Re: Riflessioni sul Dottorato/PhD

Messaggioda Luca.Lussardi » 06/11/2016, 09:28

Se per stabilita' intendi la posizione permanente purtroppo quella ancora non l'ho raggiunta, tra pochi mesi mi scadra' il contratto RTD a Brescia e sto facendo concorsi in Italia per averne uno nuovo. Arrivare fin qui cambiando posto spesso per me non e' stato un particolare sacrificio perche' e' proprio quello che volevo fare, gli stipendi cambiano a seconda di dove sei, ammetto che all'estero prendevo di piu' di quanto prendo in Italia, ma mi han sempre permesso di vivere in modo piu' che dignitoso (sara' anche che non ho vizi o cose di questo tipo). E' un po' una favoletta quella del ricercatore che deve mendicare, lo stipendio del ricercatore e' ampiamente sufficiente per vivere bene, certo se uno comincia ad avere famiglia e a lavorare solo lui la cosa diventa problematica.
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Re: Riflessioni sul Dottorato/PhD

Messaggioda Injuria » 07/11/2016, 18:41

Intermat ha scritto:Cercherò di non disperare. In questi giorni stavo dando una occhiata alle offerte di lavoro e ho visto che comunque ci sono diverse aziende molto grandi che aprono alcune posizioni esclusivamente per coloro che hanno un PhD. Ovviamente sono tutte multinazionali dato che in Italia credo che pochi conoscano il concetto di dottorato (fuori dal mondo accademico!). Questo aspetto in un qualche modo mi conforta, la paura è anche quella di "buttare" tre anni. Non nego che mi sento più bravo di molti altri miei colleghi (ovviamente ne conosco di anche più bravi di me, non sono presuntuoso!) e l'idea che mi spaventa è quella di dovermi "riciclare" nel mondo del lavoro a 27/28 anni e quindi essere visto alla stregua di quelli che, alla stessa età, appena finiscono la laurea magistrale. Questa cosa mi turba parecchio... :?

Per esperienza ti posso dire che i PhD nell'ambito big data, machine learning etc, sono molto richiesta sia in Italia che all'estero. Visto che ci siamo incrociati in altre discussioni ho notato questa fissa per l'età anagrafica che secondo me ha un'importanza relativa per mansioni di alto livello intellettuale, d'altronde se un'azienda ti considera vecchio a 27 anni dopo un PhD forse è meglio alzarsi ed andarsene senza nemmeno salutare. Non capisco poi la storia del "buttare gli anni", il presupposto è che quei 3 anni siano di lavoro applicativo ad alti livelli ed è proprio quello che ti differenzia fra altri neo laureati o anche da persone che hanno anche lavorato 10 anni, ma certe competenze non le hanno mai sviluppate. Se un'azienda ha bisogno di certe competenze non bada all'età, certo c'è una soglia critica per cui se non si è mai lavorato nel settore privato potrebbe essere un problema, ma non è di certo 27 anni...forse sui 35/36.
Il fatto di confrontarsi con persone di 3/4 anni più grandi che si sono laureate in ritardo mi mette ancora di più incertezza. E' vero che un lavoro lo si trova comunque (soprattutto se si è disposti a viaggiare all'estero) però è anche vero che, qui in Italia, si verrebbe visti alla stregua di questi altri studenti (la maggior parte dei quali) non proprio eccellenti. Non che io me la prenda con loro, ognuno fa le sue scelte, però sinceramente ho sputato sangue per laurearmi in tempo e con un voto alto e mi darebbe un po' fastidio confrontarmi con gente che invece si è fatta 7/8 anni a ritmi blandi.

Presente ( :lol: ), sono uno di quelli scarsoni che si è laureato in ritardo perché per vari motivi ho iniziato a lavorare e perdere interesse verso l'università. Se può essere di consolazione, dato che ho lavorato anche con persone hanno fatto il PhD, ti posso assicurare che non dovrai confrontarti mai con quelli come me per la medesima posizione. Detto questo, visto che l'università non è come il salto con l'asta, purtroppo dovrai dimostrare di valere quel famoso 110 coi fatti.
Sulla questione estero, mi dispiace dirtelo, ma se volevi specializzarti sui "big data" e stare vicino a casina hai preso una cantonata (poi magari ti va di fortuna), i lavori più interessanti sono all'estero non c'è nulla da fare.
Ultima osservazione: se pensi ai soldi è molto meglio che entri nel settore privato, dal mio punto di vista la ricerca dovrebbe presupporre un minimo di vocazione, quindi uno è disposto a guadagnare meno perché fa ciò che ha sempre sognato di fare e lo appassiona, nelle aziende invece si lavora spesso a macchinetta, devi produrre, all'università anche se non produci nulla di significativo fa nulla, ma almeno ti sei divertito a speculare su ciò che ti interessa.
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Re: Riflessioni sul Dottorato/PhD

Messaggioda Intermat » 07/11/2016, 22:46

Injuria ha scritto:
Intermat ha scritto:Cercherò di non disperare. In questi giorni stavo dando una occhiata alle offerte di lavoro e ho visto che comunque ci sono diverse aziende molto grandi che aprono alcune posizioni esclusivamente per coloro che hanno un PhD. Ovviamente sono tutte multinazionali dato che in Italia credo che pochi conoscano il concetto di dottorato (fuori dal mondo accademico!). Questo aspetto in un qualche modo mi conforta, la paura è anche quella di "buttare" tre anni. Non nego che mi sento più bravo di molti altri miei colleghi (ovviamente ne conosco di anche più bravi di me, non sono presuntuoso!) e l'idea che mi spaventa è quella di dovermi "riciclare" nel mondo del lavoro a 27/28 anni e quindi essere visto alla stregua di quelli che, alla stessa età, appena finiscono la laurea magistrale. Questa cosa mi turba parecchio... :?

Per esperienza ti posso dire che i PhD nell'ambito big data, machine learning etc, sono molto richiesta sia in Italia che all'estero. Visto che ci siamo incrociati in altre discussioni ho notato questa fissa per l'età anagrafica che secondo me ha un'importanza relativa per mansioni di alto livello intellettuale, d'altronde se un'azienda ti considera vecchio a 27 anni dopo un PhD forse è meglio alzarsi ed andarsene senza nemmeno salutare. Non capisco poi la storia del "buttare gli anni", il presupposto è che quei 3 anni siano di lavoro applicativo ad alti livelli ed è proprio quello che ti differenzia fra altri neo laureati o anche da persone che hanno anche lavorato 10 anni, ma certe competenze non le hanno mai sviluppate. Se un'azienda ha bisogno di certe competenze non bada all'età, certo c'è una soglia critica per cui se non si è mai lavorato nel settore privato potrebbe essere un problema, ma non è di certo 27 anni...forse sui 35/36.

Grazie per la risposta Injuria!
Mi fa piacere che tu non consideri vecchia una persona che entra nel mondo del lavoro a 27/28 anni. Io mi considero vecchio già a, neanche, 24. Forse è questo il problema... :-D
Il problema che mi sorgeva era nel fatto che, è vero che sono "pochi" quelli con un phd in Big Data o settori affini ma, sono pochi i lavori che richiedono quella particolare preparazione. La maggior parte dei lavori sono "tarati" per la preparazione di un laureato magistrale. Per quello facevo il confronto!

Injuria ha scritto:
Il fatto di confrontarsi con persone di 3/4 anni più grandi che si sono laureate in ritardo mi mette ancora di più incertezza. E' vero che un lavoro lo si trova comunque (soprattutto se si è disposti a viaggiare all'estero) però è anche vero che, qui in Italia, si verrebbe visti alla stregua di questi altri studenti (la maggior parte dei quali) non proprio eccellenti. Non che io me la prenda con loro, ognuno fa le sue scelte, però sinceramente ho sputato sangue per laurearmi in tempo e con un voto alto e mi darebbe un po' fastidio confrontarmi con gente che invece si è fatta 7/8 anni a ritmi blandi.

Presente ( :lol: ), sono uno di quelli scarsoni che si è laureato in ritardo perché per vari motivi ho iniziato a lavorare e perdere interesse verso l'università. Se può essere di consolazione, dato che ho lavorato anche con persone hanno fatto il PhD, ti posso assicurare che non dovrai confrontarti mai con quelli come me per la medesima posizione. Detto questo, visto che l'università non è come il salto con l'asta, purtroppo dovrai dimostrare di valere quel famoso 110 coi fatti.
Sulla questione estero, mi dispiace dirtelo, ma se volevi specializzarti sui "big data" e stare vicino a casina hai preso una cantonata (poi magari ti va di fortuna), i lavori più interessanti sono all'estero non c'è nulla da fare.
Ultima osservazione: se pensi ai soldi è molto meglio che entri nel settore privato, dal mio punto di vista la ricerca dovrebbe presupporre un minimo di vocazione, quindi uno è disposto a guadagnare meno perché fa ciò che ha sempre sognato di fare e lo appassiona, nelle aziende invece si lavora spesso a macchinetta, devi produrre, all'università anche se non produci nulla di significativo fa nulla, ma almeno ti sei divertito a speculare su ciò che ti interessa.

A me non da fastidio confrontarmi con persone che si sono laureate in ritardo ma che nel frattempo hanno anche lavorato. Personalmente, a meno di motivi economici, è una scelta che non condivido però credo siano persone da apprezzare per l'impegno che ci hanno messo per fare entrambe le cose. Quelli che onestamente non sopporto sono quelli che si laureano, senza particolari motivi, con 7/8 anni semplicemente perché si godono gli anni dell'università facendo serate e vacanze. Insomma quelli definibili come "fancazzisti". Gli altri li rispetto pur non condividendo la scelta fatta... :smt023

Sulla questione geografica ed economica: il fatto di non lavorare a Roma non è un problema particolare, almeno al momento, detto ciò a me non entusiasma dover lavorare muovendosi troppo. In pratica non avrei troppi problemi a lavorare 5 anni a Londra ma, probabilmente, li avrei se dovessi fare un mese a Londra, sei a Parigi, un anno a Miami e due a Detroit. Ecco, quello non mi entusiasma moltissimo. Mi piace viaggiare ma saltuariamente e, possibilmente, per vacanza. Per quanto riguarda l'aspetto economico la questione è semplice. Io non voglio diventare ricco ma solamente avere la tranquillità economica, tranquillità che credo provenga da uno stipendio di almeno 2000€. Ovvio che non mi aspetto di averlo domani ma lo vorrei avere almeno entro i 35/37 anni. Insomma l'età entro la quale uno, immagino, vorrà pure farsi una famiglia o comunque avere una situazione stabile.
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Re: Riflessioni sul Dottorato/PhD

Messaggioda Albesa81 » 08/11/2016, 09:50

Intermat ha scritto:Sulla questione geografica ed economica: il fatto di non lavorare a Roma non è un problema particolare, almeno al momento, detto ciò a me non entusiasma dover lavorare muovendosi troppo. In pratica non avrei troppi problemi a lavorare 5 anni a Londra ma, probabilmente, li avrei se dovessi fare un mese a Londra, sei a Parigi, un anno a Miami e due a Detroit. Ecco, quello non mi entusiasma moltissimo. Mi piace viaggiare ma saltuariamente e, possibilmente, per vacanza. Per quanto riguarda l'aspetto economico la questione è semplice. Io non voglio diventare ricco ma solamente avere la tranquillità economica, tranquillità che credo provenga da uno stipendio di almeno 2000€. Ovvio che non mi aspetto di averlo domani ma lo vorrei avere almeno entro i 35/37 anni. Insomma l'età entro la quale uno, immagino, vorrà pure farsi una famiglia o comunque avere una situazione stabile.

Dipende tutto da cosa vuoi fare/chi vuoi essere: 2000€ è uno stipendio tranquillamente raggiungibile da un ingegnere con una decina d'anni di esperienza.
Più complesso è il discorso relativo alla mobilità. In linea di massima se ti verranno affidati incarichi manageriali non ti aspettare di fare i fiori inchiodato ad una scrivania 8 ore al giorno 5/7, anzi, aspettati di viaggiare spesso (magari per brevi tratti in macchina, ma trasferte regolari ogni 2-3 mesi non sono roba fuori dal mondo per chi deve interfacciarsi con clienti e direttivi).
Se invece intendi ricoprire un ruolo più tecnico (per intenderci, programmatore/progettista e similari), il discorso cambia ma a quel punto, a mio avviso se si resta in Italia ci si precludono molte possibilità di crescita.
Buona scelta :-)
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Re: Riflessioni sul Dottorato/PhD

Messaggioda Intermat » 08/11/2016, 11:06

Albesa81 ha scritto:
Intermat ha scritto:Sulla questione geografica ed economica: il fatto di non lavorare a Roma non è un problema particolare, almeno al momento, detto ciò a me non entusiasma dover lavorare muovendosi troppo. In pratica non avrei troppi problemi a lavorare 5 anni a Londra ma, probabilmente, li avrei se dovessi fare un mese a Londra, sei a Parigi, un anno a Miami e due a Detroit. Ecco, quello non mi entusiasma moltissimo. Mi piace viaggiare ma saltuariamente e, possibilmente, per vacanza. Per quanto riguarda l'aspetto economico la questione è semplice. Io non voglio diventare ricco ma solamente avere la tranquillità economica, tranquillità che credo provenga da uno stipendio di almeno 2000€. Ovvio che non mi aspetto di averlo domani ma lo vorrei avere almeno entro i 35/37 anni. Insomma l'età entro la quale uno, immagino, vorrà pure farsi una famiglia o comunque avere una situazione stabile.

Dipende tutto da cosa vuoi fare/chi vuoi essere: 2000€ è uno stipendio tranquillamente raggiungibile da un ingegnere con una decina d'anni di esperienza.
Più complesso è il discorso relativo alla mobilità. In linea di massima se ti verranno affidati incarichi manageriali non ti aspettare di fare i fiori inchiodato ad una scrivania 8 ore al giorno 5/7, anzi, aspettati di viaggiare spesso (magari per brevi tratti in macchina, ma trasferte regolari ogni 2-3 mesi non sono roba fuori dal mondo per chi deve interfacciarsi con clienti e direttivi).
Se invece intendi ricoprire un ruolo più tecnico (per intenderci, programmatore/progettista e similari), il discorso cambia ma a quel punto, a mio avviso se si resta in Italia ci si precludono molte possibilità di crescita.
Buona scelta :-)

Ma infatti fuori dal mondo accademico non mi sembra affatto uno stipendio irraggiungibile. Conosco diverse persone che senza troppa fatica sono arrivati, con gli anni, a 2500 €/mese. Io parlavo all'interno dell'universtà, magari leggendo solamente l'ultimo messaggio non era evidente.
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Re: Riflessioni sul Dottorato/PhD

Messaggioda Albesa81 » 08/11/2016, 11:10

Ok, nel mondo universitario non so come funzioni e lascio la parola a chi è esperto :-)
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Re: Riflessioni sul Dottorato/PhD

Messaggioda fields » 09/11/2016, 11:21

Io se fossi in te farei un dottorato in machine learning, lavorando con un supervisore o un gruppo di alto livello internazionale. E' un campo di ricerca molto attivo, con applicazioni sterminate. Se otterrai risultati straordinari nella tua tesi, potrai pensare di continuare nella ricerca, se no sarai molto richiesto nel settore privato (sicuramente all'estero, l'Italia può sempre fare eccezione :-D :| ). Ti consiglierei anche di prendere la decisione prima della fine del dottorato.

Come ti hanno risposto gli altri, trovare una posizione accademica permanente al giorno d'oggi è molto difficile. Io ad esempio dopo 8 anni in giro per l'Europa ancora non ce l'ho, nonostante sia considerato un esperto a livello internazionale del mio campo di ricerca. E vari miei colleghi di valore hanno mollato dopo 5-6-7 anni perché non hanno trovato un posto. Forse tutto questo è anche conseguenza dell'Austerità europea made in Germany e della crisi economica, ma il futuro non è chiaro.
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Re: Riflessioni sul Dottorato/PhD

Messaggioda Vincent46 » 12/11/2016, 11:39

Io ho una curiosità. Si tratta di un ambiente molto competitivo? A me piace molto l'idea della ricerca matematica in sè, ma ho l'impressione che il mondo accademico sia condito da una spiacevole aura di competitività e di grande pressione nel pubblicare con una certa frequenza.
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Re: Riflessioni sul Dottorato/PhD

Messaggioda dan95 » 12/11/2016, 13:02

Questa competitività si avverte già dalla triennale, se al posto di pubblicazioni frequenti sostituiamo voti alti.
"Chi è padrone del proprio respiro, è padrone della propria vita."~ Antico proverbio

"La capacità di scegliere è un dono che la natura fa all'uomo. Scegliere è un dono che l'uomo fa a se stesso." D.B.

"Il genio è semplicemente un uomo con la mente da donna." D. B.
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Re: Riflessioni sul Dottorato/PhD

Messaggioda Luca.Lussardi » 12/11/2016, 13:18

La competizione e' altissima nel mondo accademico, ovunque al mondo, in particolare in Italia dove l'asticella si e' alzata a dismisura dal momento che per tanti anni i concorsi sono stati banditi con il contagocce: tanto per esemplificare oggi si presentano a concorsi per ricercatore (a tempo determinato per giunta) persone che hanno titoli coi quali 20 anni fa vincevi un concorso per ordinario. Per quanto riguarda il discorso pubblicazioni, pubblicare con una certa frequenza e' giusto e un vero ricercatore lo dovrebbe fare. E' pur vero che l'attuale sistema di reclutamento italiano forza a pubblicare sempre di piu' per via della bibliometria che deve essere soddisfatta per avere l'abilitazione scientifica dal ministero, ma nonostante questo un ricercatore serio che pubblica normalmente su riviste considerate dalla comunita' di riferimento non ha particolari problemi.
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