddetta «legge dei tre stadi» che segnano gli stadi (come quello teologico, metafisico, positivo) dello sviluppo dell'uomo, sia nel tentativo di darsi una spiegazione degli accadimenti, sia nell'organizzazione della vita associativa.

L'interesse di Comte per quest'ultimo problema determinava anzi le premesse di una nuova scienza: la Sociologia, sviluppatasi dopo di lui in forma autonoma. In Inghilterra, l'incontro del positivismo con la tradizione empiristica rappresentata da Hume, trova in John Stuat Mill (1806-1873) un geniale interprete, con notevoli conseguenze in campo logico e metodologico.

Considerato il fatto di coscienza come l'atto primitivo della conoscenza, Mill assegna all'associazionismo il compito di generalizzare i dati soggettivi in virtù di un principio analogico, di cui si avvale anche il pensiero logico nello stabilire una relazione da particolare a particolare, con esclusione sia del procedimento induttivo, che di quello deduttivo.

Questo rigoroso metodo di analisi dei fatti (che è uno dei principi direttivi fondamentali del Positivismo) permette a Mill anche una chiara indagine dei fatti sociali. Hebert Spencer (1820-1903) altro importante esponente del positivismo inglese, generalizza il principio di evoluzione a tutti gli aspetti della realtà , riconducendo ogni fenomeno naturale al passaggio dall'omogeneo all'eterogeneo, secondo un processo alternante di concentrazione di materia e dissipazione di moto, in un mondo retto da tre principi: indistruttibilità  della materia, continuità  del moto, persistenza della forza.

Questa sua convinzione, essenzialmente materialistica, è incrinata solo dall'ammissione di un Assoluto inconoscibile, che nessuna impostazione sperimentalista può razionalmente giustificare.

Nel nostro paese, il Positivismo, rappresentato dal suo più noto cultore, Roberto Ardigò (1828-1920) approfondisce la tesi evoluzionista, evitando le implicazioni metafisiche di Spencer.

In Germania, nato nel clima positivista, ma con l'intento di superarlo, sorge l'empiriocriticismo di E. Mach (1838-1916) e R. Avenarius (1834-1896).

L'importanza del Positivismo nella cultura moderna La rilevanza del positivismo nell'ambito della cultura ottocentesca è stata notevole. Infatti, per la sua capacità  di porsi come interprete dei dinamismi della società  industriale moderna e dello sviluppo tecnico scientifico, esso ha finito per divenire un'autentica «moda culturale» e per rappresentare la forma mentis di tutta un'epoca. Di conseguenza, come si è parlato di un'età  o di una civiltà  rinascimentale o illuministica, così si può discorrere, a buon diritto, di un'epoca o di una civiltà  positivistica, il cui «spirito» si estende dalla letteratura alla politica, dall'arte alla storiografia, dalla pedagogia all'antropologia criminale. Senza riferimento all'atmosfera positivistica non si comprenderebbero, per esempio, decisivi fenomeni letterari come il realismo ed il verismo, i quali, rappresentano la concretizzazione artistica del richiamo positivista ai fatti, o si intenderebbe il mutato modo di praticare la critica storica e letteraria, o i nuovi indirizzi pedagogici e didattici, incentrati sul programma di una scuola «laica» e di uno studio «scientifico» dei problemi educativi.

Nonostante questa profonda incidenza culturale, il Positivismo, con il tempo, ha finito per sembrare, a molti filosofi, come un dogmatismo avente la pretesa di praticare la filosofia non certo più rigorosa di quella del passato. Tutto ciò spiega la massiccia «reazione antipositivistica», che ha caratterizzato la filosofia degli ultimi decenni dell'Ottocento e degli inizi del Novecento. Controffensiva cui ha contribuito l'espansione stessa delle scienze, che si sono sviluppate in direzioni contrastanti con il quadro gnoseologico ed epistemologico presupposto messo in evidenza dal Positivismo.

Ciò non deve tuttavia far dimenticare che il Positivismo ha influito in profondità  sulla cultura moderna, attirando l'attenzione sull'importanza conoscitiva e pratico-sociale della scienza. Inoltre esso ha stimolato la nascita e l'affermazione delle cosiddette «scienze umane», in particolare della sociologia e della psicologia; ma ha proposto un nuovo concetto di filosofia, che resta tuttora come una delle alternative fondamentali di tale disciplina.

Infine, il Positivismo ha posto le basi per delle forme di neopositivismo metodologicamente più guardinghe, e in più, ha obbligato la filosofia a ripensare criticamente a se stessa e ai suoi compiti e a definire meglio i suoi rapporti con la scienza e le altre attività  umane.