Un desiderio anzitutto: vorrei non essere preso sul serio, sia dagli studenti che dai docenti. Sono uno che fa un mestiere ben diverso dal pedagogista e quindi non ho le carte in regola per dare consigli a nessuno. Queste mie annotazioni sono frutto di un reinnamoramento estivo che però covava da tempo. Avete presente quando dopo una vita si reincontra l’oggetto, maturo anch’esso, di un lontanissimo amore giovanile?
Può essere devastante, se non si è serenamente appagati dalla vita che poi si è scelto di fare, ma se si è tranquilli, può essere fonte di sensazioni piacevoli, che non necessariamente devono portare a  qualcosa di pericolosamente travolgente.
Per uno come me, sposato con soddisfazione reciproca alla scienza medica, riprendere in mano un libro di analisi matematica dopo trenta anni, mi ha dato quelle sensazioni piacevoli di cui prima parlavo. Il fatto poi che il libro l’abbia preso in prestito da un neodiplomato (che peraltro mi ha confessato di aver odiato profondamente la matematica) e che tale decisione sia stato il frutto di un proposito a lungo coltivato, mi ha spinto a prendere carta e penna per esporre ciò che mi frullava in testa: cosa, devo ammettere, che costa tempo e fatica, ma che poi si rivela sorprendentemente piacevole e appassionante. Lo stesso potrebbe non essere per chi legge.
Il problema è che a furia di veder rappresentati su un piano di assi cartesiani tanti parametri biologici, mi sono sempre più convinto che anche tanti stati d’animo, tanti andamenti biologici e perché no psichici possono in tal maniera essere rappresentati,  forse troppo schematicamente ma comunque in maniera efficace.
Ma ve l’immaginate il significato di un’iperbole e di un suo asintoto? Potrebbe rappresentare l’amor platonico o per chi ha fede una vita verso la santità, insomma  l’immagine di una tensione verso qualcosa che si potrà raggiungere solo all’infinito.
E perché non pensare a due parabole che toccano in un solo punto tangente come la rappresentazione di un rapporto occasionale; che se poi i punti sono due (di più non possono essere!) vuol dire che c’è stato un reincontro.
Se poi si vuol rappresentare la vita di due persone che stanno insieme, quale peggiore errore pensare a due rette coincidenti! La vita a due non può significare l’annullamento delle singole personalità e delle proprie esperienze di vita. Quale migliore rappresentazione schematica di due sinusoidi che si allontanano e si avvicinano fino ad intersecarsi. La vita a due, per durare, non può essere una coincidenza che vuol dire annullamento, ma un insieme di incontri e distacchi, perché sono per definizione utili per creare quelle tensioni (di allontanamento e di avvicinamento) che tengono vivo il rapporto. Questi punti di incontro possono essere al di sopra e al di sotto della linea delle ascisse, perché gli incontri si possono verificare quando due sono su di giri per festeggiare o giù di corda per consolarsi; la cosa più bella si verifica quando le due sinusoidi da piani opposti tendono ad avvicinarsi fino ad incontrarsi, perché allora vuol dire che c’è stato da parte di entrambi una voglia di andarsi incontro, l’uno risalendo da uno stato di depressione, l’altro rinunciando ad una parte del suo benessere per amore. Fantastica immagine!
L’intensità del rapporto intuitivamente sarà dato dalla densità di incontri (numero per un determinato periodo di tempo): avremo così modi diversi di rappresentare un rapporto tra due persone tranquille (mi verrebbe di dire anziane, ma ho conosciuto coppie arzille di settantenni che la danno abbondantemente a coppie giovani) rispetto a una coppia di persone focose. Peraltro non basta dire numero di incontri nel tempo, perché un elevato numero di incontri nello stesso intervallo di tempo può avvenire perché le due curve si allontanano pochissimo e quasi si confondono (pensiamo a due sposini in viaggio di nozze, felice) oppure con curve che si allontanano bruscamente, ma dopo aver raggiunto notevoli lontananze, altrettanto rapidamente si avvicinano fino ad incontrarsi (insomma un rapporto tumultuoso ma travolgente). Alla luce di queste considerazioni è importante quindi per una più veritiera rappresentazione del rapporto di coppia andare a valutare da derivata della sinusoide, cioè il coefficiente angolare della retta tangente alla curva nel momento che andiamo ad esaminare, configurando curve a più basso coefficiente angolare rapporti di coppia più tranquilli e rarefatti (prossimi alla pace dei sensi), e viceversa rapporti di coppia da odi et amo curve con derivata maggiore.
Che se poi vogliamo dirla tutta, se è vero come è scritto sui sacri testi che l’integrale definito di una funzione in un determinato intervallo rappresenta l’area del trapezoide sotteso tra il grafico della funzione e l’asse delle ascisse, dobbiamo immaginare  che esso possa rappresentare il cumulo di esperienze, positive e/o negative che porta all’allontanamento e all’avvicinamento reciproco dei due componenti la coppia.
Certamente l’ideale per una società monogamica è la presenza per ogni piano di assi cartesiani di una sola coppia di sinusoidi chiuse che si incontrano tra di loro e solo tra di loro. Il problema è la rappresentazione di tutta quella serie di rapporti multipli e irregolari che sono sempre più frequenti attualmente: credo che bisognerebbe ricorrere a funzioni irregolari, aperte, a più variabili e ovviamente non basterebbe più un banale piano di assi cartesiani ma si dovrebbe ricorrere a spazi tridimensionali e forse ….immaginari!
Non voglio tediarvi ulteriormente con questo avvilupparsi immaginario di curve, tangenti e via discorrendo, ma mi chiedo e vi chiedo: è possibile rendere più vivo lo studio della matematica e in tal maniera affascinare qualche giovane apatico non parlando solo di punti, rette, curve, funzioni, ma di momenti di vita che si modificano in continuazione, in “funzione” di qualcosa o di qualcuno? Per esempio considerare l’asse delle ascisse come uno stato di neutralità, impossibile da mantenere, spesso attraversato, e comunque utile per potersi orientare tra momenti positivi e negativi? La mia abitudine a rappresentare mentalmente in maniera quasi automatica tanti eventi della vita come su un piano di assi cartesiani, è l’effetto dei miei studi giovanili di matematica e non può essere trasmesso a tanti ragazzi che odiano tale materia?
Tutti sanno che le nuove idee nascono in ambienti non verbali e non logici e solo più tardi vengono tradotti nei linguaggi simbolici. Meglio non parlare dei sentimenti che difficilmente, con estrema fatica e solo in minima parte riescono ad essere espressi dalla comunicazione verbale (pensate alla “fatidica” dichiarazione d’amore!). Trascurando queste forme preverbali di pensiero probabilmente si frustano le capacità inventive di molti studenti. Oltretutto i matematici e molti studiosi di scienze fisiche, come ha testimoniato lo stesso Einstein, raggiungono intuizione visuali, muscolari e tattili e solo “in un secondo tempo devono essere laboriosamente cercate parole convenzionali e/o altri segni”. In pratica le cose scoperte sensitivamente, emozionalmente, intuitivamente e privatamente devono essere trasformate in espressioni pubbliche usando il linguaggio delle rispettive discipline.
Alla luce di queste considerazioni due quindi devono essere gli obiettivi da raggiungere:
– fornire ai giovani una ricca gamma di strumenti creativi, come l’usare immagini, astrazioni, modelli, analogie;
– allenarli ad acquisire le capacità di tradurre ciò che hanno imparato grazie a questi strumenti in linguaggi formali, simbolici, come le parole, i simboli matematici, la musica, la danza (a tal proposito non è strano che un gruppo di fisici a Parigi elaborò ed eseguì una danza per capire come ci si sente nell’interagire come elettroni!!).
Per ottenere tutto ciò c’è bisogno di un grande sforzo di immaginazione e di empatia, che non deve interessare, come è sempre stato concepito, solo i docenti di materie letterarie, di filosofia, di arte, di musica, ma può e deve essere perseguito anche da professori di materie scientifiche, che, con l’utilizzo di ponti interdisciplinari, devono “elevarsi” ad un insegnamento “volgare” della matematica, delle categorie formali in essa usate, affabulando e coinvolgendo gli studenti.
Molti avranno letto il libro di … ”Flatlandia” (ed. Adelphi) in cui si immagina un mondo a due dimensioni: chi non l’ha fatto è invitato a farlo. Ebbene il fascino e il gusto di una tale lettura è stato per me direttamente proporzionale alle solide basi di matematica formale trasmessemi dal mitico prof. V. Lorusso; ma mi sono molto rammaricato di non aver avuto la possibilità, con la mente e gli studi freschi di qualche decennio fa, di immaginare da me un mondo del genere.

Dr. Onofrio Caputi-Lambrenghi

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