A tempo perso, prendo solo spunto un po' "da lontano" dal post di Zero87 sull'impoverimento o abuso linguistico per fare un'altra riflessione.
Ieri leggevo su facebook una serie di commenti in risposta a un post di una ragazza che sosteneva di non fidarsi di uno psicologo perché non aveva visto Odissea nello spazio e non aveva letto non ricordo quale autore, mentre in un altro thread una studentessa di quarta liceo polemizzava contro il suo professore di filosofia perché, presentando probabilmente in prima persona il pensiero di Cartesio, suscitava un po' provocatoriamente il dubbio "e se i numeri non esistessero?". A seguire una valanga di risposte avvelenate contro il prof ignorante che sviliva la matematica e contro i filosofi che pronunciano il sacro nome della matematica senza saper far di conto. Mi ha colpito negativamente il semplicismo e l'arroganza delle risposte, in cui trapela un fastidio che hanno molte persone "colte" nei confronti di quelle che percepiscono secondo me non sempre a ragione come allarmanti carenze culturali altrui. Chi si ritiene "colto" spesso fissa agli altri degli obblighi culturali (bisogna aver letto quell'autore, bisogna conoscere quel regista ecc. - e dagli agli ignoranti che non l'hanno fatto). Ora, io non nego che ci sia un certo declino culturale, nell'uso del linguaggio come nel bagaglio del nostro sapere, ma se vogliamo fare una riflessione critica sul livello culturale nella nostra società non possiamo farlo accecati dalla nostra presunzione e da altrettanti pregiudizi, dettati da una certa mancanza di umiltà e inconsapevolezza che non si può acquisire tutto lo scibile, ma bisogna fare una scelta.