Significato dei numeri complessi

Messaggioda lucamennoia » 29/03/2012, 22:02

Ciao a tutti, ho sempre voluto capire il significato di tutto ciò che studio e con la matematica in genere mi è sempre andata bene, ma ora voglio comprendere i numeri complessi fino in fondo, vorrei che diventi tutto ovvio e chiaro per me.
Li uso troppo frequentemente per poter fare a meno di comprenderli e non sono per niente soddisfatto nell'applicare la loro algebra passivamente.

La domanda non è tanto: "perché esistono i numeri complessi, e perché si usano?", dato che ho ormai imparato a memoria gli esempi applicativi classici, ma piuttosto: "Come fa a funzionare l'algebra dei numeri complessi riuscendo a soddisfare e a risolvere problemi reali?"

Mi spiego meglio: è a dir poco offensivo il dover spiegare perché sono stati introdotti i numeri naturali e gli interi. E' immediato comprendere che i razionali esistono per riuscire a risolvere problemi nei quali occorre valutare quantità più piccole dell'unità. Un po' meno immediato è comprendere il perché esistano i reali ma comunque l'intuito riesce a comprendere pienamente che per garantire la continuità sono strettamente necessari i reali.
Ma qui si ferma la mia immaginazione! Il campo dei numeri complessi per me è un vero mistero, non capisco il perché esistono, il mio intuito non riesce da solo a spiegare il tutto e sento di essere ad un passo dalla quella che tutti chiamano "illuminazione". Per questo chiedo aiuto a chi sa più di me! Spero di aver posto in maniera chiara la questione e di ricevere risposte che mi rendano tutto chiaro.
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Re: Significato dei numeri complessi

Messaggioda Pappappero » 29/03/2012, 22:13

Hardy nella sua apologia del matematico si rivolge a chi non crede all'esistenza dei numeri complessi, dicendo fondamentalmente che $i$ ha esattamente lo stesso diritto di esistere di $\sqrt(2)$.

Io ho sempre immaginato che tonnellate di matematica sono state inventate/scoperte per trovare una soluzione a problemi molto semplici. Si è arrivati a un certo punto in cui bisognava misurare la diagonale di un quadrato e allora hanno inventato i numeri irrazionali, capendo semplicemente che bisognava (o almeno, è utile che ci sia) che ci fosse qualcosa perché la diagonale del quadrato è lì che ti guarda e ti prende per i fondelli perché tu non la puoi misurare.

Allo stesso modo un giorno qualche intraprendente matematico si è trovato davanti $x^2 +1$, e ha provato a vedere che veniva fuori se faceva finta che avesse una radice chiamata $i$. Quello che è venuto fuori funzionava ed è piaciuto (o meglio è tornato utile) a un sacco di gente, e quindi ecco qua i numeri complessi.

Insomma, sarò poco romantico e sentimentale, ma credo che gran parte della matematica esista semplicemente perché a qualcuno è venuto in mente di studiarla e ha visto che mettendo le cose in un certo modo, queste funzionavano bene.
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Re: Significato dei numeri complessi

Messaggioda lucamennoia » 29/03/2012, 22:40

Grazie della risposta! Mi rendo conto di aver posto la questione non proprio come volevo esprimerla. Ciò che voglio comprendere va più a fondo della "filosofia": voglio intendere, per i numeri reali, dopo aver spiegato l'utilità con esempi paragonabili a quelli che mi hai scritto si passa a mostrare l'assioma di completezza che costituisce una risposta di tipo più matematico ben più soddisfacente. Successivamente si inizia a supporre basandosi su questo assioma quindi ci serviamo del nostro intuito poiché ormai l'assioma è diventato "nostro". I numeri complessi non riesco a farli miei come i reali.
Per esempio io nel caso dei numeri reali posso associare un significato geometrico al risultato algebrico/analitico e questo significato è direttamente applicabile a classi di problemi risolvibili nella realtà. Ma nei numeri complessi, ammesso che mi venga spiegato un esempio in cui venga chiarito il significato geometrico ci terrei particolarmente a capire la connessione con i problemi risolvibili nella realtà. Con questo non sto dicendo che "mi basterebbe" un esempio ma vorrei approfondire su di esso per comprendere tutto a fondo. Per esempio nel caso del polinomio \(\displaystyle x^2+1 \) il fatto che accetto come soluzione la \(\displaystyle \sqrt(-1) \) che poi chiamo \(\displaystyle i \) cosa mi può simboleggiare? Quella quantità come la posso rappresentare? Come la posso interpretare? Come capire che il modello che adopera i numeri reali non arriva a spiegare ciò che invece riesco a comprendere tramite l'uso delle unità immaginaria? Voglio dire, io capisco benissimo che alcune lunghezze se espresse tramite frazioni possono includere un errore di approssimazione per eccesso o per difetto e per questo esistono i reali. Il fatto che io nella mia mente riesca a ricavarmi da solo l'esistenza dell'errore commesso nel trattare le frazioni anziché i reali rende possibile la mia effettiva comprensione dell'argomento ma nel passaggio dai reali ai complessi e sugli esempi classici applicativi come quello da te proposto (che conoscevo benissimo) circa la trattazione dei numeri complessi io non so dire altro che chiacchiere che mi rendo conto, non sono supportate da una mia piena consapevolezza e comprensione. E' questo il mio vero problema! Scusami/scusatemi per la mia prolissità.
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Re: Significato dei numeri complessi

Messaggioda Simonixx » 30/03/2012, 00:48

Il punto di vista prima esaminato è più utilitaristico che per definizione.
Il senso, a quanto ne so io, dei numeri complessi, oltre a quello di dare delle risposte ragionevoli anche se controintuitive a certi problemi affatto semplici, quali l'equazione $x^2 + 1 = 0$ ad esempio, è quello di aver potuto scoprire una struttura che ha, non solo l'utilità che deve avere, ma che rispetta notevoli proprietà.

Magari i complessi potevano essere costruiti in altri modi, definiti in altri modi, eppure ora come ora sono fatti così e più di così non si può fare, o almeno da quanto ne so io. Se ci pensi bene anche la scoperta della struttura di Hamilton, il corpo dei numeri hamiltoniani, è qualcosa di controintuitivo, eppure è immaginabile dunque definibile e se definibile, esistente.
Devi pensare ovviamente che ogni cosa poi, approfondita, ha il fascino di nascondere cose che prima di essere definita erano impensabili. Prendi l'insieme $H$ degli hamiltoniani: è un corpo, cioè un campo non commutativo, eppure se aumenti la dimensione di esso aggiungengo oggetti ai già presenti $i$, $j$, $k$, puoi imbatterti in costruzioni inutili e magari poco interessanti per le proprietà che hanno.

Ora, dopo tutto questo torna ai complessi.
Se hai visto un po' di algebra puoi sempre aspettarti che dato un campo, c'è sempre una chiusura algebrica di esso e l'esistenza è dimostrabile. Ecco, per come è fatto, il campo dei numeri complessi è una chiusura algebrica di $R$ dei reali, inoltre è una delle poche chiusure algebriche conosciute.
Dunque:

1. Ci aiuta a risolvere problemi;
2. E' una chiusura algebrica;
3. E' un campo;

Certo, tutte queste proprietà magari possono lasciare indietro qualcosa, ad esempio non è ben ordinato quanto il campo dei reali, ma se la vedi dal punto di vista dei vantaggi che ha e del fascino che suscita avere introdotto i complessi, noterai che serve al matematico.


p.s.: Puoi anche vederla così: siccome esiste sempre una chiusura algebrica di un campo, esiste anche per $R$. Dunque nella chiusura algebrica esistono tutte le radici dei polinomi di $R[x]$ tra i quali vi è appunto $x^2 + 1$ (tutti gli altri sfociano nei numeri complessi assieme a questo, quindi se considero questo considero tutti).
A questo punto posso pensare a $C$ come all'estensione (che rimane un campo) di $R$ con la radice di quel polinomio di cui usiamo il simbolo $i$ che assoceremo alla radice di -1 tramite opportuna e coerente trasformazione, sapendo PER CERTO, che la radice esiste nella chiusura algebrica che a priori non so che è esattamente $R(i)$, ovvero $C$, ma lo vengo a sapere quando verifico che non c'è nessun polinomio irriducibile all'interno di questa estensione.

Spero mi sia capito. ( e non abbia detto castronerie...)
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Re: Significato dei numeri complessi

Messaggioda Injo » 30/03/2012, 07:04

In realtà oggi il problema dei numeri complessi viene approcciato differentemente da come è nato. Effettivamente oggi si parte in genere da equazioni del tipo \( \displaystyle x^2+1=0 \) e si definisce \( \displaystyle i \) partendo dalle radici di tale polinomio. In realtà, geometricamente, il problema posto da quel polinomio potrebbe tranquillamente non avere soluzione (si tratta dell'intersezione tra la parabola \( \displaystyle y=x^2 \) e la retta \( \displaystyle y=-1 \) che effettivamente non esiste sul piano reale) così come, in maniera del tutto naturale, non hanno soluzione altri problemi geometrici quali l'intersezione di rette parallele.

Per quanto ne sappia io, il problema è nato dagli studi di Cardano circa la formula risolutiva delle equazioni di terzo grado. Cioè, portata una di tali equazioni nella forma \( \displaystyle x^3+px+q=0 \) , si ha che una radice di questa è data da:
\( \displaystyle \sqrt[3]{-\frac{q}{2}+\sqrt{(\frac{q}{2})^2+(\frac{p}{3})^3}} + \sqrt[3]{\frac{q}{2}+\sqrt{(\frac{q}{2})^2+(\frac{p}{3})^3}} \)
Esistono però casi in cui le soluzioni sono reali ma questo metodo viene bloccato a causa di radici negative. Per fare un esempio numerico:
\( \displaystyle x^3-15x-4=01 \to x=\sqrt[3]{2+\sqrt{-121}} + \sqrt[3]{2-\sqrt{-121}} \)
Ora non sarebbe possibile andare avanti nel campo reale quindi quello che Cardano fa è considerare appunto \( \displaystyle i \) come unità immaginaria. Con questa è possibile allora proseguire in questo modo: \( \displaystyle x=\sqrt[3]{2+11i}+\sqrt[3]{2-11i} \) . Si verifica che \( \displaystyle (2+i)^3=2+11i \) e \( \displaystyle (2-i)^3=2-11i \) così \( \displaystyle x=2+i+2-i=4 \) . Effettivamente questa è soluzione dell'equazione data. Così "allargare il campo" passando ai complessi permette di raggiungere risultati reali che non sarebbero stati trovati altrimenti (da questo metodo). Un'argomentazione di questo tipo, a mio parere, è quella che giustifica meglio di tutte la nascita dei numeri complessi che, da strumenti puramente formale, si sono poi rivelati inaspettatamente potenti generando tutti gli importanti risultati già citati.

Spero sia comprensibile quanto da me scritto ma soprattutto spero di non aver sbagliato qualche segno. Il senso generale comunque rimane quello.
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Re: Significato dei numeri complessi

Messaggioda lucamennoia » 30/03/2012, 09:55

Non ho capito bene il discorso sui numeri Hamiltoniani poiché non li conosco. Per quanto riguarda invece la solita questione della necessità di ampliare il campo reale per poter trovare gli zeri di ogni polinomio, il tutto mi è chiarissimo anche da prima di intraprendere questa discussione. Sul piano matematico tutto quadra ma su quello logico no ed è qui che voglio insistere, le dimostrazioni matematiche non mi servono a nulla perché ho capito che tutta la teoria sta in piedi a seguito di opportune considerazioni.
Il punto è questo: quando ho un'equazione in R mi aspetto che le sue soluzioni siano dei valori che a seconda dei casi possano essere interpretati come delle lunghezze, come delle misure di tempo, come forze o pesi. Ma quando io risolvo un'equazione come ad esempio la generica equazione di terzo grado proposta da Injo ed ottengo i miei risultati complessi, come li interpreto? Tutto diventa confuso perché devo poter dare un significato preciso alla parte reale e a quella immaginaria. Volevo un valore e ora ne ho una coppia. Come interpreto il mio risultato? Come lo quantifico?
Tutte le nozioni sui numeri reali sono applicabili alla realtà ed è chiaro come questo avvenga ma quando parto da un problema che ha grandezze inizialmente reali e finisco per dover trovar soluzioni che poi son dei numeri complessi, qual è il nesso? Come interpreto? Cosa mi sta a significare che ora non ho un valore che per esempio mi dovrebbe simboleggiare una misura di lunghezza (come volevo aspettarmi) ma ottengo una coppia di valori: parte reale e immaginaria?
Il problema è tutto qui, trovare il nesso tra la quantificazione nella realtà dei risultati complessi ottenuti e la loro teoria.
In seguito cercherei di capire anche come tutto questo sia geometricamente interpretabile, perché ho sempre pensato che capire appieno il collegamento tra significato geometrico e analitico renda un concetto estremamente chiaro.
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Re: Significato dei numeri complessi

Messaggioda Martino » 30/03/2012, 10:31

Secondo me non è facile spiegare bene e in poco tempo in che senso è utile usare i numeri complessi in fisica (è questo che intendi con "risolvere problemi reali"?). Ma pensa per esempio alle equazioni differenziali (che saltano fuori dappertutto in fisica e non solo): per fare il primo esempio che mi viene in mente, l'equazione \( \displaystyle \ddot{x} = -x \) la risolvi passando per i numeri complessi (quello che uno fa è cercare soluzioni del tipo \( \displaystyle x = x(t) = e^{\lambda t} \) , se non hai mai provato prova!). Per ogni evenienza segnalo questo. Un mio amico ingegnere mi ripete spesso che senza i numeri complessi non sarebbe possibile (o perlomeno sarebbe molto più difficile) costruire le automobili. Ora non sono mai sceso in dettagli, ma magari se riesco a carpire qualcuno di questi segreti te lo faccio sapere :)
lucamennoia ha scritto:Il punto è questo: quando ho un'equazione in R mi aspetto che le sue soluzioni siano dei valori che a seconda dei casi possano essere interpretati come delle lunghezze, come delle misure di tempo, come forze o pesi. Ma quando io risolvo un'equazione come ad esempio la generica equazione di terzo grado proposta da Injo ed ottengo i miei risultati complessi, come li interpreto? Tutto diventa confuso perché devo poter dare un significato preciso alla parte reale e a quella immaginaria. Volevo un valore e ora ne ho una coppia. Come interpreto il mio risultato? Come lo quantifico?
Secondo me non è veramente questa la domanda che vuoi porre, e se lo è, allora significa solo che ti serve un po' più di esperienza coi numeri complessi.

Il punto è questo: se tu partendo da un problema fisico arrivi a un polinomio e ti aspetti che i suoi zeri siano reali perché devono rappresentare quantità fisiche (per esempio lunghezze) e invece trovi che i suoi zeri sono complessi non reali questo significa solo (assumendo naturalmente che tu abbia fatto i conti giusti) che il tuo problema fisico non ha soluzione.

Faccio un esempio stupido per far vedere una prima facile applicazione dei numeri complessi. Quando moltiplichi due numeri complessi i loro moduli (le loro distanze dall'origine) si moltiplicano, i loro argomenti (gli angoli che formano con l'asse reale positivo) si sommano. Questo significa per esempio che

\( \displaystyle (\cos(\alpha) + i \sin(\alpha))^n = \cos(n \alpha) + i \sin(n \alpha) \) .

Ora usando lo sviluppo binomiale di Newton sul primo membro e poi andando a guardare cosa ottieni come parte reale e parte immaginaria, puoi dedurre formule esplicite per \( \displaystyle \cos(n \alpha) \) e \( \displaystyle \sin(n \alpha) \) in termini di \( \displaystyle \cos(\alpha) \) e \( \displaystyle \sin(\alpha) \) .

Naturalmente questo è solo un esempio relativamente banale, le applicazioni dei numeri complessi in matematica sono sterminate.
Le persone che le persone che le persone amano amano amano.
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Re: Significato dei numeri complessi

Messaggioda lucamennoia » 30/03/2012, 14:18

Questa risposta inizia ad essere soddisfacente :) grazie. Rifletterò sull'equazione differenziale e farò altre domande eventualmente. Ancora grazie!
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Messaggioda Paolo90 » 30/03/2012, 16:05

E che dire, ad esempio, delle applicazioni dell'Analisi armonica?
"Immaginate un bravo matematico come qualcuno che ha preso dal tenente Colombo per le doti investigative, da Baudelaire per l’ispirazione, dal montatore Faussone per il rigore e l’amore per “le cose ben fatte”, da Ulisse per la curiosità, l’ardimento e l’insaziabilità di conoscenza." (AC)
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Re: Significato dei numeri complessi

Messaggioda Martino » 30/03/2012, 16:23

Un'altra cosa che mi ha sempre impressionato parecchio è l'utilità del teorema dei residui.
Vedi per esempio qui, sezione 4.8.
Le persone che le persone che le persone amano amano amano.
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