Buonasera ragazzi,
provo in breve a riassumere la questione.
Tutto parte dal fatto che l'ipotesi principale sottostante al CAPM è quella della validità del principio m-v.
Di seguito, le mie motivazioni sulla necessità di avere rendimenti normalmente distribuiti.
Se la distribuzione dei rendimenti è normale o perlomeno è conveniente per l'investitore effettuare le proprie scelte come se fosse normale, e se l'obiettivo dell'investitore, avverso al rischio, è la
massimizzazione dell'utilità attesa, è possibile dare un fondamento logico al principio media-varianza, il quale - come ben saprete - è alla base della portfolio theory e del CAPM (di cui è condizione necessaria ma non sufficiente).
Ragionando per step, per il principio media-varianza, l'investitore, indipendentemente dalla forma della sua funzione di utilità, purché essa sia caratterizzata da
avversione al rischio (\(\displaystyle u[\mathbb{E}(X)]>\mathbb{E}[u(x)] \))
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e cioè definita nel modo seguente:
\(\displaystyle U: X \longrightarrow \mathbb{R}, x\mid\rightarrow u(x) \)
tale che, definita \(\displaystyle \succsim \) come relazione di preferenza debole (th. di rappresentazione), se \(\displaystyle x \succsim y \) cioè $x$ è almeno altrettanto buono di $y$, allora:
$u(x)\geq u(y)$
, è in grado di effettuare le proprie scelte tra diverse alternative di investimento considerando unicamente due parametri della distribuzione di probabilità di ciascuna di esse, il valore atteso e la varianza.
Più precisamente, la massimizzazione dell'utilità attesa viene ottenuta scegliendo una delle alternative di investimento che, per ogni livello di rendimento atteso sono caratterizzati da varianza minima (v. Markowitz od Tobin).
In altre parole, si individua tramite un processo di alternative palesemente
subottimali, un più ristretto set di alternative caratterizzate da diverso livello di rendimento atteso e vacanza, tra le quali deve essere trovata quella che
massimizza l'utilità attesa.
La potenzialità applicativa ed interpretativa, nel reale, di tale principio dovrebbe essere evidente; è infatti verosimile che il campo delle scelte possibili venga perlomeno ristretto sulla base di parametri obiettivi e calcolabili per ciascuna delle possibili alternative di investimento, che permettano di evitare il riscorso alla finzione del calcolo dell'utilità attesa di tutte le alternative (non dimentichiamoci di altri approcci per rendere "praticabile" il principio della massimizzazione dell'utilità attesa tra tutti la dominanza stocastica).
Il principio media-varianza, può essere accolto qualora la distribuzione dei rendimenti sia normale.
Il motivo di ciò può essere colto (e - volendo - dimostrato rigorosamente) ricordandosi che in qualsiasi distribuzione normale, qualunque sia la sua media e la sua varianza, a ciascun scostamento rispetto alla media, \(\displaystyle x_{j}-\mathbb{E}[x] \), dotato di probabilità \(\displaystyle p_{j} \), corrisponde uno scostamento di pari misura ma di segno opposto e dotato esattamente del medesimo grado di probabilità.
L'applicazione di tale considerazione ai rendimenti degli investimenti, induce dunque ad osservare che, dato un certo livello di rendimento atteso \(\displaystyle \mathbb{E}[R] \), se la distribuzione del rendimento è normale vi è la medesima probabilità di ottenere
ex post un qualunque livello di rendimento \(\displaystyle \mathbb{E}[R]-x \)
ed \(\displaystyle \mathbb{E}[R]+x \).
Se però l'investitore è avverso al rischio, la perdita di utilità attesa determinata dal possibile scostamento al di sotto del rendimento atteso è maggiore del guadagno di utilità attesa determinato dallo scostamento - di pari entità e grado di probabilità - al di sopra del rendimento atteso.
Da ciò deriva logicamente che, a parità di rendimento atteso,
l'utilità attesa decresce al crescere della varianza.
Guardando le due figure qui di sotto, in cui sono rappresentate due normali con la stessa media ma con differente varianza, le quali potrebbero - a questo punto - rappresentare due investimenti aventi il medesimo livello di rendimento e diversa varianza.
Scegliendo un livello di probabilità \(\displaystyle p_{j} \), si ha che ad esso corrispondono due diverse misure di $R$, da entrambi i lati, dei due investimenti.
(in ordinata c'è la ricchezza dell'agente)
La differenza tra la misura del rendimento dei due investimenti è la medesima sopra e sotto la media, data la simmetria della distribuzione. Specularmente, ad ogni livello di rendimento si può far corrispondere un diverso livello di ricchezza, a sua volta in grado di individuare un livello di utilità; ma allora, come si può notare, si ha che la maggiore utilità ottenibile sopra la media con grado di probabilità \(\displaystyle p_{j} \) (scegliendo l'investimento con risultati più dispersi), non è in grado di compensare la minore utilità che sotto la media si avrebbe.
Ciò è evidentemente dovuto al fatto che la medesima differenza di ricchezza determina incrementi decrescenti di utilità man mano che ci si sposta a destra sull'asse orizzontale della funzione di utilità.
Se allora si misurasse l'utilità attesa dei due investimenti, si verificherebbe che l'investimento con i risultati meno dispersi ha maggiore utilità attesa.
A questo punto si può affermare che:
se la distribuzione dei rendimenti è normale, l'investitore avverso al rischio preferirà, a parità di rendimento, l'opportunità di investimento con minore varianza, e avrà necessità di conoscere solo due parametri riguardanti la distribuzione dei rendimenti degli investimenti tra cui può esercitare la sua scelta cioè la media e la varianza.
Da questo scaturisce la necessità di rendimenti normali per la validità del CAPM.
Scusate per il ritardo, aspetto vostre osservazioni.
(lo stesso discorso si potrebbe fare utilizzando anziché la curtosi (v. immagine) l'asimmetria)