anonymous_40e072 ha scritto:drmacchius ha scritto:A me sembra un problema da ingegneria biomedica più che di modellabile biofisica.
Volendo restare in tema attiguo all‘articolo, preferirei elaborare un modello matematico che aiuti a prevedere la dissociazione elettromeccanica o a intervenire terapeuticamente per prevenirla in funzione dell‘analisi Spettrale dell‘ellettrocardiogramma, congiunta all‘analisi spettrale della curva arteriosa invasiva periferica. Descrittivamente le sue curve decorrono parallelamente (anche se sono vicendevolmente entrambe influenzate l‘una dall‘altra senza esserne direttamente causa l‘una dell‘altra). Nella dissociazione meccanica le due curve di dissociano progredientemente in modo „armonico“ l‘una dall‘alltra Instaurando uno stato di scompenso cardiaco, prima relativo, poi Franco, per terminare o in una fibrillazione ventricolare con arresto cardiocircolatorio o in un arresto cardiaco asistolico.
Mah, potrebbe di principio anche essere un'ottima idea la tua; se il tuo fine è quello di sviluppare certe specifiche ricerche, forse l'idea potrebbe essere semplicemente di circondarti di esperti adeguati che ti possono aiutare nello sviluppo (nel tuo caso mi sembra di capire ti serva semplicemente qualcuno che ci capisca un po' di analisi in frequenza). Per intenderci: ricerca si può fare in team, dipende dall'idea, dai finanziamenti, da chi riesci a convincere a seguirti. Un'altra idea potrebbe essere un Ph.D. in Medicina, con un focus su metodi matematici e computazionali.
In ogni caso, perdonami, ma questa roba qui sotto:
drmacchius ha scritto:A me piacerebbe provare a scrivere un‘equa Di stato che analizza il fenomeno per elaborare un algoritmo che permetta a un calcolatore di analizzare in tempo reale le sue curve e dare un allarme nel paziente nel caso in cui si stia instaurando una Decompensazione o enunciando parametri quantitativi su cui il clinico possa calcolare le proprie terapie.
Sembra proprio un'accozzaglia di parole senza senso. Le 'Hard Sciences' non funzionano così, l'approccio è molto più rigoroso.
Il mio esempio era solo per spiegare quello che mi potrebbe interessare studiare restando in un tema affine a quello dell‘articolo da te citato, che parlava francamente di un tema di interesse di palese pertinenza dell‘ingegneria biomedica e non di quello che vorrei studiare io.
Che poi non sia in grado di esprimermi col linguaggio delle scienze formali scientifiche lo so di mio ed é il motivo per cui vorrei rimettermi a studiare. Anche L‘idea dell‘approccio multidisciplinare alla ricerca di gruppo é una cosa che potrebbe funzionare....se ti trovi nella posizione accademica di fermi, in un ambiente accademico stimolante come via panisperna quando ideò questa metodologia di studio, ma se sei solo e vuoi coinvolgere professionisti che col tuo lavoro di solo non si incontrano nemmeno per sbaglio passando per la piazza il giorno della festa del paese, o parli la loro stessa lingua e li fai lavorare su commissione pagandoli. Altrimenti il rischio é quello di veder capitare quello che é capitato nel mio precedente post: vedi clinici -e non semplicemente medici o esperti di scienze biosanitari- che conoscono bene un problema ma che pensano che è inutile pure parlarne con chi non ha una laurea in medicina (o almeno qualche anno di studi approfonditi in ambito fisiologico, fisiopatologico, cardiologico e intensivistico) e almeno altrettanta esperienza clinica al letto del paziente, rianimando persone, dopo aver guardato per ore tracciati poligrafici; e poi ci sono gli altri professionisti, che pensano sia inutile parlare con persone che nonostante abbiano decenni di esperienza in ambito scientifico, non sanno esprimere i propri dubbi col rigore formale di chi ha sostenuto 3 esami di analisi, 4 di geometria algebrica e 5 di fisica universitaria.
Il problema è che chi si occupa di clinica lavora scientificamente ma in modo più simile all‘imgegnere di macchina di una nave o a come farebbero gli austronauti in una piattaforma spaziale se non avessero la nasa a sostenerli da lontano, più che come il progettista o il fisico sperimentale, mentre il fisico analitico ha tutti i mezzi per affrontare i problemi teorici di un medico clinico, ma per il suo modo di lavorare non avrá modo di incontrarli. É questa é il motivo per cui certe lacune vorrei colmarle da solo.
Poi sinceramente non capisco quale sia il problema di affrontare a 41 anni una seconda laurea per puro diletto, per approfondire tematiche da cui mi interesso da anni, o anche solo per perder tempo: di gente che si prende una Seconda laurea in storia, lettere, lingue straniere, scienze politiche non ce n‘è poca e nessuno si scandalizza, perché dovrebbe essere un problema volerlo fare per un ramo teorico delle scienze ingegneristiche o per un ramo applicato della fisica?
Appurato che quello che mi interessa studiare é la fisica dei sistemi complessi e che questo tipo di studio esiste solo come Master, tipo di corso per il quale mi mancano totalmente le basi matematiche per poterlo affrontare, conviene cercare di colmare le lacune svolgendo prima del Master 3-4 se,estri di esami e crediti formativi preparatori ( im questo caso quali esami?) oppure mi conviene fare da zero un Bachelor preparatorio (e in questo caso qual? Va bene solo fisica o si può pure fare un ramo ingegneristico, visto che sono più facili da trovare come corsi di studio a distanza?)?