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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: Quis custodiet ipsos custodes

Autore: Cataldi Marta

Scuola: Liceo classico

Descrizione: Da sempre critici e studiosi dell'arte e della letteratura hanno cercato di istituire e di consolidare modelli schematici di classificazione e di valutazione, per sviscerare i misteriosi canoni della bellezza e della cultura, le sottili distinzioni esistenti tra sacro e profano, tra poesia e volgarità : i parametri caratterizzanti l'opera di valore, insomma. Problematiche profonde e irrisolte che agli inizi del secolo XIX col sorgere e lo svilupparsi delle prime società  industriali, assunsero forme e limiti indefinibili. La nascita dei grandi mezzi di comunicazione di massa e le questioni, talvolta drammatiche, originate dall'intima esigenza dell'artista e da tutti i fruitori del suo lavoro di preservare la "purezza" dell'immagine pittorica, della figura scultorea, della musica e della parola scritta nell'era della loro riproducibilità  tecnica, diedero luogo a violente reazioni, a chiusure aprioristiche, a una settorializzazione preconcetta caratterizzata dal dualismo categorico: impegno-svago, pregnanza-vacuità , nobiltà -trivialità . Il linguaggio-fumetto allora, che nasce nella seconda metà  dell'ottocento e si sviluppa in seno a un'industria giornalistica accentratrice e tesa al mero profitto, essendo basato su una presunta e, per quei tempi, inaccettabile contaminazione tra segni e codici di diversa e inviolabile natura, nonché rivolto essenzialmente a intrattenere e a divertire i lettori, non poteva non essere accolto con sospetto e diffidenza. Un'aperta ostilità  quella proveniente dai vertici della cultura dominante, incapace di valutare la ricchezza di un medium per loro difficilmente inquadrabile e fondamentalmente incitante a una pericolosa "pigrizia" intellettiva. Pregiudizi che, nonostante il loro lungo, profondo e generale radicamento, non hanno tuttavia impedito che il cartooning crescesse col tempo sia dal punto di vista tecnico sia da quello contenutistico, giungendo a risultati di profonda maturità  espressiva. La critica fumettistica ha sofferto di numerosi equivoci. Paradossalmente il malinteso maggiore è nato proprio dalla difficoltà  di capire cosa fosse davvero il fumetto. Si è detto di tutto: arte povera, arte minore, medium, e ogni definizione non faceva che ridurre la portata del linguaggio fumettistico a un singolo ambito di appartenenza, con l'esclusione dei possibili altri. I primi approcci critici di una certa consistenza erano tutti quanti protesi a "dare un senso" al fumetto.

Area: umanistica

Materie trattate: Fisica:elettromagnetismo Storia dell'arte:futurismo Filosofia: apollineo e dionisiaco di Nietzsche (Batman e Joker) Storia: la crisi del 1929 Inglese: l'età  vittoriana Latino: Giovenale, titolo della tesina tratto dalle "Satire" Italiano: aggancio della figura dell'eroe con gli eroi del decadentismo: l'inetto, il superuomo, l'esteta.

Estratto del documento

“Non combattere contro i mostri

o diventerai tu stesso un mostro.

E se guardi a lungo nell’abisso,

anche l’abisso guarderà dentro di te.”

da “Al di là del bene e del male”, Friedrich Wilhelm Nietzsche

1

2

3

4

Ascesa e declino della tipica figura del supereroe nell’opera di Alan Moore

Marta Cataldi

Liceo Classico Annibal Caro

a.s. 2008/2009

Che cos’è il fumetto?

Da sempre critici e studiosi dell’arte e della letteratura hanno cercato di istituire e di

consolidare modelli schematici di classificazione e di valutazione, per sviscerare i

misteriosi canoni della bellezza e della cultura, le sottili distinzioni esistenti tra sacro e

profano, tra poesia e volgarità: i parametri caratterizzanti l’opera di valore, insomma.

Problematiche profonde e irrisolte che agli inizi del secolo XIX col sorgere e lo

svilupparsi delle prime società industriali, assunsero forme e limiti indefinibili. La

nascita dei grandi mezzi di comunicazione di massa e le questioni, talvolta

drammatiche, originate dall’intima esigenza dell’artista e da tutti i fruitori del suo

lavoro di preservare la “purezza” dell’immagine pittorica, della figura scultorea, della

musica e della parola scritta nell’era della loro diedero luogo a

riproducibilità tecnica,

violente reazioni, a chiusure aprioristiche, a una settorializzazione preconcetta

caratterizzata dal dualismo categorico: impegno-svago, pregnanza-vacuità, nobiltà-

trivialità. Il linguaggio-fumetto allora, che nasce nella seconda metà dell’ottocento e si

sviluppa in seno a un’industria giornalistica accentratrice e tesa al mero profitto,

essendo basato su una presunta e, per quei tempi, inaccettabile contaminazione tra

segni e codici di diversa e inviolabile natura, nonché rivolto essenzialmente a

intrattenere e a divertire i lettori, non poteva non essere accolto con sospetto e

diffidenza. Un’aperta ostilità quella proveniente dai vertici della cultura dominante,

incapace di valutare la ricchezza di un per loro difficilmente inquadrabile e

medium

fondamentalmente incitante a una pericolosa “pigrizia” intellettiva. Pregiudizi che,

nonostante il loro lungo, profondo e generale radicamento, non hanno tuttavia

impedito che il crescesse col tempo sia dal punto di vista tecnico sia da

cartooning

quello contenutistico, giungendo a risultati di profonda maturità espressiva. La critica

fumettistica ha sofferto di numerosi equivoci. Paradossalmente il malinteso maggiore

è nato proprio dalla difficoltà di capire cosa fosse davvero il fumetto. Si è detto di

tutto: arte povera, arte minore, e ogni definizione non faceva che ridurre la

medium,

portata del linguaggio fumettistico a un singolo ambito di appartenenza, con

l’esclusione dei possibili altri. I primi approcci critici di una certa consistenza erano

tutti quanti protesi a “dare un senso” al fumetto. L’esito era drammaticamente

scontato: il fumetto aveva un senso in quanto riflesso della società che lo produceva.

La cosiddetta “critica sociologica” coglieva uno degli aspetti del fumetto,

storicamente forse uno dei più importanti, ma sembrava curiosamente dimenticarne

altri, in primis che si stava parlando di un’opera che era anche espressione dell’autore

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che la realizzava. Si è dovuti arrivare agli anni Sessanta (o meglio ancora alla prima

metà dei Settanta) per capire che il fumetto era un linguaggio con una propria

grammatica e una propria sintassi in continua evoluzione. All’inizio degli anni

Sessanta gli interventi, le analisi e gli studi appassionati di importanti uomini di

cultura, come Umberto Eco, Cesare Zavattini e Dino Buzzati, contribuirono

definitivamente a stimolare l’attenzione e la curiosità degli ambienti accademici nei

riguardi del complesso mondo dei fumetti, proponendo una serie di percorsi

interpretativi che soltanto nell’ultimissimo scorcio del Novecento hanno trovato

sbocchi adeguati e prosecuzioni d’indagine maggiormente legati all’attualità della

narrativa disegnata. I comics sono uno strumento comunicativo denso, vitale,

strettamente intrecciato con la realtà socio-politica, con lo “status emozionale”

dominante nell’ambito in cui vengono realizzati e prodotti. Agendo, infatti, perfino

con prepotenza tra le pieghe dell’immaginario collettivo (grazie anche alla sua natura

ancora essenzialmente seriale, alla sua innata duttilità, alla sua capacità di adattamento

e di risposta rispetto ai bisogni di un pubblico obbligato a rivedere di continuo il

proprio rapporto con il quotidiano) il medium-fumetto si propone spesso come una

straordinaria cartina al tornasole di mutamenti sociali e culturali, correnti d’opinione e

di pensiero, legati a determinati periodi storici. Nonostante i fumetti si suddividano in

generi diversissimi tra loro, spesso hanno un tema che li accomuna: il tentativo, per la

verità non sempre riuscito, di attuare, da parte dei loro autori, varie forme di denuncia

sociale o di avviare delle riflessioni che diventino stimoli per il lettore. Pertanto il

fumetto, come tutto il resto, può essere considerato come un veicolo educativo al pari

degli altri mezzi di comunicazione di massa e non soltanto come serialità e

intrattenimento a basso costo.

Medium dotato di un linguaggio autonomo, riflesso dei mutamenti sociali, banale

passatempo relegato ai più bassi livelli della gerarchia culturale, espressione

dell’interiorità di un autore…questo, dunque, è quanto è stato detto sul fumetto. Tutti

tentativi di inquadrare il fumetto in un singolo ambito, che non hanno fatto altro che

sminuire quello che forse è la caratteristica principale di questo medium bistrattato:

attraverso le pagine degli albi, attraverso le attraverso le grandi raccolte

strips,

supereroistiche, vengono diffuse conoscenze e nozioni che possono essere così

apprese in modo relativamente indolore. Ad esempio, leggendo i fumetti dei supereroi

classici, come di quelli contemporanei, è possibile trovare molti esempi in cui i

concetti fisici sono descritti e applicati correttamente. E’ ovvio che quasi sempre l’uso

dei superpoteri implica di per sé una chiara violazione delle leggi note della fisica e

richiede una sospensione deliberata e volontaria dell’incredulità. Molti, però, sono i

personaggi che sfruttano ben precise leggi della fisica, piuttosto che superpoteri di

origine incerta. Mentre solo pochi eroi basano i propri superpoteri sulla forza

dell’elettricità e/o del magnetismo, i supercattivi spesso impiegano queste forze

fondamentali della natura per guadagnare soldi o conquistare il mondo (a volte anche

per entrambi gli scopi).

Indicativo è il caso di Electro, criminale dal discutibile senso estetico, apparso per la

prima volta nel febbraio del 1963 nel numero 9 della rivista “The Amazing Spider-

man”. Egli, così come Magneto (antagonista degli X-Men), sfruttando le proprietà

dell’elettromagnetismo, è in grado di compiere i crimini più efferati senza

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farsi mai “incastrare” dal rivale di turno. Come questo, altri sono i casi di “bizzarri

personaggi” che, tra uno scontro epico e un lieto fine, tra una vignetta ed

un’onomatopea, possono aiutare il Lettore Modello ad acquisire qualche conoscenza

o, magari, comprendere meglio anche i piccoli fenomeni quotidiani.

Ampliando il discorso, la “disciplina” a cui il fumetto attinge più apertamente è l’arte.

Il gioco di specchi tra arte “colta” e fumetto è interminabile. Uno degli aspetti più

interessanti del fumetto stesso è la sua straordinaria capacità di rielaborare,

consapevolmente o meno, ciò che le arti maggiori hanno prodotto.

Il fumetto, come altre forme di arte visiva, si nutre principalmente di immagini e a sua

volta ne crea. I punti di contatto con l’arte possono essere visualizzati su due piani:

a) quello di una consapevole;

citazione

b) quello di una involontaria.

rimasticazione

Il primo caso si verifica laddove gli autori “citano” i grandi maestri dell’arte per

render loro omaggio oppure per svilupparne il linguaggio:

"Nudo che Scende le scale", Marcel Duchamp (1912) Calvin & Hobbes di Bill Watterson

La rimasticazione involontaria invece è tipica della maggior parte degli autori dei

fumetti. E’ lecito chiedersi quale relazione intercorra tra un quadro come “Il fantasma

di una pulce”di William Blake e il fumetto Swamp Thing: 7

Il disegnatore Berni Wrightson non aveva mai visto il quadro di Blake, eppure Swamp

Thing ha le stesse fattezze del Ciò è successo perché quel

fantasma di una pulce.

quadro appartiene alle suggestioni iconografiche contemporanee e costituisce un

tassello importante nel DNA culturale contemporaneo. Si instaura così un rapporto

reciproco tra fumetto e arte: il fumetto diffonde a livello “popolare” segni altrimenti

difficili da veicolare, mentre l’arte “ colta” fornisce stimoli che arricchiscono il

fumetto e il suo linguaggio.

Una corrente che contiene in sé molti aspetti che entrano di diritto nel modo di

disegnare di tanti autori di fumetti è il Futurismo. Si potrebbe dire che alcune opere

futuriste siano quanto di più vicino al fumetto contemporaneo l’arte abbia mai

prodotto prima della rivoluzione della Pop Art. Uno dei punti essenziali del manifesto

futurista è che la rappresentazione di un soggetto in movimento non possa dare in

alcun modo la sensazione di staticità:

“Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza

della velocità. Un’automobile da corsa…è più bella della Vittoria di Samotracia.”

Dal Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Martinetti,1909

O anche

“La letteratura esaltò, fino ad oggi, l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare

il movimento aggressivo, l ‘insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il

pugno.”

L’esperienza futurista che eredità ha nel fumetto? Il problema della rappresentazione

del movimento, della “scomposizione” che esso determina nel soggetto disegnato,

viene ripreso e risolto dai giapponesi. Le linee cinetiche sono elemento essenziale dei

manga: quel modo di rendere il dinamismo passa al Sol Levante per essere

successivamente fatto proprio anche dal fumetto supereroistico americano, un tempo

basato molto più sulla che non sulla “Forme uniche nella continuità

potenza velocità.

dello spazio” vista con gli occhi del giapponese Go Nagai, è dunque un robot in

movimento, “antenato” e precursore dei futuri Goldrake, Mazinga & co. 8

Il binomio arte-fumetto vive anche un intenso rapporto osmotico: così come il

secondo attinge, più o meno consapevolmente, all’ immaginario dell’arte

contemporanea, così anche quest’ultima si rifà, anche in modo piuttosto diretto, al

medium fumetto. Un nome su tutti: Roy Lichtenstein. Il suo è

modus operandi

precisissimo: sottrae al normale consumo la struttura dell’immagine nei racconti a

strisce figurate. Recupera in tal modo l’immagine archetipica, non interessandosi del

contenuto del messaggio,ma del modo in cui è comunicato, del Il vero

medium.

messaggio è perciò il medium, cioè il medium non fa che comunicare se stesso.

Lichtenstein ripropone l’immagine in modo letterale, trasferendola in scala ingigantita

sulla tela. Un prodotto della cultura “bassa” e popolare viene così issato nella sfera

“alta” e nobile della pittura, modificando in profondità i connotati di base di ambedue

i linguaggi. Isolata dal contesto della storia e microscopicamente ingrandita,

l’immagine non è più consumabile. Così facendo, muove un’accusa pesante a tutto il

mondo della cultura di massa: il modo di recepire questo tipo di comunicazione è

oltremodo banale!

Un altro esponente della Pop Art, Andy Warhol, è a sua volta ripreso in una tavola di

Milo Manara: 9

I fumetti, però, non vivono solo di contaminazioni e scambi con linguaggi come quelli

della letteratura, del cinema della poesia. Hanno anche una propria spiccata identità e

un nocciolo di caratteristiche che li rendono unici e diversi da qualunque altra arte.

BREVE STORIA DEL FUMETTO SUPEREROISTICO

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