_antoniobernardo
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Kant: geometria e verità

Il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804) è autore di un attento esame delle possibilità e dei limiti conoscitivi del pensiero umano, di una severa critica della possibilità di una conoscenza puramente filosofica, di una metafisica puramente dogmatica. La sua analisi parte dalla moderna scienza della natura nell'assetto conferitogli da Newton e dalla geometria di Euclide rimasta immutata per due millenni.

Nella Critica della ragion pura (1781), Kant classifica le regole formali del pensiero, distinguendo tra giudizi a priori e empirici, che a loro volta si distinguono tra analitici e sintetici.

Giudizi a priori empirici
analitici analitici a priori
o
semplicemente analitici
non esistono
sintetici sintetici a priori sintetici empirici
o
semplicemente sintetici

I giudizi a priori sono indipendenti dall'esperienza e derivano dal pensiero in se stesso, si distinguono per la loro necessità e universalità.

I giudizi empirici o a posteriori derivano dall'esperienza, pertanto non sono universali ma contingenti, particolari, dipendono da fatti specifici.

I giudizi analitici sono quelli contenuti implicitamente nel soggetto di cui si parla, pertanto non ampliano la nostra conoscenza.

I giudizi sintetici sono quelli che aggiungono al soggetto di cui si parla qualcosa che non era già pensato in esso, pertanto ampliano effettivamente la nostra conoscenza.

Noi dunque intenderemo (...) per conoscenze a priori non conoscenze che abbiano luogo indipendentemente da questa o da quell'esperienza, ma conoscenze che non dipendano assolutamente da nessuna esperienza.

Ad esse sono contrapposte le conoscenze empiriche, o tali che sono possibili solo a posteriori, cioè per esperienza.

I. Kant, Critica della ragion pura, Laterza, Bari, 1971, Introduzione, sez. 1.

Ogni enunciato analitico è sicuramente a priori, così come ogni enunciato empirico è sicuramente sintetico.

"Tutti gli scapoli non sono sposati" è un giudizio analitico a priori. Ha validità universale ma tutto sommato è inutile, in quanto il fatto di non essere sposato è un giudizio automaticamente incluso in quello di essere scapolo. E' utile nel caso uno non conosca il termine "scapolo": il giudizio "non è sposato" ne esplicita il significato.

"Fra gli studenti della classe 3A del Liceo "G. Galilei" di Roma - ammesso che questa classe esista - ce ne sono due nati nel 1985" è un giudizio empirico perché la validità non può essere dedotta logicamente dall'enunciato ma dobbiamo effettivamente recarci presso la scuola indicata e acquisire le informazioni necessarie per verificare se è vero o no. Su un giudizio di questo tipo, comunque, rimane sempre un dubbio sull'affidabilità delle affermazioni delle persone e sull'autenticità dei documenti esibiti.

... 1) che per mezzo di giudizi analitici la nostra conoscenza non può estendersi punto, ma può invece essermi reso esplicito e intelligibile il concetto che già posseggo; 2) che nei giudizi sintetici io ho bisogno, oltre che del concetto del soggetto, di qualcos'altro ancora (X), su cui si appoggi l'intelletto per riconoscere che gli appartiene un predicato non compreso nel concetto.

I. Kant, Critica della ragion pura, Laterza, Bari, 1971, Introduzione, sez. 4.

L'attenzione di Kant è rivolta ai giudizi sintetici a priori. Essi rappresenterebbero una forma di conoscenza sicura e universale che arricchisce la nostra conoscenza su un dato oggetto e allo stesso tempo non ha il carattere di imperfezione della conoscenza empirica.

Per Kant, le proposizioni della matematica sono giudizi a priori e non empirici, poiché la loro necessità è di tipo logico e non dipende dall'esperienza.

Anzitutto devesi notare che le vere e proprie proposizioni matematiche sono sempre giudizi a priori e non empirici, poiché portano con sé una necessità che non può essere presa dall'esperienza. Se però non mi si vuol concedere questo, ebbene io restringo la mia affermazione alla matematica pura, il cui concetto già porta con sé che essa non contenga conoscenza empirica, ma soltanto pura conoscenza a priori.

I teoremi della geometria di Euclide invece sono dei giudizi a priori ma sintetici.

Per esempio, consideriamo il postulato relativo agli angoli retti.

Definizione 10: se una retta innalzata a partire da un'altra retta forma con essa angoli adiacenti uguali fra loro, ciascuno dei due angoli è retto e la retta si dice perpendicolare a quella su cui si è innalzata.

Postulato 4: tutti gli angoli retti sono uguali fra loro.

Questo postulato non è affatto banale. Noi siamo abituati a pensare che gli angoli retti misurano 90°, per cui ci sembra ovvio che siano tutti uguali. In realtà è vero l'inverso. Il postulato 4 garantisce il fatto che tutti gli angoli retti misurano 90°. Infatti, non è affatto ovvio che i due angoli formati dalle perpendicolari in figura siano uguali

Noi sappiamo dalla definizione che A1=A2 e che B1=B2 ma la definizione di angolo retto non ci dice nulla sull'uguaglianza tra A1=B1. D'altra parte l'uguaglianza tra gli angoli formati dalle due rette di sinistra con quelli formate dalle due rette a destra non ci viene dall'esperienza, non è un fatto empirico. Si tratta quindi di una forma di conoscenza sintetica, perché non è una conseguenza logica della definizione, a priori perché non deriva dall'esperienza.

L'esempio scelto da Kant è un'altro: "La linea retta è il cammino più breve fra due punti". Questo non è uno dei postulati di Euclide, anche se spesso i manuali di geometria lo hanno riportato come postulato: probabilmente Kant fa riferimento al manuale su cui aveva studiato la geometria.

Che la linea retta sia la più breve tra due punti, è una proposizione sintetica. Giacché il mio concetto di 'retta' non contiene nulla che riguardi grandezza, ma soltanto qualità. Il concetto 'la più breve' adunque vi si aggiunge del tutto e non può essere tratto dall'analisi del concetto di linea retta ...

Quindi, i postulati di Euclide sono giudizi sintetici a priori, di conseguenza lo sono anche tutti i teoremi della geometria.

In che modo, allora, le nostre conoscenze dello spazio sono applicabili al mondo esterno dei fenomeni fisici? Perché i postulati di Euclide ci appaiono veri e non riusciamo ad immaginarne altri?

Secondo Kant, i dati relativi allo spazio reale in cui viviamo ci giungono attraverso i sensi, la vista e il tatto, e vengono organizzati dal nostro intelletto. Quando giungono alla nostra coscienza sono stati già rielaborati. La nostra idea di spazio non si riferisce allo spazio reale esterno a noi ma a uno spazio di natura intellettiva che filtra e organizza le nostre esperienze.

I principi di Euclide descrivono, quindi, non uno spazio esterno ma questa struttura mentale che ci permette di cogliere e organizzare la percezione che abbiamo degli oggetti. Essi sono infallibili e indiscutibili proprio perché non si riferiscono all'esperienza ma al modo in cui la nostra mente dà una struttura all'esperienza.

Lo spazio non è un concetto empirico, proveniente da esperienze esterne. Infatti, affinché certe sensazioni siano riferite a qualcosa fuori di me (ossia a qualcosa che si trovi in un luogo dello spazio diverso dal mio), e affinché io possa rappresentarmele come esterne e accanto l'una all'altra - e quindi non soltanto come differenti ma come poste in luoghi diversi - deve già esserci a fondamento la rappresentazione di spazio. Conseguentemente, la rappresentazione dello spazio non può derivare, mediante l'esperienza, dai rapporti del fenomeno esterno; al contrario, l'esperienza esterna è possibile solo in virtù di detta rappresentazione.

Lo spazio è una rappresentazione a priori, necessaria, che sta a fondamento di tutte le intuizioni esterne. Non è possibile farsi la rappresentazione che non ci sia spazio, mentre si può benissimo pensare che non ci sia in esso alcun oggetto. Lo spazio va pertanto considerato come la condizione della possibilità dei fenomeni e non come una determinazione da essi dipendente; ed è una rappresentazione a priori, che sta necessariamente a fondamento dei fenomeni esterni.

AA.VV., Storia della filosofia: 4. Il Settecento, a cura di P. Rossi e C. A. Viano, Laterza, Bari, 1996, pp. 500-502.

I. Kant, Critica della ragion pura, trad. it. a cura di G. Gentile e G. Lombardo-Radice, Laterza, Bari, 1971.

L. Magnani, Le geometrie non euclidee, Zanichelli, Bologna 1978.

R. Trudeau, La rivoluzione non euclidea, Bollati Boringheri, Torino, 1991.