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Sintesi

Già  il titolo può cogliere in inganno: l'uso del termine psicologia non fa riferimento alle scienze moderne di derivazione psico-analitica sulle orme degli studi freudiani; il termine è usato con l'accezione etimologica che si ricollega direttamente al termine greco, e quindi indica la "dimensione più intima dell'uomo". Il percorso pone l'attenzione alla dicotomia vita/morte nella realtà  umana, ed è inteso quale elemento che significa più di ogni altro la quotidianità  umana, cui sottende costantemente. Così il percorso sviluppato, abbracciando un periodo che va dall'età  omerica sino al Novecento, analizza questa condizione esistenziale della dimensione umana. Tutte le analisi e le argomentazioni prendono spunto dai testi: dunque il percorso può essere considerato una pluridisciplinare analisi dei testi.

Materie trattate: Greco (Omero, Mimnermo, Leonida, Plutarco); Latino (Orazio); Italiano (Foscolo, Leopardi, Pascoli, Ungaretti); Filosofia (Kierkegaard, Heidegger); Storia (Critica alla morte di Ariès e Hobsbawm, con qualche riferimento alle guerre mondiali); Inglese (Joyce)

Estratto del documento

Sommario

La morte nel mondo greco: dall’età omerica a quella greco-romana……………..………...01

L’idea di morte nel mondo latino: Orazio……...…………………………………………...13

della morte tra ‘800 900……………..……………………………………….19

Concezione e

Kierkegaard e Heidegger……………………………………………..31

Essere-per-la-morte:

Morte e critica: Ariès e Hobsbawm………………………………………………………....35

A writer: James Joyce……………………………………………………………………….38

Note finali…………………………………………………………………………………...40

Bibliografia………………………………………………………………………………….42

1

Introduzione

ià nel titolo del percorso può essere colta un‟insidia: comunemente con l‟uso del termine

G psicologia

si intende lo studio derivato nella scienza moderna, studio che presenta studi sperimentali,

etnograficamente orientati, approcci strettamente individuali e metodologie tese ad affidare una

maggiore attenzione all'aspetto sociale e di gruppo; queste diversità di approccio hanno causato un

proliferare di discipline psicologiche e di matrici culturali che tendono a sostenere punti di vista diversi e

L‟accezione con cui il termine è qui proposto deve essere recepita nella sua

spesso in conflitto tra loro. ή, anima. Il termine va dunque

valenza etimologica greca, ovvero quale sostantivo derivante dal termine

connotato e letto quale “dimensione più intima dell‟uomo”, secondo la lettura data da Husserl. Occorre

precisare, seguendo il modello del filosofo appena citato, la particolare differenza che intercorre tra

qui assunta, rispetto allo

psicologia nell‟accezione psicologismo, culturalmente e concettualmente connotato

diversamente: con la prima si vuole assumere la psicologia quale analisi privilegiata della psiche umana,

nelle sue più profonde manifestazioni; con la seconda si vuole ridurre tutto il complesso umano a tale

In questa sede si vuole privilegiare un‟analisi del complesso mondo dell‟interiorità umana

dimensione.

assumendo quale elemento fondamentale la dicotomia inscindibile vita-morte: nella vita di tutti i giorni che

l‟uomo conduce è sempre presente, inconsciamente velata o volontariamente celata, un costante pensiero

all‟idea della morte. Il percorso mira all‟analisi del contrasto che nasce tra la consapevolezza di

che segue di un‟adeguata, e

essere soggetti a un destino comune ed universale e una dimensione interiore che necessita

sostanziale, risposta a contraltare di tale presa d‟atto.

dall’età omerica all’età greco-romana

La morte nel mondo greco:

N el momento stesso in cui si intende intessere un qualsiasi discorso che abbia le sue profonde radici

negli albori della civiltà, è necessario far riferimento alla cultura greca, gestante e culla di tutta la

civiltà occidentale. Persino la più banale e superficiale analisi di questa straordinaria cultura, i cui

echi nel tempo sono stati tra i più proficui e floridi, emerge che qualsiasi riferimento non può eludere il

diretto confronto con quanto questa tradizione ha prodotto sin dai suoi primordi: il riferimento è chiaramente

all‟opera omerica, fulcro tematico ed esistenziale di molte problematiche umane, sia che esse siano

apertamente enunciate, sia che esse siano presenti ancora in nuce nel tessuto narrativo.

Nel primo dei due poemi omerici il problema della morte diviene, nelle piaghe più nascoste della

narrazione, il nucleo tematico del duello: questo momento narrativo assume un ruolo centrale nel rapporto

col la dimensione eroica, che si configura quale ricerca della morte; è una Moira che non uccide del tutto

l‟eroe, che gli garantisce il conseguimento della fama, quindi della gloria eterna. Il duello, dunque, assume

un ruolo centrale nella narrazione iliaca, tanto da essere codificato in due forme fondamentali: la prima è

quella dovuta allo scontro casuale durante i combattimenti nel piano antistante le mura di Troia, naturale

conseguenza di scontri puramente casuali o cercati dai combattenti stessi; la seconda è la cristallizzazione del

duello in cui si incrociano le armi in conseguenza di una regolare sfida; l‟eroe chiede di sfidare un degno

avversario, manifestando la sua intenzione di palesare tutta la sua forza e le sue virtù: è la ricerca di una

morte gloriosa che possa consegnare il proprio nome all‟eternità della notte dei tempi. Uno degli esempi più

illustri di tutta l‟Iliade, in questo senso, è il duello tra Aiace ed Ettore, in cui emerge, chiaramente, tutto il

a cui nessun greco può sottrarsi. L‟azione sembra codificata, quasi fosse un rituale

valore di questo rito,

religioso che tutti devono conoscere: è in palio la gloria eterna. Questo evidenzia come la consapevolezza del

esorcizzata e neutralizzata dall‟idea di conquistare l‟immortalità (del nome) grazie

significato della morte sia

ad essa: è un pilastro cardine di tutta la costruzione omerica. Ma la morte si presenta in tutta la sua carica di

sofferenza: la consapevolezza dell‟uomo omerico del dolore che può scaturirne è in perfetta simbiosi con

l‟esasperato agonismo e la bramosa ricerca di gloria. Appare dunque chiaro per quale motivo un evento così

luttuoso sia profondamente accettato: è qualcosa di consapevolmente ricercato, realizzato in funzione di un

onore più grande degli effimeri riconoscimenti terreni e dei doni soggetti alle affezioni del tempo: è

l‟immortalità del nome. Anche per questo motivo il poeta dedica ampie sezioni alle descrizioni dei duelli-

chiave, incontri-scontri certamente non casuali, destinati a cambiare le sorti della guerra. Quanto mai

2

emblematico in questa accezione, nell‟ottica dell‟accettazione dell‟ineluttabilità del destino umano, è

l‟episodio del duello tra Ettore ed Achille, in cui emerge questa chiara idea di morte (XXII, 300-305):

ἐγγφκι ἔτ' ἄνευκεν, M‟è accanto la mala morte, non è più lontana,

νῦν δὲ δὴ μοι κάνατοσ κακόσ, οὐδ' 300

ἀλζθ· ἦ ῥα ἦεν non è inimitabile ormai, e questo da tempo era caro

οὐδ' γάρ πάλαι τό γε ωίλτερον a Zeus e al figlio arciere di Zeus, che tante volte

ἑκθβόλῳ,

Ζθνί τε καὶ Διὸσ υἷι οἵ με πάροσ γε m‟han salvato benigni. Ormai m‟ha raggiunto la Moira.

πρόωρονεσ εἰρφατο· νῦν αὖτζ με μοῖρα κιχάνει. Ebbene, non senza lotta, non senza gloria morrò,

ἀςπουδί ἀκλειῶσ ἀπολοίμθν,

μὴ μὰν γε καὶ ma compiuto gran fatto, che anche i futuri lo sappiano!

ἀλλὰ ῥζξασ ἐςςομζνοιςι

μζγα τι καὶ πυκζςκαι.

Essa si connota come ciò che implica, senza ombra di dubbio alcuno, la conquista eterna della gloria, che

sarà affidata ai posteri. “Morrò avendo compiuto qualcosa di grande, che anche i futuri lo sappiano”.

Ma la morte non è soltanto questo: l‟estremo termine della vita umana non cela in sé solo l‟angoscioso

dramma del dolore, ma anche la fine di tutti quei sentimenti d‟affetto, di stima, d‟amicizia che si instaurano

tra gli uomini. Non c‟è atto più amabile dell‟offrire i propri mezzi ai propri amici: così Achille presta la

propria armatura al fedele Patroclo. E Patroclo, perché l‟avvento della Moira è quanto di più imprevedibile

possa esistere, cade sotto il peso della forza di Ettore. Achille si sente pervaso da un sentimento fino ad allora

estraneo: quale sentimento, se non pentimento, angoscia, dolore coglie il Pelìde Achille? Ira. Per la prima

volta, per il più grande degli eroi, la morte non si presente solamente quale dimensione in cui è possibile

conseguire la gloria, ma anche come terribile privazione degli affetti più cari (tanto più che probabilmente tra

Patroclo e Achille non c‟era solamente amicizia, ma un sentimento più profondo, un amore omosessuale

molto diffuso nel mondo greco). Indicativo è il passo XVIII, 1-147:

Ὣσ Così essi lottavano, come fuoco avvampante;

οἳ μὲν μάρναντο δζμασ πυρὸσ αἰκομζνοιο,

Ἀντίλοχοσ Ἀχιλῆϊ ἄγγελοσ ἦλκε. e Antiloco giunse rapido nunzio ad Achille;

δ' πόδασ ταχὺσ

ὀρκοκραιράων e lo trovò accanto alle navi alte poppe,

τὸν δ' εὗρε προπάροικε νεῶν

ἀνὰ ἃ ἦεν· che sospettava nell’animo quanto era cosa compiuta,

τὰ ωρονζοντ' κυμὸν δὴ τετελεςμζνα

ὀχκιςασ ἄρα ὃν e diceva gemendo al suo cuore magnanimo:

δ' εἶπε πρὸσ μεγαλιτορα κυμόν· “Ah! Perché di nuovo gli Achei dai lunghi capelli

ὤ ἐγϊ, ἄρ' Ἀχαιοὶ

μοι τί τ' αὖτε κάρθ κομόωντεσ Sono incalzati verso le navi, fuggendo per la pianura?

ἔπι ἀτυηόμενοι

νθυςὶν κλονζονται πεδίοιο; Temo che i Numi compiano sciagure tristi al mio cuore,

μὴ δι μοι τελζςωςι κεοὶ κακὰ κιδεα κυμῷ, come un giorno la madre mi accenna e diceva

ὥσ ἔειπε

ποτζ μοι μιτθρ διεπζωραδε καί μοι che il migliore dei Mirmidoni, me tutt’ora vivente,

ἄριςτον ἔτι ἐμεῖο

Μυρμιδόνων τὸν ηϊοντοσ 10 sotto le mani dei Teucri doveva lasciare la luce del sole.

ὕπο ἠελίοιο.

χερςὶν Τρϊων λείψειν ωάοσ E morte il figlio di Menezio, di certo,

ἦ ἄλκιμοσ

μάλα δὴ τζκνθκε Μενοιτίου υἱὸσ infelice! Eppure gli avevo detto che, allontanato il fuoco nemico

ἦ ἐκζλευον ἀπωςάμενον

ςχζτλιοσ· τ' διϊον πῦρ tornasse indietro, alle navi, non combattesse con Ettore”.

ἂψ ἐπὶ ἴμεν, Ἕκτορι ἶωι

νῆασ μθδ' μάχεςκαι.

ὃ ὥρμαινε

Εἷοσ ταῦκ' κατὰ ωρζνα καὶ κατὰ κυμόν, Mentre questo muoveva nell’animo e in cuore,

ἐγγφκεν ἦλκεν ἀγαυοῦ

τόωρά οἱ Νζςτοροσ υἱὸσ ecco gli fu vicino il figlio del nobile Nestore

ἀγγελίθν ἀλεγεινιν·

δάκρυα κερμὰ χζων, ωάτο δ' versando lacrime calde, gli disse tremenda notizia:

ὤ ἦ

μοι Πθλζοσ υἱὲ δαΐωρονοσ μάλα λυγρῆσ “Ah! Figlio di Peleo cuore ardente, molto amara

ἀγγελίθσ, ἣ ὤωελλε

πεφςεαι μὴ γενζςκαι. Notizia saprai, cosa che non doveva accadere;

ἀμωιμάχονται

κεῖται Πάτροκλοσ, νζκυοσ δὲ δὴ 20 Patroclo è a terra e intorno al corpo combattono,

ἀτὰρ ἔχει Ἕκτωρ.

γυμνοῦ· τά γε τεφχε' κορυκαίολοσ nudo: l’armi le ha Ettore elmo lucente!”

Ὣσ ἄχεοσ ἐκάλυψε

ωάτο, τὸν δ' νεωζλθ μζλαινα· Disse così; e una nube di strazio, nera, l’avvolse:

ἀμωοτζρῃςι ἑλὼν

δὲ χερςὶν κόνιν αἰκαλόεςςαν con tutte e due le mani prendendo la cenere arsa

ᾔςχυνε

χεφατο κὰκ κεωαλῆσ, χαρίεν δ' πρόςωπον· se la versò sulla testa, insudiciò il volto bello:

ἀμωίηανε

νεκταρζῳ δὲ χιτῶνι μζλαιν' τζωρθ. la cenere nera sporcò la tunica nettarea;

ἐν poi nella polvere, grande, per gran tratto disteso,

αὐτὸσ δ' κονίῃςι μζγασ μεγαλωςτὶ τανυςκεὶσ

ᾔςχυνε giacque e sfigurava con le mani i capelli, strappandoli.

κεῖτο, ωίλῃςι δὲ χερςὶ κόμθν δαΐηων.

ἃσ Ἀχιλεὺσ Le schiave, che Achille e Patroclo s’erano conquistati,

δμῳαὶ δ' λθΐςςατο Πάτροκλόσ τε

ἀκθχζμεναι ἴαχον, ἐκ straziate in cuore, ulularono, corsero fuori

κυμὸν μεγάλ' δὲ κφραηε

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