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Sintesi

Un viaggio nell'universo del crimine così come si rispecchia nell'arte, nella storia, e in alcune opere della letteratura classica, italiana e internazionale. Partendo dalla sua origine nella psiche umana, e terminando con le scienze applicate al mondo delle indagini.

Materie trattate: Filosofia, letteratura Italiana, letteratura Latina, letteratura Greca, letteratura Inglese, Storia, Fisica, Biologia, Arte.

Estratto del documento

Il Crimine – Giulia Giorgini Vi Liceo Democrito

di morte storce al suo significato la meta erotica, pur soddisfacendo completamente il desiderio

sessuale. Vi è un godimento narcisistico elevatissimo, poiché offre all’IO l’appagamento dei suoi

desideri d’onnipotenza.

Il più grande ostacolo delle pulsioni è proprio la civiltà. Nella civiltà, nella società tutte le moltitudini

sono legate dalla necessità, da una fratellanza data dalla pulsione di Eros. Ma allo stesso tempo vi

sono pulsioni di Thanatos che pongono ciascuno contro tutti e viceversa e spingono l’uomo a voler

dominare la natura.

Dunque mentre l’impulso sessuale viene trasformato in amore per il prossimo, viene sublimato, la

società non può controllare pienamente la pulsione di morte, e per tentare di limitarla in qualche

modo crea metodi di repressione, come ad esempio il SUPER-IO. E’ grazie a questi metodi che

l’uomo può vivere tranquillamente nella società, a discapito della propria felicità. 4

Il Crimine – Giulia Giorgini Vi Liceo Democrito

“Sosteneva che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che

dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice.

Un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno

cospirato tutta un molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o

groviglio, o garbuglio o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo.”

Nel romanzo “quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, pubblicato nel 1971, è uno dei capolavori

di Carlo Emilio Gadda. Il romanzo tratta di un’indagine apparentemente semplice che

Fino alla fine resterà irrisolta. L’intera storia è la metafora dell’imperscrutabilità della

vicende umane, tema che comunque è facilmente ritrovabile nelle altre opere di Gadda.

Il protagonista è il dottor Ciccio Ingravallo, uomo bonario e di buone maniere, con “una

certa praticaccia del mondo”. Le indagini di questo caso sono spunto di riflessioni profonde e alle

volte azzardate riguardo la vita. La “filosofia” del buon funzionario statale hanno l’aspetto

proverbiale e sentenzioso di antichi proverbi e nella loro apparente ingenuità nascondono una

grande saggezza.

causale apparente, la causale principe, era sì, una. Ma il fattaccio era l’effetto di tutta una

“La

rosa di causali che gli erano soffiate addosso a molinello (come i sedici venti della rosa dei venti

quando si avviluppano a tromba in una depressione ciclonica) e avevano finito per strizzare nel

vortice del delitto la debilitata <ragione del mondo>. Come si storce il collo a un pollo.”

Il tema del gomitolo è quello che Ciccio, dietro cui alle volte si nasconde un filosofico Gadda,

predilige nel definire la vita e , nell’ambito del suo lavoro, il delitto. Ma usa anche un altro

arruffìo, babele, babilonia, baillame, baraonda, magma, meandro, pandemonio,

vocabolario:

pasticcio, bazar, calderone, caravanserraglio, casino, manicomio, polipaio, russia, etc, etc … .

Dunque questo romanzo, indagine della realtà, tenta inutilmente di sbrogliare quel groviglio che è

la vita. Il delitto è la manifestazione patologica, evidente, di un disordine, e allo stesso modo,

l’indagine della polizia è una metafora dell’atteggiamento gaddiano nei confronti del male. Ciò che

caos cosmos.

l’opera arriva a dimostrare è il prevalere del sul L’omicidio non è visto, come in molte

altre opere, nella sua preparazione, esecuzione o in qualche sorta di pentimento, è visto invece nel

suo essere, nella sua essenza. L’omicidio, e più genericamente la morte sono per Gadda quel

pasticcio supremo, indipanabile.

“… quando Liliana aveva già il coltello dentro il respiro, che le lacerava, le straziava la trachea: e il sangue, a

tirà er fiato, le andava giù ner polmone: e il fiato le gorgogliava fuora in quella tosse, in quello strazio, da

parè tante bolle de sapone rosse: e la carotide, la jugulare, buttaveno come due pompe de pozzo, lùf lùf, a

mezzo metro de distanza. Il fiato, l’ultimo, de traverso, a bolle, in quella porpora atroce della sua vita: e si

non più d’uomo,

sentiva il sangue, nella bocca, e vedeva quegli occhi, sulla piaga: ch’era ancora da

belva infinita.

lavorare: un colpo ancora: gli occhi! della La insospettata ferocia della cose…le si rivelava

d’un subito….brevi anni! Ma lo spasimo le toglieva il senso, annichiliva la mente, la vita.

Una dolciastra, una tepida sapidità della notte.”

Questa descrizione della scena del delitto è molto interessante nella sua rappresentazione non tanto

tragica quanto spietata. Cruda. Il contrasto tra le mani bianche della vittima, e le mani d’ombra

dell’assassino. La determinazione del movimento derivato dalla pulsione di morte, e la vaghezza e

l’incertezza dei movimenti della vittima, indifesa e indifendibile. Il disequilibrio della vita.

Gadda utilizza un attentissimo lessico, molto curato e dettagliato. Nessuna parola è lasciata al caso, tutte

sembrano farsi custodi di un senso che sembra semplice, banale, ma è invece addirittura incomprensibile,

come lui stesso scriverà in questo romanzo. 5

Il Crimine – Giulia Giorgini Vi Liceo Democrito

Molto bella la descrizione della trasformazione dell’uomo in belva, non belva comune ma belva infinita.

Dotata di una ferrea e decisa irrazionalità. Della vittima non resta che il cadavere, cioè una sorta di

concretizzazione, materializzazione del disordine della tempesta degli eventi. L’omicidio sembra essere solo

una manifestazione di quel turbinio di cause ed effetti che travolge la nostra esistenza.

Il concetto di caos resta ambiguo in Gadda. Alcuni studiosi distinguono questo caos in positivo e negativo.

Il caos positivo è un indizio di vitalismo, proprio di ogni forma vivente, è quello che Gadda definisce “caos

organato”, forse lo possiamo liberamente intendere come una sorta di creatività.

Il caos negativo è il prodotto delle disfunzioni e delle inadempienze sociali dell’uomo, il quale mette in

disordine dove invece è necessario fare ordine. In questo romanzo il caos negativo è rappresentato dalla

morte, vista come disgregazione di un sistema, di un organismo strutturato, morte, appunto intesa come

pasticcio supremo. 6

Il Crimine – Giulia Giorgini Vi Liceo Democrito

TERESA RAQUIN

omicidio, pentimento, suicidio

Teresa Raquin, che inaugura la grande stagione artistica di Zola, è una delle

opere più rappresentative del realismo francese.

Sposata infelicemente a Camillo, un uomo debole e malato che lei considera un fratello,

Teresa si lascia sedurre da Lorenzo, ex pittore nullafacente, ora esclusivamente

nullafacente, nonché cinico e parassita. Insieme vivono una storia passionale ostacolata

esclusivamente dalla presenza di Camillo e da sua madre, la signora Raquin. Teresa e

Lorenzo concepiscono e attuano l’assassinio di Camillo, e con loro sfortuna non verranno

accusati, né sospettati di omicidio.

In questo romanzo, definito dall’autore un grande studio psicologico e fisiologico, Zola

vuole raccontare, nella secchezza bruciante di un referto clinico, la storia di una

degradazione. L’opera che ne risulta è dunque scabrosa, un vero e proprio romanzo in

nero, appassionante ed inquietante.

Nel romanzo la figura di Teresa è molto significativa. Il personaggio di Teresa va visto

nella sua completa evoluzione. Inizialmente Teresa è una bambina a cui vengono negate la

famiglia e le amicizie; successivamente è una ragazza a cui viene negata la libertà, la

scoperta dell’amore e a cui vengono imposte la reclusione, la solitudine e l’angosciante

pensiero di dover sposare il cugino, più grande, malato immaginario ed egocentrico.

Teresa sin da giovane sente represse in se quelle pulsioni vitali che tutti hanno per natura.

Soffre per questa reclusione interiore. Adulta incontra Lorenzo, amico del marito. In lui

vede la rappresentazione di quella brutalità e violenza che le è sempre mancata nell’aurea

vaporosa e tenue di tutta la sua esistenza precedente. Si abbandona ad un sentimento

perverso ed estremo al fine di ripagare gli anni di nevrosi vissuti, o meglio non vissuti.

Il perno della vicenda è naturalmente l’omicidio di Camillo. Teresa viene costretta da

Lorenzo ad attuare il piano. Resterà per anni in silenzio; anni trascorsi nel modo peggiore

e più infimo, condividendo con Lorenzo non più l’amore ma un sentimento di vago odio,

repulsione. La macchia, invisibile agli occhi della società perbenista e cieca dell’epoca,

diviene per Teresa e Lorenzo sconfinata. A questo proposito è bene citare una frase che

gli “amici” della coppia dicono prima di uscire da casa Raquin, il giorno in cui i due,

disperati, si suicideranno: “c’è puzza di onestà qua dentro, ecco perché ci si sta bene.

Questa stanza è il tempio della pace”.

L’inferno privato di Teresa cresce, e così nel segreto cresce anche quello di Lorenzo, ora

divenuto suo nuovo marito. L’omicidio in questo romanzo è visto come vendetta non ben

congegnata. Teresa, nella coppia l’unica veramente razionale, si lascia miseramente

confondere da Lorenzo, e salta a conclusioni più che affrettate. Medita l’omicidio senza

tentare rimedi diversi, come la fuga. Nello stesso modo irrazionale sopraggiungerà la fine:

“Teresa e Lorenzo giunsero, ognuno per proprio conto, alla conclusione che solo un

nuovo delitto poteva cancellare per sempre ogni conseguenza del primo. S’imponeva

assolutamente che uno di loro sparisse per assicurare all’altro un po’ di riposo. Nel corso

dei loro pensieri, erano giunti entrambi a considerare un’identica possibilità. Tutti e due

sentirono che era necessario dividersi, strapparsi risolutamente uno dall’altro e decisero

che quella separazione doveva essere eterna. Non si fermarono nemmeno a contemplare

altre possibilità, accettarono quella soluzione come l’unica garanzia di salvezza.

Lorenzo decise di uccidere Teresa per il pericolo che rappresentava, dato che poteva con

una sola parola causare la sua rovina, oltre che le sofferenze che gli procurava la sua

presenza.

Teresa decise di uccidere Lorenzo per le stesse ragioni.” L’assenzio Edgar Degas 7

Il Crimine – Giulia Giorgini Vi Liceo Democrito TACITO

Il Matricidio

Annales XIV

Della vita di Cornelio Tacito sappiamo

ben poco, ed esclusivamente grazie ad

alcune lettere di Plinio il Giovane.

Probabilmente nacque intorno agli anni 55-57. Compì il tradizionale corso di studi destinato ai giovani che

avrebbero intrapreso incarichi pubblici. La sua famiglia doveva essere agiata e ben nota, come dimostrano

l’amicizia con Plinio il Giovane ed il matrimonio, nel 78, con la figlia di Giulio Agricola, uno dei militari più in

cursus honorum

vista del tempo. Probabilmente fu proprio grazie a questo che egli poté intraprendere il

entrando così a far parte del senato romano. Fu questore forse già sotto Vespasiano, edile o tribuno della

plebe sotto Domiziano e nell’88 raggiunse la pretura, diventando anche membro onorario dell’antichissimo

collegio sacerdotale dei quindecemviri. Nell’ 88/89 insieme alla moglie lasciò Roma per alcuni incarichi

importanti in Germania o nella Gallia Belgica. Alla fine del regno di Domiziano si ritirò a vita privata,

tornando al pubblico impiego nel 97/98, e fu console sotto Nerva, mentre con Traiano ebbe il proconsolato

dell’Asia. Degli ultimi anni non sappiamo molto, eccetto che morì quasi sicuramente dopo il 117, all’inizio del

regno di Adriano.

Cosa ci racconta il testo

Nel 59, dopo anni di tensione, Nerone decide di liberarsi della madre, troppo invadente ed

ambiziosa, cosa non facile dal momento che Agrippina, figlia di Germanico e sorella di Caligola,

aveva una grande influenza sulle milizie. Dunque incarica un sinistro liberto, Aniceto, che anni

dopo aiuterà Nerone ad eliminare anche Ottavia, di escogitare un piano. Ma questo piano fallisce e

Nerone chiama a consiglio Burro e Seneca. Sarà proprio Seneca ad escogitare il nuovo piano, che

verrà questa volta attuato da Aniceto e da alcuni sicari presi dall’esercito. La narrazione,

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