Shackle ha scritto: la contrazione delle lunghezze è una conseguenza del modo in cui va determinata la lunghezza di un corpo in movimento da parte di un OI (Einstein) , visto che OI deve rilevare gli estremi dell'oggetto in uno stesso istante del suo tempo. Ma in RR , lo spazio non è assoluto di per sè , il tempo non è assoluto di per sè . È invece lo spaziotempo a costituire una realtà assoluta . Quindi diverso spazio e diverso tempo, per OI diversi in moto relativo, con buona pace di Newton.
Quindi la relatività delle lunghezze fa testo a sé, e ci si può mettere l'anima in pace sul fatto che essa non subisca effettivamente un accorciamento. Invece mi incuriosisce quello che hai detto subito dopo (in RR lo spazio non è assoluto di per sé). Farò alcune riflessioni, anche se probabilmente saranno scorrette.
Considero "Assoluto" = slegato da ogni altro quindi 1) o è costante o 2) varia esclusivamente per cause interne.
Sinceramente non riesco a capire quindi come possa non essere assoluto in sé, visto che ciò dovrebbe implicare una variabilità in funzione di fattori esterni. I fattori quali dovrebbero essere? Il principio di relatività? Quello di invarianza di c? Forse, perché sembrerebbe implicare la assenza di un riferimento fisso perfettamente stazionario. Ammesso che sia così e posto, come ho detto sopra, che il discorso lunghezza non sia connesso al discorso spazio, mi pare legittimo chiedersi:
1) Non esistenza di spazio assoluto, in RR, indicherebbe che la variabilità spaziale sia causata dalla esistenza di moti relativi, cioè la presenza di un tale moto tra due corpi ne sia ragione sufficiente?
2) Di che natura sarebbe tale variabilità o modificazione dell'intelaiatura spaziale? Una contrazione locale nel senso del moto relativamente ai due sistemi in moto relativo? Ma in tal caso sembrerebbe scorgersi una relazione spazio/lunghezza, invalidando quanto ho affermato precedentemente, ossia parrebbe indicare che proprio tale variabilità spaziale rappresenti la causa del fenomeno della discrepanza delle misurazioni di lunghezza (e l'accorciamento, così, diventerebbe per giunta effettivo).
Noto infine che questa eventualità (spazio relativo) sembrerebbe implicare la impossibilità di considerare lo spazio come banale contenitore vuoto, mentre invece parrebbe accarezzare l'idea di una trama ontologicamente viva, di un tessuto dotato di una sua propria struttura interna.
Shackle ha scritto:
Un evento è un fatto che succede, indipendentemente da chi lo osserva . Considera questi due fatti :
A : scaglio una freccia
B : la freccia colpisce il bersaglio
Questi due fatti sono osservati da due OI in moto relativo , i quali fanno misurazioni proprie con propri regoli e orologi. L'invarianza dell'intervallo tra gli eventi significa semplicemente questo ( considero una sola coordinata spaziale ) :
$(cDeltat)^2 - (Deltax)^2 = (cDeltat')^2 - (Deltax')^2 $
su questa invarianza si fonda la RR .
Questa dovrebbe essere la relazione di Minkowski, non menzionata nel mio testo di fisica più avanzato, e paradossalmente accennata nell'altro. È dunque l'intreccio di spazio e tempo che grazie alla invarianza espressa nella forma quadratica di Minkowski garantisce unità e coerenza al tutto? Ossia, le tre dimensioni in sé considerate sono relative, così come quella temporale: è lo spaziotempo quadridimensionale che risulta assoluto.
Per inciso, non ho capito come tale strumento matematico potesse essere presente nell'articolo all'epoca della pubblicazione, dato che nel mio testo viene precisato che, anzi, Einstein non lo vedeva di buon occhio per un fatto psicologico di scarsa visuabilizzabilità delle 4 dimensioni; solo dopo, comprendendone i vantaggi, ne divenne fervido sostenitore. Al che mi chiedo come potesse invece essere già presente nel documento che sanciva la nascita della teoria.
Tuttavia mi sto accostando giusto ora al §3 dell'articolo, nel quale ho appunto intravisto che questo nucleo centrale della teoria viene sviluppato esaustivamente, per cui non mi sbilancio ulteriormente.
Shackle ha scritto:Se invece tra due eventi non c'è alcuna relazione di causa-effetto, ci possono essere OI rispetto ai quali l'odine degli eventi è invertito ; ad esempio : A = esplode una supernova in una galassia , e B= sul Sole si verifica un brillamento. Ci sono OI per cui A e B si verificano in un ordine qualsiasi, pur viaggiando OI con $ v<c $ in un dato riferimento .
Avevo visto un esempio del tipo OI1 su un treno che si avvicina a un fulmine e allontana da un altro, OI2 stazionario nel punto di impatto dei due fulmini. Allora A='il primo impatta sul suolo' e B='il secondo impatta' sono eventi indipendenti, e infatti in tal caso OI1 misura un ordine diverso. Anzi, avevo letto che anche proprio per ovviare a situazioni beffarde di questo tipo (per es. un OI posto alle spalle di un soggetto che riceve una palla lanciata da un altro a velocità superluminale) è stata istituita la teoria.
Ringrazio poi per l'ottimo pdf linkato (peraltro già salvato in precedente discussione), tuttavia prima di affrontare il corso riterrei proficuo terminare i primi 4 paragrafi dell'articolo originale. Il testo divulgativo, invece, che se non erro ha visto la luce intorno all'anno della presentazione della relatività generale, lo scarterei, perché ho una certa idiosincrasia con questa tipologia di libri per svariate ragioni.
Infine, approfittando della cortese disponibilità, mi piacerebbe avere una risposta anche su un ulteriore dubbio sorto al termine del §2 dell'articolo, quello in cui viene fornita una dimostrazione, direi più che altro qualitativa, circa la relatività di tempo e lunghezza: perché a denominatore si pone $c-v$ e $c+v$ per la determinazione delle durate rispettivamente di andata e ritorno del raggio utilizzato dai 2 osservatori mobili A e B posti alle 2 estremità della barretta (mobile)? Subito prima si afferma esplicitamente che ciò è in linea col II postulato di costanza di $c$, pertanto mi viene il forte sospetto che io non abbia capito qualcosa:
- sembra che per valutare le due durate i mobili utilizzino la velocità che lo stazionario rileverebbe osservando il movimento della luce
esclusivamente all'interno del sistema barretta (quindi una luce rallentata e accelerata rispettivamente in A&R), ma siamo certi che questo modo di procedere sia logicamente corretto?
- inoltre pare dubbio l'immaginare due orologi
mobili sincronizzati con quelli stazionari: se sono mobili, per l'osservatore stazionario dovrebbero rallentare, e poiché lo farebbero in egual misura, dovrebbero restare sincroni, ma via via asincroni rispetto ai propri orologi; per l'osservatore mobile, d'altro canto, se sono sincroni in partenza, dovrebbero rimanerlo anche in seguito visto che fra essi non sussisterebbe moto relativo. (Naturalmente dicendo questo io metto il naso avanti usando risultati noti sui tempi, non ancora dedotti nel paragrafo in questione, ma questo non sembra logicamente compromettente.)