gianna.spada
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Kurt Gödel fu una grande personalità  del mondo della logica e della matematica, a tal punto da essere considerato il più grande logico della storia insieme ad Aristotele Egli nacque a Brno, città  dell'attuale Repubblica Ceca nel 1906. Gödel era un uomo riservato e, a quanto sembra, non molto simpatico. Nel 1924 si sposta a Vienna, dove i suoi interessi filosofici lo portano a frequentare il famoso Circolo di Vienna, un gruppo di studiosi e pensatori che dibatteva su diversi temi a carattere scientifico.

Nel 1940 si sposta negli Stati Uniti d'America, presso l'Institute for Advanced Study of Princeton.

Qui lo studioso austriaco ottiene la cittadinanza giusto in tempo per restare a Princeton per ragioni di lavoro. Un aneddoto racconta che Gödel dopo aver studiato la costituzione e la storia del paese abbia comunicato a Morgastern di aver rilevato certe inconsistenze logiche nella costituzione e di volerle indicare all'ufficio immigrazione ma, Morgastern gli raccomandò fortemente di dare risposta soltanto alle loro domande senza farne altre. Anche qui non fece molte amicizie, tra queste poche quella con un celebre fisico con cui faceva lunghe passeggiate: Albert Einstein. Si parlava di logica, poiché Einstein fu colpito dal lavoro di Gödel, e di relatività , argomento che il matematico aveva approfondito formulando anche una teoria. Prese in moglie una danzatrice di un night club di Vienna, una donna dalla dubbia cultura e di non molte credenziali ma che fu la sola ad essergli vicino quando, sopraffatto dalla paranoia e da una serie di frenesie, arriverà  perfino a respingere il cibo per timore che fosse avvelenato.

Quando morì nel 1978, pesava poco più di trentacinque chili. Gödei è autore di un'opera che ha suggestionato tutti gli altri sviluppi della logica e l'altra riflessione sui principi della matematica. I risultati che hanno reso importante Gödei sono la completezza semantica del calcolo dei predicati del 1930, l'incompletezza dei sistemi assiomatici che contengono l'aritmetica - il cosiddetto teorema d'incompletezza di Godel 1931 e, per concludere, la non contraddittorietà  dell'assioma di scelta e dell'ipotesi del continuo con gli altri assiomi della teoria degli insiemi nel 1940.

Con i volumi dedicati alla corrispondenza di interesse logico, filosofico e scientifico intrattenuta da Gödei nel corso della vita, si conclude questa edizione delle sue "Opere", presentata sotto gli auspici della Association for Symbolic Logic. Il logico, in sostanza, provò che ogni dottrina matematica comprende un enunciato la cui verità  non può essere decisa con gli strumenti della dottrina stessa, un enunciato di questo tipo si definisce indecidibile. Questo risultato passa sotto il nome di teorema di incompletezza. In sostanza, non si può più affermare di una dichiarazione che essa sia o vera o falsa (come secondo il principio del terzo escluso della logica classica), ma vi è una terza possibilità : che sia indecidibile. Questo ha considerevoli ripercussioni, ad esempio sono comparse teorie logiche che respingono le dimostrazioni per assurdo.

Un altro aspetto di incompletezza provato è che qualunque teoria matematica, sprovvista di incoerenze e contenente l'aritmetica, comprende enunciati veri ma non verificabili. Gödel buttò all'aria, pertanto, un modo di procedere e di ragionare tipico dell'Antica Grecia e sopravvissuto per millenni, che si basa sulla definizione di assiomi iniziali sulla base dei quali si può dare prova della verità  o della falsità  di qualunque dichiarazione nell'ambito una teoria.

Pur scrivendo un numero ristretto di articoli, Gödel riesce ad occuparsi di quasi tutti i settori della logica corrente e l'impatto che deriva dai suoi scritti sarà  gigantesco e si spanderà  anche al di fuori del mondo universitario. Gödel ha diffuso il suo più importante risultato nel 1931, all'età  di venticinque anni, quando lavorava presso l'Università  di Vienna. Questo scritto comprendeva i celebri due Teoremi di incompletezza che prendono il nome del suo stesso autore, secondo i quali: ogni sistema assiomatico consistente capace di rappresentare l'aritmetica dei numeri interi è provvisto di proposizioni che non si possono provare né confutare sulla base degli assiomi di inizio. Lo studioso spiega dice che se un sistema formale S è consistente (cioè povero di contraddizioni), allora è possibile creare una formula F sintatticamente giusta ma non dimostrabile in S. Per questo, se un sistema formale è razionalmente coerente, la sua non contraddittorietà  non può essere provata stando nell'ambito del sistema logico stesso.

I teoremi di Gödel scaturivano dalle ricerche volte a realizzare il programma di Hilbert, che chiedeva di trovare un linguaggio matematico che potesse dimostrare da solo la propria consistenza o coerenza. Lo studioso austriaco invece provò che la coerenza di un sistema è tale proprio perché non può essere sottoposta a verifica. Molti non capirono del tutto il significato delle dichiarazioni di Gödel, ritenendo che il suo teorema avesse per sempre annullato la possibilità  di entrare a verità  matematiche di cui avere assoluta certezza.

Gödel invece era persuaso di non avere per niente dissolto la consistenza dei sistemi logici, da lui sempre pensati come funzioni reali che possiedono pieno valore ontologico, e che anzi il suo stesso teorema di incompletezza aveva una valore di oggettività  e rigore logico. Per di più, egli chiariva, la presenza di un enunciato che dichiari di essere non dimostrabile in un sistema formale, vuol dire per l'appunto che esso è vero, dato che non può essere realmente dimostrato. A tal proposito egli affermava: « Nonostante le apparenze, non vi è nulla di circolare in un tale enunciato, dal momento che esso all'inizio asserisce l'indimostrabilità  di una formula ben determinata, e solo in seguito, quasi per caso, risulta che questa formula è proprio quella che esprime questo stesso enunciato».

I due teoremi, il primo in particolare, furono da Gödel chiariti come una dimostrazione del platonismo, corrente filosofica che dichiarava l'esistenza di formule vere non documentabili, e pertanto l'irremovibilità  della nozione di verità  a quella di dimostrabilità . In sintonia con tale filosofia, la sua opinione era che la verità , essendo qualche cosa di oggettivo (vale a dire di indipendente dalle costruzioni eseguite nelle dimostrazioni dei teoremi), non può essere posta a conclusione di alcuna sequenza probatoria, ma solo all'inizio. Gödel fu pure artefice di un famoso lavoro sull'ipotesi del continuo, provando che essa non può essere controbattuta dagli assiomi della teoria degli insiemi accettata, considerando che questi assiomi siano consistenti.

Tale ipotesi fu poi ingrandita da Paul Cohen il quale, chiarendo come dagli stessi assiomi sia non dimostrabili, ne dimostrò l'indipendenza. Gödel intravedeva nella teoria degli insiemi, e nella matematica in generale, una forma di conoscenza "reale" e non solamente astratta o concettuale, sebbene prescinda dall'esperienza dei sensi e si basi unicamente sull'intuizione mentale. Similmente a Parmenide, egli pensava la logica "formale" come unita inseparabilmente a un contenuto "sostanziale": «Nonostante la loro remotezza dall'esperienza dei sensi, noi abbiamo un qualcosa simile a una percezione anche degli oggetti della teoria degli insiemi, come si può vedere dal fatto che gli assiomi stessi ci forzano a considerarli veri. Non vedo motivo perché dovremmo avere una fiducia minore in questo tipo di percezione, vale a dire l'intuizione matematica, piuttosto che nella percezione sensoriale, che ci induce a costruire teorie fisiche e aspettarci che future sensazioni sensoriali si accordino ad esse».

Un altro risultato, di cui spesso si parla a sproposito, è la prova nel 1970 sull'esistenza di Dio, visto come ente che unisce tutte le qualità  positive di un determinato insieme. Questo teorema scaturisce dal concetto di ultrafiltro ed ha poco a che fare con la teologia tradizionale, malgrado nascesse pure da bisogni di natura esistenziale e religiosa. Per comprendere la sua Ontologisches Beweis, ovvero la sua prova ontologica di Dio, bisogna avere presente come Gödel avesse sempre sentito l'esigenza di recuperare un assetto logico-matematico da porre a fondamento dell'esistenza dell'universo. Un tale assetto gli sembrava fosse assicurato soltanto dall'esigenza logica dell'esistenza di Dio, cioè dalla dimostrazione di un Essere che riunisca in sé le qualità  positive di tutti gli enti reali.

Come nel primo teorema di incompletezza, Dio doveva dare una rappresentazione di quella Verità  che non deriva da valutazioni umane, ed è per questo assoluta e non relativa. Riaffiora qui l'impianto platonico di Gödel, e il suo forte apprezzamento per il pensatore tedesco Gottfried Leibniz, di cui recupera la prova ontologica e la definizione di Dio come la unione perfetta di «ogni qualità  semplice che sia positiva e assoluta». La prova gödeliana, da lui vista come un teorema logico-formale totalmente simile a quelli suoi precedenti, risulta dal fatto che non è razionalmente accettabile accettare la possibilità  di un unico ente dotato di tutte le "proprietà  positive", tra cui la stessa vita, senza conferirgli una realtà  effettiva, dato che ciò sarebbe una evidente contraddizione in termini.

Il transito dal piano razionale a quello reale ha luogo per l'impossibilità  di difendere la coerenza del discorso logico nel caso in cui si contestasse a Dio un'esistenza di fatto. E conclude pertanto dichiarando che «Dio esiste necessariamente, come volevasi dimostrare». Va per di più messo in risalto che a differenza dell'amico Albert Einstein, che considerava Dio alla stregua di un'entità  indeterminata da comprendere con la sola logica, Gödel era influenzato anche da sentimenti di devozione religiosa.

La dimostrazione ontologica di Dio non fu mai fatta conoscere dall'autore, forse per paura di essere travisato; essa restò anonima sino a quando fu divulgata postuma negli Stati Uniti, nove anni dopo la sua scomparsa, inclusa in una raccolta che contiene altre opere sconosciute fino a quel momento. Dopo la sua scomparsa, si pensò subito di divulgare i suoi scritti. Tale compito venne assunto dal logico statunitense Solomon Feferman, il quale ha curato tre volumi apparsi fra il 1986 e il 1995.

Essi accolgono rispettivamente tutte le opere pubblicate da Gödel fino al 1936 e dal 1938 in poi. Il terzo offre un'ampia selezione del Nachlass. Sono state cancellate anche alcune pagine di note filologiche. Per il resto l'impianto del volume non ha subito altre modifiche. Sono qui riunite tutte le opere pubblicate da Gödel sino al 1936 più la sua tesi di laurea e il testo, diffuso per la prima volta nel 1965, di lezioni avute luogo presso l'università  di Princeton nel 1934. Ciò vuol dire che il volume dà  un quadro quasi esauriente degli apporti di Gödel alla logica contemporanea. Infatti, compito del logico è innanzitutto indicare i tipi di ragionamento logicamente esatti cercando di limitarli a un numero il più circoscritto possibile di principi enunciati in modo esplicito e di regole utilizzabili in maniera meccanica; ciò è, sostanzialmente, quello che si intende quando si parla di "formalizzazione" della logica.

Il primo famoso esempio di formalizzazione della logica è rappresentato, com'è noto, dalla teoria del sillogismo presentata da Aristotele negli Analitici primi. Ma tale teoria, malgrado mirabile da differenti punti di vista, ha un difetto: è incompiuta, nel senso che ci sono tantissime dimostrazioni logicamente esatte che non possono essere resi in forma sillogistica. Sono stati necessari più di duemila anni perché qualcuno riuscisse a fare davvero qualcosa di meglio. In ciò va spiegata l'importanza dei contributi offerti dallo studioso boemo alla logica dei nostri tempi.