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Il mondo sta diventando sempre più tecnologico. Si può dire che la tecnologia è parte integrante della nostra vita e ne ha modificato le abitudini. Oggi tutti possiedono uno smartphone, computer sempre più sofisticati, macchine fotografiche digitali… Le generazioni di oggi sono definite “native digitali”, appunto perché nate in pieno sviluppo tecnologico e in grado di utilizzare gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione. La tecnologia corre, si sviluppa sempre più, ma alcune persone fanno fatica a starle dietro.
È il caso delle persone anziane o di coloro che sono vissuti durante la nascita di questi aggeggi tecnologici. La tecnologia ha certo cambiato il nostro tenore di vita, migliorandolo in alcuni aspetti: oggi è possibile telefonare da qualsiasi parte ci si trovi, si può andare via internet anche col cellulare, si possono scattare foto di qualità sempre migliore… La tecnologia negli ultimi anni sta invadendo anche gli ambienti scolastici. Le nuove generazioni hanno bisogno di nuovi stimoli per apprendere, il tradizionale metodo di insegnamento basato sui libri è diventato noioso e non produce più alcun frutto. Come afferma Ignazio Visco, in Investire in conoscenza. Crescita economica e competenze per il XXI secolo, oggi ci sono nuove competenze definite “competenze del XXI secolo. Esse sono «l’esercizio del pensiero critico, l’attitudine alla risoluzione dei problemi, la creatività e la disponibilità positiva nei confronti dell’innovazione, la capacità di comunicare in modo efficace, l’apertura alla collaborazione e al lavoro di gruppo». Sono competenze fondamentali per lo sviluppo dell’economia perché influenzano l’organizzazione del lavoro e, per questo motivo, tutti i paesi devono possederle, anche l’Italia. Per il nostro paese offrire un’istruzione “digitalizzata” e tecnologica costituisce una vera e propria sfida. Negli ultimi anni le scuole si sono viste invadere da strumenti come la LIM (la lavagna interattiva multimediale), il registro elettronico on line, tablet, e-book, ma purtroppo non tutti gli insegnanti sono stati capaci di coglierne il significato. Questo perché non tutti possiedono le giuste competenze per utilizzare tali strumenti. In più non tutti gli edifici scolastici sono

dotati di queste apparecchiature. La tecnologia, insomma, va avanti, ma la scuola rischia di rimanere indietro. Sono davvero poche le classi in cui è possibile attuare il nuovo insegnamento tecnologico, nella maggior parte di esse continua a sussistere il tradizionale metodo di insegnamento. Cosa fare per rendere tecnologiche le nostre scuole? Bisogna innanzitutto investire del denaro per comprare i nuovi strumenti tecnologici; in secondo luogo è necessario anche che tutti gli insegnanti siano in grado di utilizzare questi nuovi mezzi e, quindi, bisognerebbe investire sulla loro formazione.

Se da un lato la tecnologia è importante per lo sviluppo dei paesi perché su di essa si fonderà l’apprendimento delle generazioni future, dall’altro essa rischia di mettere in crisi altre capacità importanti per la democrazia. Come sostiene Martha C. Nussbaum, in Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, ad avere la peggio sulle competenze tecnologiche sono le capacità legate agli studi umanistici e artistici e cioè «la capacità di pensare criticamente; la capacità di trascendere i localismi e di affrontare i problemi mondiali come “cittadini del mondo”; e, infine, la capacità di raffigurarsi simpateticamente la categoria dell’altro». Bisogna, quindi, a mio avviso che si crei un giusto compromesso tra capacità “umane” e capacità tecnologiche, in modo che nessuna prevarichi sull’altra. La sfida del nuovo millennio, dunque, è legata alle metodologie da utilizzare per l’apprendimento permanente. Queste ultime sono state oggetto di discussione anche nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente (2006/962/CE), in cui si dice che il Consiglio di Lisbona, seguito poi da altri consigli, ha affermato l’importanza di stabilire le nuove competenze che si devono possedere per affinare l’apprendimento permanente perché queste sono importanti per la globalizzazione e lo sviluppo dell’economia della conoscenza: non bisogna dimenticare, infatti, che le persone sono la risorsa più importante di tutti i Paesi. È necessario, dunque, investire sui nostri studenti e insegnanti perché essi costituiscono il futuro dei paesi.