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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: Lettera a un bambino mai nato - nascere meglio di non nascere?

Autore: Tirloni Luca

Descrizione: Ponendo alla base della riflessione il testo di Oriana Fallaci "Lettera a un bambino mai nato" e attraversando il pensiero di diversi autori e artisti antichi e moderni si intende affermare che nascere sempre meglio di non nascere.

Materie trattate: Letteratura italiana. Letteratura inglese, Letteratura latina, Filosofia, Storia dell'arte

Area: umanistica

Sommario: Luomo, come ogni altro essere vivente, possiede la straordinaria facolt di generare la vita. Luomo non istinto. Luomo, anche il folle, succube della ragione. Luomo si chiede se sia giusto dare o meno la vita. Lettera a un bambino mai nato un capolavoro che in poche pagine condensa lessenza del genere umano, in particolare rappresenta il fondamento stesso dellessere donna, di avere il potere di dare o negare la vita. A chi non teme il dubbio a chi si chiede i perch senza stancarsi e a costo di soffrire di morire A chi si pone il dilemma di dare la vita o negarla questo libro dedicato da una donna per tutte le donne Linterrogativo attanagliante, porta sofferenza, mette a contatto la vita e il suo opposto, non la morte, il nulla. Nascere meglio di non nascere? Perch mettere al mondo un figlio? Perch perpetrare una generazione di esseri destinati a patire la fame, il freddo e i dolori della guerra? Perch distruggere la calma del niente per esporre una nuova vita alla sofferenza e alle tribolazioni? Una donna senza nome, senza volto e senza et, una donna qualsiasi, rimane incinta e cerca di risolvere questi interrogativi con il suo stesso vivere. Nel momento della sua morte giunge a convalidare la risposta che si era data da subito: nascere meglio di non nascere. Il titolo chiarisce immediatamente che il bambino non nascer mai, non uscir mai totalmente dal nulla. Chi ha voluto che il bambino morisse? la madre la colpevole della perdita del figlio o la fine si deve a un fatto del tutto casuale? Queste domande non trovano una risposta concreta insieme al pi spesso quesito che la madre porta avanti lungo tutto il monologo col figlio: nascere ti sarebbe piaciuto?, finch non il bambino stesso a chiarire i dubbi. Lintera lettera, che talvolta assume i tratti del romanzo, talvolta del saggio, un crescendo di emozioni e domande che sfociano in situazioni che ne generano di nuove. Lincalzante flusso emotivo raggiunge lapice nel momento dellimmaginario processo che vede imputata la protagonista per lassassinio del figlio, causato da un eccessivo egoismo e disprezzo della vita, in cui il bambino stesso si manifesta e parla con la madre straziata.

Estratto del documento

morte. Nonostante ciò attribuisce alla madre la responsabilità di avere spinto il

bambino al suicidio terrorizzandolo con crudeli immagini e pensieri di una realtà che

lui non poteva sperimentare inducendolo a rifiutare volontariamente la vita. Il

bimbo arriva a decretare che “la vita è una condanna a morte”. È assurdo come un

essere che neppure sia a conoscenza di cosa significhi vivere la realtà del mondo la

possa tacciare di essere un inutile passaggio dal nulla al nulla, un insulso bagliore di

speranza nella non esistenza alla quale il genere umano è destinato. Quale sia il

vero significato della vita non è chiaro a nessuno, ma può l’infondato timore

precludere la potenziale scoperta e risoluzione del più grande mistero di sempre?

Non è possibile che l’ascesa alla vetta del senso dell’esistenza sia sfavorevolmente

condizionata dall’opinione e dall’esperienza non positiva di coloro che, nonostante

abbiano la facoltà di donare la vita, decidano rassegnati di negarla.

Da sempre molti sono coloro che di fronte al dilemma della nascita cercano di dare

una risposta o di portare avanti un ideale che possa contribuire alla risoluzione

ultima del problema. È raro che si esprima una sentenza diretta. Si preferisce offrire

materiale che possa mettere in condizione chi lo riceve di porre le basi per una

valutazione personale.

Seneca, in tempi remoti, e Leopardi hanno chiaramente espresso l’inadeguatezza

dell’essere umano per la realtà del mondo e l’assurdità della vita come percorso

verso la morte. In filosofia Nietzsche e Schopenhauer hanno speculato proponendo

modelli opposti finalizzati a dare senso all’esistenza, come Klimt e Munch hanno

fatto in campo pittorico. In opere come “Frankenstein” di Mary Shelley traspare il

sofferto rifiuto della vita che viene ribaltato nella poetica di Ungaretti in cui

l’esistenza è fortemente rivalutata rapportandola all’orrore della guerra e alla gioia

della paternità. Attraverso il pensiero di queste personalità si intende affermare

esplicitamente che nascere è meglio di non nascere perché niente è peggiore del

niente. 6

MAPPA CONCETTUALE Giacomo Leopardi

Canto notturno di un pastore errante dell’Asia

Mary Shelley

Frankenstein

Arthur Schopenhauer

L’illusione dell’amore

Edvard Munch

Il Fregio della vita Lettera a un bambino mai nato

Seneca

Cotidie moriumur

Gustav Klimt

Speranza

Friedrich Nietzsche

Il superuomo Giuseppe Ungaretti

Una nuova dimensione della vita 7

“Mettere al mondo un figlio,

perché? Perché abbia fame, perché

abbia freddo, perché venga tradito

ed offeso, perché muoia ammazzato

3

alla guerra o da una malattia?”

3 Oriana Fallaci, Lettera a un bambino mai nato 8

Letteratura italiana

Giacomo Leopardi

Canto notturno di un pastore errante dell’Asia

Con questo testo l’autore, introducendo

a modello la figura del pastore vaga-

bondo, considera la crudele infelicità cui

tutti gli esseri viventi, con particolare

riferimento al genere umano, sono des-

tinati. Il protagonista della lirica è un

umile pastore, che sotto la volta stellata

che ricopre la deserta steppa asiatica, si

rivolge desideroso di risposte alla luna

che diventa con l’uomo protagonista del

testo. La luna è considerata come una

sorta di oracolo onnisciente che nella sua

quiete conserva tutte le risposte agli

enigmi esistenziali del pastore che non

verranno mai rivelate. Scegliendo la

caratteristica semplicità del pastore, Leopardi vuole dimostrare come gli in-

terrogativi che assillano l’uomo siano comuni a tutta l’umanità, dai colti ai più

ignoranti, dai ricchi signori ai poveri affamati. Nei continui interrogativi rivolti alla

luna si intravede la fioca luce della speranza che nasce dalla possibilità che la luna

abbia le risposte necessarie a dare senso alla dolorosa esistenza umana. Le

aspettative vengono subito schiacciate dall’eccessiva quiete che pervade l’ambiente

sinonimo dell’implacabile dubbio che caratterizza la rassegnazione del pastore

rispetto all’inevitabile tragicità del destino umano.

Dai versi emerge chiara la negativa percezione della vita del pastore, coincidente

con quella dell’autore. L’uomo paragona il suo vivere e quello di tutti gli uomini alla

corsa affannosa di un vecchierello verso la morte. L’uomo schiacciato dai pesi che si

porta sulle spalle incespica continuamente sulla via che lo condurrà dritto al ritorno

nel nulla dal quale è uscito nascendo. La strofa del paragone trova un riscontro

preciso nello Zibaldone:

“Che cosa è la vita? Il viaggio di uno zoppo e infermo che con un

gravissimo carico in sul dosso, per montagne ertissime e luoghi

sommamente aspri, faticosi e difficili, alla neve, al gelo, alla pioggia, al

vento, all’ardore del sole cammina senza mai riposarsi dì e notte uno

9

spazio di molte giornate per arrivare a un cotal precipizio o un fosso e

4

quivi inevitabilmente cadere.”

Non solo il vivere non è altro che un ponte verso la morte, ma la vita è un’insensata,

ripetitiva e monotona sofferenza che affligge innocenti predestinati.

Nasce l'uomo a fatica,

ed è rischio di morte il nascimento.

Prova pena e tormento

per prima cosa; e in sul principio stesso

la madre e il genitore

il prende a consolar dell'esser nato.

Poi che crescendo viene,

l'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre

con atti e con parole

studiasi fargli core,

e consolarlo dell'umano stato:

altro ufficio più grato

non si fa da parenti alla lor prole.

Ma perché dare al sole,

perché reggere in vita

chi poi di quella consolar convenga?

Se la vita è sventura, 5

perché da noi si dura?

L’uomo nasce a fatica e dall’istante in cui vede la luce del mondo rischia

drammaticamente la morte. L’esistenza è solo un’alternanza di lamenti e con-

solazioni. È compito dei genitori consolare il bambino che sarà a sua volta obbligato

ad alleviare il dolore dei figli portando avanti questa tradizione in eterno. Che senso

ha quindi mettere al mondo esseri destinati dal primo momento alle lamentele e

alla sofferenza? Questo è il più grande interrogativo che l’autore si pone nella lirica.

Il pastore dilaniato dal dubbio si rivolge addirittura al suo gregge per il quale prova

invidia. Tutti gli esseri soffrono ma gli uomini provano noia. L’uomo accumula il

dolore e non lo dimentica mai, le bestie vivono istante per istante lasciando che

ogni cosa scivoli. Si arriva alla conclusione che la vita è semplicemente un male e la

noia è la manifestazione dell’infelicità congenita dell’uomo. L’intero pensiero

sembra alleggerirsi nella strofa finale, probabilmente aggiunta successivamente, in

cui si propone una possibile felicità in una diversa concezione di vita, simile a quella

4 Giacomo Leopardi, Zibaldone (pensiero del 17 gennaio 1826)

5 Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia (vv 39-56) 10

degli uccelli; ma subito questa idea è sovrastata dalla lapidaria affermazione della

malignità della vita in qualsiasi forma o stato, sottolineata dall’agghiacciante espres-

sione “è funesto a chi nasce il dì natale”. 11

“Mi son sempre posta l’atroce

domanda: e se nascere non ti

piacesse? E se un giorno tu me lo

rimproverassi gridando “Chi ti ha

chiesto di mettermi al mondo,

6

perché mi ci hai messo, perché?”

6 Oriana Fallaci, Lettera a un bambino mai nato 12

Inglese

Mary Shelley

Frankenstein Frankenstein by Mary Shelley is a

novel through which emerges a

painful and desperate refusal of life.

The creature generated by Dr.

Frankenstein had to face innumerable

unpleasant situations which make

him accuse his maker of giving him

life. The overeacher Frankenstein

decided to give new life to dead

tissues in order to generate a new

being, it seems he wants to substitue

himself for God: as Zeus generated

men from inert clay he brings life to

dead material. When the moster born

he rejects the creature and leaves him

alone in the harshness of a world in which diversity is marginalized and destroyed.

The doctor doesn’t ask himself if bring something into the world is right or wrong.

He is not a father, he is only a scientist and the creature is not his son, it is only an

experiment.

On the cover of the first volume of the book are printed some verses taken from

Milton’s Paradise Lost which say:

“Did I request thee, Maker, from my clay

To mould me man? Did I solicit thee,

7

From darkness to promote me?”

These words perfectly synthesize the main theme of the book. Milton’s verses can

be considered as a desperate speech of the monster to his creator.

Through creature’s gestures and sketched words we realize that he is searching in

Frankenstein a fatherly figure and when he understands that the doctor doesn’t

mind about him he tries to find someone able to help him against world’s

difficulties. His quest is unfruitful and he dramatically comprehends to be an

outcast.

7 John Milton, Paradise Lost 13

"I generally rested during the day, and travelled only when I was secured

by night from the view of man. One morning, however, finding that my

path lay through a deep wood, I ventured to continue my journey after

the sun had risen; the day, which was one of the first of spring, cheered

even me by the loveliness of its sunshine and the balminess of the air. I

felt emotions of gentleness and pleasure, that had long appeared dead,

revive within me. Half surprised by the novelty of these sensations, I

allowed myself to be borne away by them; and, forgetting my solitude

and deformity, dared to be happy. Soft tears again bedewed my cheeks,

and I even raised my humid eyes with thankfulness towards the blessed

sun which bestowed such joy upon me.

"I continued to wind among the paths of the wood, until I came to its

boundary, which was skirted by a deep and rapid river, into which many

of the trees bent their branches, now budding with the fresh spring. Here

I paused, not exactly knowing what path to pursue, when I heard the

sound of voices that induced me to conceal myself under the shade of a

cypress. I was scarcely hid, when a young girl came running towards the

spot where I was concealed, laughing, as if she ran from someone in

sport. She continued her course along the precipitous sides of the river,

when suddenly her foot slipped, and she fell into the rapid stream. I

rushed from my hiding place; and, with extreme labour from the force of

the current, saved her, and dragged her to shore. She was senseless; and

I endeavoured by every means in my power to restore animation, when I

was suddenly interrupted by the approach of a rustic, who was probably

the person from whom she had playfully fled. On seeing me, he darted

towards me, and tearing the girl from my arms, hastened towards the

deeper parts of the wood. I followed speedily, I hardly knew why; but

when the man saw me draw near, he aimed a gun, which he carried, at

my body, and fired. I sunk to the ground, and my injurer, with increased

swiftness, escaped into the wood.

"This was then the reward of my benevolence! I had saved a human

being from destruction, and, as a recompense, I now writhed under the

miserable pain of a wound, which shattered the flesh and bone. The

feelings of kindness and gentleness which I had entertained but a few

moments before gave place to hellish rage and gnashing of teeth.

Inflamed by pain, I vowed eternal hatred and vengeance to all mankind.

But the agony of my wound overcame me; my pulses paused, and I

fainted. 14

"For some weeks I led a miserable life in the woods, endeavouring to

cure the wound which I had received. The ball had entered my shoulder,

and I knew not whether it had remained there or passed through; at any

rate I had no means of extracting it. My sufferings were augmented also

by the oppressive sense of the injustice and ingratitude of their infliction.

My daily vows rose for revenge--a deep and deadly revenge, such as

8

would alone compensate for the outrages and anguish I had endured.

The monster saves girl’s life but his benevolence is rewarded with a gunshot. The

good feelings which lead monster’s behavior after this episode are totally erased

and he changes his hope and generosity into hellish fury moved by the ingratitude.

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