vincenzo.disalvatore
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DESTINAZIONE: rivista scolastica

Con il passare del tempo, la scienza compie sempre più passi in avanti. Si pensi allo sviluppo della medicina. Pochi anni fa si moriva per un semplice raffreddore e molte malattie erano incurabili. Oggi, grazie al continuo studio e alla ricerca, si conoscono le cause, ma soprattutto le cure, per la maggior parte dei malanni. Ancora: una volta non esistevano internet, telefoni cellulari, I-pad, ma le informazioni venivano diffuse solo via radio o televisione (per chi ne era provvisto).

Ora si sa tutto in tempo reale proprio grazie alla tecnologia. Ci si chiede però: c’è un limite allo sviluppo? A quali conseguenze può portare? Emblematico a questo proposito è il testo tratto da La scomparsa di Majorana di Leonardo Sciascia, in cui l’autore pone l’attenzione sulla scoperta della scissione dell’atomo. Essa non ha portato a conseguenze immediate. Infatti, all’inizio, non ne fu compresa l’importanza e ciò fece sì che Hitler e Mussolini non si impossessassero dell’atomica. Conseguenze gravi, invece, ci furono ai danni delle città nipponiche Hiroshima e Nagasaki, distrutte proprio dall’atomica per porre fine al secondo conflitto mondiale. Fino a che punto, dunque, bisogna continuare con la ricerca? Fin quando “le conseguenze della tua (= del ricercatore) azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra”, come afferma Hans Jonas in Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica. Infatti la ricerca ha senso solo se volta alla conservazione della vita umana (l’uso della bomba atomica è stato, invece, causa di distruzione e morte). Certo, alle volte gli effetti di una ricerca possono non essere visibili all’istante e, nel momento in cui si manifestano, bisognerebbe avere il coraggio di fermarsi. Quindi, come afferma Margherita Hack in un’intervista a Roma Tre News, la scienza deve rivolgersi al conseguimento del bene e portare progresso e vantaggio. Inoltre la ricerca, per poter dare al meglio i suoi frutti, deve essere libera, non condizionata da niente, né dalla religione né tantomeno dalle regole di mercato. Come sostiene Pietro Greco in un articolo pubblicato su L’Unità il 7 luglio 2001 intitolato Sua maestà la tecnologia. Chi ha paura della scienza?, si cerca di conoscere ciò che ha un immediato riscontro economico. Ma la scienza e la tecnologia non devono sottostare alle regole di mercato: non si può, ad esempio, far morire milioni di persone (non inviando medicinali o beni di prima necessità) solo perché non si ha un tornaconto economico! Non si può sempre sottostare al dio denaro! Il valore principale della ricerca è, infatti, lo sviluppo umano. Risultano, dunque, utili i consigli dati da Primo Levi a un ricercatore. In Covare il cobra, l’autore esorta lo studioso a scoprire tutto ciò che può essere utile, neutro o nocivo per l’essere umano poiché questo è il vero fine del suo lavoro. L’esortazione fondamentale è quella di non lasciarsi “sedurre dall’interesse materiale e intellettuale” in quanto egli è libero di scegliere vie che possono migliorare la vita dei suoi contemporanei e, soprattutto, dei posteri. In conclusione, quindi, ben venga la ricerca, a patto che essa sia volta a tutta la collettività e non leda la vita dei nostri simili per portare ad un benessere sempre maggiore.