Re: come si indica una funzione e sua definizione

Messaggioda Martino » 27/11/2011, 20:09

WiZaRd ha scritto:se mi viene detto che un'applicazione è una legge che fa una certa cosa, allora per poter definire il concetto di applicazione mi occorre (oltre al concetto di insieme) anche il concetto di legge. Ma qual è la definizione di legge? Non c'è. Non esiste. Allora dovremmo assumere come primitivo il concetto di legge, ma nella teoria degli insiemi (sia essa assiomatica o ingenua) gli unici concetti primitivi sono:
• il concetto di insieme;
• il concetto di appartenenza di un certo oggetto ad un dato insieme.
Quoto.
Le persone che le persone che le persone amano amano amano.
Avatar utente
Martino
Moderatore globale
Moderatore globale
 
Messaggio: 4793 di 13076
Iscritto il: 21/07/2007, 10:48
Località: Brasilia

Re: come si indica una funzione e sua definizione

Messaggioda lisdap » 27/11/2011, 20:12

E allora perchè il libro, come tutti i libri che esistono in circolazione, presentano quella come definizione di funzione?
lisdap
 

Re: come si indica una funzione e sua definizione

Messaggioda Martino » 27/11/2011, 20:35

lisdap ha scritto:E allora perchè il libro, come tutti i libri che esistono in circolazione, presentano quella come definizione di funzione?
Perché a uno che inizia a studiare matematica non è consigliabile dire che una funzione è un sottoinsieme del prodotto cartesiano tale che bla bla bla. Definire il concetto di funzione nasce da esigenze che vengono relativamente tardi nello studio della matematica. Tu ora sei arrivato a un livello di indipendenza tale che senti l'esigenza di una definizione precisa di funzione, e puoi capire benissimo che delle due definizioni che hai scritto l'unica che è realmente una definizione è quella che dice "una funzione è un sottoinsieme del prodotto cartesiano tale che [bla bla bla]". Il motivo è che l'altra fa uso di un concetto intuitivo quale la "legge", che, ripeto di nuovo quanto detto da WiZaRd, non significa niente. Se ci pensi non serve nemmeno che ti spieghiamo che usare un concetto non ancora definito è una cosa vuota di significato. Ma viene fatto lo stesso per motivi didattici. Per farti un esempio, tu diresti mai a un bambino di prima elementare che un numero per definizione è una classe di equipotenza? Il bambino che fa le tabelline si domanderà più tardi nella sua vita come si possono realmente definire i numeri, ed è giusto che sia così. E' giusto che al bambino i numeri appaiano concetti primitivi. L'apprendimento è tutto fatto di costruzione e demolizione di certezze.

A proposito di questo, tempo fa avevo scritto quanto segue, sembrandomi abbastanza significativo.

All'inizio dello studio di qualcosa, è buona cosa avere delle certezze assolute. Naturalmente il progredire della conoscenza consisterà poi nello smantellare tali certezze, ma non si possono "inculcare" allo studente moltissimi dubbi fin da subito. Faccio un esempio: ad un ragazzo che ha appena cominciato le scuole medie cosa è meglio dire delle seguenti frasi che lo introducono al mondo dei numeri?

a) I numeri sono zero, uno, due, tre, quattro, cinque, eccetera. Ti servono per contare. Due più due fa quattro, due meno cinque non si può fare, ed eccoti il foglio delle tabelline.

b) I numeri naturali sono zero, uno, due, tre, quattro, cinque, eccetera. Ma non credere che sia tutto ridotto a questo! Esistono anche i numeri negativi: meno uno, meno due, meno tre... E c'è dell'altro! Puoi prendere le frazioni a/b e formare i numeri razionali. Ma non è finita! Puoi prendere gli elementi separatori di classi contigue e formare i numeri reali non razionali, tipo radice di due. E non fidarti di chi ti dice che non si può fare la radice di un numero negativo! Per questo ci sono i numeri complessi...

c) I numeri. Beh, partiamo dall'inizio. Una relazione di equivalenza è ...
Le persone che le persone che le persone amano amano amano.
Avatar utente
Martino
Moderatore globale
Moderatore globale
 
Messaggio: 4794 di 13076
Iscritto il: 21/07/2007, 10:48
Località: Brasilia

Re: come si indica una funzione e sua definizione

Messaggioda G.D. » 27/11/2011, 20:43

Il perché di questo modus operandi è stato esposto in più o meno tutti gli interventi di tutti coloro che hanno preso parte a questa discussione.

Diamo la seguente definizione di applicazione.

Definizione. Dati gli insiemi \(S\) e \(T\) entrambi non vuoti, si dice applicazione di \(S\) in \(T\) ogni corrispondenza tra \(S\) e \(T\) tale che per ogni \(x \in S\) esiste uno ed un solo \(y \in T\) tale che la coppia ordinata \(\left(x,y\right)\) appartenga al grafico \(G\) della corrispondenza.

Per potere definire un'applicazione in questo modo mi occorrono i concetti di corrispondenza ed il concetto di grafico di una corrispondenza (oltre che una decina di minuti post-definizione per spiegare per quali ragioni ho chiesto che gli insiemi \(S\) e \(T\) siano non vuoti, giacché alcuni accettano anche insiemi vuoti).

Do quindi la seguente definizione.

Definizione. Dati due insiemi \(S\) e \(T\) entrambi non vuoti, si dice corrispondenza tra \(S\) e \(T\) ogni coppia ordinata del tipo \(\left( S \times T, G \right)\) con \(G \subseteq S \times T\).

Per poter dare questa definizione mi occorrono i concetti di prodotto cartesiano, di coppia ordinata e di sottoinsieme, oltre che il concetto di insieme che abbiamo detto essere primitivo. Oltretutto il concetto di coppia ordinata è a sua volta necessario per definire il concetto di prodotto cartesiano e se volessimo definire il concetto di prodotto cartesiano in modo estremamente rigoroso, pur senza chiedere gli assiomi della Teoria Assiomatica degli Insiemi ZF, mi servirebbero anche i concetti di insieme potenza e di insieme unione. E allora giù a dare tutte queste definizioni.

C'è però un primo problema di ordine tipografico, per così dire. Quando si scrive un libro lo si fa per esporre una certa teoria e con precisi scopi didattici sicché, a meno che non si stia scrivendo o leggendo un testo di storia della Matematica, il modus operandi del libro sarà esattamente l'opposto: cioè prima mi presenta il concetto di insieme come primitivo, quindi mi presenta i concetti di insieme unione, insieme potenza, di coppia ordinata e via fino al concetto di applicazione.

Se si scrive un libro di Analisi o di Geometria o di Statistica o di quello che ti pare purché non abbia come obiettivo sviluppare l'Algebra astratta o la Teoria degli Insiemi, quanto credi che sia calata dal cielo un'esposizione come la precedente? E quanto credi che possa essere interessante o utile per un geometra o per un analista o per uno statistico pensare alle funzioni con cui lavora come a delle corrispondenze?

Credi che sarebbe agevole definire il concetto di limite o di derivata pensando ai punti del dominio come alle prime coordinate delle coppie ordinate del grafico che è la seconda coordinata della coppia ordinata che definisce il concetto di corrispondenza che in questo caso ha la proprietà di essere una funzione? E stiamo parlando di Analisi 1. Pensa quando gli analisti iniziano ad occuparsi di Analisi Convessa (l'esempio di gugo82) o di Geometria Differenziale! O quando i geometri iniziano ad occuparsi di Topologia.

Ecco allora che un analista o un geometra danno il concetto di applicazione in questo modo. Un algebrista già non lo fa o almeno sono pochi quello che lo fanno: difatti tutti i libri a cui tu fai riferimento sono libri di analisti che poi si tratta di un solo libro e già giorni fa ti avevo detto che se proprio ci tenevi dovevi iniziare a studiarti un libro di Algebra.

P.S.
Non avevo visto l'intervento di Martino: condivido appieno anche le sue considerazioni, soprattutto quelle sul carattere didattico della questione.
"Everybody lies"
"La morte sorride a tutti: un uomo non può fare altro che sorriderle di rimando"
"Eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità"
"No! Provare no! Fare. O non fare. Non c'è provare!"
Avatar utente
G.D.
Cannot live without
Cannot live without
 
Messaggio: 4438 di 6398
Iscritto il: 11/05/2007, 22:00

Re: come si indica una funzione e sua definizione

Messaggioda lisdap » 27/11/2011, 21:29

WiZaRd ha scritto:E quanto credi che possa essere interessante o utile per un geometra o per un analista o per uno statistico pensare alle funzioni con cui lavora come a delle corrispondenze?

Credi che sarebbe agevole definire il concetto di limite o di derivata pensando ai punti del dominio come alle prime coordinate delle coppie ordinate del grafico che è la seconda coordinata della coppia ordinata che definisce il concetto di corrispondenza che in questo caso ha la proprietà di essere una funzione? E stiamo parlando di Analisi 1. Pensa quando gli analisti iniziano ad occuparsi di Analisi Convessa (l'esempio di gugo82) o di Geometria Differenziale! O quando i geometri iniziano ad occuparsi di Topologia.

Ecco allora che un analista o un geometra danno il concetto di applicazione in questo modo. Un algebrista già non lo fa o almeno sono pochi quello che lo fanno: difatti tutti i libri a cui tu fai riferimento sono libri di analisti che poi si tratta di un solo libro e già giorni fa ti avevo detto che se proprio ci tenevi dovevi iniziare a studiarti un libro di Algebra.


Innanzitutto ringrazio Martino per il suo intervento, nel quale mi rispecchio moltissimo.

@Wizard. Condivido appieno. Infatti ho provato a pensare alla definizione di limite o di derivata sulla base della definizione rigorosa di funzione ed è molto difficile elaborare tali concetti.
Quindi ti chiedo: visto che non sono un algebrista, e penso non lo sarò mai, d'ora in poi mi immaginerò una funzione come un "macchingegno" tale che, fornitogli un elemento del dominio, mi restituisce un elemento del codominio?
lisdap
 

Re: come si indica una funzione e sua definizione

Messaggioda G.D. » 27/11/2011, 23:04

Beh la maggior parte degli studenti pensano alle applicazioni come a delle leggi che fanno qualche cosa con gli elementi di un certo dominio in relazione a degli elementi di un codominio. La cosa importante è che uno sia consapevole che questa non è una vera definizione. Poi ovviamente è un dato oggettivo che non sia il massimo della comodità pensare alle applicazioni come a delle corrispondenze.
"Everybody lies"
"La morte sorride a tutti: un uomo non può fare altro che sorriderle di rimando"
"Eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità"
"No! Provare no! Fare. O non fare. Non c'è provare!"
Avatar utente
G.D.
Cannot live without
Cannot live without
 
Messaggio: 4439 di 6398
Iscritto il: 11/05/2007, 22:00

Re: come si indica una funzione e sua definizione

Messaggioda lisdap » 10/04/2012, 07:59

Salve a tutti, facendo riferimento anche a quello che ho detto qui (considerazioni-sulle-equazioni-e-sulle-funzioni-t93011.html), penso ormai di aver capito parecchio sul concetto di funzione.

In Fisica esistono due tipi di grandezze:
1) costanti, cioè che possono essere descritte sempre da uno stesso valore, che può essere uno scalare o un vettore;
2) variabili, cioè che possono assumere un qualsiasi valore entro un certo insieme. Ad esempio, la posizione di un punto materiale che si muove nello spazio è variabile, in quanto assume certi valori all'interno di un determinato insieme, la temperatura è una grandezza variabile, in quanto può assumere a seconda delle circostanze dei valori entro un certo insieme, e cosi via.
Una grandezza variabile si indica con una lettera dell'alfabeto e precisando l'insieme in cui essa può variare. Supponiamo ora di avere una certa grandezza variabile, quale la posizione $P$ di un punto materiale. Supponiamo che $P$ possa assumere dei valori in un insieme $A$. Ora, nello stesso momento in cui misuro un certo valore della grandezza posizione, posso misurare contemporaneamente il valore che assume un'altra grandezza variabile, per esempio il tempo.
Definisco quindi un insieme che ha per elementi questi due valori, ad esempio definisco ${t_0,P_0}$. Ora però c'è un problema. Nell'insieme che ho appena scritto, non potendosi distinguere un primo elemento da un secondo elemento, si ha che non so se $t_0$ è un tempo o una posizione, e stessa cosa per $P_0$. Questo problema può essere però risolto scrivendo la coppia ordinata $(t_0,P_0)$ e precisando che il primo elemento della coppia (ora infatti posso distinguere un primo elemento da un secondo elemento) è il tempo, mentre il secondo è la posizione. Calcolo quindi un nuovo valore di posizione del punto, e misuro contemporaneamente un altro valore del tempo. Terminata l'osservazione del fenomeno, avrò un insieme molto vasto di coppie ordinate dove il primo elemento è un tempo ed il secondo è una posizione. La prossima domanda è: come posso fare per indicare sinteticamente questo insieme? Questo insieme di coppie ordinate può essere indicato sinteticamente tramite un'equazione (in due variabili in questo caso) le cui soluzioni coincidono con il mio insieme di coppie ordinate.
Fatto questo, l'insieme di coppie ordinate che abbiamo creato può essere caratterizzato da certe proprietà. Per esempio, può accadere che non esistono due coppie ordinate con uguale primo elemento e diverso secondo elemento, qualsiasi sia la coppia scelta. Il verificarsi di questo fatto equivale a dire che ad ogni istante di tempo risulta associata una ed una sola posizione e dico per definizione che l'insieme di coppie ordinate che ho ottenuto è una FUNZIONE. Come ho già detto, questo insieme può essere rappresentato sinteticamente da un'equazione nelle incognite $vec r$ e $t$, cioè dall'equazione vettoriale $vec r=vec r(t)$. Osserviamo infine che un modo ancora più sintetico per indicare il nostro insieme di coppie ordinate consiste nel dire: "l'insieme di coppie ordinate che sto considerando coincide con il grafico della quantità che dipende da $t$ $vec r(t)$" (specificando preliminarmente però cosa si intenda per grafico di $vec r(t)$).
Il fatto che un certo insieme di coppie ordinate con primo elemento appartenente ad $A$ e secondo a $B$ gode della proprietà di essere una funzione da $A$ a $B$ ha un significato fisico importantissimo; e cioè, evidenzia che la grandezza variabile all'interno di $B$ varia perchè varia un'altra grandezza in $A$. In altre parole, la variazione della grandezza variabile in $B$ è provocata dalla variazione di una certa grandezza in $A$.
Che ne pensate? Può andare bene?
Grazie!
lisdap
 

Re: come si indica una funzione e sua definizione

Messaggioda G.D. » 10/04/2012, 14:03

lisdap ha scritto:Che ne pensate? Può andare bene?


Non me ne volere ma credo che tu stia facendo non poca confusione.
"Everybody lies"
"La morte sorride a tutti: un uomo non può fare altro che sorriderle di rimando"
"Eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità"
"No! Provare no! Fare. O non fare. Non c'è provare!"
Avatar utente
G.D.
Cannot live without
Cannot live without
 
Messaggio: 4455 di 6398
Iscritto il: 11/05/2007, 22:00

Re: come si indica una funzione e sua definizione

Messaggioda lisdap » 10/04/2012, 14:06

Bene, allora dimmi in quali punti del mio discorso ho fatto confusione, ho detto cose poco chiare o addirittura errate, per favore :smt023
lisdap
 

Re: come si indica una funzione e sua definizione

Messaggioda G.D. » 10/04/2012, 14:23

lisdap ha scritto:Bene, allora dimmi in quali punti del mio discorso ho fatto confusione, ho detto cose poco chiare o addirittura errate, per favore :smt023


Il problema è che non so nemmeno io da dove partire!
Non è che quello che hai scritto sia del tutto errato: il problema è che non è del tutto errato per un fisico!

Non so: forse è un problema del tutto mio, ma "avverto" (proprio nel senso metafisico del termine) un certo contorsionismo mentale in questo tuo ragionamento.

Già l'incipit non mi piace. Scrivi...

lisdap ha scritto:In Fisica esistono due tipi di grandezze:
1) costanti, cioè che possono essere descritte sempre da uno stesso valore, che può essere uno scalare o un vettore;
2) variabili, cioè che possono assumere un qualsiasi valore entro un certo insieme. Ad esempio, la posizione di un punto materiale che si muove nello spazio è variabile, in quanto assume certi valori all'interno di un determinato insieme, la temperatura è una grandezza variabile, in quanto può assumere a seconda delle circostanze dei valori entro un certo insieme, e cosi via.


... ed io mi ricordo del primo principio della dinamica: un corpo permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme se la risultante delle forze esterne ad esso applicate è nulla. Mettiamo ora che un punto mobile si trovi in un sistema inerziale, nel quale, per definizione, vale il suddetto principio; mettiamo anche che sia in quiete e che la risultate delle forze esterne sia nulla. La posizione è costante. Tu scrivi che è variabile...

P.S.
Ora devo andare. A seconda degli sviluppi della discussione, più tardi aggiungo qualche altra opinione.
"Everybody lies"
"La morte sorride a tutti: un uomo non può fare altro che sorriderle di rimando"
"Eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità"
"No! Provare no! Fare. O non fare. Non c'è provare!"
Avatar utente
G.D.
Cannot live without
Cannot live without
 
Messaggio: 4456 di 6398
Iscritto il: 11/05/2007, 22:00

PrecedenteProssimo

Torna a Algebra, logica, teoria dei numeri e matematica discreta

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite