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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: La ricerca della felicità
Autore: Anna Marano
Descrizione: La felicità è qualcosa che possiamo solo inseguire e forse non riusciremo mai a raggiungere". Queste sono le parole del protagonista del film il quale, dopo tutta una serie di peripezie per uscire dallo stato di povertà a cui era ridotta la sua vita, riesce ad ottenere il lavoro tanto desiderato e vivere quel "momento di felicità " e che lo porterà a realizzare il sogno di una vita migliore. Ma che cos'è la felicità ? È una condizione di benessere, è quell'insieme di emozioni e sensazioni del corpo e dell'intelletto che procurano beatitudine e gioia in un momento della nostra vita. Non è un'emozione oggettiva, ma è una ricerca individuale: ognuno ha la propria concezione di "felicità " e nel corso della vita impara a cercarla. Infatti, la ricerca della felicità accompagna l'uomo fin dalla sua comparsa; questo tema appassiona da sempre l'umanità : Ognuno si trova a pensare, descrivere, cercare questo stato di benessere.
Materie trattate: Italiano (Leopardi), Latino (Seneca), Filosofia (Freud), Greco (Epicuro), Inglese (Oscar Wilde), Storia (la dischiarazione d'Indipendenza degli Stati Uniti e il diritto alla felicità )
Area: umanistica
Al centro del pensiero di Leopardi si pone subito un motivo pessimistico, l’infelicità dell’uomo. La
causa di questa infelicità è identificata con il piacere, sensibile e materiale. Ma l’uomo non desidera
Nasce dunque nell’uomo un senso
un piacere qualunque, ma IL piacere, infinito e irraggiungibile.
di insoddisfazione ed è necessariamente infelice. In questa prima fase, la natura è vista come
benigna, in quanto ha offerto all’uomo le illusioni come rimedio. Per questo motivo gli uomini
primitivi erano più felici, in quanto erano più vicini ad essa e meno a contatto con il progresso.
Questa fase è dunque detta di pessimismo storico, poiché la condizione negativa in cui vive l’uomo
è vista come un processo storico. Ma questa concezione entra in crisi, e il poeta capisce che in realtà
la natura ha messo nell’uomo quel desiderio di felicità infinita senza avergli dato i mezzi per
soddisfarlo. Leopardi attribuisce dunque la responsabilità di tutto questo al fato, proponendo una
concezione dualistica (natura benigna contro fato maligno). Ma anche questa teoria entra in crisi,
per cui leopardi arriva al concetto di natura maligna, indifferente alla sorte degli uomini. Questo
detto cosmico, è espresso molto bene nel “dialogo
pessimismo legato ad una condizione assoluta,
della natura e di un islandese” (contestualizzazione).
(a seconda del tempo a disposizione, si può anche leggere e contestualizzare il “dialogo di un
venditore di almanacchi e di un passeggere”: l’illusione di poter ottenere la felicità si proietta
nel futuro, poiché l’esperienza dimostra che la vita trascorsa è stata infelice.)
nell’ignoto,
INTRODUZIONE
Seneca tratta del modo in cui raggiungere la felicità nel De vita beata. Esso si può dividere
essenzialmente in due parti: nella prima delinea quale sia la vita felice. Alla felicità tutti mirano
nella vita, ma molti sbagliano nel definirla e nel trovarla. Essa deve fondarsi non sui beni apparenti,
ma solidi e stabili. Senza la virtù, piacere in se stessa, non si può essere veramente felici; gli altri
quest’ideale
piaceri sono con essa inconciliabili; nella seconda parte Seneca specifica che è difficile
da raggiungere concretamente, anche per i filosofi, in quanto siamo presi dai nostri limiti umani e
dalle nostre necessità. Per giustificare questo Seneca scrive che la tensione verso la virtù avviene
per gradi ed entro compromessi, per cui si può godere dei beni materiali senza attaccarsi troppo ad
essi.
IL TESTO
Tutti gli uomini vogliono essere felici, ma nessuno riesce a vedere bene cosa occorra per rendere la
vita felice. La felicità non è la stessa per tutti; bisogna dunque evitare di seguire la massa e cercare
il proprio percorso in quanto, anche se può sembrare paradossale, ciò che dice la maggioranza è il
parere peggiore; bisogna cercare ciò che è bene fare, non ciò che è fatto più frequentemente. Seneca
vive secondo la natura umana, e ciò si può fare solo se lo spirito è sano, forte e paziente, ed è
l’uomo
premuroso di procurarsi gli altri beni che allietano la vita senza diventarne schiavi. Infatti,
felice è colui che si accontenta della sola virtù. Il vero piacere consiste nel disprezzo dei piaceri; il
giorno in cui l’animo sarà soggetto al piacere, sarà soggetto anche al dolore. Bisogna dunque
trovare il modo per liberarsene: l’unico modo è l’indifferenza di fronte alla sorte. La virtù non deve
essere confusa con il piacere: la prima è elevata ed eccelsa ed immortale, la seconda effimera e
trascorre subito. Non bisogna chiedersi perché si cerca la virtù, in quanto la risposta và al di là del
massimo. Gli uomini per giustificare la loro indole al piacere dicono di seguire la filosofia
all’epicureismo) ma in realtà vanno solo dove sentono elogiare il piacere, non
(riferimento
comprendendone il vero significato. Seneca per difendersi dalle accuse che gli vengono fatte, di
parlare in un modo e di comportarsi in un altro, dice di non essere un saggio, e non è al livello dei
migliori ma è solo il migliore dei malvagi. Egli possiede dei beni materiali, ma non ne è schiavo, in
quanto non sono un bene e non portano alla felicità, ma si devono avere perché sono utili e arrecano
La frase emblematica con cui conclude il trattato è “disprezzerò tutto
molti vantaggi alla vita.
quanto il potere della fortuna, ma se potrò scegliere, sceglierò il meglio!”
Freud, nel “disagio della civiltà”, precisamente nel paragrafo “il problema della felicità” tratta della
ricerca della felicità. Secondo il filosofo, gli uomini nella loro vita aspirano alla felicità, e una volta
raggiunto lo stato felice vogliono renderlo permanente. Questa aspirazione ha due lati: da una parte
mira all’assenza di dolore, dall’altra al provare intensamente sentimenti di piacere. La parola
“felicità” è riferita solo al secondo aspetto. È il programma del principio di piacere che pone lo
scopo della vita. Questo principio non è affatto realizzabile, come se nel piano della creazione la
felicità dell’uomo non è per niente contemplata. La felicità scaturisce dal soddisfacimento di
bisogni repressi ed è possibile solo come fenomeno episodico. L’infelicità è invece molto più facile
da sperimentare, e può derivare da tre aspetti: dal nostro corpo, dal mondo esterno e dalle nostre
relazioni con gli altri uomini. Si passa dunque dal principio di piacere, difficilmente realizzabile, al
principio di realtà, che riesce a salvaguardare il piacere rendendolo possibile, reale, maturo. Si può
risolvere il problema della sofferenza in vari modi: l’allontanamento dagli altri, l’intossicazione del
e l’indipendenza dal mondo
nostro organismo (che ci provoca sensazioni di piacere immediate
esterno), reprimendo le proprie pulsioni sacrificando la vita e ottenendo la felicità soltanto dalla
quiete, creando una vita fantastica attraverso le illusioni(anche se questo porterebbe alla pazzia;
inoltre c’è una critica alla religione, che illude i credenti che dopo questa vita ce ne sia un’altra
migliore), considerando l’amore come il fulcro centrale della vita e ottenendo ogni soddisfazione
dall’amore e dall’essere amati, rifugiandoci nella malattia nevrotica. Ma il programma impostoci
dal principio di piacere, diventare felici, non può essere adempiuto. Tuttavia non bisogna rinunciare
agli sforzi di avvicinarsi in qualche modo all’adempimento. Non esiste un consiglio che valga per
tutti: ciascuno deve cercare da sé il modo particolare in cui può diventare felice.
Epicuro fornisce la via d’accesso alla felicità, che equivale all’abbandono delle passioni. Tutto
questo è espresso nel tetrafarmaco, una ricetta della felicità. Il filosofo esprime quattro paure
nella “Lettera a Meneceo”. La
comuni a tutti gli uomini, e ne elenca anche i modi per risolverle
prima paura umana è quella degli dei. Epicureo non rifiuta l’esistenza delle divinità, ma afferma che
essi sono estranei al mondo umano, e quindi a tutte le vicende che riguardano gli esseri viventi: “Da
ciò i più grandi danni e vantaggi si ritraggono dagli dei; essi, infatti, dediti di continuo alle proprie
Non c’è nulla
virtù accolgono i loro simili, tutto ciò che non è tale considerano come estraneo”.
dunque da temere, in quanto loro non hanno contatti con il mondo materiale. La seconda paura
umana è quella inerente alla morte. Non deve essere temuta in quanto “ quando noi ci siamo non c’è
la morte, quando c’è la morte noi non siamo più noi”; il vero saggio né rifiuta né teme la morte,
perché non è né contrario alla vita, né reputa un male il non vivere. La terza paura degli uomini è la
mancanza del piacere, ma non è temere in quanto esso è facilmente raggiungibile, anche se bisogna
tenersi lontani da quello che è l’edonistico. L’ultimo timore degli uomini è il dolore: “Se il male è
lieve, il dolore fisico è sopportabile, e non è mai tale da offuscare la gioia dell'animo; se è acuto,
passa presto; se è acutissimo, conduce presto alla morte, la quale non è che assoluta insensibilità. E i
mali dell'anima? Essi sono prodotti dalle opinioni fallaci e dagli errori della mente, contro i quali c'è
la filosofia e la saggezza.”.
Inglese
Oscar Wilde was born in Dublin. He travelled a lot in Usa in
which he gave some lectures on the Pre-Raphaelites and
the Aesthetes. On his return to Europe, he married C.Lloyd
who bore him two children. At this point of his carreer he
was most noted as a greet talker and he was appreciated
in social events of that period. His most famuos novel are
“The Picture of Dorian Gray” and “The Importance of Being
Earnest”. The novel and the tragedy gave, to the writer, an
immoral reputation. He had a homosexual relation with a
young boy, Lord Alfred Douglas, and for this reason he
went to prison. When he was free he was a broken man
and went into exile in France, where he died.
Wilde totally adopted “the aesthetic ideal”, as he affirmed
in one of his famous conversations “My life is like a work of
art”. He lived the double role of rebel and dandy. The
dandy is an aristocrat whose elegance is a symbol of the
superiority of his spirit. For a dandy, life is concentrated on
pleasure; infact Wilde was interested in elegant clothers,
good conversation, delicious food and nice boys.
The concept of “Art for Art’s Sake” was to Wilde a moral
imperative. He believed that only “Art as the cult of
Beauty” could prevent the murder of the soul. Wilde
perceived the artist as an alien in a materialistic world, he
wrote only to please himself.
The Picture of Dorian Gray
Dorian Gray is a young man whose beauty fascinates an
artist, Basil Hallward, who decides to paint him. While the
young man’s desires are satisfied, including that of eternal
youth, the signs of age appear on the portrait. So Dorian
sells his soul to the devil. Dorian lives only for pleasure,
making use of everybody and letting people die because of
his insensitivity. When the painter sees the corrupted
image of the portrait, Dorian kills him. Later Dorian wants
to free himself of the portrait, witness to his spiritual
corruption, and stabs it, but he mysteriously kills himself.
In the very moment of death the picture returns to its
original purity, and Dorian’s face grows old.
Nella dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti, scritta e ratificata il 4 luglio del 1776, è
presente tra i primi diritti quello alla felicità, in quanto ogni uomo ha il diritto di cercare un proprio
percorso che lo porti ad essa; ciò è strettamente collegato alla libertà individuale, in quanto è
attraverso essa che si può arrivare a tale scopo. La dichiarazione si apre con un preambolo nel quale
i rappresentanti dei 35 stati riuniti in congresso dichiararono che la nazione deve liberarsi dalla
madrepatria in quanto è proiettata verso un progetto di incremento di importanza, tale da renderla
uguale alle altre nazioni: infatti, gli uomini sono creati in modo uguale, ed hanno ricevuto da Dio gli
stessi diritti, che sono definiti inalienabili, quali la vita, la libertà e la ricerca della felicità. A tale
funzione è istituito il governo, il quale deve garantire ad ogni singolo individuo questi tre diritti
fondamentali, e solo nel caso in cui esso non riesca a mantenere tali diritti, il popolo può abolire il
governo.
Dopo una lunga serie di battaglie a cui presero parte anche la Spagna, la Francia e l’Olanda, la Gran
firmò il 3 settembre del 1783 un trattato che definì l’indipendenza delle ex-colonie
Bretagna e
e il 1848 si arrivò all’unificazione degli Stati Uniti
stabilì i confini del nuovo stato. Tra il 1800
quasi fino a formare quelli che sono gli attuali confini dell’America (mancavano solo l’Alaska e le
Hawaii). A partire dalla fine de 18° secolo fino al 1860 si ebbe ogni venti anni un incremento pari al
doppio della popolazione ed insieme ad esso si svilupparono i collegamenti fluviali e ferroviari, che