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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: La macchina di Wimshurst

Autore: Zetti Ganluca

Descrizione: questa tesina si propone, attraverso un percorso semplificato, di esporre la mia esperienza nella costruzione della macchina, e di descriverne in modo esauriente il principio di funzionamento. (se necessario sarò lieto di inviare ulteriore materiale,

Materie trattate: Fisica

Area: tecnologica

Sommario: Fisica: elettrologia, elettrostatica, induzione, capacità , differenza di potenziale, condensatore Storia (breve inquadratura del periodo storico): l'800' e l'inghilterra, "imperialismo", industrializzazione, nuove tecnologie e ferrovia

Estratto del documento

Solo in seguito mi balenò l’idea di poter sfruttare questo geniale e

misterioso fenomeno di elettrologia il quale, oltre all’osservazione ed alla

descrizione, si sarebbe prestato all’applicazione della seconda modalità di

approccio, quella teorico-intuitiva, a me più cara e congeniale.

Decisi dunque di cimentarmi seriamente in questa sfida

impegnativa considerata la scarsità di mezzi pratici a mia reale

disposizione (senza un laboratorio meccanico, ecc.), limitando il più

possibile gli aiuti esterni che tuttavia, in alcune circostanze, si rivelarono

indispensabili e privi d’alternativa.

Iniziando l’opera, ed inoltrandomi in essa, provai ripetutamente

una sensazione di gioia impaziente amalgamata ad una corrosiva

incertezza, che probabilmente è la sensazione provata da chi, almeno per

una volta, è convinto di mettere alla prova anche una sola piccola grande

parte dell’incredibile “realtà” che ci circonda; e che, a dispetto di quanto si

possa supporre, è solo in parte conosciuta.

Mettendo in prima persona le mani in questa “realtà”, mi parve

inoltre, in pochi lucidi frangenti, di lasciare un piccolo tributo personale a

tutta quella serie di esperienze, attività ed atteggiamenti che, nel corso di

questi ultimi anni mi hanno segnato e stuzzicato, cambiandomi, ed

inducendomi ad un nuovo modo di vivere alla ricerca soprattutto di

“consapevolezza”. Seguendo e nutrendo quella latente ma indomabile

curiosità nei confronti di tutto quello che chiamiamo “realtà”. Ed in fondo

tutto ciò cos’è, se non, metodo scientifico.

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2. La macchina di chi? un po’ di storia

James Wimshurst nacque a Poplar in Inghilterra il 13 aprile

1832. Grazie all’agiatezza della propria famiglia poté ricevere una valida

educazione culturale.

L’Inghilterra del XIX secolo estendeva il suo dominio

incontrastato nei mari, slanciandosi in un’espansione coloniale che, dopo le

americhe, faceva rotta alla volta di Africa ed Asia, ponendo le basi per

quella che di li a poco divenne la celebre politica dell’“Imperialismo”.

Tale espansione verso le nuove frontiere del colonialismo, risultava

essenziale, tra gli altri motivi come il commercio, per il reperimento delle

materie prime necessarie all’approvvigionamento ed al sostentamento di un

sistema economico, quello inglese, basato sull’industrializzazione

massiccia.

Nel periodo in cui l’Inghilterra ancora non sospettava la grande crisi

congiunturale che si sarebbe abbattuta nel 1873, causata dall’instabilità del

sistema economico eretto e dalla speculazione; essa volò sulle ali della

crescita, apportata dall’utilizzo di nuove tecnologie applicate al sistema

industriale. Di estrema importanza per tale crescita fu l’espansione del

tessuto ferroviario nazionale, il quale, in Inghilterra prima che in ogni altra

parte del mondo, crebbe incredibilmente in quegli anni, collegando tutte le

maggiori città nazionali. Questa esponenziale rivoluzione dei trasporti

rappresentò una manna per l’industria siderurgica, nella quale anche James

Wimshurst tra le altre migliaia di lavoratori, trovò occupazione, la quale in

tutta Europa solo per la costruzione dei binari impiegò circa 5 milioni di

tonnellate di acciaio.

Sposatosi nel 1864 con Clare Tubb, nel 1865 abbandonò l’impiego

alle fonderie del Tamigi e, trasferitosi a Liverpool lavorò per circa un

decennio al Liverpool Underwriters’ Registry. Dopodiché la sua carriera

proseguì, portando l’abile e scaltro ingegnere ad assumere una carica nel

“Board of Trade”, la camera di commercio inglese, della quale sarebbe

diventato rappresentante nel 1890.

Wimshurst, fu inventore ed ingegnere, curioso ed attivo

sperimentatore, e dedicò grande quantità del suo tempo libero all’attività di

ricerca sperimentale. I suoi interessi vertevano particolarmente nel campo

dell’elettrologia e dell’elettrodinamica, tuttavia soleva destreggiarsi anche

in campi totalmente differenti; inventò difatti una caratteristica pompa a

vuoto, utile per indicare la stabilità di una nave, ed elaborò diversi metodi

per collegare elettricamente i fari alla terraferma.

- 5 -

Circa dal 1878 si specializzò nella sperimentazione di apparecchi e

generatori elettrostatici, non tanto spinto dalle motivazioni che oggi

riterremmo maggiormente plausibili per un’attività di ricerca sperimentale

in campo elettrostatico. Infatti essi non erano finalizzati alla produzione di

energia, ma, in parte alla ricerca scientifica e soprattutto, come molto

consueto in quel periodo, all’intrattenimento nei salotti di nobiltà e

borghesia.

Disponendo di un laboratorio versatile nella sua casa di Clapham,

il quale vantava una grande quantità e varietà di attrezzi e macchinari, poté,

sebbene mai li brevettò, costruire e modificare generatori elettrostatici

ideati da W. Nicholson, F.P. Carrè e W.T.B. Holtz; rivisitò e ricostruì,

carpendo il meglio dai suoi predecessori, ed infine dopo svariate modifiche

giunse alla sua definitiva creazione: la macchina di Wimshurst.

Per il rilievo della sua attivita sperimentale in campo elettrostatico divenne

nel 1989 membro dell’Institute of Electrical Engineers.

Dal 1896 , la sua macchina, espansa ad una struttura a dischi

multipli, fino ad otto, (simile a quella osservabile in figura 2), trovarono

grande impiego come generatori di raggi Roentgen per la radiografia e

l’elettroterapia.

F

igura 1. Macchina di Wimshurst a dischi multipli per l’elettroterapia

- 6 -

Per il grande contributo apportato alla scienza medica, James

Wimshurst venne eletto Fellow della Royal Society pochi anni dopo, nel

1898.

Morì a Clapham, il 3 gennaio 1903, all’età di 70 anni.

Figura 2. James Wimshurst

3. Cos’è la macchina di Wimshurst?

La macchina dell’omonimo inventore è uno storico generatore

elettrostatico a induzione in grado di generare alti voltaggi. Produce

scariche elettriche (fino ad addirittura 100.000 V) di varia misura, visibili e

relativamente pirotecniche, anche grazie all’ulteriore potenza garantita da

due condensatori.

Si tratta di un apparecchio discretamente noto ed utilizzato, ad oggi, nei

laboratori scientifici delle scuole superiori di tutto il mondo; tuttavia,

nonostante la sua notorietà, il suo reale, effettivo e dettagliato principio di

funzionamento è tutt’altro che chiaro. In realtà esistono diversi interventi

sulla rete (e sezioni ad essa dedicate nelle enciclopedie della fisica) che

tentano di descriverne il meccanismo senza purtroppo però riuscire ad

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essere totalmente esaurienti o quantomeno convincenti. Ogni descrizione,

pur partendo dai medesimi principi di fondo finisce col dissolversi pian

piano, in un alone di incertezza e superficialità.

Inizialmente ero sicuro che, prima o dopo, sarei giunto in possesso

di una descrizione definitiva, dettagliata, chiara e completa della mia opera

in cantiere. Dovetti infine rassegnarmi in quanto le mie speranze di

pervenire a qualcosa di concreto si rivelarono vane; sebbene, prestando

attenzione e setacciando i vari articoli rinvenuti, ho potuto delineare una

sufficientemente valida idea di fondo come una sorta di puzzle composto

di pezzi provenienti da scatole differenti. La mia personale, imperfetta,

opinione strutturale, coltivata scremando il materiale trovato sulla rete, ha

potuto riscontrarsi in parte smentita ed in parte confermata e perfezionata

grazie al confronto con alcuni professori; uscendone in definitiva

trasparente e convincente.

La macchina di Wimshurst è composta essenzialmente da due

apparati, quello meccanico comprendente dischi, supporti e pulegge, e

quello elettrico composto da spazzole neutralizzatici, pettini collettori,

condensatori, e sferette di scarica.

Apparato meccanico

L’ apparato meccanico è relativamente il più semplice, ma solo dal

punto di vista teorico, in quanto in fase di sviluppo e progettazione fece

dannare non poco rivelandosi decisamente ostico.

Esso è costituito da due dischi solitamente di diametro compreso

tra i 30 ed i 40 cm (32 cm in quella da me prodotta), di materiale isolante,

in grado di ruotare su di un medesimo asse ad una distanza di pochi

millimetri. I due dischi ruotano contemporaneamente in senso opposto e

tale rotazione è determinata da un sistema di pulegge le quali, se azionate

per mezzo d’una manovella, grazie alle cinghie imprimono il moto ai

dischi.

Sui dischi sono applicati radialmente dei settori metallici, anche

comunemente dette placchette. Essenziale è che esse siano in numero pari,

per garantire la simmetria tra le due metà del disco determinando, per ogni

settore in una metà, un settore simmetrico nella metà opposta.

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Apparato elettrico

Per quanto riguarda l’apparato elettrico è utile procedere per gradi.

Le due spazzole neutralizzatici, una per ogni disco, sono dei tubetti

metallici agli apici dei quali fuoriescono frange di fili di rame. Esse sono

fissate esattamente a livello del mozzo sul quale ruotano i dischi ed hanno

il compito di mettere in contatto i settori metallici opposti mediante lieve

sfregamento.

Queste spazzole neutralizzatici dovrebbero essere poste in modo da

formare tra loro un angolo di 90 gradi. Dunque l’angolo tra le spazzole e la

linea dell’orizzonte dovrebbe risultare all’incirca di 45 gradi. In realtà

questi valori non sono strettamente vincolanti il funzionamento della

macchina, sono i più comuni, ma pare possa funzionare analogamente con

altre angolazioni delle spazzole.

I pettini collettori raccolgono le cariche presenti sui settori. Essi

sono (di nuovo uno per disco) due tubetti metallici ad U che abbracciano i

dischi a livello del diametro orizzontale. Su di essi sono applicate altre

frange in rame; proprio queste frange si occupano di “pettinare”, o meglio

raccogliere le cariche presenti sui settori. Tale raccolta può avvenire sia per

lieve strofinio che per induzione, lasciando cioè le frange ad una breve

distanza dai settori in modo da sfruttare l’effetto punta, pronunciato in

corrispondenza delle estremità delle frange.

I due condensatori, simili al classico modello storico di bottiglia di

Leyda, svolgono naturalmente la funzione di accumulare le cariche

raccolte dai pettini collettori. Quando questi raggiungono la massima

quantità di carica accumulabile, l’uno con cariche di segno opposto

all’altro, avverrà una scarica mediante le due sferette di scarica.

Le sferette di scarica garantiscono che la scarica, dovuta ad una

differenza in potenziale, non si verifichi in un punto casuale della

macchina, ma saetti proprio tra esse. Questi poli della macchina possono

essere solitamente spostati e distanziati a piacimento in modo da vedere

scariche di diversa lunghezza e, dunque, di diversa intensità.

- 9 -

Quanto detto in questa sezione può essere riassunto nella sottostante

rappresentazione schematica frontale:

Figura 3.

La prima presentazione della macchina di Wimshurst è conclusa;

tutto sommato può non apparire un macchinario tanto complesso. In realtà

questo è stato solo il primo incontro, per il lettore, con la scintillante

ideazione dell’inventore inglese. In altre parole, in questa sezione sono

stati presentati i fondamentali, le linee generali utili alla comprensione

delle sezioni successive che si riveleranno certamente più articolate,

complesse, ma di gran lunga le più interessanti.

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4. Costruzione della mia macchina di Wimshurst

Quando decisi di imbarcarmi in questa avventura ero consapevole

delle difficoltà che tale progetto avrebbe comportato. In realtà, come

spesso accade, chi si trova a dover tradurre nella pratica dei progetti teorici,

mettendosi all’opera scopre a sue spese come l’effettiva realizzazione si

riveli decisamente più complessa ed ostica del previsto; e soprattutto,

quanto l’esito positivo di ore di lavoro sia tutt’altro che scontato.

Progetto dinamico

Naturalmente, ogni opera è preceduta da un progetto; e proprio qui

riscontrai la mia prima difficoltà: scorrendo i diversi articoli presenti

sull’internet fu impossibile trovare una “ricetta”, una vera e propria linea

guida, un progetto, al quale aggrapparmi e dal quale sviluppare, con

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