_antoniobernardo
(90 punti)
18' di lettura

Isaac Newton nacque a Woolsthorpe Il 25 Dicembre del 1642, in quell'anno stesso cessò di vivere Galileo Galilei. Entrò a far parte del Trinity College di Cambridge dove ebbe come maestro lo studioso di matematica Isaac Barrow. Tra il 1665 e il 1667 un'epidemia di peste lo indusse ad allontanarsi da Cambridge e fare ritorno a Woolsthorpe, una contea della città  di Lincoln. Quando ritornò a Cambridge Newton conseguì i suoi gradi universitari e nel 1669 subentrò al suo maestro nella cattedra di matematica.

Ebbe inizio allora il periodo più prolifico per le sue scoperte.

Si occupò in un primo momento di ottica e concepì il telescopio a riflessione che porta il suo nome.

La Royal Society di Londra lo nominò allora suo membro; e Newton comunicò a questo sodalizio un'altra scoperta: quella delle diverse rifrangibilità  dei raggi che rappresentano la luce bianca.

Molte e violente furono le critiche rivolte contro questo risultato che tuttavia doveva avere per la scienza la più grande rilevanza. La conoscenza dell'opera di Huygens Horologium oscillatorium (http://www.scribd.com/doc/21177254/Christiaan-Huygens-The-Father-of-Cycle-Theory-10-15-09) lo indirizzò allo studio dei primi fenomeni della gravitazione. Fu un periodo di intenso lavoro, che posero capo a una degli scritti più grandi della scienza di tutti i tempi: Philosophie Naturalis Principia Mathematica (Princìpi matematici di filosofia naturale). (http://www.archive.org/stream/100878576#page/n7/mode/2up) L'opera fu diffusa nel 1687 a spese dell'astronomo Halley.

Nel 1687 Newton fu scelto dall'Università  di Cambridge come difensore dei suoi diritti storici minacciati dal sovrano; e il successo che conseguì in questa missione fece sì che la stessa Università  lo scegliesse come proprio rappresentante nel Parlamento, dove Newton fu deputato dal 1689 al 1690. Difese in questa carica i princìpi della libertà  religiosa e civile.

Un intenso attacco di nevrastenia lo colpì nell'autunno del 1692 e lo tenne lontano dagli studi per circa diciotto mesi.

Nel 1694 il suo amico Lord Halifax lo nominò Ispettore della Zecca di Londra, della quale in seguito diventò, sino alla sua scomparsa, il direttore. Newton adempì pure questo ufficio con molta competenza e diligenza.

Nel 1699 fu nominato Membro straniero dell'Accademia delle Scienze di Parigi.

Nel 1703 fu eletto presidente della Società  reale di Londra, e nel 1075, in occasione di una visita fatta dalla regina Anna all'Università  di Cambridge, gli fu attribuito il titolo di Sir, di cui desiderò sempre fregiarsi.

Gracile nella giovinezza, Newton si era andato invigorendo nella maturità . A ottant'anni, nel 1722, subì un primo attacco al mal di pietra; un altro attacco di questo male lo condusse alla morte il 20 marzo del 1727. Una tomba magnifica gli fu costruita nell'abbazia di Westminster, dove sono seppelliti i sovrani d'Inghilterra. Nel corso della sua esistenza Newton aveva stampato, oltre i Principi matematici della filosofia naturale, (http://www.archive.org/stream/100878576#page/n7/mode/2up) l'Ottica nel 1704 e l'Arithmetica universalis (http://books.google.com/books?id=P0oIAAAAIAAJ&pg=PA1&hl=it&source=gbs_toc_r&cad=4#v=onepage&q&f=false) nel 1707.

Gli opuscoli matematici che egli aveva comunicato segretamente a studiosi e altri scritti filologici e filosofici furono divulgati dopo la sua scomparsa.

Il calcolo delle flussioni Con Newton l'unità  di matematica e fisica, pioneristicamente studiata da Galileo, in modo astratto formulata da Cartesio e attiva di fatto nelle ricerche di diversi teorici e tecnici che operarono nel corso del ”˜600, trova piena compimento un modello unitario e organico, che per due secoli ha dominato quasi incontrastato nella scienza. Ma la saldatura tra le due scienze richiedeva nuovi strumenti matematici, la cui necessità  si era manifestata quando Galileo si era trovato a dover quantificare l'accelerazione di gravità  e lo spazio percorso da un grave in un intervallo fissato.

Il problema cui fare fronte era, quello delle fluenti e delle loro flussioni, vale a dire le grandezze che variano con continuità  e le loro variazioni considerate istante per istante; in primo luogo, ovviamente, lo studio del moto accelerato: la velocità  (prima flussione), l'accelerazione (seconda flussione), l'incremento di accelerazione (terza flussione); gli spazi percorsi.

In termini geometrici, «le linee vengono descritte, mediante addizioni di parti, me per un moto continuo di punti, le superfici per moto di linee», i problemi del moto si traducono nei più tradizionali problemi delle tangenti e delle quadrature: trovare la direzione di una curva in ciascun punto (tangente e derivata) e l'area circoscritta dalla curva stessa (quadratura o integrale).

Ma si richiedono procedimenti che portano prepotentemente in scena quell'infinito, che la scienza aveva abitualmente considerato con sospetto e che volentieri aveva lasciato alle speculazioni metafisiche.

Comunque il problema che si poneva a Newton era tutt'altro che sconosciuto dai precedenti matematici a partire da Archimede, Galileo, Cartesio e Fermat. Ma a Newton si deve la prima enunciazione organica del metodo, divenuto canonico, per determinare derivate e integrali e la definizione della loro reciproca relazione. Da questo punto di vista Newton è considerato, insieme a Leibniz il creatore del calcolo infinitesimale.

La gravitazione universale Secondo quanto è riferito da Voltaire, l'idea della gravitazione è venuta in mente a Newton scrutando la caduta di una mela da un albero: e si sarebbe chiesto che cosa sarebbe accaduto se la mela fosse caduta da un albero alto quanto la Luna.

In verità  la scoperta di Newton, come qualunque altra scoperta, scaturisce dal perfezionamento di tentativi anteriori. Prima di lui, Copernico aveva riconosciuto la gravità  come una forza che attrae tra loro i corpi celesti. Huygens aveva già  dato la formula della forza centrifuga, Alfonso Borrelli nel 1666 dirà  che per mantenere i pianeti nelle loro orbite, deve corrispondere alla forza centrifuga un'altra forza, centripeta e attrattiva. A Newton, però, è riconosciuto il fatto di aver identificato, e abbracciato con una sola formula, la forza che mantiene i pianeti nelle loro orbite e quella che fa cadere i gravi sulla terra.

Riconosciuta l'identità  del moto dei pianeti col moto dei gravi sulla Terra, Newton poté formulare la sua legge della gravitazione universale: i corpi si attraggono proporzionalmente al prodotto delle masse e in ragione inversa del quadrato delle loro distanze. Egli, poté in questo modo spiegare il movimento dei pianeti attorno al Sole, e dei satelliti intorno ai pianeti.

Il nostro studioso aveva cercato conferme della sua legge sulla base delle misure del raggio terrestre date da Snelio nel 1617; ma la conferma non era riuscita perché quelle misure erano sbagliate. Nel 1682 il francese Picard in una seduta della Royal Society diede l'esatta misura del raggio del nostro pianeta. Newton fece i suoi calcoli e trovò allora la conferma definitiva della sua legge. Solo dopo questa conferma Newton si decise di comunicare al mondo la sua scoperta, in un primo momento con le Proposizioni sul moto del 1684, e poi nei Principi matematici di filosofia naturale del 1687. (http://www.archive.org/stream/100878576#page/n7/mode/2up)

La teoria della gravitazione di Newton si basa sulle leggi di Keplero del movimento dei pianeti, dalle quali Newton ha ricavato la formula della gravitazione. Ma la sua fecondità  appare subito visibile dal fatto che essa consente di correggere quelle leggi stesse. Poiché in generale due corpi si attraggono sempre reciprocamente, ci sarà  un'attrazione non soltanto, tra Sole e pianeti e satelliti ma anche tra i pianeti stessi. Newton poté così individuare una causa perturbatrice del movimento dei pianeti; per esempio la Terra non descrive attorno al Sole un'ellisse, ma una curva più complessa «un'ellisse perturbata» dall'azione degli altri pianeti che le sono attorno. Per quanto Newton si sia reso conto di queste perturbazioni, lo studio esatto di esse ha richiesto l'opera di molti grandi matematici del ”˜700 e dell'800.

Newton diede un considerevole contributo anche alla dinamica che per molto tempo rimase immutata. Le evoluzioni che essa ha subito nel ”˜700 e nell'800 sono di natura analitica e non incidono sui principi e sui concetti fondamentali della meccanica. La meccanica di Newton è differente da quella di Galileo e di Huygens perché si discosta per l'introduzione del concetto di massa, ma anche per la generalizzazione del concetto di forza e per l'estensione della validità  delle leggi meccaniche all'intero universo. Newton opera una distinzione tra massa e peso. Infatti, secondo lo studioso inglese, la massa è la quantità  di materia che non cambia mai per un dato oggetto, mentre il peso è una forza che varia secondo la regione del globo in cui il corpo si trova.

Netwon è il primo studioso a universalizzare il concetto di forza ed a collegarlo a quello di accelerazione (secondo principio della dinamica). Per primo infine ha enunciato il principio che ad ogni azione segue una reazione uguale e contraria. Egli ha potuto così stabilire i tre principi fondamentali della dinamica:

1) il principio d'inerzia: Ogni corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo e uniforme fino a quando non sia costretto a cambiare tale da forze impresse. Questo principio, esposto per la prima volta da Leonardo, era stato diffuso da Galileo e Cartesio;

2) il principio di proporzionalità  tra la forza e l'accelerazione: la forza è proporzionale all'accelerazione, cioè alla variazione di velocità  dell'unità  di tempo, e non alla velocità  stessa. Tale principio era stato conosciuto da Galilei limitatamente al fenomeno della caduta dei gravi, ma era stato trascurato da Cartesio;

3) il principio di azione e reazione. Ogni azione ha una reazione uguale e contraria, cioè le azioni reciproche di due corpi sono sempre uguali e di senso contrario. L'enunciato generale di tale legge, già  utilizzata in casi particolari da Huygens e Wallis, è uno dei contributi più rilevanti di Newton alla meccanica generale.

Il concetto di moto assoluto è essenziale alla meccanica di Newton, che sarebbe quello riferito allo spazio vuoto, moto assoluto che suppone a sua volta un tempo e uno spazio assoluti. Newton poneva, infatti, un tempo assoluto «vero e matematico» fluente uniformemente, in sé senza relazione a qualche cosa di esterno; e poneva pure uno spazio assoluto, anch'esso non relativo a qualcosa di esterno ma permanente, sempre simile e immobile.

Il fenomeno della luce era stato da Cartesio come dovuto all'elasticità  di un fluido sottile, l'etere, nel quale la luce si trasmetterebbe immediatamente. Il problema se la luce abbia una velocità  finita di propagazione era stato già , trattato, con mezzi insufficienti, da Galilei, che non poté giungere ad una conclusione. Le leggi di Keplero permettono, infatti, di misurare con esattezza l'istante in cui questi satelliti si devono rendere invisibili; l'osservazione dà  invece un tempo differente. La differenza di tempo si spiega se si ammette che la luce solare, per arrivare alla Terra, impieghi circa otto minuti primi; il che vuol dire che essa cammina a una velocità  di circa di trecentomila chilometri al minuto secondo. Questa velocità  fu poi misurata con esperienze terrestri, nel XIX secolo, da Fizeau e Foucault.

La teoria cartesiana della luce fu precisata da Huygens, il quale, come si è visto, la considerò un'oscillazione dell'etere, propaganti per onde. La teoria cartesiana della luce fu precisata per onde. Ma Newton accolse e fece prevalere la teoria corpuscolare. Secondo tale teoria, l'agitazione dell'etere produce, nei corpi incandescenti, l'emissione di particelle luminifere, che variano di grandezza a seconda del colore della luce. La percezione del colore è dovuta al nervo ottico. Le particelle luminose agiscono a distanza sulle particelle dei corpi, mettendole in vibrazione; queste vibrazioni si trasmettono all'etere.

Il metodo. L'ideale della scienza che il metodo difeso da Newton tende a rappresentare ed a realizzare è quello di una scienza del tutto descrittiva dei fatti della natura e delle sue leggi: cioè di una scienza che eviti qualsiasi ipotesi metafisica o comunque qualsiasi ipotesi che trascenda le possibilità  di verifica fornite dai fatti stessi. Questo è ciò che Newton intese dire con la sua affermazione celebre hypotheses non fingo, cioè: mi rifiuto di immaginare ipotesi. Le ipotesi cui egli faceva riferimento sono quelle che ammettono qualità  occulte o forze non visibili comunque fattori o elementi che non siano evidenti all'osservazione scientifica e non possono essere sottoposti al calcolo matematico.

La prima regola enunciata da Newton nei Princìpi (http://www.archive.org/stream/100878576#page/n7/mode/2up) dice: «Bisogna ammettere solo quelle cause necessarie per spiegare i fenomeni, giacché la natura non fa niente invano e farebbe cosa inutile se si servisse di un numero maggiore di cause per fare ciò che si può fare con un numero minore di cause». Questa regola esclude che si possano ammettere forze che non hanno effetti riconoscibili. Per esempio ammettere, oltre la gravità , altre forze che agiscano nei movimenti celesti, è inutile perché la gravità  basta a spiegare tali movimenti.

La seconda regola dice: «Effetti dello stesso genere devono sempre essere attribuiti, finché è possibile, alla stessa causa». Anche questa regola non pretende di esprimere una verità  assoluta, cioè metafisica. Essa suggerisce che per esempio, poiché la pesantezza e la gravitazione sono lo stesso fenomeno, devono essere attribuite all'azione della stessa forza: quella di gravità .

La terza regola afferma: «Le qualità  che non sono suscettibile di aumento e di diminuzione e che appartengono a tutti i corpi dei quali si può fare esperienza, devono essere considerate come appartenenti a tutti i corpi in generale». Si può intravedere in questa regola quella che autorizza l'induzione scientifica, vale a dire l'estensione di una legge che è stata verificata solamente per un numero ristretto di casi a tutti i casi possibili.

La quarta regola, infatti, sostiene: «Nella filosofia sperimentale, le proposizioni raggiunte mediante induzioni dai fenomeni devono essere considerate, nonostante le ipotesi contrarie, esattamene o approssimativamente vere fino al momento in cui altri fenomeni le confermino interamente o facciano vedere che sono soggette a eccezioni». «Un'ipotesi, infatti, non può indebolire i ragionamenti fondati su indicazioni suggerite dall'esperienza». Quest'ultima regola innanzitutto rivela lo spirito della metodologia scientifica newtoniana. Le verità  sperimentali sono indubitabili fino a quando rispondono, con un'indiscutibile approssimazione, ai fatti.