Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda cinque » 13/06/2017, 16:58

Vorre azzardare un ipotesi, molto probabilmente questo tema del Sentire ha anche molte affinità con la parola o definizione di Tempo...
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda mgrau » 13/06/2017, 17:07

Con la parola non direi (escludi così allegramente gli animali dall'insieme delle cose che sentono?), col tempo forse, ma se magari ti viene in mente qualche argomento di rinforzo...
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda a_tizio » 13/06/2017, 21:25

Premesso che non ho letto tutte le risposte del thread, my 2 cents.

mgrau ha scritto:- la prima, certamente è: ma come è possibile una cosa del genere? Come fa, della materia, a SENTIRE qualcosa?
- La seconda: visto che il fatto, anche se inspiegabile, non è però dubitabile, è: quali caratteristiche deve avere, un pezzo di materia, per sentire qualcosa? Un termostato sente? Probabilmente no. Un computer sente? Probabilmente no, Un batterio, una pianta, un lombrico, sentono? ….. forse no…. Un gatto, una mucca sentono? Molto probabilmente sì. Quindi: c’è speranza di trovare un criterio?
- La terza: c’è qualche – sia pur ipotetica – speranza di SAPERE se un certo pezzo di materia sente qualcosa?


La prima problematica qui penso sia definire più rigorosamente cosa si intenda per "sentire" (cosa non banale sicuramente). Se non si sa conosce di preciso l'oggetto/evento che si sta osservando (cioè il "sentire") è praticamente impossibile arrivare a conclusioni riguardo al modo in cui tale oggetto/evento esiste/avviene.

Ma lasciando da parte il problema della definizione, l'ipotesi più plausibile (basandomi sul "gut feeling", niente di concreto) secondo me è che, dato un insieme di un certo tipo di materia (nel senso di molecole e quindi di atomi) organizzato geometricamente in un certo modo nello spazio (per esempio un sistema nervoso), la proprietà della coscienza (o del "sentire") emerge sempre di più con l'aumento della complessità e grandezza della struttura in questione (per es della struttura nervosa).
Per fare un paragone, la vedo come la simmetria di un fiocco di neve: non è mai perfettamente simmetrico a livello del singolo atomo o particella, ma la simmetria può aumentare o diminuire (infinitamente).
Allo stesso modo, verificate alcune condizioni probabilmente necessarie, l'essere cosciente aumenta o diminuisce con la complessità della struttura (ma non c'è mai un punto discreto in cui si è o non si è coscienti).

Penso che l'unico modo per stabilire se qualcosa è cosciente, sia di scoprirne la causa fisica generale e vedere se si verifica in quel qualcosa. Ma non credo sarà mai possibile distinguere al 100% cosa è o non è cosciente (per il semplice fatto che non si può sapere al 100% neanche se il resto degli esseri viventi, umani compresi, a parte se stessi è cosciente o sono semplicemente "robot biologici").

Ovviamente tutto ciò secondo me.
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda mgrau » 14/06/2017, 21:32

a_tizio ha scritto:Premesso che non ho letto tutte le risposte del thread,


Sei perdonato, figliolo

a_tizio ha scritto:La prima problematica qui penso sia definire più rigorosamente cosa si intenda per "sentire" (cosa non banale sicuramente).

Definizioni possiamo darne quante ne vuoi. Ma sono quelle buone? Personalmente di definizioni buone (per me, ovviamente) non ne ho vista neanche mezza.
E poi, la fase del rigore, nelle scienze, di solito viene quando si ha già un bel po' di risultati; per dire, l'elettromagnetismo non è cominciato con Maxwell, ma con le rane di Galvani, Volta, e compagnia bella. Qui invece mi sembra che abbiamo un pugno di mosche.
a_tizio ha scritto:l'ipotesi più plausibile secondo me è che, dato un insieme di un certo tipo di materia (nel senso di molecole e quindi di atomi) organizzato geometricamente in un certo modo nello spazio (per esempio un sistema nervoso), la proprietà della coscienza (o del "sentire") emerge sempre di più con l'aumento della complessità e grandezza della struttura in questione (per es della struttura nervosa).
....
Allo stesso modo, verificate alcune condizioni probabilmente necessarie, l'essere cosciente aumenta o diminuisce con la complessità della struttura (ma non c'è mai un punto discreto in cui si è o non si è coscienti).

E cosa te lo fa pensare? Forse il fatto che tu hai coscienza, e sei complesso?

a_tizio ha scritto:Penso che l'unico modo per stabilire se qualcosa è cosciente, sia di scoprirne la causa fisica generale e vedere se si verifica in quel qualcosa. Ma non credo sarà mai possibile distinguere al 100% cosa è o non è cosciente (per il semplice fatto che non si può sapere al 100% neanche se il resto degli esseri viventi, umani compresi, a parte se stessi è cosciente o sono semplicemente "robot biologici").

Ma non ti fare che ci sia un rovesciamento? Come si fa a scoprire la causa di qualcosa se nemmeno sappiamo se questo qualcosa c'è? Prima dovremmo essere sicuri di questo, non ti pare?
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda gmorkk » 10/05/2018, 22:22

mgrau ha scritto:Definizioni possiamo darne quante ne vuoi. Ma sono quelle buone? Personalmente di definizioni buone (per me, ovviamente) non ne ho vista neanche mezza.



Ma se non sai neanche tu di cosa stai parlando, allora a che serve questa discussione?

Discussione che è interessantissima, eh. Ma se non spieghi cosa intendi per "sentire", ci sentiremo liberi di dirti ciò che vogliamo con basi anche piuttosto solide, come ha ben fatto overflow94 al quale faccio i miei complimenti per gli argomenti introdotti.
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda mgrau » 12/05/2018, 20:50

gmorkk ha scritto: Ma se non spieghi cosa intendi per "sentire",....

Beh, sai, non si può spiegare TUTTO. Da qualche parte bisogna pur partire. E il fatto che io "sento" qualcosa (e magari anche tu) mi pare proprio un buon candidato al ruolo di nozione primitiva.
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda gmorkk » 13/05/2018, 06:53

mgrau ha scritto:
gmorkk ha scritto: Ma se non spieghi cosa intendi per "sentire",....

Beh, sai, non si può spiegare TUTTO. Da qualche parte bisogna pur partire. E il fatto che io "sento" qualcosa (e magari anche tu) mi pare proprio un buon candidato al ruolo di nozione primitiva.



Grazie per avermi risposto. Discussioni come queste ritengo che siano ciò che davvero fa la qualità di un forum.

Tornando al discorso: il problema secondo me è proprio definire il sentire. Come nozione primitiva non so se va bene, perché è possibile creare ambiguità. Faccio degli esempi e perdonami se magari appariranno fuori luogo.

Esempio 1
Banalissimo. Se mi trovo ad un teatro e parte la Sinfonia No. 9 di Beethoven, io sento qualcosa. Sento dei suoni. Tuttavia il suono è solo una elaborazione di onde meccaniche dovute alle mie orecchie e alle zone del cervello dedite alla rimodulazione e decodifica di tali impulsi elettro-meccanici. Sento quindi il tono, il volume, il timbro e queste sono tutte informazioni che io elaboro attraverso delle "periferiche" che raccolgono dati (detector-ricevitori). Questo tipo di sensazione è una sensazione che dunque è un caso più generale di una elaborazione di dati in input dall'esterno.
Tutti i sensi, quindi (elenco quelli comunemente intesi: olfatto, udito, vista, tatto, gusto) sono nient'altro che la descrizione di tutte le possibili informazioni che il corpo umano e quindi l'uomo è capace di elaborare dall'esterno.


Esempio 2
Senza girarci troppo intorno: la sensazione di fame, la sensazione di sete, la sensazione che si prova quando si è in preda a pulsioni sessuali e/o di rabbia, ansia, paura ecc
Questo tipo di informazioni sono piuttosto variegate, non tutte sono dovute ad input esterni ma sono informazioni che il nostro corpo ci invia come una sorta di "campanelli d'allarme".
Una di queste sensazioni che forse si avvicina molto al punto che vorresti cogliere tu, immagino, è proprio la sensazione di esistere (autocoscienza). Ovvero il fatto di essere coscienti di esistere e di avere una identità, di sentirsi sé stessi come corpo e mente.


Il fatto di pensare e quindi di riconoscersi in un archetipo di coscienza che produce un pensiero e che sente quindi il mondo circostante come "diverso" da sé stesso. La sensazione di "vedersi", in poche parole.


Ora, anche se magari non ci sono andato neanche lontanamente vicino, potresti dirmi quale dei due tipi di sensazione ti sembra quella che riflette meglio la tua idea di sentire oggetto di questa discussione?
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda mgrau » 13/05/2018, 09:02

Mi verrebbe da dire: nessuno dei due.
Entrambi i tuoi esempi rientrano nel medesimo schema: c'è un "input" (in un caso esterno, nell'altro interno), questo viene "elaborato", e il sentire è "nient'altro che" questo "output".
La fase di elaborazione possiamo complicarla a piacere, ma, se vuoi, possiamo anche fare l'ipotesi (al momento irrealistica) di disporre della mappa completa degli impulsi nervosi coinvolti. Più di così credo che non si possa andare, giusto?
Ecco, questa mi sembra la classica posizione "negazionista". Si nega la specificità della sensazione, riconducendola al suo background fisico: la sensazione E' l'insieme dei segnali nervosi.
A me pare evidente (ma quanto pare non a tutti) che se si adotta questa posizione dobbiamo attribuire delle sensazioni anche al termostato che abbiamo in casa, o allo smartphone che teniamo in tasca: c'è l'input, c'è l'elaborazione, c'è l'output... tutto senz'altro molto più semplice, ma insomma lo schema è quello. Se ti sembra convincente... Arriviamo dritti dritti all'animismo.
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda Indrjo Dedej » 13/05/2018, 14:37

mgrau ha scritto:Ci vorrebbe l’auspicata sezione di filosofia della scienza

Eh sì, ci vorrebbe uma sezione di filosofia... :smile: Ma quanti saremmo lì dentro? In quattro gatti?

Secondo me la questione andrebbe rifondata da capo...
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda Settevoltesette » 13/05/2018, 16:12

mgrau ha scritto:A me pare evidente (ma quanto pare non a tutti) che se si adotta questa posizione dobbiamo attribuire delle sensazioni anche al termostato che abbiamo in casa, o allo smartphone che teniamo in tasca: c'è l'input, c'è l'elaborazione, c'è l'output... tutto senz'altro molto più semplice, ma insomma lo schema è quello. Se ti sembra convincente... Arriviamo dritti dritti all'animismo.


Uno stimolo perché non dovrebbe essere elaborato come fa un oggetto, un termometro si limita a ricevere un segnale e a dare una risposta adeguata. Noi abbiamo un elaboratore più complesso che ci rende in grado di dire:"e mo che faccio", che é diverso dal avere una reazione fissa o totalmente casuale.
Già il fatto di muoversi, dover scampare a dei pericoli, o cercare qualcosa deve implicare un sistema di elaborazione più complesso di quello di un termometro.
Una medusa ha meno a cui pensare se ne sta bella bella a scorrazzare per il mare si difende si nutre si muove se la metti al sole sentirà anche lei qualcosa, però è così semplice che non sentirà il dolore che proviamo noi, si limita a crepare con una sensazione fastidiosa a dosso.
E quella è un organismo vivente non un oggetto (volevo fare il paragone con un oggetto) però é un organismo semplice.
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