_stan
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Mai nella storia dell’umanità si è usata tanta violenza come nel Novecento. Esso è stato il secolo delle grandi guerre: a distanza di pochi anni, si sono combattuti i conflitti più sanguinosi di cui l’uomo sia mai stato protagonista. La novità delle guerre del Novecento è l’essere di “massa”: per la prima volta, cioè, a combattere sono tutti i cittadini e vengono utilizzate armi sempre più sofisticate per la distruzione del nemico. Il primo conflitto di massa è stata la Prima Guerra Mondiale, combattuta tra il 1914 e il 1918 e definita “mondiale” proprio perché vi presero parte tutti i paesi del mondo.
Essa è stata definita anche guerra di trincea: si combatteva, cioè, in enormi buche scavate nel terreno e si moriva per la conquista di pochi metri di terra oltre che per le condizioni igienico-sanitarie alquanto precarie. Ecco perché papa Benedetto XV ha definito questa guerra un’“inutile strage”. Questo nuovo tipo di conflitto ha lasciato in chi l’aveva combattuto un’impronta indelebile: l’uomo aveva conosciuto la violenza nelle sue forme più macabre, era stato costretto a uccidere il suo prossimo e a combattere accanto ai corpi martoriati dei propri compagni in nome della patria. Come afferma George L. Mosse in Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti, anche dopo la fine della Prima Guerra Mondiale l’uomo ha continuato ad essere brutale e a manifestare forme di violenza contro il prossimo perché il conflitto aveva sviluppato un nuovo atteggiamento mentale e perché era stata accattata l’idea stessa di guerra. Stavolta oggetto della violenza era la politica e, di conseguenza, il nemico era interno. Dunque, negli anni immediatamente successivi alla Prima Guerra Mondiale e precedenti la Seconda, tutti i paesi sono stati invasi dal processo di brutalizzazione che ha portato alla crescita della criminalità e all’attivismo politico.

La violenza purtroppo non è finita con la Prima Guerra Mondiale, ma si sono avuti altri terribili conflitti nel corso del Novecento, come la tristemente nota Seconda Guerra Mondiale (che ha visto l’attuarsi si una violenza inaudita contro un intero popolo, quello ebraico) e gli altri conflitti per l’indipendenza (come, ad esempio, la guerra del Vietnam).

La violenza è sempre un atto pericoloso e può essere minacciosa soprattutto per il diritto. Come afferma Walter Benjamin in Per la critica della violenza, l’unico ambito in cui è possibile utilizzarla senza violare l’ordinamento giuridico è quello della lotta di classe tramite il diritto di sciopero dei lavoratori. Esso è stato concesso dagli stati non solo perché non se ne poteva più fare a meno, ma anche perché lo scioperare, cioè il “non agire”, non era definita di fatto come violenza.

Bisogna comunque fare attenzione quando si ricorre alla violenza. La cosa migliore sarebbe far valere i propri diritti non ricorrendo ad atti brutali. Il principale sostenitore di una politica non violenta è stato Gandhi. Egli, in Antiche come le montagne, afferma che la non violenza è una pratica che tutti possono mettere in atto, non solo i santi e i saggi. Essa è in grado di elevare spiritualmente l’uomo perché si tratta di una forma di sofferenza consapevole. L’essere non violenti non significa sottostare a chi è più potente, ma vuol dire opporsi con tutta l’anima al tiranno perché si acquista consapevolezza della propria forza salvando l’onore, la religione e l’anima: così si pongono le basi per la caduta del potere dispotico. La pratica della non violenza ha funzionato, poiché l’India in questo modo è stata in grado di rendersi indipendente dall’Inghilterra. Ma questo non è stato l’unico caso in cui la non violenza ha portato al raggiungimento di buoni risultati. Un altro esempio si è avuto in America. Negli Stati Uniti i neri erano discriminati dai bianchi e combattevano per veder riconosciuti i propri diritti. Martin Luther King, in un suo discorso, invita i neri a raggiungere i propri diritti senza ricorrere ad azioni ingiuste, ma utilizzando dignità e disciplina perché la forza dell’anima è più forte di quella fisica.

Io ritengo che l’uso della violenza non porti mai a nulla di buono, anzi essa alimenta ancor di più l’odio che si prova verso il prossimo. Bisognerebbe, dunque, che i paesi in contrasto risolvessero i propri problemi col dialogo perché altrimenti si genererebbero vittime innocenti e si alimenterebbe sempre più la fiamma dell’odio.