_stan
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Oggi sono sotto gli occhi di tutti le drammatiche conseguenze della sofferenza del nostro pianeta Terra. A causa di molteplici fattori (inquinamento, disboscamento, sfruttamento eccessivo del suolo…) quasi quotidianamente si assiste a catastrofi naturali, come violenti uragani, alluvioni… L’uomo, con la sua attività, sta compromettendo in modo drammatico l’equilibrio uomo-ambiente e la Terra non ce la fa più a soddisfare le richieste che l’essere umano le impone.
Oggi sulla Terra siamo quasi sei miliardi di abitanti. Come afferma Amartya Sen in Lo sviluppo è libertà. Perché non c’è crescita senza democrazia, gli abitanti del pianeta sono aumentati con un ritmo elevatissimo soprattutto negli ultimi due secoli: solo nel decennio 1980-90, la popolazione mondiale è aumentata di 923 milioni di unità. Le risorse della Terra rischiano di esaurirsi perché sottoposte a sfruttamento a causa della sempre più elevata richiesta per soddisfare i bisogni dell’uomo. Se si continua così, si rischia che le generazioni future non abbiano più accesso a ciò che il nostro pianeta mette a disposizione. È necessario, quindi, fare attenzione. Come afferma Jacques Attali in Domani, chi governerà il mondo?, anche le generazioni del futuro hanno diritto ad attingere alle risorse della Terra e, di conseguenza, il compito dell’uomo di oggi è far sì che questo accada. Bisogna capire, infatti, che tutti noi abbiamo una “cittadinanza mondiale”: apparteniamo al mondo e, in quanto suoi abitanti, abbiamo tutti gli stessi diritti. Il mondo non è di proprietà di una specie in particolare, ma è di tutte le creature. Di conseguenza è necessario che si sviluppi un rispetto reciproco. Come sostiene Luce Irigaray in Condividere il mondo, ci sarà una vera mondializzazione democratica solo quando l’uomo sarà in grado di accettare chi è diverso da lui. Ogni creatura, infatti, fa da tramite tra natura e cultura. Di conseguenza tutti, come afferma Attali, devono potersi sentire nel mondo a casa propria.

Che la Terra sia diventata un fragile pianeta è noto ormai da molto tempo. Come afferma Wolfgang Behringer in Storia culturale del clima, la Terra è cominciata ad apparire fragile da quando è stata osservata dalla Luna nel 1969. Ma, a mio avviso, i cambiamenti del nostro pianeta erano in atto già da molto tempo prima. Il principale responsabile della sofferenza del nostro pianeta è l’uomo. Con la nascita delle fabbriche, si è cominciato ad alterare l’equilibrio uomo-natura. Man mano che si è progrediti, la situazione è peggiorata sempre più. Ora, in nome di un benessere sempre maggiore, si richiede alla Terra più di quanto essa possa offrirci e non si ha più rispetto per ciò che ci circonda. Causa del malessere del nostro pianeta, quindi, non sono più soltanto le industrie, ma siamo tutti noi, dal «boscimano sudafricano, che incendia la savana per cacciare o per guadagnare terreno coltivabile, al fazendero argentino, i cui manzi producono metano, al coltivatore di riso a Bali e al banchiere cinese, che fa i suoi affari in uno studio dotato di aria condizionata». Se, quindi, prima si parlava di problemi come la moria dei boschi o il buco dell’ozono, oggi si sta ponendo l’attenzione sulla grave “malattia” del surriscaldamento del pianeta. Si può dire che la Terra ha la febbre, cioè le temperature sono sempre più elevate. Ciò, a lungo andare, rischia di mettere in serio pericolo la sopravvivenza di tutte le specie. Oggi stiamo assistendo alle drammatiche conseguenze del surriscaldamento globale: la scomparsa delle stagioni intermedie, l’innalzamento dei livelli delle acque degli oceani, fenomeni atmosferici che si manifestano con sempre maggiore intensità.

Cosa fare, dunque, per limitare i danni e fare in modo che anche le generazioni future possano attingere alle risorse della Terra? Secondo me è necessario modificare la nostra mentalità e variare le nostre abitudini. Bisogna mettere da parte la logica del mero interesse economico e si deve cominciare ad avere coscienza che ciò che sta intorno a noi va tutelato per l’interesse comune. Ognuno di noi può fare la sua parte mettendo in atto anche semplici comportamenti, come evitare gli sprechi di energia e di acqua. Dobbiamo pensare che siamo noi gli artefici di ciò che avverrà in futuro e, di conseguenza, siamo noi i responsabili della sopravvivenza delle generazioni future e, quindi, della nostra specie.