Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda mgrau » 05/06/2017, 00:24

E’ problematico trovare una sezione adatta. Ci vorrebbe l’auspicata sezione di filosofia della scienza; e in mancanza di questa vada per Generale.
Parto dalla questione nella sua forma più grezza: tutti noi (esseri umani) proviamo delle sensazioni: se mangiamo un gelato, se ci pestiamo un dito con un martello, se facciamo un bel bagno caldo, ecc ecc. Alcune di queste le sentiamo “piacevoli”, altre “spiacevoli”, altre , magari, neutre.
Ma, NOI; il nostro corpo, è un pezzo di materia: molto organizzato, estremamente complesso, ma insomma, un pezzo di materia. Quindi, noi sappiamo che un pezzo di materia – il nostro corpo – può provare delle sensazioni. Su questo fatto veramente non possono esserci dubbi: è una specie di “cogito ergo sum”, ma, direi, ancora più forte (perché il “sum”, insomma, è ancora un po’ nebuloso; ma una martellata su un dito no).
Da questa base, ricaverei una serie di questioni.
- la prima, certamente è: ma come è possibile una cosa del genere? Come fa, della materia, a SENTIRE qualcosa?
- La seconda: visto che il fatto, anche se inspiegabile, non è però dubitabile, è: quali caratteristiche deve avere, un pezzo di materia, per sentire qualcosa? Un termostato sente? Probabilmente no. Un computer sente? Probabilmente no, Un batterio, una pianta, un lombrico, sentono? ….. forse no…. Un gatto, una mucca sentono? Molto probabilmente sì. Quindi: c’è speranza di trovare un criterio?
- La terza: c’è qualche – sia pur ipotetica – speranza di SAPERE se un certo pezzo di materia sente qualcosa?

Può sembrare – in particolare la terza questione – una rielaborazione del test di Turing. A me però sembra di no, nel senso che – salvo il massimo rispetto per Turing – direi che la sua domanda “le macchine possono PENSARE?” (maiuscolo mio) non centra il punto. Mette l’accento sul “pensare”, invece che sul “sentire” , e questo mi pare faccia perdere il contatto con il vero e fondamentale “scandalo” di una materia che si accorge di “esserci”. E, su questa linea, tutto quel che mi è capitato di leggere (Dennett, Hofstadfer, e altri non ricordo) si perdono in questioni computazionali che mancano completamente il bersaglio (IMHO)

Qualcuno raccoglierà questa proposta di discussione? Lo spero… è faticoso pensarci da solo, la questione pare così imprendibile…
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda Fioravante Patrone » 05/06/2017, 18:57

Come mi piace il tuo materialismo. Davvero, non sto scherzando.

Sulla coscienza, un libro che ho trovato illuminante (no, non c'è la risposta finale!) è quello brevemente descritto qui: https://en.wikipedia.org/wiki/Damasio%2 ... sciousness
Se dovessi sintetizzare in un breve motto, direi che mi piace il ruolo della trippa per la coscienza.
NB: 'sta roba non è il mio mestiere, quindi sono certamente ingenuo
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda seven » 05/06/2017, 19:58

Premessa: non sono un filosofo, non ho riflettuto a lungo sull'argomento, ma prendo al volo l'occasione perché impegnare la mente mi fa bene. Dubito che sarei in grado di usare questo tempo per qualcosa di più utile. Ogni giorno vorrei fare tesoro del tempo che mi è stato donato.

mgrau ha scritto:- la prima, certamente è: ma come è possibile una cosa del genere? Come fa, della materia, a SENTIRE qualcosa?
- La seconda: visto che il fatto, anche se inspiegabile, non è però dubitabile, è: quali caratteristiche deve avere, un pezzo di materia, per sentire qualcosa? Un termostato sente? Probabilmente no. Un computer sente? Probabilmente no, Un batterio, una pianta, un lombrico, sentono? ….. forse no…. Un gatto, una mucca sentono? Molto probabilmente sì. Quindi: c’è speranza di trovare un criterio?
- La terza: c’è qualche – sia pur ipotetica – speranza di SAPERE se un certo pezzo di materia sente qualcosa?

Può sembrare – in particolare la terza questione – una rielaborazione del test di Turing. A me però sembra di no, nel senso che – salvo il massimo rispetto per Turing – direi che la sua domanda “le macchine possono PENSARE?” (maiuscolo mio) non centra il punto. Mette l’accento sul “pensare”, invece che sul “sentire” , e questo mi pare faccia perdere il contatto con il vero e fondamentale “scandalo” di una materia che si accorge di “esserci”. E, su questa linea, tutto quel che mi è capitato di leggere (Dennett, Hofstadfer, e altri non ricordo) si perdono in questioni computazionali che mancano completamente il bersaglio (IMHO)

Qualcuno raccoglierà questa proposta di discussione? Lo spero… è faticoso pensarci da solo, la questione pare così imprendibile…


1. prima vorrei dire: non è semplicemente la materia, ma la materia di un certo tipo organizzata in qualcosa. Materia ordinata. Anche tu hai fatto questa osservazione, ma all'incontrario: materia organizzata con complessità, quindi materia. Non tralascerei l'aggettivo organizzata, ordinata. Cosa definiamo come sentire? la tua sensazione per la scienza è originata da impulsi elettrici e chimica. Nel tuo esempio particolare fai riferimento al dolore. Sentire dolore equivale alla ricezione di impulsi quando viene superata una certa soglia, per la scienza (banalmente spiegato). Quest'impulsi sono generati da cause quali: aumento di temperatura, pressione, reazioni chimiche.
2 Penso che una caratteristica del sentire sia quella di percepire in diverso modo uno stimolo esterno a seconda di vari parametri che lo caratterizzano. Una carezza o uno schiaffo esercitano una pressione ma vengono percepiti in maniera totalmente diversa. Da osservazioni sperimentali, ovvero in base alla reazione di un soggetto, potrei dire se questo sente o meno basandomi sulla capacità di questo di interpretare in modo molto variegato le variazioni di uno stimolo esterno della stessa natura, pressione, temperatura, reazioni chimiche o una combinazione di queste.
3 Dipende dalla definizione di sentire. Nella mia definizione, solo se c'è empatia.
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda mgrau » 05/06/2017, 21:18

Ringrazio per le risposte. Mi stavo già convincendo che l'argomento "non acchiappa".
@Fioravante. Devo dire che io non mi considero propriamente materialista. Cioè: certamente non sono un dualista alla Cartesio, res cogitans e res extensa. Ma, nella percezione comune, per "materialista" si intende uno che nega, o nega valore, ai fatti che non sono materiali, intesi grosso modo come i fatti trattati dalla fisica. Se invece si intende: uno che pensa che tutto ciò che esiste abbia la materia come substrato, diciamo così, quindi anche i fatti psichici, sensazioni, emozioni, ecc, allora in questo senso sono materialista. Penso che i fatti psichici abbiamo bisogno di un supporto materiale (di conseguenza, purtroppo, non posso credere ad un'anima immortale)
Ho guardato il link su Damasio. Questo riguarda anche @Seven.
La prima impressione - sia su Damasio, che sugli argomenti di Seven - è che, con questo tipo di argomenti, il fatto primario, scandaloso, della percezione non viene spiegato: viene RIMOSSO. In questi argomenti la percezione non c'è più.
Quando Damasio dice (ammesso beninteso che dica così, e che si tratti di un sunto attendibile) "This reaction causes the organism to become aware of the changes which are affecting it" dà già la questione per risolta, con la probabile intenzione di non occuparsene più. Come fa un pezzo di materia, organizzata quanto si voglia, ad essere AWARE di qualcosa?
Idem per Seven: "Sentire dolore equivale alla ricezione di impulsi ..." Ma una spiegazione del tipo "la percezione NON E' ALTRO CHE l'attività neuronale " non spiega niente, le sfugge completamente la questione.
In linea di principio, credo che sia perfettamente possibile conoscere nel più completo dettaglio quel che succede nel cervello - quello che Damasio chiama "collection of neural patterns" - nelle varie circostanze: quando ci pestiamo un dito, quando ascoltiamo Die Kunst der Fuge, quando mangiamo una fragola.
Potremo magari compilare dei cataloghi dei neural patterns corrispondenti alla varie sensazioni.
Ma un conto è dire che sono corrispondenti, tutt'altro è dire che questi pattern SONO la sensazione.
Posso benissimo credere che se in qualche modo induciamo il "pattern della fragola", il soggetto SENTE il gusto di fragola.
Ma se diciamo che E' il gusto di fragola, ci sfugge dalle dita il fatto che c'è QUALCUNO che sente il gusto di fragola.
E poi: questo approccio porta dritti a ritenere che che un termostato, o un regolatore di Watt, sentono qualcosa. Anche lì c'è qualcosa di completamente analogo ai neural patterns. Non parliamo poi di un computer. Ora, vi sentireste seriamente di dire che un computer "sente" qualcosa, in corrispondenza di quel che succede nella sua memoria centrale o nella sua CPU? Io, devo dire, no.
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda seven » 05/06/2017, 22:01

mgrau ha scritto:Ma un conto è dire che sono corrispondenti, tutt'altro è dire che questi pattern SONO la sensazione.

Premettendo di nuovo che non sono un filosofo. Per me se porti l'attenzione sul verbo essere, riferito al SONO, si prende una direzione che va troppo per la tangente. Potrei dire, che cosa è una mela? l'immagine, l'idea, il sapore, la materia che la compone. Non lo so e non so rispondere. Penso che dovrei prendermi una laurea in filosofia per rispondere adeguatamente a un domanda filosofica sul verbo essere.
mgrau ha scritto:Posso benissimo credere che se in qualche modo induciamo il "pattern della fragola", il soggetto SENTE il gusto di fragola.
Ma se diciamo che E' il gusto di fragola, ci sfugge dalle dita il fatto che c'è QUALCUNO che sente il gusto di fragola.
E poi: questo approccio porta dritti a ritenere che che un termostato, o un regolatore di Watt, sentono qualcosa. Anche lì c'è qualcosa di completamente analogo ai neural patterns. Non parliamo poi di un computer. Ora, vi sentireste seriamente di dire che un computer "sente" qualcosa, in corrispondenza di quel che succede nella sua memoria centrale o nella sua CPU? Io, devo dire, no.

Avevo in un certo senso già provato a spiegare la mia prospettiva. Per me è solo una questione soggettiva, nel senso che noi umani funzioniamo in un certo modo e per noi sentire è un meccanismo ben chiaro, anche se non lo sappiamo spiegare, che scientificamente si basa su impulsi e chimica. Per noi umani sentire è qualcosa di particolare connesso all'essere di una certa complessità ed essere costituiti a livello microscopico e macroscopico in un certo modo. Il regolatore di Watt, un termostato e un computer non sono organici e sono relativamente semplici, in particolare per quel che riguarda il principio di funzionamento. Dal mio punto di vista il sentire è qualcosa che identifichiamo noi e intimamente connesso con la nostra natura. Se notiamo che il gatto sente è perché non è molto lontano da noi, microscopicamente e macroscopicamente parlando. Un'organismo molto complesso molto simile a noi, infinitamente di più di quanto lo sia un computer o un termostato.
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda cinque » 06/06/2017, 06:59

Ultimamente ci sono molti articoli come questo : http://www.metafonicamente.it/la_nuova_fisica.html
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda mgrau » 06/06/2017, 08:04

cinque ha scritto:Ultimamente ci sono molti articoli come questo : http://www.metafonicamente.it/la_nuova_fisica.html

Interessante. La conclusione "statisticamente, dunque, una vita dopo la morte è semplicemente inevitabile. " mi sembra un po' il coniglio estratto dal cappello
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda Overflow94 » 07/06/2017, 09:20

Le capacità più sorprendenti del cervello animale, e dell'uomo in particolare, non sono certo quelle di provare sensazioni. Quello lo fa anche qualsiasi sensore elettronico. Tipo un sensore che apre una porta automatica, sente che c'è una persona all'ingresso, elabora queste sensazioni e apre la porta allo stesso modo in cui se noi mettiamo la mano sul fuoco sentiamo che è caldo e togliamo la mano da lì. La percezione che abbiamo della realtà e delle cose che ci accadono è il modo in cui il nostro cervello elabora un input per cercare di collegarlo a un output adeguato. Quindi direi, per rispondere alla tua domanda, che si può dire che tutto quello che associa a input diversi output diversi al fine di assolvere un compito (aprire le porte, restare vivi, ...) sente qualcosa.

Con questo non sto dicendo che il cervello dell'uomo è uguale a un computer, anzi sono profondamente diversi, ma la differenza non sta certo in questo.
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda mgrau » 07/06/2017, 09:48

Mi pare che proprio non ci intendiamo sul significato di "sentire".
Il senso che gli dai tu - che ricavo dagli esempi che hai fatto - è quello - correggimi se sbaglio - di : "modificare il proprio stato a seguito di modifiche ambientali". Il che si applica sostanzialmente a TUTTO (magari possiamo escludere i neutrini...) Poi tu ci aggiungi altri ingredienti, che però mi sembrano inessenziali, come "al fine di assolvere un compito", cosicchè, per esempio, deduco, un termostato sente (accende o spegne la caldaia) e un termometro no (si limita a segnare la temperatura, ma non interviene).
Per me, sentire implica che ci sia "qualcuno" o "qualcosa" che sente, un soggetto insomma. Qualcosa di cui si possa dire "Cosa si prova a essere X?" (faccio riferimento al libro di Nagel "What is like to be a bat?", che ti consiglio)
Secondo te, avrebbe senso dire "Cosa si prova ad essere un termostato?"?
Per me no; se invece per te è sì, beh, forse sei animista, o forse sei mooolto più materialista di me
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Re: Si può parlare di coscienza in terza persona?

Messaggioda seven » 07/06/2017, 19:12

Al ragazzo del 94:
anche io non condivido la tua definizione di sentire.
Non mi è mai capitato di dire che un computer (un oggetto) sente le mie istruzioni (qualcosa).
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