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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: L'opera d'arte totale

Autore: Diamantini Elena

Scuola: Liceo classico

Descrizione: si sono delineati la figura di wagner e il concetto di opera d'arte totale in rapporto alle materie trattate durante l'anno.

Il concetto di opera d'arte totale (Gesamtkunstwerk) fu introdotto per la prima volta nel 1849 da uno dei più celebri compositori tardo romantici tedeschi, Richard Wagner. Richard Wagner nacque a Lipsia nel 1813, ultimo di nove figli. Il padre Friedrich morì sei mesi dopo la nascita di Richard. Nel 1821 la famiglia si spostò a Dresda e lì cominciarono le prime grandi passioni del giovane Wagner: la musica di Weber (altro grande musicista tedesco, compositore della celebre opera "Il franco cacciatore" la quale influenzò profondamente il giovane Wagner soprattutto perché fu la prima interpretata in chiave moderna dove si prestava molta attenzione non solo alla musica ma anche alla regia e alla rappresentazione scenica), poi la mitologia greca, Shakespeare e infine Beethoven. Intraprese i suoi studi musicali da autodidatta e successivamente ritornò a Lipsia per iscriversi all'università  come studente di musica. Nel 1839 si recò a Parigi dove sperava di far carriera ; in realtà  condusse una vita di stenti per oltre due anni. Inoltre per cercare di guadagnare qualche soldo per poter vivere, iniziò a comporre musiche frivole, da salotto, arrangiamenti e trascrizioni.

Area: umanistica

Materie trattate: Storia della musica,Richard Wagner,L'opera d'arte dell'avvenire Filosofia,Friedrich Nietzsche,La nascita della tragedia,periodo illuministico,ultimo periodo Greco,Eschilo,Euripide,la tragedia Arte,Secessione Viennese,Gustave Klimt,Fregio di Beethoven Italiano,Estetismo,Gabriele D'Annunzio,Il Piacere,Il fuoco Inglese,Estetismo,Oscar Wilde,Il ritratto di Dorian Gray

Bibliografia: Elvidio Surian, "Manuale di Storia della Musica", volume III, editore Rugginenti Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, "Storia della Musica", editore Einaudi Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, "Protagonisti e testi della filosofia", volume C, editore Paravia Friedrich Nietzsche, "Il Caso Wagner" , editore BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, data pubblicazione: 2007 Dario Del Corno, "La letteratura greca - storia e testi-", volume II: l'età  classica, editore Principato Bora, Ficcadori, Negri, Nova, "I luoghi dell'arte - storia, opere, percorsi", volume VI: nascita e sviluppi dell'arte del XX secolo, editore Electa, Bruno Mondadori Da "I classici dell'arte - il Novecento", "Klimt", editore Rizzoli Armellini, Colombo, "La letteratura italiana - secondo ottocento-", volume C1, editore Zanichelli Gabriele D' Annunzio, "Il piacere", editore Oscar Mondadori Oscar Wilde, "The Picture of Dorian Gray", editore Black cat

Estratto del documento

“La grande opera d’arte totale dovrà sintetizzare in sé tutti i generi d’arte, per sfruttare ciascuno di

essi come semplice mezzo e annientarlo in vista del risultato globale di tutti i generi fusi insieme.

[…] lo spirito riconosce che quest’opera d’arte universale non può essere l’atto, volontariamente

possibile, d’uno solo, ma l’opera collettiva che si può supporre solo compiuta dagli uomini

dell’avvenire” [R. Wagner, L’opera d’arte

Dell’avvenire,1849]

Il concetto di opera d’arte totale (Gesamtkunstwerk) fu introdotto per la prima volta nel 1849 da uno

dei più celebri compositori tardo romantici tedeschi, Richard Wagner.

Richard Wagner nacque a Lipsia nel 1813, ultimo di nove figli. Il padre Friedrich morì sei mesi

dopo la nascita di Richard. Nel 1821 la famiglia si spostò a Dresda e lì cominciarono le prime

grandi passioni del giovane Wagner: la musica di Weber (altro grande musicista tedesco,

compositore della celebre opera “Il franco cacciatore” la quale influenzò profondamente il giovane

Wagner soprattutto perché fu la prima interpretata in chiave moderna dove si prestava molta

attenzione non solo alla musica ma anche alla regia e alla rappresentazione scenica), poi la

mitologia greca, Shakespeare e infine Beethoven. Intraprese i suoi studi musicali da autodidatta e

successivamente ritornò a Lipsia per iscriversi all’università come studente di musica. Nel 1839 si

recò a Parigi dove sperava di far carriera ; in realtà condusse una vita di stenti per oltre due anni.

Inoltre per cercare di guadagnare qualche soldo per poter vivere, iniziò a comporre musiche frivole,

da salotto, arrangiamenti e trascrizioni. Nel 1843, tornato a Dresda, fu nominato maestro di

cappella; successivamente, per problemi politici, si spostò a Zurigo dove scrisse i suoi più celebri

trattati: “L’arte e la rivoluzione” e “L’opera d’arte dell’avvenire” nel 1849; e infine “Opera e

dramma” nel 1851. La parte senza dubbio più interessante della vita del compositore fu quella che

va dal 1872, anno in cui il musicista si trasferì a Bayreuth con la moglie Cosima, figlia del pianista

Franz Liszt, al 1883, anno della morte del compositore. Nella cittadina di Bayreuth, poco lontana da

Norimberga, Wagner riuscì a far costruire, grazie all’appoggio del re Ludwig II di Baviera, il teatro

consacrato alle sue opere: è un piccolo teatro che riprende la struttura dell’anfiteatro romano in cui

il pubblico presente alle rappresentazioni era obbligato a mantenere un religioso silenzio per un

periodo di tempo molto lungo- le sue opere duravano in media cinque ore-e con luci di sala spente.

Questa tendenza all’epoca fece molto discutere perché si era abituati al teatro-divertimento italiano

in cui il pubblico durante la rappresentazione rideva, scherzava, si dava appuntamenti galanti e

lavorativi. In realtà la messa in scena era funzionale al significato che per Wagner aveva il teatro:

egli, sentendosi erede della nona sinfonia di Beethoven, riteneva che la rappresentazione dovesse

assumere un significato mistico-religioso e inoltre che ci dovesse essere una fusione delle arti. Per

Wagner il “DRAMMA” (termine con cui lui era solito nominare le sue opere in musica) doveva

essere un’ opera d’arte totale, ovvero doveva racchiudere sia la poesia, la musica e la danza (o il

mimo) sia le tre arti plastiche della pittura, scultura e architettura. Il musicista-musicologo tedesco

trattò questo concetto chiave in tutti e tre i suoi scritti ma ne diede una più ampia descrizione in

“L’opera d’arte dell’avvenire”: per Wagner l’opera d’arte totale doveva essere la più chiara e la più

profonda espressione del Volk, ovvero del popolo. Il termine "Volk" allude a tutte le unità che

costituiscono il totale di una comunanza e inoltre in tempi remoti ha anche acquisito un inestirpabile

significato morale: in tempi di difficoltà, tutti gli uomini che costituiscono il “Volk” sono pronti a

sacrificarsi o, più semplicemente, ad interessarsi per il bene collettivo. Ed è da proprio questo

gruppo che scaturisce l’opera d’arte totale: solo quando il “Volk” si unisce e si libera da ogni forma

di lussuria (la quale, invece , domina nelle forme coeve del Gran Opera francese o dell’opera

italiana), si genera la forma più alta di arte che necessariamente racchiude tutte la arti. Nella stessa

opera, Wagner dichiara di lasciarsi profondamente influenzare dalla produzione teatrale dell’antica

Grecia e in particolar modo dalle tragedie di Eschilo: solo con lui la tragedia greca è riuscita a

raggiungere l’ideale dell’opera d’arte totale, giacché nelle opere di Eschilo vi è la maggiore

espressione della coscienza pubblica e quindi del Volk; morto Eschilo, nessun altro tragediografo fu

più interessato agli affari della città fino ad arrivare ad Euripide dove si assiste alla totale

frammentazione della tragedia nelle sue parti peculiari, ovvero retorica, scultura, musica . Anzi con

Euripide, sempre secondo l’opinione di Wagner, si sancì l’inizio dell’indipendenza e dello sviluppo

delle singole arti che rimasero tali nel corso della storia e non si riunirono mai più. E’ da questi

presupposti che il compositore tedesco si assunse il compito, quasi titanico, di far rinascere la

tragedia di Eschilo, alla luce dei cambiamenti storico-sociali del suo tempo ed aggiungendovi in

maniera consistente l’elemento musicale.

La figura e l’opera di Wagner influenzarono molto la filosofia di un altro grande intellettuale del

secondo ottocento, Friedrich Nietzsche. Egli considerò il compositore come un maestro (assieme al

filosofo Schopenhauer) solamente nel primo periodo, quello giovanile. Ad esempio nella sua prima

opera “La nascita della tragedia dallo spirito della musica”, Nietzsche riprende da Wagner

l’esaltazione della tragedia classica, distinguendo le opere iniziali (Eschilo) dalle opere finali

(Euripide); egli, riprendendo la visione dualistica della realtà, comune a Schopenhauer, distingue

due impulsi di base dello spirito e dell’arte greca, l’apollineo e il dionisiaco: il primo scaturisce da

un impulso alla forma e da un atteggiamento di fuga di fronte al divenire e si esprime nelle forme

limpide e armoniche della scultura e della poesia epica, il secondo scaturisce dalla forza vitale e

dalla partecipazione al divenire e si esprime nell’esaltazione creatrice della musica. Ebbene, fatte

queste opportune distinzioni, Nietzsche ritiene, in sintonia con Wagner, che in una prima fase della

tragedia greca, lo spirito dionisiaco e quello apollineo coincidessero, o meglio fossero entrambi

presenti in ugual misura e proprio la loro unione ha generato le grandi opere drammatiche quali

quelle di Eschilo; nell’arte successiva, la sintesi fra dionisiaco e apollineo viene messa in forse dal

prevalere dell’apollineo che trionfa sul dionisiaco fino quasi a soffocarlo. Questo processo di

decadenza si concretizza nella tragedia di Euripide dal momento che si compie “l’uccisione” delle

profondità istintuali della vita. Nietzsche quindi arriva ad esaltare la sintesi di questa coppia di

opposti (e di conseguenza approva l’idea wagneriana di opera d’arte totale) e, in generale, giunge

alla conclusione che solo l’arte riesce a comprendere veramente il mondo, esaltandola alla stregua

di organo della filosofia.

Nel periodo successivo, meglio noto come periodo “illuministico”, Nietzsche arriva a ripudiare i

due maestri di un tempo e quindi anche la figura e l’opera di Wagner; in particolare negli scritti del

tramonto quali “Il caso Wagner” e “Nietzsche contra Wagner” il musicista viene definito come un

“decadent”, come un uomo del suo tempo che si lascia condizionare dalle vicissitudini storico

politiche e che ammala tutto ciò che tocca, cioè la sua musica è una malattia : durante le sue opere il

filosofo dichiara di annoiarsi e di preferire l’ascolto della “Carmen” di Bizet (emblema dell’opera

disinibita) e scrive che la musica di Wagner non rende libero lo spirito (come in realtà dovrebbe

essere!). Inoltre sempre ne “ Il caso Wagner”, Nietzsche offre anche un’analisi musicale e dei

contenuti delle opere principali (si ricordi che Wagner era solito scrivere i libretti da

rappresentare!): queste vengono definite “storie di redenzione” in cui l’unico ad essere redento è

solo il musicista e non i protagonisti, dove l’elemento caratterizzante è il pessimismo d’impronta

schopenhaueriana; insomma, è un’arte instabile, tipica di un “isterico” in cui dominano la brutalità,

l’artificio e l’ “idiotaggine”, è un’arte non di suoni ma di gesti dove tutto è dominato

dall’allucinazione: c’è anarchia musicale, c’è un’eccessiva libertà dell’individuo e, dal punto di

vista tecnico, dove il compositore non ha capacità, vi istituisce un principio. È una musica cattiva

che mira solo all’ “effetto”; Wagner viene definito “tiranno”, erede di Hegel perché ha reso la

musica un’ “idea” e viene paragonato a Victor Hugo: “ egli ha fatto per la musica, in quanto

linguaggio, qualcosa di analogo a ciò che Victor Hugo ha fatto per il linguaggio in quanto musica”.

Per concludere, questo Nietzsche ripudia Wagner, l’idea dell’opera d’arte totale, vista come eccesso

di libertà e conclude “il caso Wagner” con questo tono perentorio:

“Che il teatro non diventi signore delle arti.

Che il commediante non diventi il seduttore degli esseri genuini.

Che la musica non diventi un’arte della menzogna.”

È inoltre da ricordare che in uno dei frammenti postumi, Nietzsche arriva ad affermare che il mondo

è “un’opera d’arte che genera se stessa” e crede che l’artista sia “una prima visibile figura dello

“oltreuomo”. Si può così concludere che Nietzsche in un primo momento aveva esaltato l’arte (il

periodo della “Nascita della tragedia”); nella fase illuministica ne aveva denunciato i limiti e

nell’ultimo periodo torna a rivalutarla, tanto da considerarla nella sua forma “sana” come

espressione di forza e di pienezza. Un’analoga rivalutazione subisce la tragedia, intesa come

modello di comprensione della realtà.

Finora si è parlato soltanto delle arti figurative (poesia, musica e danza) ma secondo Wagner vi

deve essere anche un abbattimento degli ambiti disciplinari delle tre arti plastiche della pittura,

scultura e architettura. Nella storia dell’arte il concetto di opera d’arte totale è da ritrovarsi nel clima

della secessione viennese e in particolar modo nell’artista Gustave Klimt (1862-1918).

Nell’ultimo decennio del diciannovesimo secolo l’affermazione del simbolismo in alternativa al

naturalismo coincide, nei paesi di lingua tedesca, con il fenomeno della secessione, cioè del

distacco di gruppi di giovani artisti dalle associazioni artistiche esistenti e consolidate. Uno dei

principali centri propulsori di questa tendenza, in aggiunta alle città di Monaco e Berlino, è Vienna.

La Secessione viennese, nata nel 1897 sotto la guida del già citato Gustave Klimt, promuove, anche

attraverso la rivista “Ver sacrum”, l’integrazione di pittura, arti decorative e architettura.

Gustave Klimt può essere considerato colui che portò alle radicali conseguenze quei fenomeni

dell’arte del tempo comunemente indicati come “simbolismo” e come “pittura dell’Art Nouveau”.

Quando si parla di “enigma” della grandezza di Klimt si deve considerare la straordinarietà della

sua arte, il fatto cioè che egli arrivò ad una sintesi delle due fondamentali tendenze artistiche

dell’epoca come nessuno dei pittori della sua generazione. L’arte simbolista tende a generalizzare,

attraverso le immagini, un’esperienza individuale, o, per dir meglio, inconscia del mondo che può

arrivare al soggettivismo assoluto. L’Art Nouveau, all’opposto, implica una rilevanza sociale della

nuova arte, in quanto presuppone la volontà di portare alla luce impulsi interni ma guarda anche a

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