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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: I mille volti dell'amore

Autore: Geronazzo Giada

Descrizione: percorso interdisciplinare nelle materie manistiche riguardante le molteplici forme nelle quali è stato trattato il tema dell'amore nei diversi periodi storico-culturali

Materie trattate: Latino, Storia Dell'arte, Italiano, Francese,Inglese

Area: umanistica

Sommario: Latino,Catullo,carme LXXXV e carme LXXII,la sofferenza e l'animo dilaniato; Latino,Apuleio,L'asino d'oro,Amore e Psiche,l'amore mitico e le potenzialità  dell'anima; Storia dell'arte,Canova,Amore e Psiche,Il bacio; Italiano,Dante Alighieri,La Divina Commedia,If V - Pg V - Pd III e Pd VIII,amore peccaminoso spirituale e divino; Francese,Edmond Rostand,Cyrano de Bergerac,amore mai dichiarato; Inglese,Charlotte Bronte,Jane Eire,amore felice

Estratto del documento

Vi erano in una città un re e una regina. Questi avevano tre bellissime figliole. Ma le due più grandi, quantunque di

aspetto leggiadrissimo, pure era possibile celebrarle degnamente con parole umane; mentre la splendida bellezza della

minore non si poteva descrivere, e non esistevano parole per lodarla adeguatamente.

La dea invia suo figlio Eros perché la faccia innamorare dell'uomo più brutto e avaro della terra,

affinché Psiche sia coperta dalla vergogna di questa relazione. Ma il dio si innamora della mortale,

e, con l'aiuto di Zefiro, la trasporta al suo palazzo, dove, imponendo che gli incontri avvengano al

buio per non incorrere nelle ire della madre Venere, la fa sua. Ogni notte Eros va alla ricerca di

Psiche, ogni notte i due bruciano la loro passione in un amore che mai nessun mortale aveva

conosciuto. La ragazza è, dunque, prigioniera nel castello di Eros, legata da una passione che le

travolge i sensi. Una notte Psiche, istigata dalle sorelle, con una spada e una lampada ad olio decide

di vedere il volto del suo amante, pronta a tutto, anche all'essere più orribile, pur di conoscerlo. Le

malvagie sorelle, infatti, sono riuscite a convincere l’ingenua fanciulla ad uccidere quella stessa

notte lo sposo invisibile, insinuando che si tratti di un mostro e che si appresti a divorarla. Ella deve,

dunque, ucciderlo; ma, nell’attesa del momento propizio, si rende conto che, contemporaneamente,

(“nel medesimo corpo, ha ribrezzo dell’animale, ma

in eodem corpore odit bestiam, diligit maritum

ama il marito”). Ma Psiche, spinta dalla curiosità, decide di compiere comunque il misfatto,

sed cum primum luminis oblazione tori secreta claruerunt, videt omnium ferarum mitissimam

dulcissimamque bestiam, ipsum illum Cupidinem formonsum deum formonse cubantem.

ma appena la luce si offerse a rischiarare l’intimità del letto nuziale, essa vede la più tenera e la più dolce di tutte le

fiere, proprio Cupido in persona, il leggiadro dio, che leggiadramente riposava.

È, quindi, questa bramosia di conoscenza ad esserle fatale: una goccia cade dalla lampada e ustiona

il suo amante:

sic inustus exiluit deus visaque detectae fidei colluvie prorsus ex oculis et manibus infelicissimae coniugis

tacitus avolavit.

sentendosi scottare, il dio balzò in piedi e vide la sua fede tradita e oltraggiata. Immediatamente volò via, senza far

motto, sottraendosi ai baci e agli abbracci dell’infelicissima consorte.

Il dio, dunque, vola via e Venere poco dopo cattura Psiche per sottoporla alla sua punizione. La dea

sottopone la nuora a diverse prove nelle quali quest’ultima viene aiutata dagli “spiriti della natura”.

L’ultima e più difficile prova consiste nel discendere negli inferi e chiedere alla dea Proserpina un

po' della sua bellezza in un vasetto. Psiche avrebbe dovuto consegnarlo a Venere senza aprirlo, ma,

durante il ritorno, mossa ancora una volta dalla la giovane aprirà l'ampolla che in realtà

curiositas,

contiene non la bellezza, ma il sonno più profondo. Questa volta verrà in suo aiuto lo stesso Amore,

che la risveglierà dopo aver rimesso a posto la nuvola soporifera (uscita dalla ampolla); non solo: il

dio otterrà per lei da Giove l'immortalità e la farà sua sposa. Dalla loro unione nascerà una figlia,

chiamata Voluptas.

La storia di come il resto de L’asino d’oro, ha un significato allegorico: Cupido

Amore e Psiche,

(identificato con il greco Eros, signore dell'amore e del desiderio), unendosi a Psiche (cioè l'anima),

le dona l'immortalità, ma Psiche per giungervi deve affrontare innumerevoli prove, tra cui quella di

scendere agli Inferi per purificarsi. La favola, insomma, rappresenterebbe il destino dell'anima, che,

per aver commesso il peccato di (tracotanza) tentando di penetrare un mistero che non le era

hybris

consentito di svelare, deve scontare la sua colpa con umiliazioni ed affanni di ogni genere prima di

rendersi degna di ricongiungersi al dio. Inoltre, la posizione centrale della favola nel testo originale

aiuta a capire lo stretto legame che lega questo "racconto nel racconto" con l'opera principale; è

infatti facile scorgere in questa favola una "versione in miniatura" dell'intero romanzo: come Lucio,

anche Psiche è una persona e come Lucio compie un'infrazione, che viene

simplex et curiosa,

duramente punita, e solo in seguito a molte peripezie potrà raggiungere la salvezza.

In ogni caso, qualunque sia il rivestimento allegorico voluto dall’autore, il nucleo originario di

questa favola è popolare, e della fiaba popolare ha tutti gli elementi, ancora oggi vivi, sin dalle

prime parole: quando? Dove? In che paese? In che

erat in quidam civitate rex et regina…Ma

tempo? Non si sa. Ed appaiono il re, la bella principessa esposta al mostro, il palazzo incantato,le

sorelle cattive e punite, lo sposo invisibile e divino; poi le tante disavventure e le imprese tremende

ed impossibili che la principessa compie grazie ad aiuti miracolosi; la felicità finale.

Nonostante tutti gli artifici stilistici e la prosa coinvolgente di Apuleio, è questa la fiaba popolare

che continua a vivere oltre i confini della letteratura.

Questo stesso tema fu ripreso moltissime volte nella storia dell’arte: basta vedere, per esempio, il

dipinto di François Gèrard. In esso, Eros, rappresentato

Amore e Psiche

con le ali come gli antichi amorini, bacia la bellissima principessa;

quest’ultima, però, a causa del divieto divino secondo il quale non può

guardare lo sposo, volge lo sguardo un po’ malinconico verso

l’osservatore.

è una parola greca che etimologicamente significa è il

Psiche soffio:

soffio che anima e vivifica il corpo; i latini tradussero il termine con

mantenendo il dualismo platonico di anima e corpo laddove vige

anima

la distinzione tra mentale e fisico. Ma significa anche

psiche farfalla:

infatti, nel quadro sopra citato, si può vedere una delicata farfalla volare

sopra il capo della fanciulla.

Per lo stesso motivo, nella scultura raffigurante i due amanti, Canova pone tra

le mani di Eros quest’elegante insetto le cui ali richiamano quelle (in questa

statua assenti) del dio Amore.

Ma il capolavoro di Canova, per quanto riguarda questo soggetto, è

certamente il gruppo scultoreo esposto al museo del Louvre a

Amore e Psiche

Parigi. Ne esiste anche una seconda versione, conservata all'Ermitage di San Pietroburgo, in cui i

due personaggi sono raffigurati in piedi e una terza, sempre esposta al Louvre, in cui la coppia è

stante. Delle tre versioni, la prima, cronologicamente parlando, è la più famosa e acclamata dalla

critica

.

La scultura è realizzata in marmo bianco, materiale prediletto dall’artista in quanto adatto al fine

della resa di forme morbide e flessuose, levigato e finemente tornito, sperimentando con successo il

(dato anche dalla trattazione con cera rosata o ambrata per rendere l’incarnato dei

senso della carne

corpi) che Canova mirava ad ottenere nelle proprie opere. La monocromia, in contrasto alla

drammaticità e al pittoricismo barocco, è un canone del neoclassicismo che Canova riprende per

menomare la carica espressiva.

Con quest’opera, Canova sceglie di rappresentare il momento finale della favola antica, quando

Eros rianima Psiche svenuta in seguito all’apertura del vaso di Proserpina contro il volere di

Venere. Si ha, quindi, l’idea del fluire continuo della bellezza dell’amore nella misteriosa

dimensione di un sonno profondo come la morte; non a caso Psiche è rappresentata nel momento

cruciale in cui vien meno (circondata dai vapori stigi del vaso di Proserpina da lei appena aperto): la

sua figura, dunque, così delicatamente protesa verso Amore, è colta dal Canova un attimo prima del

completo risveglio da una morte che sarebbe stata certa se non fosse sceso dal cielo l’alato

salvatore.

Ecco il passo che ha ispirato l’artista e che descrive il momento in cui la curiosa Psiche apre il

vasetto che dovrebbe contenere il segreto della bellezza:

Nec quicquam ibi rerum nec formositas ulla, sed infernus somnus ac vere Stygius, qui statim coperculo

relevatus invadit eam crassaque soporis nebula cunctis eius membris perfunditur et in ipso vestigio ipsaque

semita conlapsam possidet. Et iacebat immobilis et nihil aliud quam dormiens cadaver.

Ma dentro non c’era niente, e di bellezza neppur l’ombra. V’era solo un sonno infernale, un sonno davvero degno dello

Stige, che, appena libero dal coperchio, la assalì: una densa nube gravida di sonno le avvolse le membra e si impadronì

di lei, e Psiche cadde a terra proprio sulla via, nel luogo stesso ove aveva posato il piede. E così la giovane giacque

immobile, in tutto simile a un cadavere sepolto nel sonno della morte.

Solo in questo momento Eros arriva a salvare l’amata commentando il suo gesto con poche e tenere

parole:

“Ecce – inquit – rursum perieras, micella, simili curiositate”

“Ecco – dice – che per la seconda volta tu, poverina, ti sei perduta per la stessa curiosità”

A questo punto, si può affermare che il genio canoviano sa mettersi in perfetta sintonia con un

testo letterario: egli, infatti ne interpreta non soltanto le strutture narrative e le allusioni

iconografiche, ma anche l’interna tensione morale, sentimentale e stilistica. A tal proposito, basterà

sottolineare come il gesto delle braccia di Amore circondi tenerissimo il corpo delicatamente

composto e roseo di Psiche, che appare circonfuso da un sottile incanto erotico, pronto a ricevere i

palpiti di carezze conosciute e lungamente attese. È un gesto che compie un rito misterioso

togliendo accuratamente il sonno dall’amata per riporlo nuovamente all’interno del vasetto.

Nel raffigurare Canova evita in parte di accentuare l’elemento drammatico della

Amore e Psiche,

favola, per incentrare l’attenzione sul forte vincolo d’amore che lega le due creature esaltandone la

straordinaria bellezza.

La scultura ha fermato un momento dove la tensione dei giovani corpi è leggera. Si tratta

dell’attimo che precede il bacio, i due infatti, non ancora abbracciati, sono tesi per il momento fatale

che la postura dei fisici e degli sguardi preannuncia.

L'opera rappresenta, con un erotismo sottile e raffinato, il dio Amore mentre

contempla con tenerezza il volto della fanciulla amata, ricambiato da Psiche da

una dolcezza di pari intensità. Le figure sono rappresentate nell'atto subito

precedente al bacio, un momento carico di tensione, ma privo dello

sconvolgimento emotivo che l'atto stesso del baciarsi provocherebbe nello

spettatore. Questo è il momento di equilibrio, dove si coglie quell’istante di

amoroso incanto tra la tenerezza dello smarrirsi negli occhi dell'altro e la

carnalità dell'atto. Le due figure si intersecano tra di loro formando una X

morbida e sinuosa che da luogo all'opera che vibra nello spazio.

Si ha, inoltre, una ricerca formale tesa verso la realizzazione di un tipo di bellezza cristallizzata in

precise rispondenze lineari e volumetriche di impronta classico manieristica. Infatti, il gruppo

marmoreo del 1788 è un capolavoro nella ricerca di

Amore e Psiche

equilibrio. Essa si fa complessa per la posa divergente delle due figure

(che si uniscono, tuttavia, armonicamente mediante l’incrocio delle

diagonali), per il movimento che queste imprimono al gruppo scultoreo e

per la molteplicità dei punti di vista che costringono lo spettatore a girare

intorno all’opera. L’insieme, pertanto, costituisce una forma aperta,

inserita nello spazio pluridirezionalmente, mentre la compresenza di pieni

e vuoti fa sì che questi ultimi siano parte integrante della scultura con la

stessa importanza dei volumi.

In questo squisito arabesco le due figure sono disposte diagonalmente e divergenti fra loro. La

disposizione piramidale dei due corpi così ottenuta è bilanciata da una speculare forma triangolare

costituita dalle ali aperte di Amore. Le braccia di Psiche invece incorniciano il punto focale,

aprendosi a mo' di cerchio attorno ai volti e il movimento circolare si conclude nell'incrocio degli

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