Professori, dove avete studiato?

Messaggioda Futuroprof » 03/04/2018, 22:48

Ciao a tutti :)
Desidererei sapere dagli insegnanti presenti nel forum dove hanno frequentato il corso di laurea magistrale in matematica. In particolare, sarei curioso di parlare con quelli che hanno seguito un curriculum di studi fortemente orientato verso la didattica... che percorso avete seguito? Ci sono tanti esami pensati proprio per "insegnare a insegnare"? Consigliereste di fare quel particolare percorso?
Sto frequentando la laurea triennale, e frequentare una magistrale per l'insegnamento è il mio sogno...
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Re: Professori, dove avete studiato?

Messaggioda gugo82 » 04/04/2018, 13:52

Lascia stare la didattica e pensa ad approfondire la disciplina.
Sapere cosa dire ad uno studente serve molto più di ogni altra cosa.
Sono sempre stato, e mi ritengo ancora un dilettante. Cioè una persona che si diletta, che cerca sempre di provare piacere e di regalare il piacere agli altri, che scopre ogni volta quello che fa come se fosse la prima volta. (Freak Antoni)
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Re: Professori, dove avete studiato?

Messaggioda killing_buddha » 04/04/2018, 14:27

gugo82 ha scritto:Lascia stare la didattica e pensa ad approfondire la disciplina.
Sapere cosa dire ad uno studente serve molto più di ogni altra cosa.

Comincio a preoccuparmi per quanto spesso siamo d'accordo!
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Re: Professori, dove avete studiato?

Messaggioda axpgn » 04/04/2018, 14:37

... mmm ... io non molto ... do per scontato che uno debba conoscere (bene, molto bene) ciò di cui parla, a maggior ragione se lo vuole "trasmettere" ma da qui a riuscire a farlo con efficacia ce ne passa ... :wink:

Cordialmente, Alex
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Re: Professori, dove avete studiato?

Messaggioda killing_buddha » 04/04/2018, 15:17

E' che purtroppo molto spesso si perde un sacco di tempo a insegnare a "comunicare con efficacia" invece che ad insegnare cosa comunicare.
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Re: Professori, dove avete studiato?

Messaggioda Futuroprof » 04/04/2018, 15:22

I vostri pareri ovviamente sono ben accetti... siete insegnanti delle superiori o universitari?
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Re: Professori, dove avete studiato?

Messaggioda axpgn » 04/04/2018, 16:48

killing_buddha ha scritto:E' che purtroppo molto spesso si perde un sacco di tempo a insegnare a "comunicare con efficacia" invece che ad insegnare cosa comunicare.

E dove accade questo? Da quello che leggo qui mi pare che accada il contrario nei CdL di Matematica ...
Siamo tutti d'accordo che sia necessario conoscere (bene) ciò che ci insegna (e mi pare il minimo); se questo avvenga realmente se ne può discutere, ovviamente :D ... però a me pare altrettanto pacifico che se non sei capace di trasmettere ciò che conosci alla perfezione, il risultato è lo stesso ... :-D
Ovvero, detto in altro modo, non è sufficiente essere un "mago" della materia per essere anche un bravo insegnante ... IMHO

Cordialmente, Alex
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Re: Professori, dove avete studiato?

Messaggioda @melia » 04/04/2018, 17:37

Io mi sono laureata in matematica, indirizzo didattico, a Padova un sacco di anni fa (ho una laurea quadriennale) e successivamente ho seguito un corso di perfezionamento in didattica della fisica, sempre a Padova.
Gli esami di didattica fondamentali sono stati
Matematiche elementari dal punto di vista superiore, uno studio comparato di geometrie diverse, con sistemi assiomatici diversi, probabilità e statistica rivolta a studenti della scuola media e del biennio delle superiori, i naturali secondo peano, pregi e difetti, introduzione agli insiemi numerici, in pratica uno studio degli argomenti di matematica delle medie e del biennio delle superiori, visti con l'occhi del docente.
Matematiche complementari, il corso era centrato sulle trasformazioni geometriche di curve algebriche, coniche, funzioni circolari, in pratica gli argomenti di terza e quarta superiore, sempre però con l'occhio di chi ne deve sapere un po' di più.
Quando ho superato l'esame di abilitazione in Matematica e Fisica, siccome sentivo la carenza della visione didattica della Fisica, ho seguito il corso di perfezionamento dove abbiamo lavorato molto sul laboratorio e sulle differenze tra energia e forza (difficoltà principale degli studenti che studiano fisica al biennio).
Sia negli esami di didattica che nel corso di perfezionamento la prova d'esame finale era formata da una prova scritta sul programma svolto e l'orale era una lezione didattica in cui i miei compagni di corso facevano la parte degli studenti.

Per me queste tre attività sono state altamente formative.
Sara Gobbato

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Re: Professori, dove avete studiato?

Messaggioda Futuroprof » 04/04/2018, 18:50

Grazie mille melia... sono queste le informazioni che cercavo :)
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Re: Professori, dove avete studiato?

Messaggioda killing_buddha » 05/04/2018, 01:54

@melia ha scritto:...

Anche io ho studiato a Padova; ho diverse cose da dire.

Chi teneva il corso? Sono curioso, io l'ho seguito (nel 2012, praticamente ieri) tenuto da Sambin. Squisito, stimolante. Come tutti i corsi ha dei limiti e delle sbavature, ma certamente è quel tipo di preparazione senza la quale la formazione di un matematico è monca.

Quel corso mi ha portato a riflettere su un problema che mi sta enormemente a cuore: da quel giorno ho iniziato a chiedermi : per quale motivo gli adolescenti vivono con fastidio la matematica? Cosa si innesca nella loro testa quando ci vengono a contatto? Cosa determina il loro rifiuto per essa? Cosa insinua nella loro mente l'idea perniciosa e terribile per cui
chi-so-io ha scritto:la Matematica, con la "M" maiuscola, non interessa e che ai più serve a fini applicativi

...in poche parole, cosa spinge dei virgulti innocenti a perdizioni riprovevoli come l'ingegneria e l'economia?

Ci penso sopra da molti anni.

E ho maturato la convinzione (finora mai smentita dai fatti) che MEPVS sia la spia del problema; che nemmeno lui, per buono che sia, sia immune dal difetto comune a tutta la didattica della matematica e la divulgazione che ho visto: l'insegnante/divulgatore deve sì avere delle competenze, ma mai troppe, perché fa male. E va a finire che queste competenze poi si riducono a nozioni che sono (a) puntiformi rispetto alla disciplina, (b) totalmente irrispettose della suddetta, (c) totalmente irrispettose dell'intelligenza e delle priorità degli studenti.

L'effetto combinato di questi tre difetti è deleterio: ne esce un'immagine della matematica monca, distorta, che ha lo stesso effetto disturbante di una puntata dei teletubbies vista da adulti.

Sono fermamente convinto che la matematica raccontata agli studenti a scuola risulti odiosa per il semplice fatto che non è Matematica; lobotomizza studenti già svogliati. Come ho detto in altri contesti, quand'ero studente io la odiavo visceralmente, ed ero convinto mi stesse antipatica lei, laddove invece mi stavano visceralmente antipatici i fautori della sua distorsione ad usum delphini.

Ecco! Ho trovato la definizione adatta: la matematica scolastica mi appare come la mala copia di un libro, riadattata per gli occhi di un infante, nella falsa convinzione che non gli si possa parlare di una matematica meno elementare di quattro cazzate sui rapporti di polinomi (giammai dar loro la definizione di un polinomio!) o infilando col badile nella testa dei più scemi la regola di Cramer.

L'esito di questo processo è patetico, perché rende la matematica esattamente l'opposto di quel che nella realtà di noi che la pratichiamo quotidianamente essa è; la rende irriconoscibile, soporifera. E' una storia sbagliata, raccontata da gente che non ha idea di quel di cui parla. Non è Matematica, è quel che succede alla Matematica dopo tre generazioni di endogamia e incesto, ed è solo una certa cecità collettiva a tenerla in vita.

Quella, e il fatto che i docenti che hanno speso una congrua porzione del loro tempo a fare esami di pedagogia invece che di matematica, e tuttavia la insegnano, si trovano ad essere i più matematicamente colti in un corpo docente i cui quattro terzi sono degli svogliati che approdano alla scuola perché calciati fuori a forza da altri lavori, i restanti quattro terzi reputano i ragazzi che hanno davanti dei minus habens, e gli ultimi quattro terzi sono essi stessi dei minus habens; chi resta è un numero di persone talmente esiguo che non ha speranza di fare massa critica nemmeno in mille anni.

Ora. Per quale motivo è impossibile parlare ad un adolescente della vita di Galois, che muore in un duello, inebriato dal profumo di una puttana dopo avere cambiato il mondo? Sono davvero così lontane queste categorie di pensiero da quelle di un individuo in formazione la cui intera esistenza è spiegabile nei termini della graduale e terribile presa di coscienza dell'antitesi tra sesso e morte?

Perché non è possibile parlare del terrore inumano che Cantor prova scoprendo Dio tra le pieghe dei numeri cardinali? E' così inconcepibile che la matematica sia, prima di qualsiasi altra cosa, e contro tutta quella plebe che vuole ridurla al miracolo con cui facciamo volare gli aerei, una pratica mistica, il quotidiano trovare le parole per nominare la propria ontologia personale?

E' davvero così bizzarro credere che l'opera di Turing, e il suo suicidio totemico, siano sentimenti più facili da trovare in una classe di liceo di quelli che li portano a ingoiare a badilate regole frammentarie di cui non comprendono il senso? E' così incredibile raccontare che tra i matematici si nascondono terroristi (Kaczynsky), metafisici (Grothendieck), asceti (Perel'man)?

L'origine del problema è molteplice: chi insegna ha una cultura matematica sufficiente a perpetuare questo scempio, ma insufficiente a soddisfare l'ideale che prospetto. L'istruzione in generale versa in una condizione pietosa. La quasi totalità delle persone che svolgono questo lavoro sono dei mentecatti, svogliati, disillusi, impreparati, concentrati a ciarlare di
"uno studio comparato di geometrie diverse, con sistemi assiomatici diversi, probabilità e statistica rivolta a studenti della scuola media e del biennio delle superiori, i naturali secondo peano, pregi e difetti, introduzione agli insiemi numerici...".

Come conseguenza, insegnamo a dei ragazzi che non lo meritano sporadici e malcerti tratti della matematica fatta fino al 1900, quando il progresso fatto negli ultimi 50 anni eguaglia per larghezza e profondità quello compiuto nei precedenti sei secoli. E' ridicolo, offensivo per l'intelligenza di entrambe le parti. Ma inevitabile: per essere padroni di queste idee serve come minimo un dottorato e con esso la frequentazione pedissequa e maniacale degli ambienti dove la matematica viene fatta, oggi. Impossibile pretenderlo, anche perché è impossibile negare che la falange didattica di ogni corso di laurea in matematica fa da bacino di attrazione a tutti quelli che -per mancanza di voglia, di inclinazione, o semplice disorganizzazione- trovano rifugio nei meandri di una carriera che altrimenti finirebbero con grande fatica e scarso successo. Queste persone, che della matematica vera hanno visto sì e no la punta della superficie, finiscono a insegnarla agli adolescenti.

E' un piano geniale, cosa mai potrebbe andare storto?

Ora, preso atto di questo, che si fa? Non lo so; il problema non ha soluzione, è incistato in ciò che la matematica pensa di sé stessa, di ciò che l'esterno pensa della matematica, e della versione trasfigurata e ritardata che è stata propinata ai futuri insegnanti.

Io sto provando a essere parte della soluzione rompendo le palle finché posso, e con tutta la voce che posso. E' qualcosa.

Ah, prima che inizi la solita storia "sei un talebano gnignognogno", preciso alcune cose:

1. Sono figlio di insegnanti; l'idea che la quasi totalità delle persone che fanno questo lavoro abbia la visione della vita di un impiegato del catasto, e che alcuni abbiano seri problemi di orizzonte culturale mi è stata impartita proprio dalla mia famiglia.
2. Io ho insegnato a dei liceali per un breve tempo; era un linguistico se ben ricordo. Mi sono comportato esattamente come sto pretendendo in questo proclama, fin nei minimi dettagli. Nel senso che ho raccontato loro di Galois, del duello, di Turing che si ammazza perché era gay, eccetera. L'ho fatto per divertirmi, oltre che perché lo trovo giusto, e una rappresentazione fedele di ciò che la matematica ambisce ad essere, di ciò che è costretta ad essere dalla natura dei suoi adepti.
Ho detto loro queste cose invece delle solite cazzate sui triangoli simili. E ciò soprattutto perché trovo offensivo perdere in esse più del tempo necessario a fare quel minimo di debunking che insegni ai ragazzi a fare da sé.
Dopo averlo fatto, (cioè dopo i primi venti minuti) si può iniziare a parlare di matematica seria. E quella, cazzo sì se è piacevole.
Un fatto avvenuto in quei giorni, minuscolo, insignificante, ma piacevole se rapportato all'età del mio uditorio. "Cosa bisogna fare quando non vi ricordate come si espande il quadrato di $a+b$? Semplice, disegnate un quadrato: l'area di questo è $a^2$, l'area di quest'altro è $b^2$, e questi due sono rettangoli di lati $a,b$. Fine."

A un certo punto, dal fondo: "ma si può fare anche coi cubi?"

Mic drop. Gli altri giorni ingoio, ma quel giorno ho vinto io.
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