vincenzo.disalvatore
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DESTINAZIONE: Corriere della Sera

Con il termine “Olocausto” si indica il genocidio degli Ebrei di ogni sesso e di ogni età causato principalmente dalla Germania nazista di Hitler e dai suoi alleati. L’olocausto è chiamato anche Shoah, che nella lingua ebraica significa “catastrofe”. La distruzione di circa sette milioni degli Ebrei d’Europa venne portato avanti della Germania attraverso nazista mediante un complicato apparato amministrativo, economico e militare che costò molto alla stessa Germania e che coinvolse tutti gli stati conquistati dal Terzo Reich durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il simbolo che fa pensare subito all’Olocausto è il campo di concentramento. Essi inizialmente vennero concepiti come campi di lavoro dove si producevano armi. Successivamente furono utilizzati proprio come campi di sterminio. Come descrive Primo Levi in Se questo è un uomo, durante la vita nei lagher i prigionieri cercavano sopra ogni cosa di conservare la propria dignità anche se la cattiveria di chi comandava e decideva chi doveva vivere o meno faceva mettere gli stessi nazisti uno contro l’altro per vedere chi di loro non avrebbe avuto il coraggio di far eseguire gli ordini imposti dal Reich. Un campo di concentramento tristemente famoso è quello di Auschwitz, in Polonia, dove furono uccisi la maggior parte degli Ebrei. Sarcastica appare l’iscrizione posta al suo ingresso: “Il lavoro rende liberi”. Il 27 gennaio del 1945 le truppe delle armate rosse sovietiche liberarono il campo di Auschwitz riuscendo a porre in salvo alcuni prigionieri che sarebbero stati vittima della soluzione finale. E proprio in commemorazione di questo giorno che dal 2000 in Italia, ma anche in tutto il mondo, si celebra la Giornata della Memoria per commemorare le vittime ebree e affinché questa strage non si ripeta mai più. “La Repubblica Italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Giornata della Memoria, al fine di ricordare la Shoah”. Molti, nel commemorare la Giornata della Memoria, non credono ancora come sia stato possibile che nel cuore dell’Europa, patria di luminari, di tradizioni filosofiche e artistiche, sia potuto accadere un simile scempio. Se lo chiede Adorno in Dialettica negativa. Il filosofo, esponente della scuola di Francoforte, dichiara che Auschwitz, e quindi il genocidio, sono un segno evidente del fallimento della cultura, in quanto né la filosofia, né l’arte, né le altre scienze illuministiche hanno potuto evitare questo massacro. La patria della cultura, quindi, è diventata nel contempo luogo di non verità e tutta la cultura che si è sviluppata dopo Auschwitz non è altro che spazzatura appunto perché rinata dopo che era accaduto il genocidio. Lo stesso Adorno non sa dare una risposta esaustiva alla domanda: ha senso ricordare? Secondo lui, infatti, chi ricorda può diventare collaborazionista, mentre chi nega quanto accaduto diventa egli stesso fautore della barbarie. E non ha nemmeno senso parlare dell’Olocausto. Fatto sta che il Giorno della Memoria esiste. Ogni anno, in tale occasione, vengono sempre ricordati, con film, interviste e testimonianze, tutti i massacri. La Arendt, in Il processo di Gerusalemme, afferma che esso mancò di presentare al mondo intero le vere dimensioni dello sterminio. Infatti molti nazisti affermavano semplicemente di aver eseguito gli ordini, non rendendosi conto di ciò che stavano compiendo. Bisogna continuare a ricordare quello che è stato. Infatti le nuove generazioni devono studiare e avere coscienza di quanto successo per far sì che un tale massacro non si verifichi più.