_antoniobernardo
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“Prima di morire, il 20 settembre 1996, all'età di ottantatre anni, Erdős riuscì a pensare a più problemi di qualunque altro matematico della storia. Scrisse da solo o in collaborazione 1475 saggi accademici, molti monumentali e tutti consistenti. E non era solo la quantità di lavoro a essere impressionante in lui, ma anche la qualità.” Collaborò con più persone di qualunque altro matematico della storia (ben 485) dimostrando che la matematica non è soltanto un gioco da ragazzi.

Strutturò la sua vita per massimizzare il tempo da dedicare alla matematica, nonostante facesse la spola tra i quattro continenti a un ritmo frenetico, spostandosi da un'università o un centro di ricerca all'altro.

Rinunciando al piacere fisico e ai beni materiali – quel poco che guadagnava, lo dava via – consacrò tutta la vita alla scoperta della verità matematica. Cominciò a far matematica a tre anni e dopo la morte della madre, negli ultimi venticinque anni della sua vita, dedicava alle sue ricerche 19 ore al giorno, tenendosi in piedi con anfetamine e caffè: “Un matematico è una macchina per trasformare caffè in teoremi”.

Il suo più grande interesse erano i numeri primi, suoi “amici intimi”, ma aprì anche nuovi campi nella matematica, grazie alla sua abilità nel formulare problemi e nel dedurre soluzioni brevi e brillanti. Uno dei suoi più fondamentali contributi alla matematica fu la scoperta di una potente nuova forma di dimostrazione di esistenza, detta metodo probabilistico, introdotta nel 1947. Inoltre, diede un grande contributo alla teoria computazionale, nonostante rifuggisse i computer.

Nato a Budapest il 26 marzo 1913, figlio di due insegnanti di matematica delle superiori, nel 1934, per ragioni politiche, dovette lasciare l'Ungheria: andò in Inghilterra, per una borsa di studio post-laurea di quattro anni a Manchester. luomocheamavasoloinumeri.jpgPiù avanti, cacciato da Princeton per il suo comportamento maleducato e anticonformista, fu invitato da Ulam a unirsi allo sforzo bellico a Los Alamos, ma non venne accettato, visto che aveva sottolineato la possibilità di tornare a Budapest dopo la guerra.

Tornò in Ungheria, ma alla chiusura delle frontiere da parte di Stalin, ripartì in tutta fretta e passò qualche anno tra Inghilterra e Stati Uniti. A causa di uno scambio epistolare con Hua, teorico dei numeri cinese – le lettere che si scambiavano vennero considerate messaggi cifrati visti gli impenetrabili simboli matematici ivi contenuti – gli americani impedirono a Erdős di rientrare nel paese. Erdős non accettava che gli venissero posti dei vincoli, ma poté rientrare negli Stati Uniti solo nel 1963, a seguito di una raccolta di più di duecento firme.

Nel marzo del 1997 – l'anno dopo la morte di Erdős – all'Università di Memphis, ci fu la 919^ Assemblea dell'American Mathematical Society – si svolgeva annualmente e coincideva con il compleanno di Erdős – e Ralph Faudree, principale organizzatore del convegno, invitò tutti a fermarsi a casa sua per una “festa dei sopravvissuti”, durante la quale si scambiarono aneddoti su Erdős. Il ritratto che ne emerse lo descrive molto bene: “benché fosse un disastro nelle cose materiali, con la gente era sempre gentile”, “era una persona piena di attenzioni”, “si prendeva a cuore le cose che stavano a cuore a te, anche cose che a lui non piacevano”. Una persona eccentrica, ma estremamente generosa, che aveva a cuore la scoperta della verità e con la frase “La mia mente è aperta” invitava i matematici a lui più vicini a collaborare con lui.