Ci sono tante definizioni possibili per "polinomio"... La più formale è la seguente:
Sia $\mathbb{A}$ un anello.
Si chiama polinomio a coefficienti in $\mathbb{A}$ ogni successione definitivamente nulla di elementi di $\mathbb{A}$, i.e. ogni successione $\mathbf{p}=(a_n)$ (con $a_n\in \mathbb{A}$) tale che:
\[
\exists \nu \in \mathbb{N}:\quad n\geq \nu\ \Rightarrow\ a_n=0 \text{ (lo zero è quello di $\mathbb{A}$)}\; .
\]
L'insieme dei polinomi a coefficienti in $\mathbb{A}$ si denota col simbolo $\mathbb{A}[x]$.
Il polinomio corrispondente alla successione nulla si chiama polinomio nullo.
Se $\mathbf{p}$ è un polinomio non nullo, si chiama grado di $\mathbf{p}$ il numero \(\operatorname{grad} (\mathbf{p}) := \nu-1\in \mathbb{N}\) (in cui $\nu$ è quello che figura nella definizione di polinomio). Al polinomio nullo si attribuisce usualmente grado $-\infty$.
Continuo a braccio, lasciandoti il compito di andarti a spulciare queste cose su un buon testo di Algebra.
Definendo la somma di successioni ed il prodotto per lo scalare come si deve (cioè componente per componente), si vede che $\mathbb{A}[x]$ si può dotare di una somma con le usuali proprietà (associativa, commutativa, elemento neutro, opposto) ed un prodotto esterno "sufficientemente buono" se il prodotto di $\mathbb{A}$ è "buono"; così, se $\mathbb{A}$ è un campo, $\mathbb{A}[x]$ è uno spazio vettoriale su $\mathbb{A}$.
D'altra parte, definendo il prodotto di successioni
à la Cauchy, i.e. come segue:
\[
(a_n)*(b_n) := \left( \sum_{k=0}^n a_kb_{n-k}\right)
\]
puoi mettere su $\mathbb{A}[x]$ un prodotto:
\[
\mathbf{p}\cdot \mathbf{q} = \left( \sum_{k=0}^n a_kb_{n-k} \right)
\]
che è "sufficientemente buono" se tale è il prodotto di $\mathbb{A}$ (e.g., se $\mathbb{A}$ è commutativo, il prodotto è commutativo; se $\mathbb{A}$ è unitario, il prodotto tra polinomi ha l'elemento neutro, i.e. il polinomio \(\mathbf{1}=(1,0,0,\ldots ,0,\ldots )\)); in tal modo $\mathbb{A}[x]$ diviene un'algebra.
Inoltre, se $\mathbb{A}$ è un dominio di integrtà (e.g., un anello commutativo unitario privo di divisori dello zero), allora vale la
regola di addizione dei gradi, cioè la relazione:
\[
\operatorname{grad} (\mathbf{p}\cdot \mathbf{q}) = \operatorname{grad} (\mathbf{p}) + \operatorname{grad} (\mathbf{q})\; .
\]
Per riportare tutto nella forma che conosci già, basta osservare che i polinomi:
\[
x^k := (\delta_n^k)
\]
in cui:
\[
\delta_n^k := \begin{cases} 1 &\text{, se } n=k\\ 0 &\text{, se } n\neq k\end{cases}
\]
è di Kroneker, e che ogni polinomio non nullo si scrive in unico modo come combinazione lineare finita dei polinomi \(x^0,x^1,\ldots ,x^k,\ldots \), i.e. che:
\[
\mathbf{p} = \sum_{k=0}^{\nu -1} a_k x^k\; ,
\]
e che quello nullo può identificarsi con lo $0$ di $\mathbb{A}$.
Per le equazioni, la cosa è abbastanza più semplice.
Una definizione più o meno generale è la seguente:
Siano $X,Y$ insiemi non vuoti, $f:X\to Y$ ed $\eta\in Y$.
Si chiama equazione il problema di determinare se esistono ed, eventualmente, calcolare esplicitamente, elementi $\xi \in X$ tali che:
\[
f(\xi)=\eta\; .
\]
Tale problema si denota col simbolo contratto $f(x)=\eta$, in cui $x$ è detto incognita.
Se vuoi una definizione di sistema lineare di $m$ equazionin in $n$ incognite sul campo $\mathbb{K}$, basta specializzare la definizione precedente con $X=\mathbb{K}^n$, $Y=\mathbb{K}^m$ ed $f$ applicazione lineare.
Sono sempre stato, e mi ritengo ancora un dilettante. Cioè una persona che si diletta, che cerca sempre di provare piacere e di regalare il piacere agli altri, che scopre ogni volta quello che fa come se fosse la prima volta. (Freak Antoni)