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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: INFINITO: l'assoluto e i limiti dell'universo
Autore: Grassi Luigi
Descrizione: attraverso questa tesina ho cercato di analizzare l'idea di infinito nei vari modi in cui essa si è presentata. in particolare ho evidenziato la prospettiva scientifica, quella metafisico-filosofica e l'idealizzazione, a mio avviso particolarmente sign
Materie trattate: Fisica, Matematica, Scienze, Filosofia, Arte, Letteratura Italiana
Area: scientifica
Sommario: fisica e scienze: l'infinito nella cosmologia, le prospettive della rivoluzione scientifica (Galileo e Keplero), quelle della cosmologia moderna (Schwarszchild, Einstein, Hubble) matematica: l'infinito matematico (la scuola Pitagorica, uso dell'infinito), le geometrie non euclidee (Gauss), l'idealizzazione dell'infinito filosofia: l'infinito nel piano metafisico come infinitezza o assoluto, il cosmo finito o infinito (Anassimandro, gli atomisti, Parmenide, Aristotele, concezioni medievali, Nicola Cusano, Giordano Bruno, lo scetticismo nella Rivoluzione scientifica, la conoscibilità dell'infinito in Kant); l'infinito nel Romanticismo, le vie per l'Assoluto, il rapporto con la natura arte: l'infinito nella natura (Caspar David Friedrich e William Turner) letteratura italiana (l'infinito di Giacomo Leopardi)
della sua infinita potenza creatrice. La sua argomentazione si basa sul relativismo di ciò che si osserva:
cioè sul fatto che, allo spostarsi dell’osservatore, l’eventuale orizzonte che l’osservazione incontra
cambierebbe anch’esso posizione. L’osservatore apparirebbe sempre al centro di tale limite
apparente. Questo porta Bruno a eliminare la sfera delle stelle fisse e a immaginare un numero infinito
di stelle sparse in ogni direzione: affermando non solo l’infinitezza dell’universo, ma anche quella dei
mondi, considerando ogni stella visibile come un Sole simile al nostro dotato di un proprio sistema
planetario. In Giordano Bruno si avverte inoltre anche l’ebbrezza dell’infinito, una sensazione di
liberazione determinata dall’allargamento dei confini umani fino all’infinito. Se in precedenza vi era un
cosmo finito, nel quale l’azione della ragione era limitata al mondo sublunare, ora il nuovo universo
appare perfetto proprio perché infinito e immagine di un Dio dalla potenza creatrice infinita: tale
infinità, appartenendo alla dimensione concreta, appare inoltre accessibile all’intelletto nelle leggi che
la determinano.
IL PENSIERO NELLA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA
Questo è il panorama che accompagna la piena affermazione della rivoluzione astronomica. l’infinito
concepito come assoluto e appartenente alla dimensione metafisica è sostituito da una nuova idea di
un infinito che l’uomo può individuare nel mondo fisico e attribuire alla natura e all’universo: un
infinito in tal modo accessibile all’esperienza diretta, precisamente individuato nello spazio e nel
tempo, contrapposto a un piano metafisico ora sciolto da qualsiasi dimensione spaziale o temporale.
Con la rivoluzione scientifica questa idea conoscerà la massima diffusione: essa costituisce il pieno
superamento da parte dell’uomo delle concezioni medievali e la piena realizzazione dell’autonomia di
pensiero già esaltata nel Rinascimento.
Nella realizzazione di tale rivoluzione si assiste alla
nascita della scienza moderna, ad opera
soprattutto di Galileo: la sua scienza costituirà
l’evoluzione della filosofia naturale verso
un’indagine razionale della natura, fondata
sull’esperienza diretta dei fenomeni. Alla figura del
filosofo si affianca quella dello scienziato, che
utilizza gli strumenti cognitivi della filosofia, la
ragione e il pensiero, riferendoli unicamente
all’esperienza e alla definizione delle leggi che
regolano l’universo: leggi scritte in linguaggio
matematico, che individuano una
matematizzazione del cosmo in luogo della Il cosmo eliocentrico e infinito nella
precedente geometrizzazione. Rivoluzione Scientifica
Galileo, il primo a definire i caratteri della scienza moderna con la formulazione del metodo scientifico,
individua proprio nel linguaggio matematico l’essenza dell’universo, la piena definizione del mondo
fisico: la legge matematica ha carattere oggettivo e universale, è una sorta di essenza matematica, e
compito dello scienziato è quello di svelarla a partire dai dati empirici. L’esperienza diretta porta
Galileo a confermare la natura materiale dei corpi celesti, e in particolare la sua risoluzione della Via
Lattea in una miriade di stelle sembra dare ragione all’idea di Bruno dell’universo infinito e della
pluralità dei mondi. Tuttavia Galileo dimostra nei confronti dell’infinito un atteggiamento scettico:
secondo lui l’esperienza non è in grado, da sola, di stabilire se l’universo sia finito o infinito, e una
presa di posizione in merito apparirebbe come una pura speculazione filosofica. Keplero va anche
oltre, attribuendo all’infinito un carattere pienamente metafisico. L’infinito attuale dell’universo è per
lui un prodotto del pensiero, una speculazione attuata per poter comprendere e interiorizzare ciò che
per vastità sfugge alla comprensione dell’intelletto: non essendo direttamente constatabile attraverso
l’esperienza l’infinito è privo di valore scientifico. L’infinito è tuttavia recuperato da Newton
e dalla sua cosmologia basata sull’azione a
distanza di una forza attrattiva universale,
la forza gravitazionale, che ha la massa
come sorgente: egli ritiene infatti che gli
astri e, più generalmente, tutti i corpi si
muovano in uno spazio assoluto,
un’attualizzazione dello spazio euclideo. Lo
spazio fisico si identifica con questo spazio
assoluto, assolutamente inalterabile e
infinito in ogni direzione: pianeti e stelle si
muovono lungo traiettorie curve nello
Lo spazio assoluto di Newton spazio euclideo infinito, tessuto da raggi
luminosi che si muovono su traiettorie
rettilinee. La luce individua la struttura dello spazio assoluto costituendone le “rette” euclidee. Si
tratta questa di una concezione che stabilisce per la prima volta non un ordine geometrico
sovrapposto a uno spazio generico e indefinito, ma una precisa struttura geometrica che caratterizza
lo spazio stesso: lo spazio viene in tal modo sostanzializzato. Si tratta di una teoria che dominerà il
panorama scientifico per quasi due secoli, influenzando anche l’indagine filosofica oltre a quella
scientifica.
ANCORA METAFISICA: LA SOSTANZA
Gli anni della rivoluzione scientifica, nonostante la nascita del moderno scienziato volto allo studio
empirico della realtà, sono comunque caratterizzati da un ritorno alla dimensione del trascendente e
dell’assoluto: è il caso della scuola filosofica razionalista, che mira a individuare una definizione
aprioristica della realtà, condotta cioè da una ragione precedente rispetto alle particolarità
dell’esperienza sensibile. Gli esponenti di tale scuola, Cartesio, Spinoza e Leibnitz, puntano quindi ad
individuare la sostanza, l’entità che costituisce l’essenza della realtà e ne conferisce giustificazione: è
quindi un ritorno sul piano dell’infinito inteso come assoluto, e che si realizza attraverso il dualismo
cartesiano tra res cogitans e res extensa, di cui Dio viene assunto come denominatore comune, nel
Deus sive Natura spinoziano, o ancora nelle monadi di Leibnitz. È importante notare come il concetto
di Sostanza sia considerato frutto dell’intuizione immediata, piuttosto che di un’indagine razionale
definita: essa è infatti piuttosto volta alla definizione dei caratteri della sostanza.
I filosofi razionalisti non negano tuttavia l’infinito cosmologico, e anzi riprendono le posizioni
platoniche incentrate su un dualismo tra il piano metafisico e quello fisico, sebbene gli esiti siano
differenti da quelli newtoniani. Cartesio concepisce infatti lo spazio come insieme di materia fluida e
incoerente, nella quale il movimento di corpi solidi produce vortici e correnti che sono alla base delle
dinamiche celesti; Leibnitz considera invece uno spazio definito solamente dall’estensione della
materia e dalla reciprocità delle posizioni dei corpi, privo cioè di una struttura propria. Tuttavia
Cartesio attribuisce anch’egli una struttura geometrica e matematica allo spazio, associando a ogni
punto dello spazio una terna di numeri, la coordinate cartesiane, che ne identifica la posizione;
Leibnitz è invece, insieme allo stesso Newton, l’inventore del calcolo infinitesimale, che razionalizza
dal punto di vista matematico l’idea di infinitesimo, di quantità infinitamente piccola.
4: L’INFINITO: KANT E LA SCIENZA MODERNA
La cosmologia introdotta da Newton segna un vero e proprio trionfo dell’infinito cosmologico,
dell’idea di un universo infinito dal punto di vista spaziale e temporale. È questa, quindi, l’idea
dominante che accompagna l’avvento dell’Illuminismo: una corrente di pensiero, caratteristica
dell’intero periodo storico che va dalla fine del 1600 ai primi anni del 1800, che si fonda sull’assoluta
fiducia nei mezzi e nelle possibilità proprio della ragione. Il pensiero razionale è visto come una luce
capace di illuminare la via della piena realizzazione dell’uomo, al riparo dai pregiudizi e nella totale
affermazione di valori universali e assoluti di stampo laico: con una visione razionalista del mondo il
pensiero illuminista si pone come erede del Rinascimento e della rivoluzione scientifica. In ciò esso
attribuisce piena fiducia alla nuova scienza empirica come disciplina capace non solo di ampliare la
conoscenza e di pervenire alla piena definizione della realtà, ma anche di produrre miglioramenti
pratici nelle condizioni dell’uomo. In tale visione si realizza per la prima volta il predominio della
scienza, disciplina razionale per eccellenza: si manifesta la sua superiorità rispetto alle altre discipline
nel definire le leggi insite nella natura attraverso l’oggettività del linguaggio matematico.
Si tratta di un’idea che condiziona pesantemente la successiva indagine sull’idea di infinito, poiché la
ricerca filosofica su tale concetto si legherà al nuovo atteggiamento critico. La ragione illuminista
opera cioè anche effettuando una critica della conoscenza, finalizzata ad individuare le sue possibilità
e i suoi limiti, a capire cioè che cosa nella realtà sia effettivamente conoscibile con certezza scientifica.
Tale impostazione filosofica porta il pensiero illuminista, e soprattutto Kant, a negare la possibilità
della conoscenza del piano metafisico, ad eliminare quindi la possibilità di accedere all’infinito come
assoluto: è cioè impossibile ottenere una conoscenza certa della realtà andando oltre il piano della
sensibilità.
IL PENSIERO DI KANT
Il primo Kant, tuttavia, rimane affascinato dall’idea di un cosmo infinito: lo fa in un’opera di gioventù,
la Storia universale della natura e della teoria del cielo, nel quale afferma come l’inimmaginabile
numero di corpi celesti visibili nel cielo notturno non possa che presupporre una loro distribuzione in
numero e distanza infiniti. Si assiste però a un rovesciamento di posizioni nel suo successivo pensiero
critico, in particolare nella Critica della ragion pura: un’opera che costituisce, a detta dello stesso Kant,
una vera e propria seconda rivoluzione copernicana nel panorama filosofico e culturale.
Egli afferma prima di tutto, nell’Estetica trascendentale e nella Logica trascendentale, come la
conoscenza teoretica, la conoscenza certa, avvenga attraverso un giudizio sintetico a priori: essa non
deriva cioè dalla semplice acquisizione da parte del soggetto dell’informazione relativa all’oggetto, ma
dalla determinazione dell’oggetto da parte del soggetto stesso. Egli possiede nella mente delle
categorie, che vengono applicate ai puri dati sensibili per permetterne la percezione e
l’interiorizzazione, ovvero per determinarli come fenomeni: al fenomeno si contrappone il noumeno,
l’oggetto in sé, precedente rispetto alla percezione fenomenica. Afferma in particolare come il
noumeno sia inconoscibile, non possa essere definito nella sua effettiva natura. L’infinito è visto come
una realtà noumenica: nelle Antinomie dialettiche si dimostra l’impossibilità di determinare se
l’universo sia finito o infinito, spazialmente o temporalmente.
Kant attribuisce inoltre a spazio e tempo il carattere di forme pure della sensibilità: funzioni
trascendentali, categorie dell’intelletto precedenti rispetto all’esperienza. È la fine delle visioni
tradizionali di spazio e tempo come caratteri sostanzializzati della realtà, dotati di un’esistenza
oggettiva: lo spazio e il tempo non sono percepiti insieme ai dati sensibili, sono entità che
costituiscono le modalità e le condizioni della percezione sensibile. Tuttavia ad essi continua ad essere
attribuita a spazio e tempo una condizione di necessità e universalità: caratteri derivanti dal fatto che
tali intuizioni pure accomunano tutti gli esseri razionali e il loro modo di percepire e conoscere la
realtà. Dall’intuizione pura di spazio precedente al dato empirico deriva inoltre la geometria, che può
quindi essere utilizzata per definire la struttura spaziale del mondo fisico: ed essendo l’intuizione di
spazio corrispondente allo spazio euclideo si ha un’assolutizzazione della geometria euclidea, che una