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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: LURBANISTICA NEL VENTENNIO FASCISTA
Autore: Zanotti Antonello
Descrizione: Prima e dopo lunit dItalia, i problemi urbanistici delle grandi citt furono affrontati dalle municipalit attraverso disposizioni finalizzate alligiene pubblica e allideale borghese del bello e ordinato. Questi interventi urbanistici coinvolsero p
Materie trattate: Urbanistica, Progettazione, Storia, Diritto, Estimo, Topografia, Inglese
Area: tecnologica
Sommario: Architettura-Urbanistica, L'architettura nel ventennio fascista, Razionalismo, Stile Imperiale, Giuseppe Terragni, Marcello Piacentini, la progettazione urbanistica delle citt, gli sventramenti di Brescia, le New towns. Progettazione, il cemento armato. Storia, il fascismo, nascita, sviluppo, caduta, e ideologia del movimento. Topografia, la progettazione stradale, la via Panoramica dei Ronchi a Brescia. Inglese, Carbonia, la New Towns costruita in Sardegna. Diritto-Estimo, l'esproprio per pubblica utilit. Prima e dopo lunit dItalia, i problemi urbanistici delle grandi citt furono affrontati dalle municipalit attraverso disposizioni finalizzate alligiene pubblica e allideale borghese del bello e ordinato. Questi interventi urbanistici coinvolsero principalmente le zone pi antiche dei centri urbani, dove simposero frequenti abbattimenti o addirittura demolizioni totali, per consentire riedificazioni che garantissero la sicurezza statica, rispettassero le distanze minime tra gli edifici e gli allineamenti stradali. I proprietari degli immobili coinvolti in tali interventi difficilmente avrebbero potuto sentirsi penalizzati, perch lesecutivit di un qualsiasi programma di risanamento consentiva loro di allontanare gli affittuari e avvantaggiarsi grazie a premi di cubatura; tutto ci permetteva loro di ricostruire edifici destinati a spazi commerciali e abitazioni, da vendere o affittare a imprenditori o a famiglie borghesi con reddito adeguato allappetibilit degli immobili. Nel 1918, terminata la prima guerra mondiale, le condizioni di vita nelle citt italiane erano al limite del concepibile, ma le risorse del nostro paese, interamente assorbite dallo sforzo bellico, non consentivano di intervenire sul problema degli alloggi. In questa fase di disorientamento emerse il fascismo, un movimento che avrebbe governato il paese fino al 1943 e che avrebbe lasciato un segno nel popolo italiano sia sul piano politico, sia sul piano ideologico e morale. Un movimento sul quale caduta per anni una censura che ha coinvolto anche lurbanistica di quel periodo, infatti, solo da una ventina danni che la storiografia urbanistica e urbana ha dedicato la propria attenzione a questargomento, superando lesclusivo interesse per le epoche antiche. Con questo mio lavoro non intendo colmare le lacune lasciate da studiosi molto pi accreditati di me, ma voglio mettere in luce questargomento affascinante che ha gettato le basi per il futuro sviluppo italiano del secondo dopoguerra.
industries at Portovesme, created in the region Sulcis a difficult economic situation to which
activities such as tourism, culture and services try to answer. 25
BRESCIA
Una città modello dell’urbanistica
fascista
“Pochi centri d’Italia hanno sentito come
Brescia la necessità non di un miglioramento,
ma di una trasformazione radicale, in armonia
col rinnovamento e più intenso ritmo dopo
l’avvento del Fascismo al potere”.
“Opere pubbliche”, gennaio- febbraio 1934 26
Brescia
L'immagine di Brescia riflessa nel largo pubblico è oggi quella della "città del tondino": metafora,
forse un po' datata ma pur sempre efficace, della sua tradizionale operosità ed intraprendenza. Per
chi viceversa ha memoria di più antiche glorie essa è "la Leonessa d'Italia". Il riferimento è alle
epiche "dieci giornate" nel corso delle quali la città tenne eroicamente testa - siamo nel marzo del
1849 - alle truppe del comandante austriaco Haynau.
Breve storia della città
Chi siano stati i primi abitatori delle lande bresciane è a noi impossibile dirlo; si trovano alcune
tracce d'insediamenti umani solo in quella che oggi è la provincia di Brescia, ma non nel territorio
ove oggi sorge la città di Brescia.
Dalla fondazione all'età gallica
Le origini di Brescia sconfinano nella leggenda: vi è chi fa risalire le origini di Brescia a Ercole, chi
ne fa risalire la fondazione a Troe che, scappando da Troia in fiamme, giunge presso il luogo ove
ora sorge Brescia e lì fonda Altilia, vale a dire l'altra Ilios e quindi l'altra Troia. Ma la leggenda che,
secondo la storiografia, più probabilmente contiene un fondo di verità, è quella che si riferisce a
Cidno, re dei Liguri, che nella tarda età del bronzo invase la pianura Padana e, giunto presso il colle
Cidneo (al centro dell'attuale Brescia), ne fortificò la cima, nel punto in cui oggi sorge il Castello.
Altri ancora sostengono che i primi abitanti del territorio bresciano furono gli Etruschi, che si
stanziarono nella pianura cispadana.
L'evento di maggior importanza per la storia bresciana fu però l'invasione dei Galli Cenomani (IV
secolo a.C.), i quali con l'ausilio degli Insubri stanziatisi in quella che oggi è la Lombardia
occidentale, s'insediarono nella regione compresa tra l'Adige e l'Adda, facendo della futura Brixia la
loro capitale. A quell'epoca risale la fondazione da parte dei Cenomani delle città vicine a Brescia,
tanto che il poeta veronese Catullo definì Brixia "mater meae Veronae".
Età romana
Dal 196 a.C. ha inizio per Brescia l'età romana; tuttavia a Brescia non vi fu mai un'occupazione Di
Roma, ma ne rimase solamente alleata. La Brixia romana era un importante centro religioso,
inserito amministrativamente nella Regio X Venetia et Histria, aveva ben 3 templi di cui uno è
parzialmente visibile ai giorni nostri e gli altri 2, di dimensioni molto maggiori, sorgevano ove
sorge attualmente il castello. Vennero costruiti l'acquedotto, l'anfiteatro, peraltro utilizzato anche in
epoca medievale, le terme dove ora sorge la Rotonda (ovvero il Duomo Vecchio) e nelle vicinanze
di quella che oggi è piazza Tebaldo Brusato, e sotto il regno di Vespasiano il "tempio capitolino"
con il Foro ad esso adiacente. Un altro aspetto da considerare è la condizione economica bresciana
durante l'epoca imperiale. Se da un lato vi fu un forte sviluppo economico, dall'altro la povertà di
certe popolazioni rurali spinse un gran numero di bresciani ad arruolarsi nelle legioni; in particolare
molti bresciani vennero arruolati nella Legio VI Ferrata. 27
Tempio capitolino.
Incursioni barbariche
Nel 402 Brescia venne travolta delle orde gotiche di Alarico, fu saccheggiata dagli Unni di Attila
nel 452, nel 476 un guerriero Turclingio di nome Hedacher, detto dai cronisti latini Odoacre alla
,
testa di un esercito di Eruli conquistò dapprima la pianura transpadana portando alla fine
dell'Impero e facendo entrare Brescia nel suo dominio. Il Regno di Odoacre finì con l' avanzata dei
poi detto il grande, che nel 493 espugnò
Goti Gretungi (Ostrogoti) guidati dal loro re Teodorico ,
Brescia facendone uno dei suoi maggiori insediamenti insieme alla vicina Verona. Durante la
Guerra Greco-Gotica Brescia, guidata dal conte goto Widim fu, insieme alla vicina Verona, di fatto
capitale del regno Ostrogoto, una delle due città a ribellarsi al giogo bizantino.
Età Longobarda e Carolingia
Nel 568 fu tra le prime città conquistate dai Longobardi, diventandone, durante il regno longobardo
(568-774), uno dei centri propulsori e sede di un importante ducato; tra i duchi si conta anche
Rotari, poi re dei Longobardi e primo legislatore del suo popolo. Oltre a Rotari Brescia diede al
regno dei longobardi altri due re: Rodoaldo, figlio di Rotari, e Desiderio. Il regno dei longobardi
durò 2 secoli, poi la città venne annessa da Carlo Magno al suo impero germanico, fino all’ 888 d.C.
Tra l'855 e l'875 Brescia divenne di fatto la capitale dell'Impero Germanico sotto l'imperatore
Ludovico II; la sua morte presso Ghedi a 20 km da Brescia privo di eredi che potessero
,
succedergli,determinò la cessazione del periodo Carolingio per la città.
Età comunale
Brescia si affermò come Comune attorno al secondo decennio del XII secolo, comunque in epoca
piuttosto tarda rispetto ai primi movimenti comunali dell'Italia padana. Nel XII secolo divenne
libero comune, e fu tra i protagonisti della Lega Lombarda.
Come tutti i comuni lombardi sorse in dialettica col potere episcopale e con una iniziale
connotazione di fondo aristocratica, gravitante intorno alla vassallità capitaneale dei monasteri (S.
Giulia e S. Benedetto di Leno su tutti) e dell'episcopato bresciano. Inoltre la crescita del comune fu
caratterizzata dalla lotta anche violenta con i grandi comuni confinanti, in particolare Bergamo e
Cremona, che sconfisse a Pontoglio due volte consecutive, nelle battaglie delle Grumore (metà XII
secolo) e della Malamorte (1191), di cui narra ampiamente il cronista Malvezzi. Partecipò inoltre
alla lotta comunale della lega lombarda (seconda metà del XII) a fianco di Milano e Piacenza,
storiche alleate del periodo comunale, e le truppe del comune si distinsero nella battaglia di
Legnano come secondo contingente più numeroso e agguerrito dopo quello milanese. 28
La pace di Costanza (1183) segnò la definitiva affermazione del comune sul territorio, ormai
controllato in buona parte, ma anche, precocemente rispetto ad altre città lombarde, l'esplodere dei
conflitti civili che dai primi del XIII secolo insanguinarono la città. I nobili scacciati dalla città dalla
fazione popolare si rifugiarono a Cremona raccogliendo appoggi tali da sconfiggere il comune
popolare in battaglia. L'alternanza delle partes in città fu deleteria per la coesione del sistema
politico, ormai in netta crisi, che sopravvisse, sotto la forma politica podestarile, sino alla fine del
XIII secolo. Il castello.
Dominazione viscontea
Il 3 luglio 1403 Baroncino II dei Nobili di Lozio, alla guida di 7000 guelfi di Valle Camonica e
della Val di Scalve espugna Brescia al seguito di Giovanni Ronzoni, facendo strage di ghibellini e
,
cacciando il vescovo Giacomo Pusterla, che parteggiava per la duchessa Caterina, moglie del
defunto Gian Galeazzo Visconti e reggente del figlio Filippo Maria Visconti, lasciandola poi nelle
mani di Francesco Novello dei Carrara, signore di Padova. Prima della fine dell'anno Brescia
tornerà in mani viscontee.
Età veneta
Il 20 novembre 1426 Brescia si diede alla signoria di Venezia, diventando uno dei domini di
Terraferma.
In epoca veneta la Bresciana aveva 21 suddivisioni: quattro podesterie maggiori, Valcamonica,
Salò, Asola e Orzinuovi; tre podesterie minori, Chiari, Lonato e Palazzolo, sette vicariati, Iseo,
Montichiari, Gottolengo Rovato, Calvisano, Quinzano e Pontevico; sette vicariati minori, Gavardo,
Manerbio, Ghedi, Gambara, Pontoglio, Castrezzato e Pompiano. Per le elezioni delle podesterie
maggiori serviva che i candidati ottenessero i 2/3 dei voti favorevoli, per gli altri bastava la
maggioranza semplice. La carica durava un anno e iniziava ad ottobre.
Venezia accordava ampia autonomia ai sudditi fedeli, compensandoli con privilegi, il più
importante dei quali era il distacco del territorio, che diveniva così “corpo o terra separata”. Il 1
luglio 1428 fu la volte della Valcamonica; nel 1440 l’ebbero Brescia (9 aprile), Asola (27 luglio),
Lonato (17 settembre) e la Riviera (19 dicembre). La Valtrompia dovette attendere il 30 gennaio
1454, la Valsabbia il 19 agosto 1463. Il territorio vero e proprio rimase comprensivo dei comuni del
lago d’Iseo, Franciacorta, aree a nord ed est della città e della pianura. 29
Nel 1512 fu occupata e saccheggiata dal francese Gastone di Foix-Nemours.
Brescia condivise le sorti della Serenissima fino alla "liberazione", su cui ci sarebbe da dire, del
1792 da parte di francesi e bergamaschi, successivamente divenne territorio cisalpino a seguito del
trattato di Campoformio del 1797. La città nel Settecento.
Dominazione austriaca
Succede poi la dominazione austriaca che gela i fervori innovatori dell'insorgente classe dirigente
patriottica e liberale costringendo la società locale ad affrontare di petto il problema del suo riscatto,
all'interno del quale politica ed economia finiscono per saldarsi insieme. Dominazione austriaca a
parte, nel corso della prima metà dell'Ottocento a Brescia, come in tutta la Lombardia, si
approfondisce il processo di sviluppo economico avviatosi nel secolo precedente. Anzi è forse
proprio questa crescita a stimolare una rivendicazione di ruolo da parte dei ceti - borghesi e nobiliari
- emergenti. Sotto la pressione di un'accentuata domanda estera, anche l'agricoltura bresciana
risente positivamente di una generale fase espansiva. Nuove energie si mobilitano permettendo
all'economia provinciale di ritagliarsi, all'interno di una divisione del lavoro di un'Europa
manifatturiera, uno spazio come fornitrice di prodotti agricoli e di semilavorati, della seta in
particolare.
E' sullo sfondo di questo processo che va collocato il risveglio di una coscienza nazionale che
individua nella creazione di uno Stato libero, indipendente ed unificato, la condizione di un futuro
progresso, stabile ed allargato. L'ideale patriottico non si configura come la semplice proiezione
30
politica delle forze economiche interessate alla modernizzazione della società locale. Troppo esigua
è la loro base perché possano esercitare un'influenza vasta. Per mobilitare un fronte più ampio
capace di incrinare la dominazione austriaca e mettere a frutto le possibilità - e le aspettative - di
sviluppo e di progresso, l'idea di patria deve far crescere la sua rappresentatività ed operare sul
terreno politico quel che sul solo terreno economico la società locale non ha la forza di fare. In
effetti l'aspirazione nazionale alla fine riesce ad affermarsi come il punto di coagulo sia di
motivazioni di diversa matrice (economica, fiscale, culturale, morale, politica) sia di forze di
diversa provenienza. La alimentano non solo nutrite schiere dell'aristocrazia, il grosso della
borghesia imprenditoriale ed intellettuale, rurale ed urbana, ma anche larghe fasce di ceti medi e, in
parte almeno, spezzoni dello stesso mondo popolare.
Il regno d’Italia
Anche se la Lombardia era stata conquistata dai piemontesi con la seconda guerra d’indipendenza
nel 1859, entrò nel regno d’Italia nel 1861, quando i bersaglieri conquistarono Roma.
Durante la prima guerra mondiale fu uno dei centri principali di produzione di ordigni e armi e di
addestramento delle truppe: a nord della città si estendevano i campi di addestramento delle reclute
e di prova per le artiglierie. Da una parte questo comportò un afflusso di denaro costante nella città
ma d’altro canto ne bloccava lo sviluppo.
L’avvento del fascismo
Si caratterizza nella città per aver raso al suolo il quartiere che sorgeva su quella che ora è Piazza
Vittoria e per l'appena citata Piazza; da segnalare il fatto che per la costruzione di essa furono