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Sintesi
Un racconto sulla vita del genio matematico indiano Ramanujan, scritto da Marco Cameriero, studente di 2a superiore appassionato e curioso di matematica. Il lavoro fa parte del Carnevale della Matematica #32.
Estratto del documento

Marco

Il the inglese uccide Cameriero

Le sue formule ed i suoi calcoli rimangono preziosissime perle, che i matematici avrebbero

impiegato anni per estrarre, per dimostrarle.

Ancora oggi alcune sue intuizioni lasciano sconcertati ed increduli e molte delle teorie

matematiche moderne basano il loro fondamento su quei veri e propri “lampi di genio”.

Senza insegnamenti, senza laurea, solo con la "Synopsis", la lavagnetta o la carta che non

bastava mai (la riutilizzava con inchiostro diverso), Ramanujan aveva imparato, da solo, a fare

matematica come nessun altro sapeva:

"Sto tracciando un nuovo percorso tutto mio", avrebbe scritto.

Senza soldi e senza lavoro, la madre Komalatammal gli diede in sposa una bambina di nove

anni, Janaki. Iniziò allora un periodo di peregrinazioni da una città all'altra, in cerca di un lavoro,

presentandosi da personaggi ritenuti influenti, con gli incomprensibili quaderni per curriculum e

a volte senza i soldi per il cibo o il treno. Alla fine Ramanujan, il più grande matematico indiano,

uno dei più originali di sempre, trovò un lavoro a Madras come ... contabile!

Contabile? Contabile a 20 sterline l’anno...

Un genio messo lì a fare “2 casse + 5 casse + n casse...”, bah !!!

Ramanujan era ben consapevole che quello non era il suo posto, ardeva dal desiderio di poter

mostrare i suoi lavori e le sue intuizioni a persone realmente competenti, che potessero valutarle

e apprezzarle. Consigliato, scrisse quindi la “Lettera” e la inviò a quelli che in quel periodo erano

considerati i matematici più eminenti.

Alcuni bollarono i contenuti come astrusi e bizzarri (non solo alcuni maestri non “capiscono un

tubo”), ma Hardy no! Beh! Sì, forse, in un primo momento, ma poi...

Ma torniamo in Inghilterra a vedere cosa combinano i due illustri matematici alle prese con

quelle intricate diramazioni e “labirintose” sequenze di serie e formule numeriche a volte appena

accennate, altre talmente contorte da doverle decifrare.

I due sembrano ragazzini “ipereccitati” alle prese con un nuovo gioco:

H. - “Qui dice di riuscire a calcolare il numero di partizioni per ogni numero intero...”

L. - “Spostati. Fai vedere anche me”

H. - “Leggi. Leggi. In questa pagina sostiene di riuscire a calcolare la quantità di numeri primi

minore di X. Assurdo! Allora Gauss, e Riemann e noi... noi che abbiamo fatto in questi ultimi

anni? Quali Dei lo ispirano?”

L. - “Non facciamoci ingannare da queste formulazioni a dir poco fantasiose. Metodo, metodo e

dimostrazione.”

H. - “Già le dimostrazioni! Io non ne vedo alcuna. Qui urge che il ragazzo ci porga delle

spiegazioni!“

Dopo varie discussioni e supposizioni, decisero di rispondere alla lettera:

“Gentile sig. Ramanujan, i contenuti della sua missiva risultano davvero interessanti ma

necessiterebbero di ulteriori dettagli e non di meno di dimostrazioni. La prego di voler accludere

nella sua prossima, anche le necessarie dimostrazioni. Le sue ipotesi ...”

5 Marco

Il the inglese uccide Cameriero

Seguirono altre lettere ed altre risposte, ma, per quanto Ramanujan cercasse di esaudire le

richieste di Hardy, quest’ultimo non era soddisfatto; per lui le dimostrazioni erano una vera e

propria ossessione. Una volta, durante una sua conversazione con un collega disse:

“ Se io riuscissi a dimostrare con la logica che tu morirai entro cinque minuti, sarei addolorato

per la tua morte imminente, ma il mio dolore sarebbe molto mitigato dal piacere della

dimostrazione“

Hardy aveva compreso che si trovava di fronte ad un vero genio, che però, a causa della sua

precaria istruzione e formazione, parlava un “linguaggio matematico” personalissimo ed a volte

incomprensibile. Necessitava, secondo lui, che fosse incanalato verso canoni matematico-

espressivi consoni ed ufficiali; era chiaro che, benché traboccasse di talento, Ramanujan aveva

un disperato bisogno di essere aggiornato sullo stato attuale delle conoscenze.

Così sia Hardy che Littlewood decisero che avrebbero cercato di fare il possibile per portare

Ramanujan a Cambridge. Inviarono in India E. H. Neville per convincere Ramanujan a seguirlo

in Inghilterra, ma questi, bramino praticante, era riluttante, la sua religione gli impediva di

attraversare i mari. Fu un amico che si rese conto che, nonostante gli impedimenti imposti dalla

sua fede, Ramanujan desiderava ardentemente di potersi confrontare direttamente con i

matematici inglesi.

Escogitò così un piano: lo portò al tempio di Namagiri a cercare ispirazione divina e dopo tre

notti passate a dormire sul pavimento del tempio, Ramanujan si svegliò improvvisamente e disse

all’amico: “ Ho visto in un lampo di luce splendente, Namagiri che mi ha ordinato di attraversare

il mare “.

La sua Dea e musa ispiratrice lo aveva quindi messo su una nave il 17 marzo 1914 e dopo circa

un mese, Ramanujan arrivò a Cambridge, nel “tempio” della Matematica di quel periodo.

Me lo immagino come un personaggio di quei documentari storici in cui i protagonisti, emigranti

in cerca di lavoro, scendono dal treno con il loro carico di valige di cartone legate a doppio

spago, frastornati dal viaggio, ma soprattutto dall’assordante rumore della “civiltà”.

Confuso, emozionato ed agitato, si presenta al cospetto del grande matematico inglese.

Ebbe così inizio una delle più grandi collaborazioni della storia della Matematica.

Ramanujan iniziò ad aprire la sua mente ad Hardy; questi intuì ben presto che il piccolo indiano

non aveva nessuna idea di cosa fosse una dimostrazione, perché aveva studiato soltanto su un

manuale di formule, e i suoi risultati li otteneva in maniera quasi inconscia.

Un compagno di scuola ricorderà di averlo visto spesso alzarsi a metà della notte per scrivere le

formule che aveva sognato. Lui stesso precisò che l'ispirazione onirica gli veniva dalla dea

Namagiri, o che il dio Narasimha gli mostrava nel sonno dei rotoli, dei quali al risveglio egli

riusciva a trascrivere soltanto una piccola parte.

Il sodalizio tra Hardy e Ramanujuan, per quanto stimolante, risultava problematico

a causa di un evidente contrasto culturale. Gli incontri e le loro discussioni matematiche, spesso

si riducevano a dei monologhi in cui l’indiano sciorinava sempre nuove teorie ed idee; fu proprio

Hardy che una volta osservò: “Sembrava ridicolo angustiarlo domandandogli come avesse

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Il the inglese uccide Cameriero

scoperto questo o quel problema noto, quando lui me ne mostrava una mezza dozzina di nuovi

quasi ogni giorno”. L’inglese scoprì che dare un’educazione matematica a Ramanujan era una

vera e propria impresa di equilibrismo, temeva infatti che, se lo avesse costretto a cercare anche

le dimostrazioni delle sue teorie, l’incantesimo si sarebbe potuto spezzare.

Chiese a Littlewood di provare a farlo familiarizzare con il rigore matematico occidentale, ma

anche questi ben presto si arrese: “ Come si fa ad insegnare qualcosa a qualcuno che in risposta

alle domande presenta valanghe di idee originali che ti bloccano immediatamente?”.

Cerchiamo di immaginare bene la situazione.

Ramanujan si trovava lontano dalla sua casa e dai suoi affetti, in un paese straniero in cui, clima

ed abitudini alimentari lo costringevano a grossi sacrifici, parlava un linguaggio matematico che

nessuno comprendeva, ma...

Ne fa una precisa descrizione proprio Neville, il suo accompagnatore durante il viaggio verso la

civiltà matematica occidentale: “Soffriva le piccole pene della vita in una civiltà straniera, il

gusto sgradevole di verdure a cui non era avvezzo, le scarpe che gli tormentavano i piedi , tenuti

liberi per ventisei anni... Ma era un uomo felice, che trovava gioia nella società matematica in

cui stava facendo il suo ingresso”.

Ogni giorno girovagava per il college, goffo ed in ciabatte (aveva avuto una dispensa), ma

appena si accomodava nell’ufficio di Hardy, con i suoi quaderni aperti davanti a sé, poteva

finalmente rifugiarsi tra le braccia delle sue equazioni e formule, e Hardy lo fissava perso nella

rete dei suoi magici teoremi.

Finalmente il matematico inglese poteva cercare di approfondire e chiarire i contenuti dell’ormai

famosa lettera, direttamente con l’autore.

Chiaramente la sua attenzione fu sin da subito per quell’affermazione che l’indiano aveva fatto

riguardo ai numeri primi e che non era mai stato in grado di dimostrare.

Capì però ben presto che la teoria di Ramanujan non era la soluzione che cercava, ormai da anni,

per scardinare con una formula l’ipotesi di Riemann e, in qualche modo, cercò di dissuadere il

giovane dal continuare a cercare una soluzione ad un problema “impossibile da dimostrare”.

Trasferì, inconsapevolmente, i suoi “dogmi”, le sue paure e quelle della matematica occidentale,

sul matematico indiano, che quindi non continuò la sua ricerca di una soluzione al problema.

“Il the inglese”, caldo, se non addirittura bollente, con il suo vapore intenso, aveva creato una

“cappa” densa e tenebrosa tale da oscurare la visione ottimistica di Ramanujan.

Si possono fare solo supposizioni su ciò che Ramanujan avrebbe potuto scoprire se non gli fosse

stata trasmessa la “paura” per i numeri primi.

Eppure il giovane genio indiano aveva sempre avuto una visione della matematica e dei suoi

numeri come di qualcosa di raggiungibile ed afferrabile, di cui godere con gioia svelandone i

segreti; non aveva mai avuto nessun timore referenziale.

Fu proprio l’ingenua fiducia di Ramanujan nell’esistenza di formule esatte per esprimere

importanti sequenze numeriche, come quella dei numeri primi, ad aprire la strada verso la

dimostrazione della congettura di Goldbach, già presente nelle undici pagine della “Lettera”;

7 Marco

Il the inglese uccide Cameriero

l’ormai ex contabile di Madras aveva affermato di poter generare la sequenza delle partizioni di

un numero intero.

Altro problema fino ad allora rimasto indomato.

Quanti modi diversi ci sono di dividere cinque pietre in pile diverse?

Sembra uno di quei problemi che si danno a scuola per stimolare i ragazzini a contare e a trovare

insiemi diversi.

Il piccolo Ramanujan, nel suo paesello indiano, non avendo altro con cui giocare, si divertiva a

contare le pietre, ma non si limitava al semplice

“1 pietra, 2 pietre, 3 pietre …” o “1 pietra + 3 pietre = 4 pietre ...“.

No! Dalla sua fantasia, curiosità e ricerca di risposte, era scaturito un bel giochino:

“ “

IMPILIAMO LE PIETRE

Giocando giocando, con numeri sempre più grandi, visto che spesso le pietre a disposizione non

bastavano, il ragazzino aveva pensato bene di trovare un sistema che gli permettesse di impilare

le pietre, anche quelle che lui “immaginava” di avere, in modo veloce e soprattutto cercando di

prevedere il numero di soluzioni.

Per i curiosi, queste sono le partizioni dei primi numeri fino al 15

numero 1 2 23 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

partizioni 1 2 3 5 7 11 15 22 30 42 56 77 101 135 176

Aveva accennato di questo suo “sistema” ad Hardy, e lavorandoci un po’ sopra, con il genio di

Ramanujan e la competenza formale dell’inglese, i due ricavarono, questa volta, una formula

eccezionale che consentiva di ottenere il giusto numero di partizioni di un numero.

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Il the inglese uccide Cameriero

 

 

1

π −

 

 

n 2

24

 

 

cosh 1

 

 

k 3

 

   

  1

  −

1 d

( ) ∑ ∑ ω π

= +

hn

2 i k    

4

p n k e O n

 

π h , k

  dn    

2 1

≤ ≤ −

1 k N h mod k n

 

24

 

 

 

 

Guardando questa formula si rimane stupefatti ed increduli: come può essere stata mai

concepita?

Ho provato solo a riscriverla, utilizzando i migliori editor matematici in circolazione e non ci

sono riuscito; dico riscriverla, copiarla. Niente.

, , differenziali, funzioni trigonometriche, numeri immaginari ...

π

2

Littlewood ebbe a dire: “Dobbiamo il teorema ad una collaborazione eccezionalmente felice fra

due uomini dotati di talenti assai dissimili, alla quale ciascuno diede il contributo migliore, più

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