La didattica, negli occhi di un categorista

Messaggioda killing_buddha » 12/04/2018, 11:35

Dopo che l'altro thread in cui si parlava di didattica è stato chiuso (è comprensibile, data la deriva verso un altro argomento), mi è stato chiesto
per favore, tra qualche giorno rileggi quello che hai scritto sia ad @melia sia a me, poi prova a chiedere scusa ad entrambi e ad intavolare un discorso serio, usando le parole adeguate (così come faresti parlando di Matematica).

Non sarà esattamente quello che mi è stato chiesto, ma questo messaggio prova a riaprire la discussione nelle sue linee generali. Penso che siano emerse le linee generali di una critica alla didattica che volevo fare da tempo.

Ci sono diversi punti nella mia pars destruens e nelle critiche che sono state ad essa mosse: provo a essere più sintetico e distaccato possibile, in forma di botta e risposta; cerco di tenere ogni botta e ogni risposta sotto le 100 parole, per evitare di divagare. Non userò lessico poco educato, spero questo "intavolerà un discorso serio".

- La didattica versa in una condizione pietosa. Per quale motivo?
- Diverse ragioni: gli insegnanti non sanno la matematica, o non ne sanno più di quella che insegnano. Si adeguano a dei programmi arcaici, spesso scritti da persone che o non sono matematici, o non hanno capito praticamente nulla di cosa sia la matematica. Tenere separate, e sottintendere quanto siano antitetiche, le carriere degli "ingegni minuti" da quelle degli umanisti, veri detentori del sapere. Il sistema scolastico è connivente con questa idea fascista e classista (oltre che profondamente hegeliana) di quali sono i rapporti di forza all'interno del sapere. Quanto sia ridicolo assestarsi su una visione del mondo e del sapere che risale agli anni '20 del Novecento, e che è l'emanazione diretta di un governo dittatoriale, è palese; se dovessi commentarla io, disattenderei alla regola di usare solo linguaggio educato.
- Beh, e allora che si fa?
- Si inizia a insegnare matematica seriamente. Per farlo, c'è bisogno di persone che la sappiano, e che la sappiano insegnare. Allo stato odierno delle cose, chi percorre un curriculum didattico all'università spesso sa come insegnare, ma non ha la minima idea del cosa insegnare. Il motivo è duplice: molti hanno scelto di fare didattica perché la matematica vera non riusciva loro, oppure fare corsi di pedagogia ha semplicemente tolto loro il tempo per imparare più matematica (la matematica, anche quella di scuola, è/deve-essere fatta di funzioni, di algebra astratta, di spazi topologici, di logica... solo non viene detto apertamente; e chi insegna queste cose deve avere chiaro il panorama del sapere matematico). Ora io mi chiedo, ed è una domanda sincera: queste persone cosa sanno? Cosa pretendono di aver visto, e con quale autorità pensano di parlare della matematica a dei ragazzi? Mi si risponde che sanno quel che serve; e io non ci credo, spesso sanno molto meno del minimo indispensabile.
- Non sei un po' troppo duro, con gli altri docenti?
- Ho un ulteriore aneddoto accaduto in quella scuola di cui parlavo nell'altro thread: chiacchierando con un altro professore di matematica a un certo punto faccio l'esempio di Galois, morto in un duello alle pistole etc etc (è un esempio che mi è caro, sì); l'altro professore mi guarda stranito, con un sorriso un po' ebete. Gli faccio "sì, hai presente, Galois, quello della teoria di Galois! Un polinomio è risolubile per radicali se e solo se ... ". Non aveva mai sentito parlare di Galois. Ed era finito ad insegnare perché, dopo un malcerto dottorato, non era riuscito a trovare altro (e in retrospettiva, ci posso credere!). Se è a gente del genere che affidiamo l'educazione dei ragazzi, è così stupefacente lo stato pietoso in cui versa la scuola, e la discriminazione che deve spesso combattere il sapere scientifico?
- Del resto è evidente che per insegnare la matematica che si fa a scuola non serve sapere cos'è una distribuzione temperata, o come si trova un sistema di radici di un'algebra di Lie.
- Non è necessario in senso stretto; ma certamente più è ampio il respiro che la cultura matematica di un individuo ha, più efficace e diretto è il suo modo di trasmettere le nozioni che deve impartire. E poi: il divario tra la matematica fatta a scuola e quella fatta all'università è già abissale, così come diventa sempre piu abissale il divario tra la matematica che si fa all'università e la pratica quotidiana del matematico (è questo divario, e il fatto che chi si ferma prima lo ignora non avendolo vissuto, che mi fa invalidare le competenze di un buon numero di insegnanti). Essere stati esposti ad un sistema selettivo acuminato, ed esserne sopravvissuti, rende già più plausibile che chi ho davanti sappia ciò di cui parla; o meglio: rende meno probabile che chi ho davanti sia un incompetente, naufragato verso una carriera didattica a causa della sua incapacità (negare che queste persone esistano, e che siano tante, è una replica semplicemente indifendibile).
- Quindi che si fa concretamente (con concretamente intendo: nel quotidiano, nella didattica di un giorno completamente anonimo)?
- Ovviamente il programma di "fare insegnare la matematica solo a chi ha fatto il matematico", nelle sue linee generali, è irrealizzabile; lo è a causa di una connivenza congiunta di docenti e di studenti, e questo di per sé è vergognoso, ma cercare una via di mezzo è possibile: un ottimo inizio è svecchiare i programmi, facendoli stilare a gente che ha idea di cosa sia la pratica matematica, e che sappia riprodurla fedelmente relativamente a nozioni meno tecniche. Un ottimo modo di continuare è rendere la carriera didattica meno densa di fuffa: è un percorso indubbiamente più facile, che costringe ad una immersione meno drastica nella disciplina cui lo studio della matematica costringe. Non serve fare coomologia delle algebre di Lie, è sufficiente fare un leggero upgrade, ponendo l'accento su alcune prerogative del pensiero matematico: privilegiare l'astrazione all'applicazione, motivare l'introduzione delle definizioni, dare un'idea di cosa sia e di come si esegua una dimostrazione, proporre le idee in un quadro storico-critico, porre il tecnicismo nel quadro di un programma ampio, non tradire l'idea che fare matematica è un'attività simile a quella di chi compone musica, comunicare l'idea che la matematica è essenzialmente "l'insieme di tecniche che irregimentano il processo dell'astrazione", come ho detto di là.
- Tutto ciò è bellissimo, ma io sono pagato per insegnare quello che mi dice qualcun altro.
- Trovo questo materialismo patetico, svilente, e insulta contemporaneamente l'intelligenza di docenti e studenti, e la centralità della scienza nella cultura moderna. Come ho detto di là: si ritiene che una persona che non sa declinare i verbi non possa procedere nel percorso della propria formazione, così come si ritiene che una persona che non ha idea di cosa sia avvenuto prima, se la guerra di Crimea o il nazismo. Perché dovrebbe essere diverso con la matematica? Tre motivi: meno persone sanno la matematica di quelle che sanno la storia, quindi nessuno grida allo scandalo; meno persone sanno la matematica di quelle che sanno la grammatica, quindi nessuno grida allo scandalo; e ancora una volta Gentile. Ma l'ignoranza scientifica delle persone è scandalosa tanto quanto, se non più, quella linguistica. Non fare niente per curarla, adagiarsi mollemente sullo status quo, è essere parte del problema. Sapere cos'è un sistema di radici di un'algebra di Lie ed evitare di dire ai ragazzi cos'è una topologia "perché così ha detto il ministro" è criminale nei confronti della formazione che si è ricevuta.
- Quindi qual è la soluzione, cosa stai facendo tu?
Adesso, vi sto infastidendo, è già qualcosa; agli studenti che sono d'accordo con me, dico che non sono soli. Agli adulti che sono d'accordo come, dico che non sono soli. Agli adulti che non sono d'accordo con me dico: non è affatto scontato che il sistema universitario che finora mi ha accolto mi tenga dentro di sé. Per scelta o necessità, è possibile che io debba uscirne e mi ritrovi ad insegnare matematica. Lo farò nel modo che ho detto finché mi sarà possibile, e anche un passo oltre ciò che mi è consentito, perché fare altrimenti tradirebbe la profondità delle competenze che mi sono costruito in questi dieci anni, le renderebbe vane e mi farebbe apparire ipocrita. Delle critiche che adesso ricevo, potremo parlare allora, da pari a pari.
- Ti stai lamentando del comportamento "degli insegnanti" come categoria astratta, quando chi vuoi colpire sono i tuoi insegnanti.
Questo è sbagliato. Io non me la prendo coi miei insegnanti, che sono stati ottimi (ciò che sono e che penso è frutto di come sono stato educato da queste persone: la mia professoressa di italiano mi ha dato in mano "Finzioni" di Borges -che incidentalmente è uno dei pochi matematici che rispetto- e la mia professoressa di filosofia mi ha instillato l'idea che i filosofi fossero degli incapaci, e che gli unici progressi nel campo dell'ontologia sono stati fatti da matematici). Io me la prendo col complementare di questo insieme, con la connivenza che sto cercando di denunciare, con uno status quo a cui, proprio perché è diventato abitudine, nessuno fa più caso. Sto cercando di denunciare quanto male fa questo lassismo, io che lo vedo e ne sono disgustato.
-[la] categoria [degli insegnanti] è fatta di persone che lavorano il più delle volte al loro meglio
E cosa si fa quando questo meglio non basta? Cosa si fa quando il loro meglio è insufficiente a insegnare decentemente, e tradisce la natura del sapere matematico facendolo diventare una costola dell'ingegneria? Cosa si fa quando chi insegna è gretto, ignorante o incapace? Io rispondo che ci si ribella, ci si lamenta.
- Lo sai, vero, che questo punto di vista è applicabile solo a individui ricchi e dotati? Come si insegna matematica in questo modo a Scampia? E come la si insegna a una persona con un ritardo mentale?
- La risposta più sincera è che è vero, e che non ho idea di come si risolva il problema. La qualità della matematica, così come la qualità della ricerca filosofica, vive della ricchezza della nazione che la mette in atto, e per attaccare il primo problema serve una gestione più illuminata del denaro, l'eradicazione dei fenomeni baronali e mafiosi. Tutte cose irraggiungibili in tempo finito. Del resto i problemi cui è più interessante pensare sono quelli aperti, no?
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Re: La didattica, negli occhi di un categorista

Messaggioda madmath » 03/07/2018, 21:00

Sottoscrivo quello che hai ribadito. Effettivamente io tendo a sviluppare una didattica da triennale universitaria (dato il livello pietoso dell'università italiana...) già in prima superiore ove possibile. Ma io insegno a scuola solo perchè non ho ottenuto un calcio in culo per una cattedra universitaria (ma rimedio facendo corsi per ingegneri e seminari; ho fatto il ricercatore esterno (guest) a bologna finché non hanno chiuso la categoria...). Continuo comunque a fare ricerca in logica e geometria aritmetica per quanto possibile nel tempo libero.
Natualmente non consideri il mondo della scuola nella sua globalità (o fai finta di non conoscerlo): la maggioranza degli studenti non è interessata alla matematica o alla maggior parte delle discipline; fondamentalmente alla maggioranza interessa bere,drogarsi (soprattutto interazioni con il cellulare che creano dipendenza; ma non solo) e scopare (ma il sesso è bello no?). Solo una ristretta classe di studenti (gli smanettoni,i nerd, chiamali come vuoi) apprezza davvero lo studio delle discipline e chiede rigore e profondità. La scuola italiana come il concetto stesso di istruzione non è mai davvero esistita; la scuola non è per tutti: in definitiva è per tutti (e soli) quelli che vogliono studiare. Una volta era sufficiente imparare a leggere e scrivere (e la quinta elementare corrisponde ora almeno alla prima liceo). Oggi esci da un liceo che neanche sai affrontare i test di ingresso delle università. E la maggioranza non sa nè argomentare nè leggere o scrivere decentemente. Benvenuto in italia, il paese più corrotto,razzista e ignorante d'europa (a parità di sviluppo economico). Tutto questo è banale e risaputo da tempo.
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Re: La didattica, negli occhi di un categorista

Messaggioda killing_buddha » 04/07/2018, 14:36

fondamentalmente alla maggioranza interessa bere,drogarsi (soprattutto interazioni con il cellulare che creano dipendenza; ma non solo) e scopare (ma il sesso è bello no?).

Perché, a me no? Il punto è questo, c'è una narrazione sbagliata che suggerisce uno iato tra "vita reale" e storiografia/cultura/arte. Il compito della scuola dovrebbe essere proporre senza filtri questa visione ai giovani.
La storia del sapere è una storia che è fatta di allucinazione, stati mentali alterati, visioni mistiche, furori artistici, riti propiziatori, esibizione di potenza sessuale. Ce n'è praticamente per tutti, si può rendre interessante a tutti, la materia si vende da sola: se non ne sai comunicare il potenziale sessuale sei un ciellino.
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Re: La didattica, negli occhi di un categorista

Messaggioda @melia » 04/07/2018, 18:58

Confesso che non ho letto tutto l'intervento di killing_buddha, ma dalle prime righe ritengo di essere solo parzialmente d'accordo con lui. È vero che per insegnare 10 bisogna conoscere 100, ma quello che ci viene chiesto principalmente (vedi Indicazioni Nazionali) non è di essere strettamente teorici, ma di riuscire ad applicare nella pratica gli argomenti studiati. Credi che sia più utile ad un elettricista (sto facendo gli esami di stato agli elettricisti) conoscere la teoria di Galois o saper costruire un Gantt del proprio progetto?
Quando dici: "parlando con gli studenti" ti riferisci, ovviamente, ad un ben particolare tipo di studenti, quelli ai quali il tuo modo di lavorare risulta utile perché apre la mente. Stai facendo, anche tu come jack22, un errore in campo statistico: prendi come campione un gruppo di persone che non è un campione casuale, ma ristretto ad una determinata cerchia, per questo non rappresentativo dell'intero sistema studenti. Non sparare troppo in alto, parti dal basso, anche la statistica rientra nel programma di matematica.
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Re: La didattica, negli occhi di un categorista

Messaggioda killing_buddha » 04/07/2018, 19:42

Quello che rifiuto, di questo modo di vedere, è la narrazione per cui le competenze (matematiche, ma il discorso come avrai notato ha ora un respiro più ampio, o sta prendendo rapidamente le dimensioni di ciò che la parola "matematica" ha per me) di un individuo siano funzionali a dargli un lavoro.

Quello che refuto, più alla larga, è la retorica del lavoro come nobilitante l'uomo e le sue sorti. Le "indicazioni nazionali" sono permeate di questa retorica malsana e materialista anche se poi si riempiono la bocca di frasi fatte come "la centralità della persona" e "un nuovo umanesimo". O per dirla meglio: quelle che si leggono sono parole molto belle, ma poi come le vorremmo implementare? Insegnando agli elettricisti i diagrammi di Gantt, o comunicando anche agli elettricisti la tremebonda balbuzie che il viandante sul mare di nebbia ha di fronte all'unico Dio senza volto che tiene i fili degli altri dèi, che usualmente veneriamo?

Credi che sia più utile ad un elettricista (sto facendo gli esami di stato agli elettricisti) conoscere la teoria di Galois o saper costruire un Gantt del proprio progetto?

Credo sia più necessario a un elettricista spaziare attraverso il corpo vertiginoso di conoscenze che dai babilonesi a Elon Musk permea la cultura umana e ne ha cambiato momento dopo momento le sorti. Avere contezza del potere del linguaggio di creare la realtà, avere la libertà di suggestionarsi di fronte al fatto che non sappiamo nulla a proposito di nulla, ma che quel poco che sappiamo ispira un'unità, una sincronia; svelare questa sincronia è il vero grande progetto a cui le vite del singolo dovrebbero afferire, non la crescita del proprio PIL a sfavore di quello dei vicini.

Supporre che "a un elettricista interessi altro da questo", supporre che il suo sia un "ingegno minuto", è il vero atteggiamento segretamente classista nascosto nella scuola borghese e gentiliana che (a cui) hai l'onore di servire.

Questo significa che la mia idea di educazione ha base ideologica, e che prima di qualsiasi nozione il docente dovrebbe emanare un'ideologia? Certo: non vedo perché dovrebbe essere altrimenti; la produzione di cultura è ideologizzata, perché fingere di (o costringere i suoi sacerdoti a) edulcorare dall'ideologia la comunicazione della cultura?
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Re: La didattica, negli occhi di un categorista

Messaggioda @melia » 04/07/2018, 21:03

killing_buddha ha scritto:Supporre che "a un elettricista interessi altro da questo", supporre che il suo sia un "ingegno minuto", è il vero atteggiamento segretamente classista nascosto nella scuola borghese e gentiliana che (a cui) hai l'onore di servire.

:D Si vede proprio che non hai mai insegnato in un professionale. Trovami un solo studente che sia interessato alla comprensione teorica della disciplina e non solo alle sue applicazioni pratiche (la maggior parte neanche a quelle) e ti darò ragione. Non è questione di classismo, è la realtà.
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Re: La didattica, negli occhi di un categorista

Messaggioda Magma » 04/07/2018, 21:54

@killing_buddha: anche il mio ex-professore di Geometria e Algebra Lineare la pensa come te! Per caso siete amici? :-D
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Re: La didattica, negli occhi di un categorista

Messaggioda madmath » 05/07/2018, 18:38

killing_buddha ha scritto:
fondamentalmente alla maggioranza interessa bere,drogarsi (soprattutto interazioni con il cellulare che creano dipendenza; ma non solo) e scopare (ma il sesso è bello no?).

Perché, a me no? Il punto è questo, c'è una narrazione sbagliata che suggerisce uno iato tra "vita reale" e storiografia/cultura/arte. Il compito della scuola dovrebbe essere proporre senza filtri questa visione ai giovani.
La storia del sapere è una storia che è fatta di allucinazione, stati mentali alterati, visioni mistiche, furori artistici, riti propiziatori, esibizione di potenza sessuale. Ce n'è praticamente per tutti, si può rendre interessante a tutti, la materia si vende da sola: se non ne sai comunicare il potenziale sessuale sei un ciellino.

ma tiriamo a non capirci? narrazione? no. Evidentemente non vuoi capire che alla maggioranza degli studenti non interessa andare a scuola nè tantomeno approfondire. Il cellulare e la dipendenza da internet amplificano la loro ignoranza. E poi vi sono altri fattori connaturati alla struttura della scuola italiana come ad esempio l'impossibilità di scegliersi un curriculum interessante, i programmi risalenti al massimo all'800 la mancanza di discussione critica e non ultimo il numero troppo alto di studenti per classe. E' una questione politica e di incapacità della maggioranza dei docenti di pensare ad una scuola migliore.
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Re: La didattica, negli occhi di un categorista

Messaggioda madmath » 05/07/2018, 18:41

@melia ha scritto:
killing_buddha ha scritto:Supporre che "a un elettricista interessi altro da questo", supporre che il suo sia un "ingegno minuto", è il vero atteggiamento segretamente classista nascosto nella scuola borghese e gentiliana che (a cui) hai l'onore di servire.

:D Si vede proprio che non hai mai insegnato in un professionale.


da quando si può "insegnare" davvero in un professionale? Qui in romagna poi.. spacciatori già in prima e non dico altro. Scuola? Riformatorio o parcheggio temporaneo. Diverso è il caso degli istituti tecnici, ma anche questi stanno profondamente affogando e presto diverranno mediocri (ma pur sempre migliori in media rispetti ai "professionali").
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Re: La didattica, negli occhi di un categorista

Messaggioda @melia » 05/07/2018, 18:52

Scusami, madmath, ho aggiunto due righe al messaggio che hai citato.
Se si ripulisce un po' la classe in prima, qualcosina si può fare anche al professionale. Non certo la matematica che voi proponete, ma qualcosina si può fare. Non sono tutti spacciatori, qualche studente non particolarmente brillante con la teoria, ma con le mani d'oro per i lavori pratici, per fortuna, si trova ancora. Stamattina ho fatto l'esame a 5 elettricisti, poca dimestichezza con la parte culturale, ma almeno 3 in grado di fare un impianto elettrico come si deve.
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